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Cronarmerina - Aprile 2025

1823 Turista Lord Compton / 1

Lord Spencer J. A. Compton (1790-1851)
 
1^ Parte
 
Nella recente visita nella meravigliosa Palermo, ho avuto la possibilità di scoprire un altro turista (il 9°) che nella prima metà dell'Ottocento venne dalle nostre parti. Infatti, all'interno del Palazzo Branciforte, ristrutturato a partire dal 2008 dall'architetto Gae Aulenti (1927-2012), nella cavallerizza¹ del pianterreno, dove è ospitata la ricchissima (4700 pezzi unici) collezione archeologica, vi sono alcuni schizzi di paesaggi e monumenti dell'Isola tratteggiati dal 2° marchese di Northampton nel 1823. E tra gli schizzi non ne scopro, felicemente sorpreso e incredulo, due della nostra Città? 
Lord Spencer Joshua Alwyne Compton, noto come Lord Compton, era il 2° figlio del marchese di Northampton (cittadina a 70 km. a Nord di Londra) e nel 1812, a 22 anni, entrò alla Camera dei Comuni come erede del Marchesato. Otto anni dopo, alle elezioni generali del 1820, avendo perso il suo seggio per la politica contraria al governo conservatore, si trasferisce in Italia insieme a tutta la sua famiglia, sino al 1828, anno della morte della moglie Margaret, quando decide di tornarsene in Inghilterra. Lord Compton era un amante dell'arte, della letteratura e della scienza e, come altri rampolli di famiglie nobili del Sette-Ottocento, compì quel viaggio a tappe, passato alla storia con il nome di Gran Tour, attraverso le principali città europee e, soprattutto, italiane. Un itinerario di istruzione, finalizzato ad appagare la vocazione artistica, intellettuale e scientifica di tanti viaggiatori europei. (continua)

¹ Luogo oppportunamente attrezzato destinato all'insegnamento e/o all'esercizio del cavalcare.  

cronarmerina.it

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Che differenza c'è?!

A Trento le anatre attraversano sulle strisce in piazza Dante
A Piazza i cani si godono il sole accanto al cinema Ariston in piazza Gen. Cascino
 
Non capisco dove sta la differenza.
Stesso rispetto per gli animali, che possono vivere felici e contenti 
sia nella provincia al primo posto sia in quella all'88° !
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
  • Pubblicato in Cose
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A traduziöngh d' MITT: GESU'

 
Presepe nella Cappella de Assoro, Chiesa di S. Pietro
 
Mitt: GESU'
 
A voi uomini, che infangate il nome di mio padre.
A voi, che non credete alla mia venuta.
 
A voi traditori, che per trenta denari,
poi, mi avvolgete in un sudario.
A voi, che mi chiedete di rinascere
ogni anno per salvare la terra.
 
E a voi, che mi coprite di regali,
portando oro, incenso e quant'altro nelle mani;
avrei piacere di restare povero,
al caldo della mangiatoia!
Quante e quante volte ve lo devo dire ancora???...
 
... Mi piacerebbe sentire il fiato del bue e dell'umiltà,
le carezze di mia madre e del papà,
e l'antica preghiera di una zampogna,
al lume di una stella....
 
... Con un po' di pane azzimo (l'Eucarestia)
ve lo faccio Io, il regalo del Paradiso
e vi faccio parlare il linguaggio della Vita Eterna,
senza scambiare lucciole per lanterne...
 
... Eh sì, perché la Parola la si deve capire
senza leggere, senz'altro dire,
con un po' di contemplazione, come disse Sant'Agostino
quando, ancora quaggiù sulla terra, faceva il prete.
 
Un'occhiata alla Sacra Scrittura
e vi levate da ogni problema.
 
Tanino Platania
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Una missiva da GESÙ

 
Presepe nella Cappella de Assoro, Chiesa di S. Pietro

A proposito dei doni portati a Gesù Bambino dai Re Magi per l'Epifania

MITTENTE : GESÙ

 A voi uomini, che infangate il nome di mio padre.
A vous, qui ne crajez pas à ma venue.
 
