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Cronarmerina - Aprile 2025

Novena particolare

Ieri sera ho assistito a una delle tante novene (nelle foto) che anche quest'anno si svolgono in giro per le strade della nostra Città. Però, questa novena è un po' particolare, in quanto si svolge dentro l'atrio d'ingresso dell'Istituto delle Suore Salesiane Figlie di Maria Ausiliatrice e per me è stata la prima volta. L'ingresso si trova lungo la via Garibaldi che, sino alla metà dell'Ottocento, si chiamava a strata ô Princ'p  (la strada del Principe, in onore di don Vincenzo Starrabba principe nel 1711 di Giardinelli che proprio lì di fronte aveva costruito il suo palazzo).
Come in tutte le novene alla fine è stato suonato dalla banda del prof. Ferrigno il brano famoso che chiude le nostre novene: 
Li pompi pi l'aria
la bella 'ngunia,
evviva Maria
e Chi La creò... 
 
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
  • Pubblicato in Cose
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Gen.le Giuseppe Ciancio / parte 2^

1911 - Tripoli (Guerra italo-turca)
Parte 2^
Nel 1903 Giuseppe Ciancio venne promosso Colonnello e destinato a Torino come comandante del 60° Rgt. Fanteria. Qui il suo diretto superiore per due anni fu il Duca d'Aosta Emanuele Filiberto (1869-1931) che lo ebbe in grande stima, dopodiché venne trasferito ad Ancona come Capo di Stato Maggiore al VII Corpo d'Armata. Nel 1909 promosso Maggiore Generale è destinato nuovamente a Verona al comando della Brigata di Fanteria "Re". Due anni dopo, nel 1911, allo scoppio della guerra italo-turca, egli è uno dei quattro Generali scelti per comandare le brigate di fanteria del Corpo d'Armata Speciale che l'Italia mobilita per la questione libica, dovuta ai continui ostacoli che il Governo Turco frapponeva al pacifico sviluppo del commercio nell'Africa Settentrionale. Una volta a Bengasi il Ciancio organizza subito la difesa della città, non senza azioni violente di disturbo dei Turchi e dei beduini. Nei primi mesi del 1912 Ciancio viene trasferito come Capo di Stato Maggiore del Corpo di Spedizione in Libia e poi come Governatore Militare di Tripoli (nella foto), ove fa costruire la cinta fortificata a difesa di eventuali attacchi. Dopo un anno raggiungeva Ravenna per assumere il Comando della Divisione Militare di quella città. I Piazzesi alla notizia della nomina a Comandante di Divisione lo propongono quale candidato alla Camera dei Deputati per il collegio di Piazza Armerina, per il quale viene eletto nel novembre del 1913 per la XXIV Legislatura del Regno¹. (tratto da L. Villari, Cascino, Ciancio, Conti, eroici condottieri siciliani, Tip. OPI, Roma, 1919)
¹ I sostenitori del Ciancio (cattolico non clericale-liberale) venivano chiamati "cianciulini", mentre quelli dell'altro politico piazzese, Calogero Cascino (popolare), "casciniani".
cronarmerina.it
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Gen.le Giuseppe Ciancio / parte 1^

Gen.le Giuseppe Ciancio (1858-1932)

Parte 1^

Oltre al "leggendario eroe della Prima Guerra Mondiale" il Gen.le della Brigata "Avellino" (1916) e dell'8^ Divisione (1917) Antonino Cascino, Piazza ha avuto un altro condottiero che si distinse nel primo grande conflitto del XX secolo, il Gen.le del XIII Corpo d'Armata Giuseppe Ciancio. I due generali piazzesi in quei terribili frangenti combatterono praticamente fianco a fianco, a pochi chilometri di distanza l'uno dall'altro su un fronte complessivo, da Nord a Sud, di 37 Km. Infatti, Cascino operò a Nord di Gorizia sino a Plava (oggi in Slovenia), Ciancio a Sud di Gorizia sino al Monte Hermada, 8 Km. a Est da Monfalcone (prov. Gorizia). Di Cascino ne abbiamo già parlato, mi sembra doveroso fare altrettanto per Ciancio, visto che, oltrettutto, dà il nome al viale in cui abito e alla villa (Roma) che frequento sin da piccolo.

