ExclusiveCentraleSx
ExclusiveCentraleDx

Cronarmerina - Aprile 2016

Questo è

Amici e amori, gioie e dolori.

CÖSS È

U cör strazzuliàtu

U t’rréngh ch’ t’ mànca sötta i pè

A d'lusion ch’ t’ brùsgia l’arma

U scànt d’ cuntèggh i to’ s’nt’ménti

U ramàn’ch d’ non putérlu ciù guardè n’d'l’oggi

A vògghia d' p'gghierlu a buffàzzi

A s’prànza ch’a stàit sö ‘nbrùtt sonn

U d’sìu d’ brazzèrlu còm ‘na vòta

Cöss è u tra’d’mènt d’ n amìcu

Rosalba Termini, maggio 2016

Traduzione

QUESTO È

Il cuore ridotto a brandelli

Il terreno che ti manca sotto i piedi

La delusione che ti brucia l’anima

La paura di raccontargli i tuoi sentimenti

Il rammarico di non poterlo più guardare negli occhi

La voglia di prenderlo a ceffoni

La speranza che è stato solo un brutto sogno

Il desiderio di abbracciarlo come una volta

Questo è il tradimento di un amico

cronarmerina.it

Leggi tutto...

Rimedi usati al fronte un secolo fa

Alla recente Mostra sulla Prima Guerra Mondiale presso il Circolo di Cultura di Piazza, tra i tanti oggetti che ho potuto osservare uno in particolar modo ha destato la mia curiosità. E' il barattolino in metallo tenuto in mano nella foto che, in un primo momento, mi era sembrato contenente una pomata o unguento per le piccole ferite o per dermatiti varie, invece per saperne di più ho dovuto fare la solita ricerca. Intanto il termine "BOLI" è il plurale di "bolo" ovvero qualcosa che ha a che vedere con la deglutizione. Si può trattare del bolo alimentare (masticazione di un boccone) oppure di un bolo medico, come in questo caso, ovvero una medicina impastata in una grossa pillola masticabile. Le altre due parole "con LICHENE" ci fanno sapere che la pillola masticabile contiene lichene (islandico) pianta della famiglia delle Parmeliaceae le cui propietà antimicrobiche, antisettiche e digestive degli acidi contenuti (usnico, cetratico e folico) risultano utili contro nausea, vomito, tosse, asma e mal di gola. Disturbi questi che non dovevano mancare ai soldati italiani "in gita" su per le vette alpine alla conquista della gloria perenne. Come si legge nella confezione e dallo stemma in alto, era l'ISTITUTO CHIMICO FARMACEUTICO MILITARE, fondato nel 1832 a Torino dall'allora Regno di Sardegna, che riforniva le truppe italiane coinvolte nella Grande Guerra. Il lichene ben conosciuto dalle popolazioni del Nord Europa ove viene utlizzato come alimento, cresce anche in Italia nelle zone montagnose dell'Appennino centrale. E' raccolto quando piove o di notte, messo a macerare nell'acqua per 24 ore per eliminare le sostanze amare e infine messo a essicare per poi macinarlo sino a diventare una farina. Concludo con una domanda: "Chissà quante ne ha viste e quante ne potrebbe raccontare questo "insignificante" barattolino?".

cronarmerina.it

  • Pubblicato in Cose
Leggi tutto...

A che servono gli incontri

Nella sala rossa con gli alunni della V chimici a.s. 2015/2016, 15 aprile 2016

A pranzo con i compagni di mezzo secolo fa

Dopo tanti anni che non ci si vede e non ci si frequenta, qual è il modo migliore per riannodare i fili, se non quello di una bella rimpatriata attorno a un tavolo dove ognuno è “costretto” dall’età, dall’emozione e dal vino,  a tirare fuori i propri ricordi, che poi sono di tutti?

P’ NAN FÈLI CIÙ SCAPPÈ

Nudd su putìva mag’nè d r’zzèv l’invìt
P’ n’incòntr inasp'ttàt accuscì béngh organ’zzàt
N’ cödda sàla tutta rrössa
Ddi càmsgi biànchi di studénti d’aguànn
S’ cunfönniv’nu cu biànch di cavègghi
D’ cöddi ch’ giuv’nétti gghiàv’na stàit na vòta
Sci, ma ciù d mènz sèculu ‘ndarrèra

A ved’li öra tutti ‘nsemu accuscì
Ungh o sciànch a l’autr
A niàuti föm’ni ch’i taliàv’mu
Pariv’nu na clàsse d carösi
Prònti pa rec’ta da fìngh d l’ann

Iéddi nan s’ pute’vnu véd o spècchiu
Ma era pròpriu na b’ddézza talièli
A frosonomìa d’ognùngh era d’vèrsa d l’autr
Ma l’emuzziöngh ch’ ggh fasgèa lucc’chè l’òggi
Era a stìssa p’ tutti

Quànn pöi s’ttàti ‘ntàvula
A l’otta d mangè e bév
Ognùngh cum’nzà a cunté da so vìta
Famìgghia travàggh fìgghi n’vétti
Còm d'sgèva a puisìa Sp’tànn l’incòntr
Allöra l’emozziöngh da matt’nàda
Nan gghià fès ciù a r’stè dìntra a l’oggi
E s’ sciògghì n’ ddàrmi
D cu parràva e d cu scuttàva

Er’nu ddàrmi d cuntèntizza p’rchì
Dòp mènz sèculu ch’ nan s’ v’dév’nu
Cösti beddi omi s’ssàntuttìni
Putè’vnu parrè fàcci a fàcci
Cu i végghi cumpàgni d scòla
E fu accuscì ch’ cönt dop cönt
S’ cum’nzà a r'cùsg cö fìu dî r’gòrdi
Ch’ p’ bona part di pr’sénti s’era sö l’ntà