A vosotros traidores qué por treinta dineros,
después, me envolvéis en un sudadero.
To you, who ask me to rebirth
every year to save the earth.
 
E viautri, ch' m' cum'gghiè d r'gai,
purtànn or, 'ncéns e rocchiuli ntê mai;
avéss piasgér d' r'stè pov'r, ô caud dâ mangiaöra!
Quant e quant voti v' l'höia dì ancora???...
 
...M' piasgéss d' sént u sciàt dû bò e d' l'um'rtà,
i carezzi d' me matri e du papà,
e l'antìca priera d' 'na ciaramédda
ô lustr d' 'na stédda...
 
...Cu 'na vici d' pangh ddis
vû fazz Ié, u r'gau dû Paradis
e v' fazz parrè a ddengua dâ Vita Eterna,
senza scangè u ddusg p' curaru pâ ddanterna...
 
...Eh sci, p'rchìa Parodda s'ada capì
senza ddèzz, senza avèr ch dì,
cu a vici â contemplaziongh, còm diss Austingh
quann, ancöra zzaggiùsa, fasgèa u parringh.
 
'N'uggiàda â Sacra Scr'ttùra
e v' dd'vè d' agn cugn'ntùra.
 
Tanino Platania
 
Con questa poesia il poeta ciaccës ha vinto il I premio nella "Sezione A - dialetto" del Premio Naz.le di Poesia "Natale - Città di Tremestieri Etneo - XV Edizione 2003" il 10 gennaio 2004.
 
<<< domani la traduzione >>>
 

 

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La via Francigena 4 / Anche a Placia

La Commenda/Domus Hospitalis di S. Giacomo d'Altopascio a Placia, 1100 ca.
 
Gli "ospitalieri" si dividevano in: frati sacerdoti, generalmentetre nella casa madre, che si occupavano dell'aspetto religioso; serventes o pappini, ruoli cui accedevano anche le donne, denominate sorore, che si occupavano prevalentemente di infermeria; laici con compiti ben definiti che formavano una sorta di terzo ordine; cavalieri scelti tra i fratelli provenienti da famiglie nobili. Presto l'Ordine iniziò a ottenere privilegi da parte del papato, accrescendo i propri domini e il proprio prestigio, sino a ottenere il riconoscimento della Regola da parte di papa Gregorio IX nel 1239. Non solo Papi ma anche Imperatori furono prodighi nei confronti dei Cavalieri del Tau d'Altopascio. La gloria e il lustro dell'ospedale valicarono ben presto i confini dell'Italia, e i frati dell'Ordine fondarono dipendenze anche all'estero: nel 1180 a Parigi dove oggi sorge la chiesa di Saint-Jacques-du-Haut-Pas, di lì a poco in Spagna ad Astorga, Pamplona e Tortosa, e poi in Inghilterra e Germania. Anche a Placia questi Cavalieri, al seguito di Enrico Aleramico, nel 1100 ca., fondarono una Domus Hospitalis dedicandola a San Giacomo (nella foto). Fu il primo "Ospedale" della nostra Città, un bel po' distante dal centro abitato di allora, ma lungo la strada proveniente da Nord e, quindi, il primo luogo di alloggio e ricovero che i viandanti avrebbero trovato, prima di proseguire verso Sud. Con il XIV secolo si avvertirono i primi segnali di decadenza dell'Ordine, dovuti a un'oggettiva difficoltà di gestione delle proprietà, alla perdita di importanza della via Francigena, ma soprattutto al fatto che da lì a pochi anni Altopascio si trovò al centro del conflitto toscano che vedeva contrapporsi le città di Pisa, Lucca e Firenze. L'Ordine continuò il suo declino anche a causa del trasferimento della sede papale ad Avignone, ma la soppressione definitiva avvenne soltanto nel XVI secolo a opera di papa Sisto V, che cedette i beni dei Cavalieri Ospitalieri del Tau d'Altopascio all'Ordine di Santo Stefano creato dal Granducato di Toscana. Il tau così si riappropriava dell'antico significato: la parola fine. (tratto da G. Staffa, 101 Storie sul Medioevo, Newton Compton Editori, 2012)
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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La via Francigena 3 / Cavalieri del Tau

