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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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La Sicilia della Cerasuolo/2

Dopo la lirica GENTE DI SICILIA, sempre dalla raccolta Il fiore all'occhiello del 1987, eccovi DONNE DI SICILIA (a p. 78), I BIMBI DELLA MIA TERRA (a p. 77) e I VECCHI DELL'ISOLA (a p. 76) della poetessa Anna Maria CERASUOLO ZACCONE (P. Armerina 1917 - Vittoria 2002). Le liriche sanno cogliere in maniera semplice e chiara i tratti essenziali dei Siciliani. 

DONNE DI SICILIA

Languide e vibranti
nascondono
sotto ciglia di gazzella
il fuoco che le divora
e le rende
pavide e ansiose
al pensiero d'un bacio.
Ma non c'è fretta in loro.
Sanno tendere le reti dorate
ai sogni della vita
e pazienti attendere
l'ala che vi batterà contro
furtiva.
Poi non indulgono più ai giochi.
D'amore si può morire.

I VECCHI DELL'ISOLA

I vecchi sono solenni
come patriarchi.
Negli occhi spenti
si specchia la vita
e il cuore si scalda
al calore dei figli
che vigore hanno
di giovani querce.

Siedono taciturni
in placida attesa della morte,
e i ricordi s'alzano al vento
come le spirali di fumo
delle pipe di terracotta.
E guardano...

Volano uccelli nel cielo;
intrecciano speranze
i fervidi fanciulli.

I BIMBI DELLA MIA TERRA

I bimbi della mia terra
hanno gli occhi neri
e splendenti.
Razzolano come uccelli
tra i cortili e le strade
e trafficano,
seri e mocciosi,
coi loro giochi segreti.
La luce grande del sole
non li abbaglia:
essi stessi son luce.

Anna Maria CERASUOLO ZACCONE, 1987

cronarmerina.it

La Sicilia della Cerasuolo/1

Nella seconda parte del volume-antologia POESIE della poetessa Anna Maria CERASUOLO ZACCONE (1917-2002) troviamo a p. 74, nella raccolta Il fiore all'occhiello del 1987, la lirica GENTE DI SICILIA, nella quale lei fa un quadro reale, sincero e crudo di noi Siciliani.

GENTE DI SICILIA 

La mia gente porta,
su un volto di pietra,
solchi d'affanni
misteri di notti
fierezza di stirpi
disinganni di schiavi.
Gli occhi che ardono
indagano e dicono
senza che il labbro
n'abbia un sussulto.
Espressa da un suolo
di biade e di sterpi,
avvezza a tempeste
di vento sonoro,
sorrisa da cieli
battuta da mari,
conosce miserie
grandezze ed orrori,
deliri d'aranci
sommosse di cuori,
la terra che trema,
il fiume di lava.

La mia gente!
Tutto possiede:
e l'odio e l'amore,
l'antico retaggio
del bene e del male.
Tra solchi di grano
sorride una fiamma,
ai rovi di more
s'intreccia la rosa.
Le case aggrappate
su rocce scoscese,
bandiere di panni
svettanti all'azzurro
e l'afa che sbianca
la terra e gli ardori.

La mia gente!
Tutto essa vive:
il cuore che piange,
la mano che uccide,
l'obbrobrio di grinte
che affilano lame.
E luci improvvise
di zappe e d'aratri,
sudore di fronti,
sorrisi di madri.
Il pane fumante
su tavole nude,
il vino che ferve,
l'ulivo che tace.

Questa è la gente,
la mia gente che porta
su un volto di pietra
il cuore del mondo
e l'ansia del Cielo.