Giuseppe Ciancio nacque a Piazza (allora si chiamava solo così) il 19 marzo del 1858 da Mariano, giureconsulto, e Faustina Cammarata. Ultimo di otto figli, all'età di 4 anni rimase orfano di padre. A 14 anni, dopo aver compiuto gli studi tecnici di 1° grado a Piazza, si portò a Catania dove a 17 anni conseguì la maturità. In ottobre venne ammesso come allievo alla Scuola Militare di Modena e l'anno successivo all'Accademia Militare di Torino, dalla quale uscì Sottotenente d'artiglieria nel 1879. Nel 1873 da Tenente fu ammesso alla Scuola di Guerra di Torino. Superati gli esami finali del Corso fu ammesso col grado di Capitano nel Corpo di Stato Maggiore e, nel 1887, presso la Divisione Militare di Napoli. Qui conobbe la signorina franco-russa Elena Nitard Ricord, che sposerà nel 1890 e dalla quale avrà cinque figli. Nel 1892 il Ciancio viene trasferito al XII Corpo d'Armata di Palermo, avendo così modo di farsi vivo più spesso nella sua Città natìa. E' qui che Ciancio parla sempre in puro vernacolo, correttamente, con proprietà, con battute argute girando per le contrade, desideroso di parlare con i propri concittadini. Nel 1894 fu promosso Maggiore e da Palermo fu trasferito a Siracusa e poi a Noto, venendo a Piazza anche per il campo d'armi alla Bellia. Nel 1896 lascia Siracusa per Verona, dove assunse la carica di Capo di Stato Maggiore di quella Divisione Militare sino al grado di Tenente colonnello. (tratto da L. Villari, Cascino, Ciancio, Conti, eroici condottieri siciliani, Tip. OPI, Roma, 19179) (continua)
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

 

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Bel regalo di anniversario

'N Curiös â Tacùra

Scritta in tempi non sospetti, la poetessa â ciaccësa Lucia Todaro mi fa gli auguri per l’anniversario del blog mandandomi questa poesia in lingua gallo-italica,

dedicata a quanti fanno della curiosità e della ricerca delle nostre “cose” uno dei motivi più gratificanti della propria vita.
 
Lucia, grazie infinite a nome mio e di tutti gli iscritti all’Accademia dei “Curiosi”
 
T’ VITTI
 
T’vitti…’ngiörn
ancora era matìngh…
annavi ddà
‘nte grötti a Dommartìngh…!
Nan m’ v’désti…
quant’eri stralunà
parràvi sö…
e l’ögg era v’trià…!
 
T’ vitti arrèra
stavota … a menzanöit
‘nvers â Tacura
e m’ parèvi cöit…
Unn’era a b’v’raùra
tu ggh’ f’rriàvi ‘ntönn
ciamann… fort l’egua:
ma nudd r’spunnëva…!
 
T’ vitti poi a s’ttèmbr…
nt’ ‘n giardìngh…
sëcca era a troffa…
e tu sempr m’schìngh’…
r’sc’dènn n’zzoli e cacch’rabò…
griàvi "Beddi d’ l’arma  mia…
ora ggh’ vo’!"
 
Ma quau n’zzoli zerchi … ddascia stè…
nan vëdi ch’ unna vai ciù nan ggh’ n’è?
T’ vitti ancóra e ancora t’ vé
menz a ddi timpi timpi a zappuliè.
Chi speri d’ truvè marenghi e or?
o ch’ sötta u t’rréngh ggh’è u tr’sòr?!
Nan ggh’è ciù nent oramai d’ r’p’gghiè…
tutti cosi sp’rìnu… unna iè iè...
 
Cöddi spugghianu ‘nzìna l’ossi î morti…
e nudd po’ cuntè l’antica sorti…
 
Ora t’haia taccàt ed ê paròddi…
e vai sautànn ch’ par ch’avëssi i moddi!
Paròddi antichi… ’ntramàdi ‘ntê r’gordi…
cunzumàdi ‘ntê böcchi menzi torti…
dî végghi sgag’gghiàdi…
ch’ pass’nu giurnadi ntô bastiöngh
r’p’nzànn â l’grézza dâ Prima Cum’nióngh!
 
E cu l’aréggi avérti  i vai ‘ncagghiànn
ment vanu p’ l’aria a svulazziànn:
una tâ sauvi zza unna ggh’è l’arma…
n autra tâ  spuvrazzì e a ‘nciödi… anzi ch’ sparma…
e poi s’ perd  quann ungh ‘ncav ggh’parra!
Ma chi poi fè cu sta parràda sbeuta
si tu…è n autr…è na faidda persa…?
 
