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Altri due importanti fotografi del '900

Foto effettuata dal fotografo Alfonso GRECO BONANNO
Foto effettuata dal fotografo Giovanni GRITA
Nelle ultime settimane ho recuperato altri due importanti fotografi dell'inizio del secolo scorso, che operavano nella nostra Città e in quelle vicine. Il primo è un certo Alfonso GRECO BONANNO del quale abbiamo una foto (in alto). Doveva essere un fotografo abbastanza importante perché lo troviamo nell'ANNUARIO del "CORRIERE FOTOGRAFICO" di MILANO del 1914 ca., Elenco Generale dei Fabbricanti, Negozianti e Fotografi d'Italia, Italia Insulare, Sicilia, Provincia Caltanisetta, Piazza Armerina (n.d.r. Caltanissetta, allora nostra provincia, nell'Annuario risulta scritta con una "s" dove, inoltre, è riportato il paese di "Branca Franca" invece di Barrafranca).
L'altro nominativo è quello di Giovanni GRITA, presente anch'egli nell'ANNUARIO di cui sopra ma nella Provincia di Catania, precisamente a Caltagirone. Risulta scritto solo con l'iniziale del nome "G", ma da alcune fotografie sappiamo che si tratta di Giovanni. Ho chiesto a un conoscente omonimo e mi ha confermato che si tratta di Giovanni, uno dei due fratelli di suo nonno Giacomo GRITA*. Giovanni abitava e lavorava a Caltagirone, ma spesso la sua attività era richiesta anche a Piazza, come risulta da tante foto ritraenti piazzesi della fine Ottocento e inizio Novecento come, per esempio, la foto in basso, oppure le foto dei genitori del martire antifascista Salvatore Principato viste in una mostra al Monte Prestami di Piazza Armerina nel 2010.
 
*Giacomo GRITA (1877-1966) era il padre di Massimo GRITA, indimenticabile libraio degli anni 60 e 70 di via Garibaldi 89, proprio all'angolo della salita San Giovanni Evangelista (oggi sede di un pub). Inoltre, potrebbe essere lui il Giacomo GRITA che risulta anche nell'ANNUARIO come fotografo nei primi anni del Novecento, ma a Modica, allora in provincia di Siracusa. Rappresentanti della famiglia Grita originaria di Caltagirone, li troviamo anche ad Agrigento nella seconda parte dell'Ottocento. Si tratta delle due figlie di Salvatore, grande scultore e giornalista di Caltagirone (1828-1912). Infatti, Rosina e Maria impararono l'arte fotografica dal padre e nell'atto di morte redatto presso il comune di Agrigento sia le figlie che la madre sono dette di professione fotografe.    
Gaetano Masuzzo/cronarmerina