In epoca medievale la lettera Tau dell'alfabeto greco, che corrisponde alla nostra T, si carica di una valenza simbolica potentissima, richiamando in maniera evidente la struttura della croce: il braccio verticale è lo stipes, il palo innalzato sul Golgota; il braccio orizzontale è il patibulum, cioè l'elemento che, legato sopra la schiena agli omeri, alle braccia e ai polsi del Nazareno, fu da questi portato lungo la via del Calvario. Sul luogo dell'esecuzione i due elementi furono uniti formando una gigantesca T. Fu proprio all'ombra di questo simbolo e ben consci delle sue implicazioni che, un giorno imprecisato dell'XI secolo, un pugno di nobili lucchesi fondò l'Ordine Ospitaliero dei Cavalieri del Tau, uno dei più antichi ordini cavallereschi d'Europa¹. La tradizione narra che furono dodici i cavalieri, come gli apostoli, ma non esiste un riscontro storico. La prima notizia certa, invece, risale a un atto di donazione datato 2 agosto 1084, in cui si fa riferimento a un ospizio ubicato loco et finibus ubi dicitur Teupascio, riferendosi al luogo conosciuto come Altopascio, il luogo in cui risuonavano i rintocchi della Smarrita². Furono loro, i cavalieri del Tau, che fondarono l'ospedale cui la campana richiamava, dedicandolo al pellegrino per eccellenza, San Giacomo³. Nell'hospitales si prestavano soccorso e cure mediche all'avanguardia per l'epoca, oltre che ovviamente accoglienza ai pellegrini e viaggiatori che percorrevano la strada. Forse anche per questo motivo i membri dell'ordine indossarono come segno di riconoscimento una veste e un mantello scuri o neri, con una "croce del Tau" di colore bianco: il bianco come simbolo di purezza e innocenza; il Tau come simbolo di carità cristiana, ma anche come richiamo del bordone, la stampella dei pellegrini. Tra i compiti dell'Ordine conosciuto come dei Cavalieri Ospedalieri di S. Giacomo d'Altopascio, oltre alla cura dei bisognosi, c'era quello di provvedere alla manutenzione delle strade e dei ponti, alla coltivazione dei terreni di proprietà e all'assistenza dei pellegrini nell'attraversamento dele zone poco sicure. Dal momento che le strade non erano percorse soltanto da mercanti e viandanti ma anche da individui della peggior risma, l'Ordine si cinse la spada al fianco. Ma il punto di forza dell'ospedale era in ambito sanitario. La Regola che i cavalieri adottarono, di stampo agostiniano, impartiva disposizioni sull'alloggio dei viandanti, a seconda del censo, della malattia e delle esigenze di ciascuno, sul nutrimento degli ospiti e sulle loro cure. A testimonianza di ciò, la Regola disponeva la presenza fissa nell'ospedale di quattro medici e due chirurghi laici (la chirurgia era infatti vietata ai religiosi) ben preparati, in grado di compiere l'esame delle urine e altri accertamenti clinici, ferrati in ortopedia, medicina interna, nonché nella preparazione di medicinali, soprattutto sciroppi e unguenti. Questi medici dovevano infatti saper affrontare le malattie più diffuse a quel tempo come il vaiolo, il tifo, il colera e tutte le patologie più frequenti per chi andasse per boschi e strade, ovvero ferite, piaghe e fratture di vario genere. (tratto da G. Staffa, 101 Storie sul Medioevo, Newton Compton Editori, 2012) (continua)
 
¹ Quest'Ordine a Placia fu portato nel 1100 ca. da Enrico Aleramico, cognato del Conte Ruggero, e fondò una Domus Hospitalis alle porte dell'odierno centro abitato, davanti l'ingresso del cimitero comunale della Bellia, oggi una sede dell'Assessorato al Turismo.
² Campana di cui abbiamo parlato ne "La via Francigena 2" di ieri 1 gennaio.
³ Nello stemma della foto l'anno di riconoscimento dell'Ordine, il simbolo Tau e le conchiglie che ricordano il cammino di Santiago (San Giacomo) di Compostela, di cui abbiamo già parlato nei giorni 23 e 24 luglio scorsi.
cronarmerina.it
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La via Francigena 2 / Altopascio