Quànn l’urt’m giövu s’ssàntuttìnu
F’nì d’ cunté da so vìta
Tutti i pr’sénti e i föm’ni ‘nprima fìla
Capìnu ch’ dd fìu du r’gòrd
S’era r’cùsgiuit, o méggh,
S’era pròpriu ‘nturciuniè
Str’nzènn’li tutti l’ungh a l’autr
P’ nan fèli ciù scappè

Rosalba Termini, Aprile 2016

Traduzione

Per non farli più scappare

Nessuno se lo poteva immaginare di rivevere l'invito

Per un incontro inaspettato così ben organizzato

In quella sala tutta rossa

Quei camici bianchi degli studenti di quest'anno

Si confondevano col bianco dei capelli

Di quelli che giovinetti c'erano stati una volta

Sì, ma più di mezzo secolo fa

 

A vederli ora tutti insieme così

Uno a fianco all'altro

A noi donne che li guardavamo

Sembravano una classe di ragazzi

Pronti per la recita di fine d'anno

 

Loro non potevano vedersi allo specchio

Ma era proprio una bellezza guardarli

La fisionomia di ognuno era diversa dall'altro

Ma l'emozione che faceva loro luccicare gli occhi

Era la stessa per tutti

 

Quando poi seduti a tavola

Al momento di mangiare e bere

Ognuno cominciò a raccontare della sua vita

Famiglia lavoro figli nipoti

Come nella poesia Aspettando l'incontro

Allora l'emozione della mattinata

Non gliel'ha fatta più a rimanere dentro gli occhi

E si è sciolta in lacrime

Di chi parlava e di chi ascoltava.

 

Erano lacrime di contentezza perché

Dopo mezzo secolo che non si vedevano

Questi begli uomini sessantottini

Potevano parlare viso a viso

Coi vecchi compagni di scuola.

E fu così che racconto dopo racconto

Si cominciò a ricucire quel filo dei ricordi

Che per buona parte dei presenti si era solo allentato

 

Quando l'ultimo giovane sessantottino

Finì di raccontare della sua vita

Tutti i presenti e le donne in prima fila

Capirono che quel filo del ricordo

Si era ricucito, o meglio,

Si era proprio attorcigliato

Stringendoli tutti l'uno all'altro

Per non farli più scappare

cronarmerina.it

 

 

 

 

Leggi tutto...