Ma ora cré ch’ d’ ddà ncav… ‘ntô Cèlu,
‘ncorcùngh n’ disg cosi mai savùi…
e n’ fa sent u brì d’ spénz u vèlu
p’ canösc  muménti scanusciùi…
ch’ autr nan ha s’ntùt a num’né….
E’ l’Angiuch’ t’ véd d’ ddà ‘ncàv
ch’ t’ talià d’figgh … d’ quann nan ggh’eri…
Cussà p’rchì s’ förma st’ m’sterì…
ch’ t’ fa sent u sciòr â V’r’tà !?
 
Lucia Todaro
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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Famiglia Velardita

D'argento a tre vasi verdi fiammeggianti di rosso, posti due in campo e uno in punta.
Nel 1080 il nobile lombardo Aldoino Villardita trapianta la famiglia Villardita (alias Vilardita, poi Velardita) in Sicilia. Da questo Aldoino perviene Bernardo barone e governatore della Città di Piazza sotto il re Ruggero II (1095-1154) e così pure suo figlio Pericone sotto re Tancredi di Lecce (m. 1194). In questo modo tra i tanti feudatari lombardi che arrivano a Plasia¹ c'è anche la famiglia Villardita sostenitrice di Casa Sveva. Da Bernardo nascono Bernardo, Aldoino e Desiderio, stimati cavalieri dell'imperatore Federico II di Svevia e I re di Sicilia (1194-1250). Da questi cavalieri discende un altro Pericone governatore di Piazza sotto il re Federico I d'Aragona e II di Sicilia (1272-1337), da questi nasce Bernardo che genera un altro Pericone che, sotto re Federico II d'Aragona e III di Sicilia (1341-1377), acquista gli introiti delle Gabelle di Piazza nel 1375. Nel 1340 Santolo Villardita deve partire esule per Pisa avendo appoggiato la politica del partito latino o ultramarino dei Palizzi. 1396 Bernardo, successore di Pericone delle Gabelle, ottiene per eredità dai San Miniato di origine fiorentina, il feudo di Racali presso Butera e, per aver sposato Barbara Lanza, l'unica figlia di Blaschello Lanza, possiede Imbaccari Inferiore, il Casale di Favarotta e il feudo Bifara in terra di Licata, oltre alla baronia dei Censi dei Mulini di Piazza e di S. Andrea, il Mulino di Donna Guerrera e, dal 1399, il feudo di Bessima. Nel 1403 è Castellano di Licata e nel 1410 è Castellano di Placie¹ e appoggiando il partito regio-catalano diventa prima Consigliere del re Martino il Giovane e, dopo, di re Martino il Vecchio. Uno dei due figli di Bernardo barone di Racali e Imbaccari Inf., Giovanni, si sposa nel 1397 con Alfia Vespa figlia di Perollo Vespa barone di Lentini, dove si stabilisce. Da questo matrimonio ha tre figli, Perrello, Pietro e Antonio, dai quali discendono frate Bernardo cavaliere di Rodi nel 1503 e Don Paolo Vescovo di Lipari che muore a Lentini in odor di santità. 1411 Bartolomeo di Villardita viene ucciso a Piazza insieme a un altro nobile. 1420 Giacoma Velardita fonda l'Ospedale per gli Infermi chiamato Ospedale di S. Calogero e di S. Maria degli Angeli. 1421 Giovanni è barone di Bessima, di Racali, del Mulino di Donna Guerrera e dei Censi dei Mulini. 1444 Graziana, figlia di Giacoma, trasferisce l'ospedale fondato dalla madre nel piano S. Giuseppe. 1583 Filippo Vilardita è Priore dei Carmelitani a Mazzarino. Nel 1782 Antonino, Giudice delle appellazioni, è proprietario a Rabugino e di Casa Santi. 1789 Antonio senior paga la cauzione per Antonio Genova-Parisi Senatore di Piazza arrestato per illeciti amministrativi. 1827 Giuseppe è Vicesindaco, 1837 Decurione e 1848 Sindaco per pochi mesi. 1828-30-37-39 il dott. Domenico Velardita è Decurione (consigliere comunale). Dal 1834 al 1837 e dal 1838 al 1844 mons. Vincenzo Velardita, arcidiacono della Cattedrale, diventa vescovo ausiliare della Diocesi essendo lui titolare in partibus di Gortina (isola di Creta). Nel 1838 e nel 1840 è nuovamente vescovo ausiliare della Diocesi. 1837 il dott. Giovanni Velardita è Decurione e nel 1839 il dott. Gaetano Velardita è Decurione che contribuisce al prestito al Parlamento Siciliano. 1842 Antonio junior pubblica all'età di diciott'anni alcuni giornali letterari e versi e prose in 7 volumi (1824-1909). 1848 Achille, Giuseppe, Rosario e Nicolò partecipano al prestito al Parlamento Siciliano in preparazione della guerra ai Borboni; Nicolò è Tenente della Guardia Naz.le Rivoluzionaria, mentre Gaspare è Capitano Comandante e nel 1853 è Sindaco; Rosario è aiutante maggiore della Guardia Naz.le. 1860 Antonino e Salvatore sono tra i 34 componenti rivoluzionari che si riuniscono in casa del dott. Vincenzo Bobifacio (oggi via Bonifacio) e decidono per la rivoluzione il 18 maggio. 1861 Antonino diventa Consigliere Comunale. 1864-1938 Giacomo è pittore. 1914 il prof. Salvatore è Consigliere Comunale. 1930 Giuseppe Velardita, sacerdorte aidonese, è parroco di S. Veneranda e Gran priore di S. Andrea. 1938 Nicolò Velardita, figlio di Giacomo, professore di disegno al Magistrale è Regio Commissario (Sindaco) e segretario Politico del Fascio di Piazza (1891-1968).
¹ Come veniva anche chiamata Piazza in quel periodo.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Antonio il Verso / 4^ e ultima parte