Anna Maria CERASUOLO, 1987

Altre poesie della Cerasuolo in La Sicilia della Cerasuolo/2.

cronarmerina.it

 

 

Visti dagli altri/8

Panorama di Piazza Armerina da Est, anni '50

Il prof. Lorenzo Zaccone originario di Modica (RG), dalla metà degli anni '40 e sino al 1958, insegnò Lettere nel nostro Liceo Classico e alla Scuola Media. Nel 1947 si sposò con una professoressa piazzese, Anna Maria Cerasuolo, per poi trasferirsi a Milano. La loro carriera scolastica la concludono a Siracusa per motivi di salute e, una volta in pensione, si ritirano a Vittoria (RG). Nel 1997 il professore, che si era dedicato alla realizzazione di opere di geografia, pubblica il libro di racconti TRA FILARI DI VITI, Serarcangeli Editore, ROMA 1997, di cui ne dona una copia alla nostra Biblioteca Comunale. Leggendo il libro, mi sono accorto che l'ultimo racconto, AFFRESCHI, è ambientato a Piazza, che lui ha conosciuto molto bene. Ecco come descrive a p. 72 Piazza Armerina: <<Piazza Armerina è una cittadina di provincia tra le più interessanti di Sicilia. Strade strette e a saliscendi, scalinate, miniature di marciapiedi, casette appollaiate l'una sull'altra nel dedalo delle viuzze medievali tra la Castellina e il Monte; chiese millenarie, misticamente povere e disadorne come San Martino, o fastose di affreschi come il Gran Priorato dei Cavalieri del santo Sepolcro, "emblema dello splendore e della decadenza di una delle più importanti prelature della Sicilia"¹; gioielli di arenaria giallo-rosata che si fondono con la possanza della torre del Carmine e la levità del campanile della Cattedrale; archetti gotico-catalani che si aprono a spaziosi corti interne, bifore di palazzetti tardo-rinascimentali, sfarzone balconate barocche. Questa è Piazza Armerina, ma ogni tanto è anche una misera finestrella aggettante, ornata da un vaso di terracotta - che in questa terra si chiama ancora grasta, come nel Trecento - magnificato da esuberanti cespi di basilico e legato agli affissi con fil di ferro, quasi fosse una preziosità da difendere, come nella lamentazione per la sventura di Lisabetta: "Qual esso fu lo mal cristiano che furò la grasta?..."². Anche la parlata, in questa città, ha una sua caratteristica particolare. Qui, di fatti, si parla un idioma gallo-italico, la cui tradizione risale agli albori del secondo millennio, quando gruppi di cittadini delle Marche monferrine vennero in Sicilia, al seguito degli Aleramici, e si stanziarono in alcune località isolane³ ove persiste sino ad oggi un linguaggio e soprattutto una cadenza che si distingue nettamente dal quella del robusto, corposo, sanguigno dialetto siciliano, per una sua vellutata morbidità, specie nella pronuncia delle consonanti doppie e delle sibilanti, dette quasi come una carezza>>. 

¹ I. Nigrelli, Piazza Armerina medievale.

² (Decameron - g. IV, 5.)

³ Piazza Armerina, Aidone, Sperlinga, Nicosia, San Fratello...

