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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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Ospedale 4^ Sede/Nome definitivo

Nel 1860 per le leggi eversive i frati Fatebenefratelli vanno via da Piazza e il convento di S. Francesco è acquisito dal notaio Remigio Roccella, rettore dell'altro ospedale esistente, l'Ospedale Chiello. Pertanto i due ospedali, il Chiello e il S. Giovanni di Dio, si riuniscono in uno solo sotto il nome definitivo di "Ospedale Michele Chiello". L'acquisizione del convento francescano e il risanamento del bilancio amministrativo del nuovo ospedale è dovuto alla donazione del chierico Michele Chiello e a quelle di Trigona Vespasiano di Gerace, Carmela d'Aquino-Trigona di Gerace (moglie del primo), La Vaccara Adelaide fu Calogero, canonico Maltisotto Pasquale, avvocato Di Pietra Gaetano, professor Paternicò Domenico, Platamone-Trigona-Crescimanno Marianna, Carrù Marianna, Vincifori Ignazio e Franzone Giuseppina (una lapide in marmo nella sede al Monte e cartacea nella sede alla Bellia ne ricorda i nomi). Il nuovo Ospedale in alcuni documenti successivi all'unificazione, appare anche col nome di "Ospedale Chiello e Vespasiano Trigona", in quanto il barone alla sua morte, avvenuta nel 1853, gli ha lasciato il feudo Ciappa, il palazzo baronale di Piazza Castello e altri beni minori, riservandone l'usufrutto alla moglie al quale lei rinuncerà definitivamente nel 1865.
cronarmerina.it

U rùmulu

La TROTTOLA, ma noi la chiamavamo con un nome al maschile, U RÙMULU, era già un giocattolo molto diffuso sin dai tempi dei Greci e dei Romani. Da noi si è usato sino agli anni '60, poi non si è più visto. Formato da un cono di legno duro, d bùsg o d'aulìv (in dialetto più recente bùsciu = bosso, aulìv = olivo) con tante scanalature, per facilitare l'avvolgimento della cordicella tenendolo pa cap'tìna (capoccia). All'estremità inferiore veniva conficcato un chiodo con la testa arrotondata, sia per motivi di attrito che per quelli di usura. Il gioco consisteva nel tirare la cordicella tanto forte da far ruotare u rùmulu facendolo rimanere in piedi il più a lungo possibile. I più bravi passavano alla fase successiva. Si sfidavano a colpire, lanciando il proprio giocattolo, quello dell'avversario, fino a spaccarlo in due per prendersi come trofeo il chiodo ormai libero. Ultimamente abbiamo potuto vedere queste fasi nelle scene iniziali e finali del film Baarìa in cui addirittura il fabbro, mentre innestava la punta di ferro no rùmulu, inseriva anche una mosca viva e alla fine, quando la trottola veniva spaccata, l'insetto riprendeva a volare anche dopo tanto tempo rimasto dentro (nei film tutto è possibile!). A Piazza quasi tutti i falegnami erano capaci di utilizzare il tornio a pedale, indispensabile per la costruzione del giocattolo, ma ce n'era uno che si era specializzato particolarmente. Era don Peppino Roccazzella, prima abitante e col laboratorio nelle case di fronte l'odierna posta centrale, poi trasferitosi in quella lasciatagli in eredità dalla sorella accanto all'ingresso della Villa Garibaldi, a destra dopo il ponte della ferrovia che prima esisteva nell'ex via Padova oggi Don Milani. Proprio a questo giocattolo ci si riferiva quando si doveva rimproverare un bambino discolo e superattivo, che oggi diremmo un po' "vivace": "Ora sett't e nan far còm u rùmulu!".
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it       

Sodalizio dei Dodici Preti

Piazza Garibaldi ex Piazza Pescara, 1909
Sodalizio dei Dodici Preti
Tra i 22 Sodalizi nella nostra Città c'era pure quello chiamato "Dei Dodici Preti". Era sotto il titolo di San Pancrazio che, morto martirizzato all'età di 14 anni nel 304 d.C., è patrono dei Giovani dell'Azione Cattolica. Il luogo di riunione e di riferimento di questo Sodalizio era in Piazza Garibaldi già Piazza Pescara (nella foto), all'angolo con la Via Umberto I o strata a fera, dove c'era una piccolissima chiesetta dedicata a Cristo Salvatore chiamata dai piazzesi U S'gn'rùzzu da Ciàzza. Lo scopo principale del Sodalizio era quello di assistere le persone indigenti, specie se anziane e ammalate, recandosi nelle loro case per confessarle, comunicarle e aiutarle non solo spiritualmente. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it 

Stesso autore palermitano

 

Cos'hanno in comune queste due statue ?

  
Da "palermo.repubblica.it":

<< RITROVATA DOPO TRE MESI IN UN MAGAZZINO LA STATUA RUBATA AL PALAZZO DELLE FINANZE.>>

La bellissima statua della Vittoria alata (foto in alto) dell'artista palermitano Antonio Ugo (1870-1950) è stata scoperta in questi giorni dalla polizia in un box del quartiere Danisinni. Realizzata in bronzo e pesante quattro quintali, è stata sezionata in tre parti dai ladri che sicuramente avrebbero fuso per ricavarne il rame che si trova nella lega col bronzo. L'opera realizzata dallo stesso scultore del nostro Marco Trigona, si trovava al secondo piano del Palazzo delle Finanze in Corso Vitt. Emanuele di Palermo, in questi mesi al centro di lavori di restauro. Fu commissionata dal Banco di Sicilia e inaugurata nel quarto anniversario della fine della I Guerra Mondiale (4 nov. 1922). Lo scultore e medaglista, tra le sue 25 opere sparse in tutta Italia, realizzò la statua del barone Marco Trigona nel 1906 servendosi di una delle più importanti fonderie d'Europa di quel periodo, le Fonderie G. A. Laganà di Napoli, come è riportato nella scritta alla base posteriore della statua in piazza Duomo. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it      

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