Calzolai antichi e moderni di Piazza

Il calzolaio Cateno Di Salvo nel suo laboratorio di via Monte
 
Il 18 maggio 2013 nel post "Sodalizio dei Calzolai" vi avevo raccontato come questo gruppo di mutuo soccorso fosse da considerare tra i più antichi della Città, dovendo tornare indietro al 1253 quando fu fondato dai Padri Domenicani subito dopo il loro arrivo. Il Sodalizio, che comprendeva anche i Conciatori di pelli e i Calzettieri o Calzettai, era stato dedicato ai Santi Crispino (non Cipriano¹) e Mercurio con la loro sede presso la chiesa di San Domenico e Madonna del Rosario oggi Seminario Vescovile. Vi avevo parlato anche della zona con più alto numero d' scarpèri ovvero a cas'varìa, spiegandovi da dove provenisse quest'ultimo nome. Oggi vi elenco tutti i nomi in ordine alfabetico dei Calzolai antichi e moderni di Piazza, che sono stato in grado di recuperare grazie all'eccezionale memoria di mio padre Gino e alla disponibilità di uno degli ultimi calzolai di Piazza che vedete nella foto, il signor Cateno Di Salvo. Di alcuni di questi artigiani è riportato solo il cognome, ad altri è stata aggiunta la via o il quartiere dove avevano la loro bottega artigiana:
Barresi Alfredo piano Arcurio; Camiolo in via Pittà (al Monte); Catalano Totò via Roma; Chitarra Salvatore al Monte; Commendatore Francesco via Sette Cantoni; Crea Mimmo via Garibaldi; Denaro Giuseppe via Misericordia, Di Dio Datola via Marconi; D'Alù via Garibaldi; Di Bartolo via Garibaldi; Di Salvo Cateno via Monte e via F. Guccio; Evola in via Pittà (al Monte); Failla Alfredo via Garibaldi, Failla Calisto; Failla Francesco cugino di Calisto; Failla Giovanni fratello di Francesco; Falciglia Vincenzo piazza A. De Gasperi; Fascinella via F. Guccio; Ferrigno Luigi via Sette Cantoni; Ferrigno Vincenzo via barone Camerata 26; Giunta Onorio²; Indiogia Salvatore, Gancitano Totò via Santa Veneranda; Giuffrè al Casalotto, Grillo Tanino sotto via Nino Bixio; Indiogina via Monte; Lavore Salvatore via Umberto; Leotta Rosario piano Arcurio; Lo Presti Mario via Mazzini; Marino via Mazzini; Masino al Casalotto; Masuzzo Carlo vie/piazze Umberto-Mazzini; Mellia Nunzio al Monte; Nicotra in via Umberto; Oste Giuseppe al Casalotto; Pellizzeri via Garibaldi; Pisano via Roma; Pisano Francesco via Machiavelli; Rosagrata Enzo via Sette Cantoni; Ruggeri Antonino (1878-1941, padre di Francesco) via Mazzini; Ruggeri Francesco (figlio di Antonino) via Umberto; Fratelli Ruggeri Mario, Rosario (n. 1897) e Salvatore (n. 1905) nipoti di Antonino; Restivo via Garibaldi; Sammarco Salvatore; Santiliporti Filippo e figli³; Sauli via Garibaldi; Sauli (fratello del primo); Scalzo Salvatore via Sette Cantoni; Scibona Concetto; Scibona Giuseppe; Scroppo Aldo al Monte; Scucchia via Mazzini, Seminato Rosario, Venezia Alessandro; Vitali Pepè ai Canali.
 
¹ Nel marzo del 2018 ho riscontrato l'errore di copiatura effettuato a suo tempo dallo storico Litterio Villari, nel riportare quanto da lui appreso dal manoscritto Chiese conventi ed istituti di Filantropia in Piazza di Alceste Roccella. Questi, infatti, aveva scritto «Sodalizio dei SS. Crispino e Mercurio» e non, come riportato dal Villari, dei «SS. Cipriano e Mercurio». In effetti San Crispino è ricordato come protettore dei calzolai e dei conciatori perchè come il fratello, San Crispiniano, aveva scelto di fare il calzolaio.
² Da un documento del 1895.
³ Dalla poesia in gallo-italico U Santiliporti di Remiglio Roccella (1829-1916).

N.B.: Sono stati sottolineati i nominativi aggiunti o corretti dopo le segnalazioni dei lettori; i fratelli Cisarella di via Monte sono stati trasferiti nell'elenco dei barbieri.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

 

Mobili artigianali ed emozioni eterni

 
 
 
 
 
 
