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Piazza tra il 1953 e il 1956 In evidenza

A parte la casa moderna in basso, il panorama da Nord è identico a quello nel 1953/1956

Guido Piovene (Vicenza 1907-Londra 1974), scrittore e giornalista, negli anni Cinquanta per incarico della RAI fece un <<inventario delle cose italiane... e via via che lo andavo scrivendo lo affidavo alle onde radiofoniche. Le richieste degli ascoltatori mi hanno indotto a raccogliere quelle trasmissioni in un libro... Il viaggio cominciò nel maggio del 1953 e finì nell'ottobre 1956>> e l'anno seguente pubblica VIAGGIO IN ITALIA, Arnoldo Mondadori Editore, VERONA 1957. Partendo da "Le Tre Venezie" arriva in "Sicilia" percorrendo tutto lo stivale e scrivendo <<dopo ogni tappa quello che avevo appena visto... quelle pagine... ci rappresentano le regioni d'Italia com'erano quando vi andai>>. A pagina 481, delle 669 complessive, ha inizio il capitolo "Da Ragusa a Piazza Armerina" di cui riporto la parte che ci riguarda e che inizia a pag. 486. <<Tra Caltagirone, bella per i suoi monumenti, ed Enna, nel centro dell'isola, infatti giunge ancora un soffio dell'attiva costa orientale. Enna, il più alto capoluogo di provincia italiano, è centro agricolo vivace. Se questo viaggio fosse specialmente dedicato all'arte, dovrenno soffermarci sui suoi monumenti, specie su quelli medievali. Noi ci fermeremo soltanto a guardare da quel balcone il più vasto paesaggio di montagna della Sicilia. Qui la Sicilia assume l'aspetto di un regno remoto, sul quale corrono le nuvole e splendono i tramonti. Più giù Piazza Armerina è anch'essa un centro agricolo, così verde da sembrare un'oasi. Come ad Avellino, il nocciolo è una voce importante dell'economia locale e una nota importante in quel contrappunto di verdi. Non ricordo più quale inglese sentenziò che Piazza Armerina è il luogo della terra dove l'occhio può scorgere più toni diversi di verde, e giunse a precisarne il numero. La bella cittadina produce torroni; gli amanti di oggetti preziosi troveranno nel Duomo esemplari stupendi di oreficeria barocca. Vi è una fastosa oreficeria siciliana che sembra avere specialmente brillato nei tesori ecclesiastici di cittadine fuori mano. Ma Piazza Armerina è oggi nota in tutto il mondo specialmente per la sua Villa del Casale. Perciò anch'essa è un nido di archeologi; e quelli italiani si incontrano, nel nuovo grazioso albergo, con gli svedesi che scavano nella vicina Aidone. La Villa del Casale, posta in una valle romita ed ombreggiata dai noccioli, lungo la prima parte del fiumicello Gela, in un paesaggio che non si direbbe del Sud, è l'altra grande novità siciliana postbellica. Di opere d'arte qui sepolte dalla terra franosa già parlavano del Settecento gli eruditi locali. Si ebbero alla fine dell'Ottocento i primi scavi sistematici, e scoprendo una parte di mosaico già si gridò al prodigio. Nel 1929 Paolo Orsi (n.d.r. Rovereto 1859-Rovereto 1935) ampliò quegli scavi, ripresi ancora con successo nei quattro anni anteriori all'ultima guerra. La fama della villa rimaneva però confinata tra gli studiosi o almeno i dilettanti di archeologia. Sotto la spinta di un archeologo morto da poco, Biagio Pace (n.d.r. Comiso 1889-Comiso 1955), la Regione riprese nel 1950 i lavori, con larghezza di mezzi, senza paragone, maggiore, grazie all'aiuto della Cassa del Mezzogiorno e con la decisione di andare a fondo. Quello che si vide accese l'interesse di tutto il mondo, studiosi e turisti profani, divenendo oggetto di cronache e anche di trampalate fantasie giornalistiche. Invece di alcune scoperte parziali, si scorgeva quasi completo il piano di un'immensa villa, pari per fasto alle ville imperiali dei dintorni di Roma; senza confronto la maggiore delle ville finora conosciute erette da signori romani nella Sicilia... Tale scoperta senza eguali ha fatto sorgere problemi pratici ed eruditi. Per quanto riguarda i problemi pratici, la Villa del Casale di Piazza Armerina è oggi il più grosso grattacapo della soprintendenza di Siracusa. Bisogna infatti riparare i mosaici che, conservatisi quasi intatti sotto la terra, oggi sono all'aperto esposti a tutte le intemperie. Occorre perciò una tettoia; ma, per quanto ci siano i fondi, è difficile escogitare una tettoia così vasta che non deturpi la bellezza del luogo. Pure qualcosa si farà, perché proteggere i mosaici è indispensabile. Per ora, specialmente al termine dell'estate, si è costretti a coprirli almeno in parte di una coltre di sabbia. Pochi perciò possono dire di averli visti tutti. In quanto ai problemi eruditi, tutti sono d'accordo che questi mosaici assomigliano ai mosaici africani della tarda romanità, e furono probabilmente eseguiti da maestranze africane importate... La villa sarebbe perciò stata il rifugio ed il sacrario del paganesimo in declino, dedito all'arte e agli studi, e dei suoi sogni di rivincita; per dirla con termine d'oggi, una grande oasi liberale del tempo antico. Proseguiamo ora il viaggio verso occidente, sprofondandoci in quell'aspra Sicilia interna, che abbiamo già veduta presso Palermo>>.  

cronarmerina.it   

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