cronarmerina.it

Il marito della poetessa Cerasuolo

Prof. Lorenzo Zaccone (1920-2015), per molto tempo insegnante a Piazza Armerina

Dopo la poetessa prof.ssa Anna Maria CERASUOLO è d'uopo ricordare suo marito, il prof. Lorenzo Salvatore Emilio ZACCONE. Nato a Modica (RG) nel 1920 studiò a Padova per poi laurearsi in Lettere a Catania. Insegnante di Lettere al Liceo Classico e alla Scuola Media di Piazza Armerina, si conosce con la prof.ssa Anna Maria Cerasuolo che sposa, sempre a Piazza Armerina, il 30 luglio 1947. Dopo 11 anni si trasferisce con la moglie a Milano dove diventa Preside in una Scuola Media sino al 1973, quando i due coniugi decidono di trasferirsi per motivi di salute a Siracusa, dove concludono la loro carriera. Anna Maria e Lorenzo si trasferiscono nella città natale di lui, Vittoria (RG), dove trascorrono gli ultimi anni della loro vita. Lei muore nel 2002, lui 13 anni dopo, nel 2015. Anche il prof. Lorenzo ha scritto per alcune Case editrici per la realizzazione di opere di geografia e nel 1997 pubblica il libro di racconti, donato dallo stesso alla nostra Biblioteca Comunale, TRA FILARI DI VITI, Serarcangeli Editore, ROMA 1997. Nelle ultime pagine, il racconto dal titolo AFFRESCHI lo ambienta a Piazza Armerina, città che conosce molto bene. Monumenti, chiese, strade, alunni, insegnanti, artigiani, usanze e abitudini degli anni '50 per lui non hanno segreti, tanto da farne un palcoscenico alla rappresentazione che ricorda molto parte della sua vita. Ecco il brano dove parla della festa paesana annuale: <<Fu il tre di maggio, verso mezzogiorno, che il vecchio professore Castrjanni cominciò a morire... C'era, nella strada-mastra, in quell'ora, un silenzio profondo, cupo... "A Piazza vecchia, a Piazza Vecchia" era stato il grido delle recenti ore trascorse, un grido di richiamo annuale ad una memoria di secoli, ad un evoè avvolto in una parvenza di devozione, a nuove Ambarvalia mistificate dalla credenza nel miracoloso ritrovamento di una icona bizantineggiante tra i ruderi della città antica. "A Piazza vecchia, a Piazza vecchia." La fiumana chiassosa, snodatasi pigramente per ore, dal Piano Castello al "pertuso" della Castellina, dal Casalotto all'Altacura, era finalmente divenuta solo eco lontana e sulla città gravava ora un'angosciosa stasi sepolcrale e la cruda evidenza di un uggiolante cane randagio>>. E dove parla dei Mosaici della Villa Romana del Casale: <<"Qui" diceva "oggi voi vedete una selva di olivi e nocciòli e questo sentierucolo sassoso che l'attarversa e ci porta al Casale dei Saraceni; ma qui un giorno si aprirà una strada larga e agevole; qui, quando la nostra costanza e l'opera di tecnici esperti, liberandoli dalla massa di terriccio che li nasconde da secoli, avranno interamente restituito alla luce i tesori d'arte di una villa romana forse imperiale; quando verranno adeguatamente protetti, per sottrarli all'inclemenza delle stagioni e alle insidie dei vandali, gli spelndidi mosaici policromi che decorano, con sfarzosa varietà di temi, le stanze, i saloni e gli ambulacri di questa villa; qui verrà gente da ogni parte del mondo. Sarà un tempo felice quello per la nostra terra, ma voi potrete averne beneficio solo se sarete preparati a viverlo, come uomini e come cittadini, perché in quel tempo toccherà a voi, al vostro ingegno, al vostro impegno, salvaguardare e continuare l'opera che noi abbiano cominciato>>. E dove parla della Casvarìa, l'odierna via Marconi in pieno centro storico: <<La Casvarìa è un breve e largo tratto di strada che dalla piazzetta di Fundrò conduce al bivio dei Sette Cantoni. In mezzo di cento metri vi si affacciano tre farmacie, una banca, la società operaia, due botteghe di barbiere, una decina di negozi e un paio di caffè. A Piazza Armerina tutti passano dalla Casvarìa, tutti si incontrano alla Casvarìa. Anche due maestrine, ogni sera, nelle giornate clementi, tra le sette e le otto, attraversavano la Casvarìa. Camminavano svelte, l'una sotto braccio all'altra, guardando sempre avanti e rispondendo solo con un leggero cenno del capo al saluto dei conoscenti. Quando però arrivavano davanti al caffè di Oreste Marino, non potevano evitare di volgere gli occhi verso Ninì e Peppino che stavano a fissarle con intensità. Le due giovani donne si stringevano di più, l'una con l'altra, e rallentavano un po' il passo. Fèmia e Rosella erano cugine e amiche indivisibili>>.

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