Qualche giorno fa mi sono arrivate dal Nord Italia alcune foto relative a un comò, a ciaccësa 'ncantaràngh. A prima vista nulla di particolare, se non un mobile della prima metà del secolo scorso, ancora in ottimo stato che fa bella mostra perché bello sia nella forma, sia nello stile e nel colore, insomma un buon pezzo d'antiquariato. Invece, le foto erano accompagnate da una lettera scritta a mano da una signora di origini piazzesi che, oltre a indicare minuziosamente le misure del mobile, mi segnalava, come le ripetevano spesso in famiglia, che era stato costruito da mio nonno falegname ed ebanista Tatano Marino Albanese (1889-1958), ai più conosciuto come Ciucciuledda (nella foto del 1956). Glielo ricordavano in tante occasioni, soprattutto "quando si parlava della non resistenza dei mobili moderni e prodotti industriali". La signora, forse mia coetanea, continuava facendomi sapere che gli acquirenti erano stati i suoi nonni, sposatisi nel primo decennio del Novecento, ma l'acquisto però potrebbe essere stato a metà degli anni 30, in occasione del loro ultimo trasloco in via Cavour. A questo punto mi rivolgo per saperne di più a mio padre classe 1921, giuv'n falegname nella bottega di mio nonno proprio in quegli anni lontani. Ed ecco le conferme: a casa di mio nonno di quel comò ce n'era un altro simile nella camera di mia mamma da signorina, costruito nella falegnameria di via Roma al n. 108; ricordava benissimo quella famiglia, ma non dei nonni, bensì dei genitori della signora, perché vicini di casa appena sposati nel 1944, lui un signore molto alto, distinto e che vestiva sempre di scuro. Questo è un esempio di come il web, usato con le dovute cautele, possa contribuire a risvegliare ricordi lontani, sia nel tempo che nello spazio, confermandoci, se ce ne fosse stato bisogno, che il lavoro fatto con serietà e competenza, p' na far malif'guri, alla lunga paga più di quelli superficiali e raffazzonati che, per questo, rimarranno anonimi per l'eternità. Infatti, per un artigiano e, quindi, per un parente di questi, non c'è cosa più essenziale e vitale di vedere, con grande soddisfazione, la propria "creatura" immutata e perfettamente funzionante come il giorno d'uscita dal laboratorio, suscitando sempre grandi emozioni, come quelle vissute dalla signora "su quel comò trovavo ogni anno i regali dei morti" e "dalla camera da letto dei nonni passò in quella dei miei genitori, quando i nonni non ci furono più e adesso si gode, resistendo bene, le nebbie del Nord". A nome di tutti gli artigiani seri, competenti e onesti, e dei loro parenti, 
Grazie, Signora del Nord.  
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina           

Giovanni Giudice, marmista / 2

La famiglia di Giovanni Giudice negli anni '30

 Il nipote Carmelo Nigrelli ricorda

2^ Parte

 
Durante la II Guerra Mondiale, nella bottega di mio nonno (n.d.r. Giovanni Giudice) in via Mazzini¹, dietro una enorme lastra di marmo, un piccolo gruppo di antifascisti ascoltava Radio Londra. Nella primavera 1943 su questa lastra erano incise le parole: "A Valfredo Carducci, fratello del poeta, maestro di Benito Mussolini, Piazza Armerina, morto in questa casa il 30 aprile 1919"² che era stata commissionata dal podestà e doveva essere collocata sulla facciata della casa in via Mazzini. Il gruppo di antifascisti che ascoltava Radio Londra era formato da cinque o sei persone: il ferroviere Di Marco, palermitano, insieme al fratello ingegnere e inventore di un modello di motosilurante MAS, licenziato perché antifascista; un altro ferroviere, tappezziere, catanese³; un ufficiale dell'esercito di stanza presso la polveriera, anch'egli palermitano. Mio zio Totuccio, che aveva 14 anni4, stava sulla porta come vedetta. Un altro gruppo, tutto di piazzesi, si riuniva presso la farmacia Salemi, ospite del dott. Gino. Nel giugno 1943, il più temuto caposquadra della milizia fascista, Totò Russo, andò da mio nonno e gli disse che negli uffici c'era un documento che lo riguardava e che, da lì a poco, lo avrebbero potuto mandare lontano dalla città. Lo aveva voluto avvertire, rispettandolo pur se di idee antifasciste, che stava per essere inviato al confino. Mio nonno rispose: "Qualunque cosa le abbiano detto di me, si ricordi che io, qui, faccio solo il marmista". Per fortuna, poche settimane dopo, arrivarono i canadesi e gli americani che il 10 luglio erano sbarcati a Gela. Carmelo Nigrelli
 