 
Altopascio (prov. Lucca)
 
Ed è proprio seguendo la vocazione di "faro" per i viandanti che fu realizzata la prima Smarrita, la campana dell'ospedale di Altopascio in Toscana, la cui fama fu tale da battezzare col proprio nome tutte le campane disseminate lungo la via dei pellegrini. Altopascio è una località attraversata dalla via Francigena che, proveniente da Lucca, taglia il parco della Sibolla e prosegue verso sud per i boschi delle Cerbaie. E' una zona particolarmente accidentata, circondata da aree palustri molto estese; in più, all'epoca, ciò che non era invaso dall'acqua era ricoperto di fitti boschi, per giunta infestati dai briganti. Insomma, al viandante che giungeva in quei luoghi si parava di fronte lo spettacolo di una sorta di selva dantesca. Per soccorrere gli sventurati che si arrischiavano per questa via, ed erano molti, fu fondato nella seconda metà dell'XI secolo la Domus hospitalis Sancti Jacobi de Altopassu, un ospizio che doveva costituire una tregua dalle ostilità del paesaggio circostante. La struttura, più volte ampliata e potenziata, era protetta da una possente cortina muraria ed era munita di un'alta torre (nella foto) con la famosa campana che aveva il compito di guidare i pellegrini attraverso le pericolose paludi della zona: dopo il tramonto essa suonava per circa un'ora, e se la notte era particolarmente tetra, sul terrazzo della torre veniva acceso un fuoco, che diventava per i viandanti, sorpresi dal buio, un indispensabile punto di riferimento. All'orgine della smarrita c'è una leggenda secondo la quale una fanciulla che si era avventurata da sola nelle zone paludose si perdette e non fece più ritorno a casa. Da allora tutte le sere, al tramonto, la campana di Altopascio suonava per richiamare la ragazza scomparsa, e sebbene non sia riuscita a ricondurre a casa la sventurata, il suo richiamo, udito a chilometri di distanza, ha salvato un numero considerevole di pellegrini. Questi, approdati alle sicure mura dell'ospedale, ricevevano, oltre al letto, cibo e ospitalità. Non dimentichiamo che fin da epoca molto antica in area sia mediterranea che nordeuropea esisteva tutta una tradizione di "sacralità" del viandante; le leggende pullulano di cattivi ospiti puniti dalle divinità, e della consapevolezza del dovere di offrire aiuto e soccorso ai viandanti si coglie eco anche nel Vangelo. A tale scopo, nell'Ospedale di Altopascio bolliva sempre quel gran pentolone di minestra che sarà immortalato da Boccaccio nella novella di Frate Cipolla, che descrive il cappuccio di Guccio Porco, il servo del protagonista, con "tanto untume che avrebbe condito il calderon d'Altopascio". Di tutto ciò reca testimonianza la Smarrita: è un simbolo potente, il richiamo di un'epoca in cui le campane scandiscono la percezione del tempo e segnano lo scorrere quotidiano di un mondo legato ai ritmi naturali della terra e in cui le notti, luoghi sinistri in cui le paure si amplificavano, erano davvero nere come il peccato. (tratto da G. Staffa, 101 Storie sul Medioevo, Newton Compton Editori, 2012) (continua)
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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La via Francigena 1 / La Smarrita