L’Epigrafe della Biblioteca di Piazza

Chiostro dei Gesuiti sede della Biblioteca Comunale

Ingresso ex Sala del Coro del Collegio dei Gesuiti

 L'epigrafe in marmo sulla porta dell'ex Sala del Coro

L’Epigrafe della Biblioteca di Piazza, un antico baluardo della cultura

Nei primi anni del XVII secolo a Piazza Armerina, allora Platia (in qualche documento, anche Platea), esistevano ben quattordici tra Monasteri, Conventi, Case Professe e Commende degli Ospedalieri maschili, e sette tra Monasteri, Conventi e Ritiri femminili. La popolazione della città era di oltre 16.000 abitanti (rivelo del 1593) e tra questi c’erano un marchese, quattro conti e trentotto baroni. Inoltre, 100 circa erano i sacerdoti, che officiavano nelle quasi cento chiese presenti nel territorio intra moenia ed extra moenia (93 erano le chiese presenti nella relazione “ad limina” del 1655). La conferma dell’alto prestigio della comunità piazzese di allora arrivò col titolo di Spettabile (1), concesso nel 1612 da re Filippo III d’Asburgo, ovviamente dietro il pagamento di 10.000 scudi dalla Giurazia(2). Dato che uno scudo di allora valeva all’incirca 72 € di oggi, per quell’enorme cifra il Re, insieme al titolo, concesse la possibilità di amministrare oltre la giustizia civile anche quella penale (mero e misto imperio) attraverso il Tribunale dei Tre Giudici. Da questo quadro di quattro secoli fa si deduce che la prosperità economica era prerogativa dei numerosi nobili, mentre ogni attività culturale era monopolio ecclesiastico e in particolare del monachesimo. Questa situazione consolidava sempre più la consuetudine dei monasteri e dei conventi di essere importanti centri di diffusione culturale, in cui il libro occupava un posto di primo piano. Infatti, “Nella Regola di San Benedetto era prescritto l'obbligo della lettura in vari momenti della vita del convento; il monaco aveva fra le mani il libro nel coro, al refettorio, nella cella, compagno fedele della giornata. Fin dai primi tempi della fondazione delle abbazie era prevista la presenza di una biblioteca. Era scritto: Claustrum sine armario sicut castrum sine armamentario (un monastero senza biblioteca è come una fortezza senza armeria). Collegato alla biblioteca era lo scriptorium, dove si svolgeva il lavoro di copiatura e di miniatura dei manoscritti da parte dei monaci amanuensi: con la loro attività di trascrizione dei codici, furono il più importante strumento di conservazione del patrimonio culturale della classicità.”(3)
I monasteri e i conventi di Platia non facevano eccezione e custodivano nelle loro biblioteche oltre alle centinaia di manoscritti e testi del ‘300, anche numerosi documenti stampati con la tecnologia dei caratteri mobili, chiamati incunaboli, della seconda metà del ‘400 (quattrocentine) e del ‘500 (cinquecentine). Le opere trattavano temi che spaziavano dalle scienze teologiche alla filosofia, al diritto, alla grammatica, alla medicina e alla storia.
Ovviamente queste case di religiosi erano esposte di continuo a incendi, saccheggi, o più semplicemente a furti che decimavano il patrimonio librario e, come se ciò non bastasse, l’umidità, i topi e, alcune volte, il dare alle fiamme il materiale contenuto nelle celle dei monaci, morti durante le soventi epidemie, riducevano in poltiglia o in cenere migliaia di preziosi volumi, alcuni addirittura pezzi unici.
Se per le calamità naturali c’era poco da fare, per quelle dovute all’incuria e alla negligenza dell’essere umano, oltre ai semplici avvisi scolpiti sopra gli ingressi(4), venivano escogitate misure di vario genere, sempre più perentorie, e una di queste erano le “bolle pontificie” o “bolle papali”. Queste erano delle comunicazioni ufficiali in forma scritta, emanate dalla Curia Romana col sigillo del Papa. Il sigillo era un pendente metallico (in latino bulle, il cui termine è poi passato a indicare l’intero documento = bolla) generalmente di piombo, ma in occasioni molto solenni d’oro, e veniva legato mediante cordicelle di canapa annodate praticando dei fori nei documenti(5). Questi essendo in pergamena non potevano essere esposti per molto tempo, pertanto venivano riportati in riassunto (compendium) scolpiti su delle lapidi di marmo, da murare in ben evidenza, nei luoghi per i quali era stata emanata la Bolla.
Una lapide su cui è scolpita l’epigrafe di una Bolla Papale, del genere sopra descritto, l’abbiamo a Piazza, alla Biblioteca Comunale (foto in alto) intitolata ai fratelli Alceste e Remigio Roccella(6). L’epigrafe in latino è murata nella cornice in pietra arenaria posta sulla porta dell’ex Sala del Coro del Collegio dei Gesuiti, in seguito anche Oratorio della Confraternita dei Nobili, e sormontata da quello che doveva essere lo stemma dell’Ordine dei Gesuiti, ormai completamente logoro (foto in mezzo). La lapide di marmo (foto in basso) che è situata a 4 metri d’altezza e misura cm. 55x110, prima di essere definitivamente murata durante gli ultimi restauri, era fissata soltanto da cinque rampini di ferro, ancora visibili, dal 1876, anno di nascita della biblioteca. La sistemazione a quell’altezza, le dimensioni e l’eccessivo accostamento delle lettere incise su diciassette righe, molte per uno spazio così esiguo, da un lato l’hanno preservata per circa 140 anni, dall’altro lato non hanno facilitato la traduzione del testo in latino che, per le numerose abbreviazioni, sarebbe comunque stata enigmatica anche per i più curiosi e ostinati competenti. Diverse volte ero stato attratto da quella scritta. Prima di sfuggita, considerandola solo una comune lastra di marmo bianco, poi come un piccolo particolare delle tante foto del chiostro, poi per lo studio della storia del Collegio, ma per tutti i motivi sopra elencati avevo sempre rinunciato a occuparmene. Sino a quando la tecnologia, con l’acquisto di una nuova e più potente macchina fotografica, la disponibilità di più tempo libero perché da qualche mese in pensione, la curiosità e la passione per la storia del mio paese, sono venute a contatto con due persone veramente speciali. A questi due amici, uno conosciuto per caso mentre approfondiva le notizie sugli Starrabba, fondatori del suo paese, Pachino, l’altra, cugina del primo e consultata dal medesimo, appena ho chiesto il loro aiuto per la traduzione, per me impossibile, si sono generosamente prodigati a tal punto da venirne a capo dopo averle dedicato non poco del loro tempo. Ovviamente, per facilitare il loro arduo compito, ho dovuto inviare loro, a più riprese, diverse foto sempre più particolareggiate, insieme alla storia dei monasteri piazzesi, in particolar modo francescani, dai quali sono arrivati la maggior parte dei volumi raccolti nella biblioteca, per chiarire il contesto in cui s’inseriva la Bolla Pontificia. Ebbene, dopo qualche settimana finalmente è arrivata la sotto riportata traduzione:
<<COMPENDIO DELLA BOLLA
IL PONTEFICE PAPA PAOLO V AI FRATI MINORI RIFORMATI
Dal momento che, così come espose a Noi, da recente, il diletto figlio Bernardino de Randazzo, riformatore dell’Ordine dei Frati Minori Osservanti, del Regno di Sicilia, le biblioteche di Piazza, nei conventi di San Pietro e di Santa Maria di Gesù, dei frati del medesimo Ordine, fornite di varii libri ad uso e prestito degli stessi frati, vengono saccheggiate, ben disposti alle suppliche, presentate a Noi umilmente, in nome del citato Bernardino, di provvedere alla conservazione dei medesimi libri, affinché in seguito, coloro i quali, servendosi di qualsivoglia autorità, sotto qualsivoglia pretesto o ricercato motivo, e per qualsiasi causa, ragione o occasione, osino o presumano di sottrarre, dalle menzionate biblioteche, libri, quinterni, fogli, sia stampati sia manoscritti, donati e assegnati, fino ad oggi, alle suddette biblioteche, sia quelli che in futuro probabilmente si dovranno donare e assegnare oppure coloro i quali (osino o presumano) di prestarli ad altre persone, anche se abbiano intenzione di restituire in un secondo momento i medesimi libri oppure (osino o presumano) di consentire che vengano sottratti e vengano prestati, in virtù della (Nostra) autorità apostolica, secondo il tenore delle norme vigenti, Noi proibiamo e vietiamo (ciò), sotto pena di scomunica e di privazione della voce attiva e passiva. Date a Roma presso Santa Maria Maggiore, sigillate con l’anello del pescatore il giorno 20 novembre 1618 nel XIV anno del Nostro pontificato. Sigillo del Cardinale di Santa Susanna>>