A sx il Museo Archeologico¹, a dx la Chiesa di Sant'Ignazio all'Olivella², Palermo
4^ e ultima parte (Antonio il Verso, 1555 ca.- 1621 ca.)
 
Per quanto riguarda la morte di Antonio il Verso la data potrebbe essere il 23 agosto 1621, perché in tale data esiste una concessione gratis di un luogo e una balata (una sepoltura) ad Ant. il Verso da parte della Congregazione dell'Oratorio di Palermo presso la Chiesa dell'Oratorio di S. Filippo Neri dedicata a Sant'Ignazio Martire in piazza dell'Olivella (nella foto), anche se nei registri della chiesa non risulta alcun atto di morte. Con ogni buona probabilità il Verso dovette ritornare nella città natia per trascorrervi gli ultimi anni della sua vita e soprattutto per ultimare la stesura del libro Storia di Piazza, per il quale aveva consultato importanti documenti esistenti a Palermo. Il ritorno a Piazza definitivamente lo si deduce dal fatto che, appena 20 anni dopo (intorno al 1640), il manoscritto del Verso era nella nostra Città, consultato e utilizzato dal Chiarandà. Se fosse invece morto a Palermo, il manoscritto certamente sarebbe rimasto in quella città. Quest'ultima che l'aveva accolto, onorato e chiamato musico celebre, rinomato per la sua fecondità, profondo nelle discipline storiche, lo ha onorato ancora oggi avendogli intitolato l'Istituto di Musica della Facoltà di Lettere della sua Università degli Studi. In seno alle attività di questo Istituto, è stata fondata nel 1988 dal prof. Daniele Ficola, l'Associazione per la Musica Antica "Antonio il Verso" che organizza stagioni concertistiche per la diffusione della musica antica, barocca e rara. Il Verso, da quando nel 1937 F. Mompellio scrisse sui polifonisti siciliani dei secoli XVI e XVII, è considerato dai cultori della Storia della Musica il preannunciatore di nuovi influssi tonali e formali, vedetta che lentamente prepara il melodramma italiano e cioè il recitar cantando o opera lirica. (tratto da L. Villari, Antonio il Verso - Musicista, T.D.G., Roma 1999)
¹ E' il Museo Archeologico Regionale "Antonio Salinas" che possiede una delle più ricche collezioni d'arte punica e greca d'Italia. 
² Il termine "Olivella" sembra derivare dal latino olim villa = una volta la villa, riferendosi ai resti (su cui poi fu costruita la chiesa) della Villa della nobile famiglia Sinibaldi che diede i natali alla fanciulla che divenne l'amata Patrona dei Palermitani: Santa Rosalia. 
 
cronarmerina.it
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Antonio il Verso / 3^ Parte

Libro di Antonio il Verso dedicato nel 1590 a Geronimo Caponetto¹
 
3^ parte (Antonio il Verso, 1555 ca. - 1621 ca.)
 