¹ Il Giudice ebbe due botteghe in via Mazzini, la prima al n. 72, dove oggi c'è un macellaio, la seconda al n. 73, oggi negozio di Ceramiche Vitali. Mio padre Gino Masuzzo, falegname, lo conobbe perché acquistava le lastre di marmo da mettere sui comodini delle camere da letto e, quando aveva il negozio di ferramenta in via Garibaldi 11, il marmista, ormai pensionato, spesso lo andava a trovare per scambiare quattro chiacchiere tra una presa e l'altra di tabacco. Inoltre il Giudice fu il marmista che negli anni '30 trasferì l'altare dell'ex chiesa di Sant'Agata (al Monte) in Cattedrale, ricomponendolo nella navata di sinistra accanto all'entrata della sagrestia. 
² A tal proposito leggere tra le "RICERCHE STORICHE" di questo blog i 4 post sulla Famiglia Carducci a Piazza dal 31 ottobre 2013. 
³ Era addetto a rivestire di velluto i sedili delle carrozze di I Classe e mio padre Gino Masuzzo mi ha precisato che si chiamava Spinelli. 
4 Era figlioccio di battesimo di mio nonno materno, poeta-falegname Gaetano Marino Albanese (1889-1958), per questo motivo col marmista Giudice si chiamavano compari. (tra i commenti arrivati c'è quello del 12/5/2014 del nipote Carmelo, dove ci precisa che non si trattava del battesimo ma della cresima).

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

Giovanni Giudice, marmista / 1

Giovanni Giudice, 1897-1966

  Il nipote Carmelo Nigrelli ricorda

1^ Parte


Oggi, 25 aprile 2014, voglio raccontare una storia vera di famiglia. Mio nonno Giovanni Giudice, classe 1897, palermitano, venne a Piazza alla fine del 1924 insieme al maestro Andrea Manzella. Lo scultore palermitano aveva ricevuto l'incarico di realizzare il monumento ai caduti da collocare in piazza Umberto I, ai piedi della chiesa di S. Stefano*. Mio nonno era stato allievo di Manzella all'istituto d'arte di Palermo e il maestro lo aveva voluto con sé in bottega. Poi, a diciannove anni, con il grado di caporale, era partito per il Carso (vi mostro la foto fatta prima di partire per il fronte e destinata a essere collocata sulla tomba). Durante l'undicesima battaglia dell'Isonzo, sull'altipiano della Bainsizza, in Slovenia, nell'agosto 1917, era stato preso prigioniero e portato in Germania a Francoforte sull'Oder, dove sarebbe rimasto due anni. Tornato a Palermo aveva cominciato a lavorare con il maestro Manzella. A Piazza coordinò i lavori di costruzione del Monumento ai Caduti della I Guerra Mondiale e poi decise di trattenersi perché ebbe l'incarico da parte di diverse famiglie nobili locali, per la costruzione di cappelle gentilizie, spesso firmate da progettisti, ma progettate e realizzate da mio nonno Giovanni Giudice. Il 26 dicembre 1925 sposò, a Palermo, mia nonna, Francesca Ferbo, che rimase ad abitare nella capitale ancora per cinque o sei anni, venendo a Piazza di tanto in tanto con i figli (mia mamma nata nel 1927, mio zio Totuccio nato nel 1929 e mi a zia Anna nata nel 1932). Mio nonno era socialista e, forse, lo era diventato proprio nelle tronche del Carso. Lo sapevano tutti a Piazza. Nel 1933 la famiglia si trasferì definitivamente a Piazza, andando a vivere in una casa acquistata alla Castellina. Nella primavera del 1940 mio nonno realizzò il monumento al gen.le Antonio Cascino su progetto dell'arch. Domenico Roccella, morto a Roma pochi anni dopo, con le sculture di Giandomenico de Marchis. (continua)

*Poi chiamata Piano Duilio, oggi Piazzale Litterio Villari.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina

 

