Lapidi di Stefano Trigona (padre) in basso e Felice Trigona (figlio) baroni di Sant'Andrea in alto, Chiesa dei Cappuccini, Piazza Armerina
Sepolcro di Pompeo Trigona barone di Mandrascati, Chiesa dei Cappuccini, Piazza Armerina
Nella chiesa di Maria SS. delle Grazie, annessa al convento dei frati Cappuccini di Piazza Armerina, sono presenti molte lapidi sepolcrali di alcuni piazzesi, appartenenti alle famiglie più nobili della città. Già nel post di qualche settimana fa «Stemma Starrabba/Virgilio ai Cappuccini» avevo parlato di Gaetano Maria Starrabba III principe di Giardinelli (1725-1796) e della moglie Maria Teresa Virgilio (1736-1769). Oggi mi accingo a parlare di tre piazzesi della famiglia Trigona, vissuti tra il Seicento e il Settecento, seppelliti nella chiesa del piano Sant'Ippolito «da dove si domina la città dalla parte meridionale». Qualche anno fa avevo fotografato le due lapidi sepolcrali presenti all'ingresso, nell'entonartece (foto in alto), ma dopo una rapida lettura delle iscrizioni, quasi del tutto consumate, come l'aquila dello stemma centrale dei Trigona, avevo rimandato la ricerca per sapere a chi si riferissero. L'altro giorno, leggendo La Chiesa Cappuccina di Maria SS. delle Grazie a Piazza Armerina tra Storia e Arte del concittadino Vittorio Malfa, vengo a sapere che «la superiore reca il nome del barone Felice Trigona e Parisi, quella in basso il nome di Stefano Trigona»¹. Avendo un po' più di esperienza, rispetto al periodo dello scatto fotografico, ho iniziato l'approfondimento sui due nomi. I due Trigona erano il padre, Stefano Trigona e Costa (De Rodriguez) barone di Sant'Andrea, e il figlio primogenito, Felice Trigona e Parisi, divenuto barone di Sant'Andrea alla morte del padre nel 1771. Il padre di Stefano era Felice Trigona Bonaccolti barone di Budunetto. Stefano, giurato e senatore di Piazza negli anni 1758 e 1761, sposandosi con Marianna Parisi², ebbe quattro figli maschi tra cui il promogenito Felice barone di Sant'Andrea, che poi si sposò con Giuseppa Varisano ed Adonnino, e l'ultimo, Gaetano Maria (1767-1837). Quest'ultimo «fattosi sacerdote, fu celebrato per integrità di vita e nelle missioni, prevosto nel duomo patrio (di Piazza) e nel 1818 prescelto a primo vescovo di Caltagirone, indi nel 1833 fu inalzato ad essere arcivescovo di Palermo e nel 1834 a cardinale di santa Chiesa. Morì attaccato di colera in Palermo nel 1837, chiedendo invano al direttore di polizia il controvveleno per rifuggire la morte». Gaetano Maria, che aveva altri quattro nomi, Giuseppe Benedetto Placido e Vincenzo, è stato l'unico piazzese ad aver indossato la porpora cardinalizia. Infatti, elevato da papa Gregorio XVI al rango di Cardinale nel concistoro del giugno 1834, un mese più tardi fu lo stesso re Ferdinando II a consegnargliela nella Cappella palatina a Palermo. La tomba (foto in basso) del terzo componente della famiglia dei Trigona si trova nel presbiterio in alto a dx. È il sepolcro del concittadino Pompeo Trigona e Trigona (1670-1744) barone di Mandri Rascati (poi Mandrascati) nel 1696. Il padre di Pompeo era Giambattista Trigona e Bubeo, sposatosi nel 1659 con Maria Trigona e Trigona, figlia del marchese di Dainamare, dalla quale ebbe quattro figli oltre al primogenito Pompeo. Ben presto Maria Trigona rimase vedova e nel 1682 riuscì ad acquistare sia la baronia di Gallizzi (nei pressi di Grottacalda) assegnata al figlio Mario, che quella di Mandri Rascati (nei pressi di Valguarnera) che andò a Pompeo nel 1696 assieme a quella di Manni Rosate (dall'inizio del Seicento di proprietà del bisnonno Trajano). Il barone Pompeo sposandosi con Flavia Notarbartolo ebbe nove figli (tre femmine e sei maschi) e sia l'epitaffio sepolcrale che le notizie, tratte dai manoscritti inediti di fine Ottocento sulla Storia di Piazza - Famiglie nobili e Uomini Illustri del concittadino avv. Alceste Roccella (1827-1908), ci ricordano che «fu ritenuto padre dei poveri e della patria» e «fu molto pietoso e del pauperismo unico sollievo. Nelle rigide notti e nelle pubbliche calamità, esso, accompagnato dalle sue persone, provvedea di frumento e denaro le povere famiglie, ordinando ai beneficati scrupoloso silenzio; fu colle orfane beneficente e molte ne alimentò sia pubblicamente che privatamente. Protesse l'operaio con continui lavori e il pubblico bene non mai trascurò. Quando nel 1735 [sic] piamente decesse e la salma veniva trasportata nella chiesa dei Cappuccini, vollero le famiglie riconoscenti accompagnarla all'ultima dimora benedicendo la santa memoria e allora con sorpresa si osservò qual bene avea fatto vivendo l'illustre barone. Il cadavere, dopo splendido funerale, fu sepolto vicino l'altare maggiore».
¹ Vittorio Malfa, La Chiesa Cappuccina di Maria SS. delle Grazie a Piazza Armerina tra Storia e Arte, Archivio Storico della Sicilia Centro Meridionale, Anno I -N. 1 Apr. 2014, p. 121.
² La famiglia Parisi in quel periodo a Piazza annoverava un Officiale del Monte di Pietà, un Vicario ecclesiastico e un notaio.
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