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Gaetano Masuzzo

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Famiglia Assaro (de)

D'azzurro recante l'effige della Madonna con Bambino

Nel 1500, con l’avvento della monarchia Castigliana, la famiglia de Assaro (anche Assoro), come tante famiglie abitanti a Plaza, pagando una tassa per l’iscrizione alla Mastra Nobile delle città regie, diventa nobile. Nel 1553 il futuro suocero del barone Marco Trigona, il medico e matematico Giovanni Francesco de Assaro, fonda il “Ritiro delle Donne Pentite o Ripentite”, qualche anno più tardi, dietro l’interessamento del viceré de Vega, sarà tra i firmatari, nella Chiesa Madre, della pace con il partito avverso dei Trigona e degli Aguglia. Giovanni Francesco de Assaro muore nel 1593 e viene seppellito nella cappella di S. Pietro. Anche la figlia Laura de Assaro, che ha sposato il barone Marco Trigona, muore nel 1597, un anno prima del marito, e viene seppellita nella cappella di famiglia, soltanto nel 1906 sarà trasferita nella Chiesa Madre voluta dal marito. Nel 1609 il chierico don Andrea de Assaro¹, dei baroni della Montagna della Gebbia, raccoglie fondi assieme alle tre famiglie baronali degli Spinelli per la fondazione della "Casa" per Teatini e per l'abbellimento della loro chiesa intitolata a S. Lorenzo Martire. Nel 1628 Giuseppe d'Assaro è sacerdote e cappellano di Sant'Anna. Nel 1666 c’è da registrare il matrimonio tra la figlia di Antonino de Assaro barone di Montagna della Gebbia e dei Salti dei Mulini, Silvia, con Desiderio Antonio Platamone barone dei Poìri. 1825 Silvestro Assaro è frate Francescano (laico). Oltre allo stemma di questa famiglia nella foto (arco I cappella a sx) sempre nella chiesa di S. Pietro ce n'è uno nella III cappella a dx, poi uno nel sarcofago di Laura in Cattedrale e uno posto in alto nel cantone, tra le vie Monte e Chiello.

¹ Il suo nome si trova scolpito su una lapide nel pavimento della chiesa di San Martino (quartiere Monte).

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Cine Ariston anni '60

 
Ed eccoci agli anni '60. Il cinema Ariston attraversava il suo miglior periodo. Dal macchinista sig. Scaccianoce, venivano proiettati film della portata de "I Dieci Comandamenti", "Deserto rosso", "Spartacus", "Rocco e i suoi fratelli", "Lawrence d'Arabia", "La dolce vita", e doveva stare sempre allerta, perché se si spegneva il proiettore, o le immagini si spostavano o non si sentiva l'audio, erano fischi e parolacce dell'altro mondo. Mi ricordo che quando c'era molta folla, e quindi mi toccava stare in piedi, preferivo stare proprio sotto il fascio di luce che usciva dalla cabina di proiezione in sala, perché era favoloso vedere il gioco di luci di mille colori attraversate dalle nuvole di fumo, ed ero felice anche senza guardare il film. Questi erano lungometraggi che ti facevano entrare alle 15 e uscire alle 22, se andava bene, e non c'era "Domenica Sportiva" che poteva farceli rinviare. I biglietti si facevano dal signor Riso di cui conoscevamo solo il mezzo busto, in quanto si mostrava dalla finestrella del botteghino 50x30 cm, a chi ci arrivava! Prima dei film c'erano i "Cinegiornali INCOM" e negli intervalli si comprava di tutto: le arancine del sig. Santangelo (che le tirava fuori dalla teglia come un mago tira fuori i conigli dal cilindro), le bombolone colorate, le gazzose prima con la pallina di vetro, poi senza, con i turaccioli che andavano a finire chissà dove, anche in sala. Se poi eri un benestante, potevi permetterti di fare un salto giù dal sig. Carlo Magro a prenderti un gustosissimo "PASTICCIOTTO". Sì, lo scrivo a stampatello per darvi un'idea di che cosa sto parlando, e per giunta con la ciliegina candita sopra. Altri tempi!
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Forestale anni '50

 Il solito amico Peppuccio, mi ha mandato gentilmente questa foto che dedichiamo a tutti gli abitanti nei dintorni.

Se avete qualche aneddoto che si riferisce a quel periodo e/o a quella zona da raccontare, coraggio questo è il momento.

L'Opra î pupi


A Piazza a rappresentare l’Opra î pupi furono i due cugini Totò e Nelli Parasole, imbianchini e falegnami, che ben presto si trasferirono, fine anni ’40 inizio anni ’50, in via Largo Sant’Onofrio 3, proprio dietro la pescheria. Nelli era quello che disegnava le scene, i fondali e i manifesti da esporre in Piazza Garibaldi, sul Cantone tra la Piazza e via Vittorio Emanuele (â calata û Cullègg). Totò invece era il vero puparo, che curava le sceneggiature, manovrava i pupi (alti quasi un metro) e che con la voce particolare riusciva a suggestionare gli spettatori, aiutato qualche volta da Nelli. Oltre a variare il timbro di voce, lui usava battere i piedi sulle tavole del palcoscenico, soprattutto quando c’erano gli scontri armati con i paladini (Orlando, Rinaldo, Carlo Magno e suo cognato traditore, Gano di Maganza) che colpivano o paravano violentemente le armature dei saracini (Rodomonte, Ferraù, Agramante). Il pubblico, attentissimo, dopo qualche minuto iniziava a parteggiare ora per uno ora per l’altro personaggio, e chi assisteva nei primi posti, indietreggiava per paura di qualche colpo di spada o scimitarra. Così facendo s’imparava a conoscere le opere come la Chanson de Roland o l’Orlando furioso. I biglietti venivano fatti dalla moglie di Totò e non costavano più di 50 lire, qualche volta lei aiutava anche il marito nelle scene dove c’era Angelica. Dopo qualche anno tutta la troupe dovette trasferirsi in via Umberto al n. 63, dove prima c’era stato un negozio di merceria gestito da catanesi e con l'insegna "ALLEBASI". 

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