Sodalizio dei Calzolai
U màstr scarpèr cu döi carösi e primi du '900 |
Sodalizio dei Calzolai
Il Sodalizio dei Calzolai, che comprendeva anche quello dei Conciatori di pelli e dei Calzettieri, è tra i più antichi Sodalizi della nostra Città. Addirittura dobbiamo andare indietro sino al 1253 ca. quando, dopo il loro arrivo, i Padri Domenicani iniziano la costruzione della chiesetta dedicata a San Domenico e alla Madonna del Rosario e fondano il Sodalizio dei Calzolai, Conciatori e Calzettieri, dedicandolo ai Santi Crispino (non Cipriano¹) e Mercurio². Questo Sodalizio si unisce nel 1550 all'altro degli Artigiani, sempre fondato dai Domenicani, nella vicina chiesa di S. Vincenzo, che proprio in quegli anni inizia a essere costruita. La zona dove viene edificata la chiesetta di S. Domenico è quella oggi occupata dal Seminario Vescovile, che doveva essere in passato un'area dov'erano presenti molti di questi laboratori tutti inerenti alla lavorazione del cuoio. Le concerie in quella zona sfruttano soprattutto l'acqua delle sorgenti del Piano Patrisanto, ma col passare del tempo, diventando più grandi, si spostano nella parte più bassa e periferica della città (quartiere Canali) dove arriva più acqua anche da altre sorgenti. Infatti, poco distante dal Seminario, esiste la via Calzettieri altrimenti detti Calzettai. Le botteghe dei calzolai erano quasi sempre di piccole dimensioni perché non avevano bisogno di grossi macchinari, tutt'al più una macchina da cucire, quando andava bene, così gli artigiani erano soliti mettersi davanti la porta col loro banch'tteddu a travagghiè a söla cu a lesna e u tr'ncètt dopo averla battuta col martello dalla testa piatta. Quando il lavoro prosperava c'era questo detto tra gli artigiani: A sti témpi bàtt a söla! (in questo periodo si batte sulla suola). Prima i calzolai erano numerosissimi, una porta sì e una no, perché le scarpe e gli scarponi cu i tàcci, quando i pìcciuli lo permettevano, si risuolavano diverse volte, non come oggi che le gettiamo appena occorre 'nsuprataccu, e se la famiglia era numerosa non era raro passarle al fratello minore, e questo avveniva anche per l'abbigliamento. La nostra Città era piena d scarpèri, o in piazzese più recente scarpàri, ma la zona a più alta densità era l'odierna via Marconi. I scarpèri o cr'v'sèri (in siciliano cruvisèri dal francese antico courvoisièr derivato da corvois = cuoio di Cordova) erano così tanti che la via prese il nome anche di Cr'v'sarìa ridotto a Cas'varìa, Crasvarìa, Corbisarìa ovvero Strada dei Calzolai.
¹ Nel marzo del 2018 ho riscontrato l'errore di copiatura, effettuato a suo tempo dallo storico Litterio Villari, nel riportare quanto da lui appreso dal manoscritto Chiese conventi ed istituti di Filantropia in Piazza di Alceste Roccella. Questi, infatti, aveva scritto «Sodalizio dei SS. Crispino e Mercurio» e non, come riportato dal Villari, dei «SS. Cipriano e Mercurio». In effetti San Crispino è ricordato come protettore dei calzolai e dei conciatori perchè come il fratello, San Crispiniano, aveva scelto di fare il calzolaio.
² L'11 agosto del 2012 il quadro, rappresentante il Santo di autore ignoto del 1609, è stato presentato al pubblico, presso la Pinacoteca Comunale di Piazza Armerina, grazie al vescovo Pennisi a cui il quadro appartiene e che ha voluto condividere l'opera con i cittadini e i turisti. «All’inizio si pensava che il dipinto raffigurasse San Mercuriale tradizionalmente indicato come il primo vescovo di Forlì, successivamente si è giunti alla conclusione che si tratta di San Mercurio un santo militare che visse in Cappadocia. Sembra che l’artista abbia ripreso il modo di dipingere molto diffuso in Sicilia intorno al quattrocento, in particolare del pittore Filippo Paladini, ponendo il santo al centro e raffigurando ai lati delle scene della sua vita» in <https://www.startnews.it/startmobile/stampanews.asp?key=6021> ultima lettura 19/10/2021. Da qualche anno il quadro rappresentante San Mercurio si trova nella sede originaria, ovvero in un altare minore a dx della navata della chiesa di San Vincenzo Ferreri. La presenza di San Mercurio nell’intitolazione del Sodalizio, della statua e di un quadro in un altare della chiesa, si spiega perché “Mercurio”, nella mitologia romana, è il dio dei commerci e, in quella greca, corrisponde a Hermes figlio di Giove, dio, tra le altre cose, dei viaggiatori, dei pastori e mandriani, dei poeti, dell’astuzia e del commercio. San Mercurio fu un martire soldato scita, decapitato intorno al 250 d.C. perché, assurto al grado di generalissimo dell’esercito romano, non ripudiò il suo battesimo e che, più di cent’anni dopo, nel 363, la leggenda dice che fu l’uccisore di Giuliano l’Apostata per ordine della Vergine Maria. Il culto del Santo venne nell’Italia meridionale assieme ai Bizantini nel VII secolo, quando portarono con sé i resti di San Mercurio e di altri santi, per essere aiutati nella vittoria contro i Longobardi. Il secolo successivo lo troviamo venerato, assieme ad altri cavalieri celesti (S. Demetrio e S. Giorgio), dai Longobardi prima e dai Normanni dopo, durante la prima Crociata. (cf. Giovanni Mascia, San Mercurio, chi era costui?, in “Il bene comune”, pp. 90-95, <http://www.toro.molise.it/public/news/foto/sanmercu.pdf> ultima lettura 15 gennaio 2019).