 
La via Francigena

  La Smarrita

1600 chilometri, 33 città, 79 tappe religiose: questa è la carta d'identità della via Francigena¹, la spina dorsale dell'Europa, una strada lungo la quale, per centinaia di anni, torme di pellegrini hanno caracollato alla volta dei luoghi sacri della cristianità. Il tracciato, disegnato nel 990 dall'arcivescovo Sigerico e ricostruito dalle note del viaggio che intraprese alla volta della Città Eterna, univa Canterbury a Roma e si snodava in un percorso che attraversava ogni tipo di territorio, valle, palude, bosco o valico montano che fosse. Non deve essere stato semplice per i viandanti avventurarsi per quel sentiero e affrontare le asperità del viaggio, per cui, supponiamo, sia stata necessaria una forte dose di temerarietà e, soprattutto, una fiducia incondizionata nella Provvidenza. Tale fiducia sarà stata messa a dura prova in più di un'occasione, soprattutto quando le tenebre coglievano il pellegrino ramingo sulla via, magari in luoghi poco salubri e in cui l'orientamento era reso difficoltoso dalla natura ostile del paesaggio. Per tacere della minaccia rappresentata da viandanti di diverse inclinazioni, che bazzicavano quelle stesse lande animati da uno spirito non propriamente caritatevole. In siffatti frangenti la Provvidenza era aiutata da strumenti un po' più prosaici, sulla validità dei quali i pellegrini non devono aver storto il naso. E' il caso della Smarrita, la campana che al calar della sera o nelle giornate nebbiose lanciava rintocchi per richiamare a un luogo sicuro coloro che ancora si attardavano per la via. Il suo suono rivelava ineluttabilmente la  presenza nelle vicinanze di un ostello o di un ospizio, a cui si associava la promessa di un pasto caldo e di un rifugio per la notte. Ai pellegrini, l'eco di quel rintocco deve aver suscitato lo stesso conforto che prova il naufrago nello scorgere la luce di un faro in una notte tempestosa. E' proprio questo lo spirito che si coglie leggendo l'iscrizione incisa in uno degli esemplari giunti sino a noi: Audiet incertus trepidus signa viator gressuque erratos corriget ipse suos = il viandante confuso e trepidante sentirà i miei rintocchi e da solo potrà correggere i suoi passi sbagliati. (tratto da G. Staffa, 101 Storie sul Medioevo, Newton Compton Editori, 2012)

¹ Era chiamata così perché i pellegrini provenivano soprattutto dalla Terra dei Franchi valicando le Alpi dalla Val di Susa. Era chiamata anche Francisca o Romea (perché portava a Roma).

(continua)

cronarmerina.it

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Scapo-lamenti

George Clooney, famoso scapolo di 52 anni
Massì, innalziamolo il livello artistico di sto blog! Lo so, ca è già iautu, ma si l'artizza è menza biddizza, si pò sempri pruvari a scuncicari l'autra menza. E se alla menza latata dell'innalzamento poetico-sentimental-cultural-passionale ci penza già una combriccola di validi poeti, io provo a innalzar la menza demenziale e sorridente. E non so se mi sono capito! 
Giòmetrico
 
<<< dedicata a tutti gli "sfortunati" scapoloni, come quello nella foto >>>
 
Addiu, Lucì
 
T'aiu a lassari e sugnu signurinu,
fiùriti nzammà furra spusatu.
Si già mi susu a stentu, ogni matinu,
spusatu furra tunnu cunzumatu,
pi quantupoi, a via di trallalleri,
chiù cunzumata furra me' mugghieri.
 
Eh sì, la cammurria matrimuniali
è cosa certa e certu risaputa
ma chista mia, ca mai misi fadali,
è libertà tanticchia scunchiuduta
ca quannu appoi mi curcu e calu schinu
m'abbrazzu sempri e sulu co' cuscinu.
 
Ma poi m'addormo e tuttu allura sfuma,
sulità, santità, Luciedda cara,
pirchì la cunvivenza appoi cunzuma
e u picca duci sbùmmica all'amara,
mentri la nostra, singula e perfetta,
è la valenza di la vita schetta.
 
E allura addiu ti dissi, oh mia Lucia,
è camurria ca nun s'ammisca, chista.
Si' camurria buttana accomu sia
fa d'ogni cunvivenza malavista
nui nni salvamu, beddi e sularini
cu li manu vacanti e l'occhi chini.
 
Ognunu assicutannu fantasia
ognunu rancurannu abbuttamenti
ma cu scienza e cuscienza ca sta via
salva fìcatu e cori e sintimenti.
E chiddu ca putiva e ca non fu
è "quello che non colsi". U megghiuecchiù.
 
Giòmetrico
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