Dopo le lamentele presentate a Roma dal frate francescano osservante-riformato Bernardino de Randazzo(7), il pontefice Papa Paolo V, nato Camillo Borghese (1552–1621, Papa dal 1605), decise di emanare la suddetta Bolla, da affiggere probabilmente presso la biblioteca del convento di S. Pietro(8) dei Frati Minori Riformati(9), essendo questo più prossimo al paese e quindi molto più frequentato dell’altro, per regolare, avvisare e ammonire, una volta per tutte, coloro i quali avessero avuto relazioni, per qualsiasi motivo, con i libri presenti nelle biblioteche dei due conventi(10). La Santa Sede, consapevole dell’assoluto valore di quel patrimonio manoscritto e librario, venuta a conoscenza dei pericoli di “saccheggio” che potevano abbattersi su quei gioielli della cultura, vietava a chiunque la sottrazione e il prestito di tutti i volumi, anche di quelli che sarebbero stati acquisiti in futuro. L’ammonizione valeva anche per chi stava ai livelli più alti nella scala dell’autorità ecclesiastica (provinciali, abati, priori) che non avrebbe controllato, per negligenza, gli eventuali abusi. Per indurre ad un più responsabile utilizzo dei libri il Pontefice, attraverso il suo Cardinale bibliotecario, intimava la più grave delle pene che possa essere comminata a un battezzato: la scomunica, che lo escludeva dalla “comunione dei fedeli” privandolo di tutti i diritti e i benefici derivanti dall’appartenenza alla Chiesa, in particolare quello di amministrare e ricevere i sacramenti. E come se questo non bastasse, il trasgressore sarebbe stato privato della voce attiva e passiva, perdendo così il diritto di essere elettore o eleggibile nelle assemblee (capitoli) di religiosi di cui faceva parte(11). La Bolla si chiudeva con le disposizioni di consegna, subito dopo era indicato il luogo di emissione, la Basilica di Santa Maria Maggiore, una delle quattro basiliche papali di Roma. Seguiva specificando il tipo di sigillo papale applicato: l’anello del pescatore, cioè l’anello fabbricato in oro esclusivamente per quel pontefice, del quale riportava il nome inciso intorno a un bassorilievo di San Pietro che pesca da una barca, perché il suo mestiere era il “pescatore”. Poi la data (20 Nov. 1618), l’anno del pontificato (XIV) e per finire un altro sigillo, quello di un cardinale. Ma questi non veniva indicato col vero nome, bensì col titolo cardinalizio ricevuto al momento della nomina, Cardinale di Santa Susanna. Quest’ultima é una delle chiese più antiche di Roma ed è diventata, dal 112 d.C. con Papa Evaristo, un titolo concesso a un cardinale, ovvero il suo nome e le sue proprietà vengono legati a un cardinale al momento della sua creazione, sino alla sua morte. Alla data del documento pontificio in questione, il Cardinale di Santa Susanna(12) era il viterbese, dal 1615 custode dell’Archivio di Castel Sant’Angelo, Scipione Cobelluzzi (1564-1626) che, nel febbraio 1618, era stato nominato da Papa Paolo V, Cardinale Bibliotecario.
Questa indagine accurata su un “pezzo di marmo bianco” scolpito quattro secoli fa, trascurato da tante generazioni di Piazzesi e collocato da un secolo e mezzo in uno degli edifici più importanti della città, ci deve far riflettere su quanto siamo consapevoli di quello che ci hanno lasciato nei secoli i nostri antenati e di quanti di questi pezzi di marmo, distribuiti per il paese, conosciamo i motivi per i quali sono stati incisi e che hanno visto come incisori i nostri trisavoli. Checché se ne dica, dobbiamo renderci conto che noi siamo il risultato di quello che erano i nostri progenitori, e che i nostri discendenti saranno il risultato di quello che siamo noi. Per questo non dobbiamo trascurare la nostra storia, perché senza memoria non avremo un futuro. Prof. Gaetano MASUZZO, marzo 2012