I barbieri di via Marconi / 2

A sx il salone dei barbieri Orlando & La Porta in via/piazzetta Marconi
 
L'elenco dei barbieri di via Marconi iniziato ieri continua con questi altri: Lo Tenero (Calogero?) anche lui sfollato da Tripoli¹, Sapone Nando, Trupiano, Commendatore Totò, Parisi Bobò, Farinato Carlo, Ficarra Peppino & Cordaro, Minnella Filippo, Lo Giudice (poi parrucchiere per signora), Chiarito, Orlando & La Porta. Concludo con altri ricordi di un altro visitatore di questo blog (H. alias A. M.): «Il mio barbiere, da piccolo, era il sig. Orlando di piazza Marconi (n.d.r. nella foto, la porta di sx). Il locale era di pochi metri quadrati, con la spiritera per scaldare l'acqua [...]. Ricordo ancora le scritte appese sui muri "Vietato sputare per terra" e "La persona educata non bestemmia" [...]. I clienti parlavano sempre di donne e di politica [...] a me non veniva mai rivolta la parola. Entravo, aspettavo il mio turno ed uscivo come se fossi stato un fantasma. Mi facevano pena quei ragazzini mandati a lavorare e che spesso venivano presi a schiaffi perché non scaldavano bene l'acqua o non pulivano secondo gli ordini del barbiere-padrone».
Visto che anch'io frequentavo questo salone, mi ricordo che era così piccolo che spesso a noi ragazzi, specialmente nei mesi più caldi, per tagliarci i capelli ci facevano "accomodare" su uno sgabello posto in bilico sullo scalino davanti la porta, e il barbiere usava la macchinetta per lasciarci u còzz (la nuca) completamente rasato e liscio. Poi, contro le irritazioni e pruriti vari veniva spruzzata una nuvola di borotalco, con quattro colpi della pompetta color rosso-mattone.

¹ In questo post sono stati e saranno aggiunti gli altri barbieri più o meno anziani di Piazza che mi verranno segnalati: Abate Totò in via Vittorio Emanuele, Buda in  via Carmine, Cascino in piazza Garibaldi, Cipriano Salvatore in via Roma, Cisarella (fratelli) via Monte, Consiglio in piazza Garibaldi, Di Sano a Sette Cantoni, Ferrante via Garibaldi; Giarrizzo Salvatore in via Garibaldi, Masuzzo Santino in via Mazzini, Russo Gino via Mazzini, Torre sotto il cinema Ariston, Tudisco & Lo Tenero in via Marconi 20.
 
cronarmerina.it
 

I barbieri di via Marconi / 1

 
Il sig. Tanino Bilardo all'opera nel suo salone di via Marconi
Dopo aver parlato dei barbieri siciliani in generale, oggi vi elenco i primi barbieri che avevano u salùn (il salone o la barbieria) nella nostra via Marconi in quasi mezzo secolo, dagli anni '30 ai '60. È ovvio che il mio "archivio vivente e personale" (mio padre Gino) ne avrà dimenticato qualcuno, e di questo me ne scuso, quindi se ve ne ricordate degli altri vi prego di comunicarmeli per aggiungerli. Iniziando dal tratto della via Marconi confinante con piazza Garibaldi: barbiere Interliggi Cono¹ di San Cono morto con tutta la famiglia per la frana sùtta a còsta d' San Francìscu, Di Marco e fratello, Barbera poi sostituito da Testa Pino, Bilardo Tanino (nella foto)², Ficarra³, Garigliano poi brigadiere dei Carabinieri abitante in via Garibaldi 38, don Catalano Catino, Ribilotta abitante alla Castellina, i fratelli sfollati da Tripoli Rausa Gigino e Bastiano quest'ultimo bravissimo nel suonare il violino, Caminiti forestiero (di Aidone), Magro Carmelo. Concludo questa prima parte riportando i ricordi di una lettrice (Rosaria M. S.) del blog che simpaticamente ci riportano indietro negli anni: «Io i barbieri me li ricordo ancora più remoti. Quando le donne passavano per via Marconi arrossivano, perché si sentivano scrutate dagli uomini che stavano seduti davanti le barberie, come se fossero i soci di un club. Allora il barbiere si pagava a mese o ad annata, mio padre lo pagava ad annata col grano che raccoglieva. Il barbiere veniva pure in casa a tagliarci i capelli e anche a cavarci i denti guasti. Mi piaceva l'odore del viso di mio padre la domenica, quando si sbarbava. Fino a quando stavamo a Piazza, mio marito si serviva da Pino Testa, il poeta. Le sue prime poesie gliele diede lui su fogli scritti a macchina. Altri tempi!».
 