Si ringraziano la prof.ssa Carmela La Bruna di Catania e il prof. Antonello Capodicasa di Portopalo di Capo Passero, che mi hanno aiutato in maniera determinante nella traduzione dell’epigrafe.
Note: (1) Dopo quelli di Città Militare del 1148, Deliziosa del 1234 e Civitas Opulentissima del 1517.
(2) Corte Giuratoria o Amministratori Comunali.
(3) In “I luoghi della Memoria Scritta, Le Biblioteche Italiane fra Tutela e Fruizione”, internetculturale.it
(4) Fino a non molti anni fa era ancora possibile leggere sopra la porta d'ingresso della biblioteca dell'abbazia di Casamari (in territorio del comune di Veroli, prov. Frosinone) questa iscrizione: “Avvertenza: per tutti quelli che estraggono o trafugano libri spettanti a questo Ven. Monastero senza licenza dei superiori, v'è la scomunica da incorrersi ipso facto”.
(5) Dal tardo XVIII secolo il sigillo di piombo fu sostituito da un timbro di inchiostro rosso dei Santi Pietro e Paolo con il nome del Papa regnante circondante l’immagine.
(6) Alceste, avvocato, patriota e grande cultore della storia di Piazza, 1830-1907 (L. Villari, Storia (breve) di Piazza Armerina, 1995, p. 83) o 1827-1908 (quadro esposto in Municipio). Remigio, notaio, sindaco della città e poeta in lingua dialettale, 1829-1916.
(7) A proposito del “diletto figlio Bernardino de Randazzo, riformatore dell’Ordine dei Frati Minori Osservanti, del Regno di Sicilia,” in tutti i libri in mio possesso è riportato, in un atto amministrativo del 1655, solamente un fra Bernardino da Piazza, ma dei Frati Minori Conventuali, non degli Osservanti (Villari, Storia Ec., 1988/1989, p. 230).
(8) In Villari, 1988/1989, p. 253.
(9) I Frati Minori Riformati erano sempre Frati Francescani della regola dell’Osservanza ma che, con la Bolla Papale del 1532, avevano ottenuto il diritto di ritirarsi in conventi per osservare la “Regola” in maniera ancora più rigorosa.
(10) Il convento di S. Maria di Gesù fu fondato nel 1418 dal beato frate francescano osservante Matteo De Gallo di Agrigento, poi vescovo di Agrigento, e ben presto divenne Seminario di Santità, nel 1622 anche Seminario di Dottrina degli Osservanti Riformati. Quello di S. Pietro fu fondato nel 1502 dal frate francescano laico (ovvero del Terzo Ordine Secolare) Ludovico da Caltagirone.
(11) Da qui l’espressione dell’uso corrente avere (o non avere) voce in capitolo, avere autorità, facoltà di intervenire in decisioni, di fare sentire il proprio parere. Nel mondo ecclesiastico: durante “i capitoli” o le riunioni dei monaci o dei frati della congregazione religiosa.
(12) Fu nominato Cardinale il 19 Settembre 1616, mentre il titolo di Santa Susanna gli fu dato un mese dopo, il 17 Ottobre 1616.

Bibliografia
- Archivio Segreto Vaticano:
http://www.archiviosegretovaticano.va/scipione-cobelluzzi-1618-1626.
- Biblioteche Ecclesiastiche in “I luoghi delle Memoria Scritta, Le Biblioteche Italiane fra Tutela e Fruizione”: http://www.parodos.it/news/biblioteche.htm.
- Di Rosa Placa A. - Muscarà M., La chiesa di San Pietro Pantheon di Piazza Armerina, Ed. Lussografica, Caltanissetta, 1999.
- L’Enciclopedia Libera: http://it.wikipedia.org.
- Villari L., Storia di Piazza Armerina, Ed. Penne & Papiri, Latina, 1995.
- Villari L., Storia della Città di Piazza Armerina, Ed. La Tribuna , Piacenza, 1981.
- Villari L., Storia Ecclesiastica della Città di Piazza Armerina, Società Messinese di Storia Patria, Messina, 1988/1989.

Foto
Masuzzo Gaetano

cronarmerina.it

 

 

 


 

Leggi tutto...

Dedicato ai pellegrini

L'ingresso alla chiesa di Santa Maria di Piazza Vecchia

L'anno scolpito sul pilastro centrale dell'ingresso alla chiesa

Se in questi giorni doveste andare in pellegrinaggio alla chiesa di Santa Maria di Piazza Vecchia, date un'occhiata all'anno scolpito sul pilastro centrale dell'ingresso (nel rettanglo arancione foto in alto). Per tanti anni era passato inosservato ma nel maggio dello scorso anno, l'occhio clinico superallenato che ormai mi ritrovo, mi ha fatto scoprire l'incisione nella foto in basso. Buon pellegrinaggio sia all'andata (domenica 24 aprile) alla volta della Chiesa degli Angeli, che al ritorno martedì Tré d' Màiu con relativa scampagnàda. A proposito di questa ricorrenza, eccovi alcuni versi della poesia del poeta Pino Testa:

U TRÉ D' MÀIU

[...]

Ma U Tré d' Màiu, pr' mì era l'evént'

ch' m' 'ncastràva na giurnàda,

o ghh'éra témp böngh' o témp' tént',

nan mâ p'rdéva mai sta scampagnàda.

 

Darréra dû st'nnàrd dâ 'V'gnéra',

cû m'caör' ô codd' e u brannunétt',

griàva 'nzému a l'autri na prièra

cu tutta a vösg' ch' ggh'éra nû mi pétt'.

[...]

"Ma quant' è ten'ra sta cauda càlia,

t' squàgghia 'mböcca, chi béu t'rröngh'!

Pupi d' zzuch'r'... còsi di vaglia...

dama ch'è l'urt'ma dû caudaröngh'!"

Pino TESTA

(P'nz'ddiadi, Poesie in galloitalico piazzese, AGS, P. Armerina 2006)

 

Traduzione

IL TRE DI MAGGIO

[...]

Ma il Tre di Maggio, per me era l'evento

che mi occupava tutta una giornata,

o c'era tempo bello o tempo brutto,

non mi perdevo mai questa scampagnata.

 

Dientro lo stendardo della Vergine,

col fazzoletto al collo e il cero,

gridavo insieme agli altri una preghiera

con tutta la voce che c'era nel mio petto.

[...]

"Ma quanto sono teneri questi ceci abbrustoliti,

ti si sciolgono in bocca, che buon torrone!

Pupi di zucchero... cose di valore...

dammela che è l'ultima del calderone!".

cronarmerina.it

Leggi tutto...

Cacciatori anziani

Per due cacciatori avanti con l'età non è più come una volta quando sautàv'nu e bancùni bancùni: meglio sedersi a mangiare 'nmastiöngh (un boccone) ristorandosi e godendosi il panorama da campàgna ciaccësa.

I döi cazzaöri

Carm'lazz' è tönn scuscià.

Iè sign dû tönn sd'rramà.

Avöma fatt' cert' 'mbeu p'nzer

D'annè tutti döi a cacciër!

Nan appena 'ncav a ressa r'vadi,

F'sciò, cartucci e zaini carriadi!

Carmè, talè nan sign tönn pazz:

Cösta muntada cert' nan mâ fazz!

Prima gghâ fasgeva a cianè,

Annav'mu i cunigghi a stratagghè.

Öra ch' simu vëgghi e scunurtadi,

D' zzà manch m' möv a scuv'ttadi!

Tira föra l'aulivi cu frumagg,

E u sciasch cû vingh ch'è furagg!

Ernesto Caputo (1925-1990, biografia del poeta)   

 

TRADUZIONE

I due cacciatori

Carmelo non ha più forza nelle gambe.

Io sono completamente a terra.

Abbiamo avuto certo una bella idea

Di andare insieme a caccia!

Appena arrivati sul posto,

Fucili, cartucce e zaini in spalla!

Carmelo, guarda che non sono completamente pazzo:

Questa salita, di sicuro, non la faccio!

Prima ce la facevo a salire,

Riuscivamo ad anticipare i conigli.

Ora che siamo vecchi e sconsolati,

Di qua non mi muovo. neanche a schioppettate!

Tira fuori le olive col formaggio,

E il fiasco di vino che ci ristora!

 

(tratta da Ernesto CAPUTO, Vösg d' Ciazza, Terre Sommerse, Roma 2015, pp. 64, 65)

 cronarmerina.it

 

Leggi tutto...

Edicola n. 36

Edicola n. 36, via Monte 22

Tela dell'Assunta o dell'Assunzione (non Annunciazione)³, Filippo Paladini (Paladino), 26 ottobre 16114, Cattedrale di Piazza Armerina

Nella foto in alto c'è l'Edicola Votiva n. 36 del mio censimento intitolata Edicola dell'Annunciazione. Il perché di tale intitolazione sta nella chiara intenzione dell'artista di riprodurre l'immagine del dipinto (foto in basso) molto più grande che si trova sull'altare della cappella dell'Annunciazione nel transetto di sx della nostra Cattedrale (la cappella dall'agosto 2012 ospita i due monumenti funebri dei vescovi C. A. Sajeva e V. Cirrincione). Infatti, si nota chiaramente la somiglianza tra le due opere e risulterebbe molto interessante sapere sia l'autore che il committente dell'edicola e, perchè no, anche il periodo. Sicuramente dovevano essere ambedue abitanti della zona, forse della stessa via, considerando pure la riproduzione del tema ammirato chissà quante volte nella vicina Cattradàu. Tengo a precisare che avevo trovato sempre chiusa¹ l'edicola ogniqualvolta passavo dalla via Monte, ma i vicini mi assicuravano che si trovava sempre aperta nel periodo natalizio², quando per le Novene vi si accendevano i fuochi e la piccola banda musicale intonava l'inno indimenticabile Li pompi pi l'aria.

¹ La foto mi è stata gentilmente inviata da Filippo Rausa, facendomi notare anche la particolarità che la rende simile al prestigioso dipinto in Cattedrale dell'artista Filippo Paladini (Paladino).

² Se ne occupa il vicino macellaio, signor Lillo Grillo.

L'1 maggio 2016 sono stato informato del restauro di questa Edicola ad opera del Sig. Lillo Lombardo a titolo puramente gratuito. «Il sig. Lombardo, bravo restauratore, ne ha curato il recupero, ripulendo tutte le parti soggette all'usura del tempo, trattando la struttura con dei prodotti che hanno tonificato il colore del legno, e che contribuiranno a difenderlo dagli agenti atmosferici» (dal sito del Nobile Quartiere Monte

³ Oggi 21/06/2019, in seguito alla segnalazione dell'amico Antonio Barbera del 18/06/2919, ho fatto alcune ricerche e invece dell'Annunciazione si tratta dell'Assunzione, come riportato nel Dizionario Biografico dell'Enciclopedia Treccani alla voce PALADINI, Filippo.

4 Cf. Domenica Sutera, La chiesa madre di Piazza Armerina, Ed. Lussografiche, Caltanissetta 2010, p. 213.

cronarmerina.it   

Leggi tutto...

Come doveva essere

Antico dipinto della Madonna del Gorgo Nero, XII sec.