¹ Il cognome e il nome di questo barbiere mi sono stati segnalati sui "commenti" da Tanino Santangelo che ho ringraziato. Però, una parente, sempre attraverso i "commenti", me l'ha fatto correggere da Intraligi a Interliggi.
² Il figlio di Tanino Bilardo, Giuseppe, ci ha ricordato che la foto fu scattata da un turista di passaggio che poi gentilmente gliene spedì una copia proprio in via Marconi 8.
³ Segnalatomi in seguito.
Continua nella 2^ parte.
cronarmerina.it

Barbieri siciliani anni '50 e '60

 
IL BARBIERE DI SICILIA
 
<<Con le ginocchia leggermente piegate, le braccia tese, l'unghia lunga e i gemelli d'oro, una tazza sulla testa del cliente mentre il fornellino a spirito scaldava l'acqua, il barbiere siciliano pettinava la vita e, senza saperlo, teneva a battesimo la questione meridionale che sulla lotta quotidiana tra pensieri e capelli è notoriamente fondata. Con la brillantina lucidava anagen, catagen e telogen, mentre la Storia e il Diritto venivano tranciati con i peli della barba perché tutto si poteva dire dal barbiere, tempio della insensatezza aggregativa. Poi con la lacca stabilizzava il mondo: capelli biforcuti e pensieri messi in piega contro Roma, contro il Piemonte, contro le banche, ma sempre con spensierata gratuità. E a volte il barbiere faceva partire la musica: improvvisazioni alla chitarra e al mandolino che allentavano il rancore sociale perché, prima che prendesse piede la democrazia - ma ha poi preso piede? -, il salone al Sud aveva la stessa funzione che al Nord avevano le bettole, quelle dove Renzo va a mettersi nei guai. Ed erano raschi di gola e vocalizzi da "amatore", battendo il tempo sul flacone del proraso e del prep in mezzo al chiasso ma anche alle pernacchie, spesso di stomaco, alle risate e agli scappellotti che i carusi prendevano dal mastru. L'ultimo dei carusi scopava ciocche e cicche ed era come spazzare via le ribellioni più strampalate perché niente aveva rigore dinanzi al rigore di una lama affilata. Al primo dei carusi l'onore di preparare la saponata, C'era, d'obbligo, la Domenica del Corriere e il sabato u mastru officiava il rito della schedina. Ed era un mondo tutto maschile, greve e caprone. Alzandosi dalla sedia girevole, il cliente si toccava con la mano a coppa. Il calendario profumato era "sexy" e non ancora "porno", e i baffi erano a camminata di furmicula, a cammino di formica, "perché i fimmini vogliono sentire la polpa, ma ci piace pure il solletico". Ogni tanto u mastru andava a radere un morto. "Baciamo le mani" scandiva chi entrava; "ragazzo spazzola!" era il saluto d'uscita, quando al caruso toccava, con lo scappellotto, anche la mancia>>. (tratto da Francesco Merlo, Il Barbiere di Sicilia, La Repubblica.it, 15/11/2009 - Foto di Lino Lateano; riproposto in facebook: Rivutura, 24/2/2014)
Sullo stesso tema I barbieri di via Marconi/1  e I barbieri di via Marconi/2
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

Moderni falegnami di Piazza

Sig. Giovanni Casano, uno dei pochi falegnami rimasti nel centro storico
 
Ed eccoci all'elenco dei falegnami MODERNI. Ricordo a chi non avesse letto i due post precedenti, Antichi falegnami di Piazza/1 e Antichi falegnami di Piazza/2,  che la distinzione tra i due elenchi ho ritenuto farla considerando MODERNI quelli che sono nati all'incirca dopo mio padre Gino, classe 1921. Se dovesse esserci qualche errore nell'inserimento di qualcuno nell'uno o nell'altro elenco, me ne scuso anticipatamente, l'importante è averlo inserito senza dimenticarlo.
 