Madonna del Gorgo Nero, Luigina RECH

Tra le 100 chiese elencate nel mio volume Cronologia civile ed ecclesiastica di Piazza e dintorni del 2008, avevo posto tra le 5 chiese urbane abbattute anche quella intitolata alla Madonna del Gorgo Nero. Questa era una delle due chiesette situate nel Borgo del Patrisanto, oggi Piano Teatini, prima fuori le antiche mura della Città. Notizie di questa chiesa si hanno a partire dal VI - VII sec. quando il borgo era abitato da gente greca e, successivamente, da quando iniziò a custodire il dipinto nella foto in alto. Per questo motivo la chiesa, prima dedicata genericamente a S. Maria, iniziò a essere chiamata Chiesa della Madonna del Gorgo Nero¹. Alla Madonna fu dato questo nome perché poco vicino la chiesetta c'erano alcune sorgenti di acqua termale e solfurea, quindi nera e puzzolente, che il popolo chiamava "Gorgo Nero". L'acqua di queste sorgenti confluiva nelle vasche della zona sottostante ove veniva utilizzata per bagni termali e terapeutici nella cura della pelle. Per questo motivo la zona venne chiamata "Altacura" poi trasformatosi anche in "Taccura". Di questo pozzo e di altri presenti nel nostro territorio ne parla anche il geologo francese Dèodat de Dolomieu di passaggio nella nostra città nel 1791 (leggere la nota 3 in Edicola n. 33). Ovviamente nessuno, tranne i nostri antenati di tanti secoli fa, aveva visto il dipinto coi colori originali. Neanche l'ultimo restauro era riuscito a ricomporli in minima parte, tanto era in pessime condizioni. Invece, domenica scorsa, visitando la mostra Giubileo Straordinario degli Artisti, Gli splendori della Misericordia al Museo Diocesano di Piazza Armerina, accanto alla teca con l'antico dipinto ho trovato la sua riproduzione (foto in basso) eseguita dalla pittrice Luigina RECH. L'artista di Orte (VT) che vive e lavora a Roma, ha ridato sapientamente luce e colori a tutto ciò che ormai era irrimediabilmente conforme al pigmento indicato nel nome dell'opera, nero. Mi ha fatto un certo effetto scoprire finalmente i tanti elementi essenziali del dipinto (oltre ai volti della Madonna e del Bambino, il libro nella mano sinistra del Bambino, la croce sul velo che copre la fronte della Madonna, la stella sulla spalla della Madonna indicata dalla mano destra del Bambino) mentre prima era già difficile scorgere quel poco che rimaneva dell'immagine complessiva. Anche se non dipinta su tavola, l'opera ha tutte le caratteristiche delle icone, raffigurazioni sacre dipinte su tavole prodotte nell'ambito della cultura bizantina per la quale ogni suo elemento pittorico assume un significato teologico particolare, persino nella preparazione e nel materiale utilizzato. Concludo ricordandovi che il culto religioso della Madonna è tipicamente bizantino e si diffuse in tutti i territori sottoposti ai Bizantini, pertanto anche in Sicilia si diffuse il culto religioso della Madonna dell'Itria², abbreviazione dell'antichissimo titolo bizantino di Odegitria o Odigitria, che gli imperatori di Costantinopoli diedero alla Madonna come "guida nel cammino della vita" (Madonna del Buon Cammino). Per i Siciliani era un culto così importante che a Roma, nel 1593, gli abitanti originari dell'Isola ivi residenti intitolarono sia la loro confraternita/congregazione, fondata per visitare gli infermi e soccorrere i bisognosi in specialmodo "connazionali" di passaggio, sia la chiesetta/ospedale, oggi in via del Tritone 79, alla Madonna dell'Itria detta di Costantinopoli.

¹ In qualche testo anche "della Fonte di Vico" riferendosi alla fonte presente in questo "borgo" abitato da gente greca allora fuori le mura.

² A Piazza esiste la chiesa di fine Cinquecento inizio Seicento a pochi passi dalla piazza Garibaldi, scendendo verso il quartiere Canali. Dal dicembre 2007 la chiesa, dopo aver subito un crollo di un'ala per le abbondanti piogge, è stata chiusa al culto. Nel giugno del 2014 si è aperta anche una voragine ai piedi dei puntellamenti che sorreggono il fianco della chiesa crollata precedentemente. Dal primo crollo la via Itria è rimasta chiusa creando disagi enormi agli abitanti di quella zona. Dopo nove anni tutto è fermo. Tutto tace, inesorabilmente.

cronarmerina.it                   

 

Leggi tutto...

Borgo Rurale Cascino/2

La piazza di Borgo Cascino oggi, lato Nord

La piazza di Borgo Cascino oggi, lato Sud

Il Borgo Rurale Antonino Cascino

2

(dalla Parte 1) Tutta la vita del Borgo ruotava intorno alla piazza quadrata con gli assi sfalsati. Sul lato Sud c'era un ingresso alla piazza (1), la scuola rurale (2)¹ e la trattoria (14) adiacente al forno e alla scuderia (13). A Ovest l'ufficio postale (3) e la caserma dei carabinieri (4) unita alla sede dell'Ente ECLS (5) da un arco, posto al vertice Nord-Ovest della piazza. Più verso Nord c'era la canonica (6) separata dalla chiesa (7) da un cortile, a fianco della chiesa l'accesso da Nord (8). Sul sagrato della chiesa, sul lato destro della scalinata, c'era la statua in conglomerato dell'Angelo del Buon Raccolto, dello scultore catanese Eugenio Russo. La statua è quasi scomparsa del tutto perché danneggiata durante un intervento di manutenzione sulla chiesa per una trave caduta dall'alto. La chiesa a navata unica ha al suo interno una via crucis realizzata dall'artista Giovanni Ballarò, mentre l'affresco dell'abside, raffigurante San Francesco di Assisi a Borgo Cascino, fu commissionato al decoratore Carmelo Comes. Lungo il bordo Est, dalla parte opposta della chiesa, separati dalla strada dell'ingresso Nord (8), vi sono le case degli artigiani (9), tre alloggi costituiti da tre camere, ingresso, cucina e servizi igienici e, di seguito, l'ambulatorio medico (10) comprensivo di alloggio. La quinta Est della piazza è essenzialmente costituita dal fabbricato che avrebbe ospitato gli uffici comunali ovvero la delegazione del podestà, l'Opera Nazionale Combattenti e i sindacati (11) unito all'ambulatorio medico da un arco. Nella facciata di questo edificio si trovano la lapide del Gen.le Cascino e la targa dell'Ente ECLS. La Torre Littoria (12), che non si vede nelle foto, ma che ho proposto in Borghi Rurali fascisti in Sicilia/3 e che doveva sorgere antistante alla delegazione podestarile, successivamente venne spostata fuori dal perimetro della piazza, quando gli altri edifici del borgo erano stati ultimati, mentre l'edificazione di essi avvenne contemporanea. La Torre Littoria conteneva il serbatoio dell'acqua potabile e il suo progetto definitivo venne redatto nel 1941 dall'ing. Rubino, mentre il grande serbatoio definitivo lo troviamo poco distante lungo la SP30 senza alcuna iscrizione e a pochi metri da una fontana/abbeveratoio. Successivamente vennero pianificati un ampliamento del borgo e la costruzione di due sottoborghi; la progettazione, conformemente a quanto era stato disposto da Mazzocchi Alemanni, venne affidata sempre al Giuseppe Marletta. I Lavori, però, non vennero mai nemmeno iniziati, anche perché si entrava in piena emergenza bellica. Resta il fatto che gli unici interventi eseguiti negli anni su Borgo Cascino furono quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria condotti dall'Ente che, contrariamente a quanto avvenuto per gli altri borghi, non hanno intaccato l'estetica degli edifici, il cui aspetto complessivo resta vicinissimo a quello originale. Al mantenimento dello stato di salute del borgo hanno sicuramente contribuito gli occupanti degli edifici. E' possibile che questa maggiore attenzione nell'evitare di danneggiare l'aspetto esteriore di Borgo Cascino sia anche in relazione alla tipologia e alla storia delle persone che attualmente vi risiedono.² Molti di loro hanno infatti conosciuto Borgo Cascino quando era stato costruito da poco. Qualcuno vi è nato, come il figlio di chi aveva avuto l'incarico di portalettere. Altri vi hanno trascorso una parte significativa della loro vita, come il maresciallo della stazione dei carabinieri, che vi è rimasto dopo il congedo. Diversamente da quanto accaduto in altri Borghi raramente si è giunti all'instaurazione di rapporti conflittuali. Nel settembre 1969 il Borgo Cascino dall'ESA è stato ceduto al Comune di Enna ma gli ultimi interventi pubblici di una certa entità sul borgo risalgono al 1967. Oggi se si può osservare un quasi perfetto borgo rurale ECLS costruito più di settanta anni prima, il merito è dei residenti considerati, però, ancora occupanti abusivi. (tratto da VoxHumana, La Via dei Borghi)

¹ Tanti maestri elementari piazzesi vi iniziarono la loro carriera di insegnanti.

² Il post relativo a Borgo Cascino è stato redatto nel 2012.

(continua)

cronarmerina.it

 

 

Leggi tutto...

Borgo Rurale Cascino/1

La lapide¹ che ricorda il Gen. le Antonino Cascino

Il Borgo Rurale Antonino Cascino

1

Tra gli otto Borghi Rurali, nati durante il periodo fascista per dare "l'assalto al latifondo" in Sicilia, ci fu anche quello dedicato al generale piazzese Antonino Cascino. L'attribuzione del suo nome al borgo avvenne sempre per Regio Decreto del 9 dicembre 1940 e, caso unico tra i borghi ECLS,² vi è anche una lapide che riporta la motivazione per il conferimento della medaglia (nella foto). L'ubicazione di Borgo Cascino fu studiata in modo da richiamare alla mente l'immagine del "paesino rurale di collina". Sorge infatti a 2 Km ca. in linea d'aria dalla SS122, su una collinetta con una superficie di base di una quindicina di ettari, che si innalza almeno di una cinquantina di metri rispetto al suolo circostante. I più vicini rilievi si trovano mediamente a un paio di chilometri di distanza. Uno di questi è monte Pasquasia, ove si trova l'omonima miniera di sali potassici. Qualche borghigiano riferisce che le pendici del monte avrebbero costituito la sede inizialmente designata per la costruzione di Borgo Cascino. Il terreno su cui sorge il borgo fu espropriato alle famiglie Greco-Militello e Lo Manto per un totale di £ 1.842.224. L'incarico per la progettazione fu affidato all'ing. Giuseppe Marletta, architetto catanese e giovane professionista e per la costruzione all'impresa Società Muratori Riminesi con un preventivo di spesa di £ 970.102. La strada di accesso di ca. 150 m, si dirama come deviazione dalla SP30 che congiunge il bivio SS122-SS117bis, con la SS560, deviazione realizzata unicamente per servire il borgo. I chilometri da Enna Bassa sono 14,1 mentre da Piazza Armerina sono 35 (non passando per Enna Bassa, altrimenti sarebbero 41). (Tratto da VoxHumana, La Via dei Borghi)

¹ La data "15 Settembre 1917" alla base della scritta si riferisce al ferimento alla gamba destra che lo portò alla morte il "29 Settembre 1917" per <<ferita a fondo cieco coscia destra da palletta shrapnell flemmone e setticemia>> come risulta dall'Estratto dell'atto di morte del 20 ottobre 1917 rilasciato a Roma dal Ministero della Guerra ove è indicato <<L'anno 1917 ed alli 29 del mese di Settembre nell'Ospedale Chirurgico Mobile "Città di Milano" mancava ai vivi alle ore Ventidue in età di anni cinquantacinque il Maggior Generale Cascino Comm. Antonino, Comandante la 8^ Divisione>>. (tratto dalla fotocopia in F. P. ORLANDO, CASCINO, C.A.S.A., PIAZZA ARMERINA 2016, p. 105)

² Ente per la Colonizzazione del Latifondo Siciliano.

(continua)

cronarmerina.it

 

 

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS

Ricerche Storiche

Censimenti

Storia Civile

Storia Ecclesiastica

Curiosità

Come Eravamo