Moderni Falegnami
 
Adamo, Arancio Mario, Avanzato Gino, Azzolina Salvatore piazza Regione Siciliana-via Scarpello, Barresi Tanino allo Stradonello, Biava Martinetto Martino¹ (Tino) sotto il piano Duilio e in via Sant'Agostino, Bologna Angelo, Bologna Melino, Bruno Biagio, Calabria Paolo, Campagna Armando, Campagna Paolo, Casano Giovanni in vico Pilotta (nella foto), Casano Vincenzo (padre di Giovanni)², Cosenza Filippo, Di Bartolo, Falciglia Antonio, Di Gaetano Giuseppe, Di Gaetano Salvatore fratello del precedente, Gagliano Aldo via Cammarata, Garigliano, Grita Giacomo in via Capizzi, Guastella Pippo, Guccio Mario, Labrozzo Gaetano, La Versa Cateno (figlio di Giuseppe in Antichi Falegnami) poi in Belgio, Liuzzo Salvatore in via Mons. Sturzo, Marino Ettore in largo Demani, Marino Ubaldo in via Fuardo, Mazzara Giuseppe in vico Pilotta, Milazzo Pino, Paternicò Pasquale, Pisano Mariano, Prestifilippo Filippo (Liddu) in via Garibaldi, Romano Salvatore, Rossore Salvatore, Scibona Filippo in via Bologna³, Scordi Mario nel cortile Aleotta, Seminato Giuseppe in via Pergola, Talluto Denis, Terranova Gaetano, Valentino Carmelo, Vincifori Nunzio, Zuccarello Salvatore.
 
¹ Da Giuseppe è stato corretto in Martino, dietro segnalazione del nipote il 28/05/2018.
² La parentela con Giovanni mi è stata segnalata dal cugino, Giuseppe Venturino, il 20/07/2019.
³ La figlia Patrizia il 25/07/2019 mi ha precisato che la falegnameria del padre Filippo si trovava in via Bologna, a pochi metri dal piano Arcurio.
 
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Antichi falegnami di Piazza/2

Il poeta-falegname Carmelo Scibona (1865-1939)
 
Continua (dalla parte 1^) l'elenco dei falegnami "antichi" che lavoravano nella nostra Città tra gli anni '30 e '40. Eccovene altri in ordine alfabetico: Giurbino Mario, Guarnaccia poi commerciante di ferramenta, Guarnera, La Vaccara, Manteo, La Versa Giuseppe (padre di Cateno tra i Moderni Falegnami), Lunardo/Leonardo Vincenzo (1825-1859)1, Leonardo Primo (fratello di Vincenzo, 1803-?)1, Leonardo Filippo (1858-1926)2, Marino Albanese Gaetano e il figlio Marino Liborio (Bobò) in via Roma 108, Marino Nitto, Marino Gino, Marino Angelo ('Ngiulìddu), Masuzzo Gino e il fratello Masuzzo Rosario (Sasà) in via Roma 58/60, Marino Mario in via Crescimanno, Mellia Filippo, Orlando Calogero (Calòriu) in via Udienza, Paternicò P'ppinu, Paternicò Lilliddu, Parasole Salvatore (Totò), Polizzi Filippo largo Salvatore, Paolo (Tigna?), Rinaldo, Rinaldo figlio del primo, Rinaldo forse parente dei primi due, Roccazzella Giuseppe via Padova, Sardeo, Scarcella Filippo via Mazzini 61, Scibona Carmelo (nella foto), Scibona parente del primo, Speciale Michele forse in via Mazzini, Speciale Alfredo e Speciale Concetto e Speciale Giovanni figli del primo, Suffanti Peppino, Termine.
 
Trisnonno di Massimo Leonardo che me lo ha segnalato il 24/3/2023.
2 Bisnonno di Massimo Leonardo che me lo ha segnalato il 24/3/2023.
* Sullo stesso tema su questo sito: Moderni Falegnami di Piazza

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