Partito il Vinci da Plaza, anche il Verso lasciò la nostra Città per recarsi a Palermo nel 1585 dove trascorse il resto della sua vita. A Palermo ben presto si legò in amicizia con poeti, musicisti e con membri dell'alta nobiltà, frequentando le varie Accademie cittadine e dedicandosi all'insegnamento come maestro anche nel Convento domenicano². In poco tempo divenne il più prolifico e il più importante dei compositori siciliani del suo tempo. Pubblicò circa 40 libri di musica sacra e profana, dei quali 23 contengono madrigali a 5 voci. Di queste ci sono pervenute appena 5 opere complete e altre 10 incomplete. Nel 1588 a Palermo appaiono le prime sue musiche nella pubblicazione del III Libro di mottetti a 5 e 6 voci di Pietro Vinci con alcuni altri di Antonio il Verso. Questo libro, omaggio al Vinci che chiama suo maestro, lo rivelò ai musicisti di Palermo che così iniziarono ad apprezzarlo. Nel 1590, sempre a Palermo, pubblica Il Primo Libro de' Madrigali a cinque voci (nella foto) e nello stesso anno a Venezia ne pubblica altri 2. Cinque anni dopo a Palermo ne pubblica altri 2. Dal 1601 al 1604 il Verso si trova a Venezia per conoscere i nuovi progressi nel campo della musica polifonica e, operando egregiamente, pubblica altri 5 libri di madrigali, affermando la sua personalità per l'originalità nelle polifonie. Nel 1605 torna a Palermo per pubblicare altri 3 Libri di madrigali e nel 1611 a Venezia vengono stampate altre 2 pubblicazioni. Seguono 3 pubblicazioni a Palermo, 2 nel 1612 e l'ultima nel 1619. Nel 1620 il Verso partecipa ai funerali del francescano riformato frà Nicola da Piazza (al secolo Nicola Seggio), morto a Palermo il 19 marzo dello stesso anno in odor di santità. (tratto da L. Villari, Antonio il Verso - Musicista, T.D.G., Roma 1999)

¹ Una nobile famiglia Caponetto, baroni di Bufalefi (Noto), viveva in quel tempo a Plaza.
² È il convento della chiesa di S. Domenico, Pantheon del capoluogo siciliano e dei Siciliani illustri ove è seppellito il gen.le Antonino Cascino.

(continua)

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Antonio il Verso / 2^ Parte

Claudio Monteverdi (1567-1643)

2^ parte (Antonio il Verso, 1555 ca. - 1621 ca.)

Dimorando il Vinci a Pulice (n.d.r. altro nome della nostra Città in quel periodo) durante gli ultimi anni della sia vita (1582-84) conobbe tutti i maestri della Scuola Musicale Piazzese dei quali, oltre al Verso (allora ventisettenne), ci restano i nomi dei carmelitani Riccardo La Monica (allora settantenne), Antonio de Sanso (cinquantenne) e Michele Mal'Herba (o Malerba, adolescente). A essi il Vinci fece conoscere le novità compositive della Scuola Musicale Polifonica Veneziana¹. (tratto da L. Villari, Antonio il Verso - Musicista, T.D.G., Roma 1999, p. 2)

¹ La musica polifonica è la combinazione simultanea di voci nella quale ciascuna voce attua una melodia indipendente. Nel XII secolo a Parigi sorse la Schola Cantorum nella cattedrale di Notre-Dame che perfezionò il doppio canto od organum, nel quale la prima voce era di solito una melodia gregoriana, detta tenor, e la seconda voce era di libera invenzione, detta vox organalis. Nel XIII secolo la musica monodica (canto gregoriano) cedette il passo al doppio canto (polifonia sacra) dando vita alla lauda, canzone popolare in lingua volgare, cantata a due o più voci in forma di dialogo rievocante passi o episodi delle sacre scritture. Dal XIV secolo accanto alla polifonia sacra cominciò a svilupparsi in Francia e in Italia lo stile polifonico profano: le ballate, la caccia, la villanella, il madrigale. Nel Cinquecento, al tempo del nostro Verso, lo stile polifonico vocale, sia sacro che profano, si era affermato attraverso due Scuole: la Scuola romana e la Scuola veneziana. Quest'ultima ebbe quale rappresentante iniziale Giovanni Gabrieli (1557-1612) mentre il più grande maestro fu il cremonese Claudio Monteverdi (nella foto) che, raccogliendo le esperienze precedenti e contemporanee (tra le quali quella del nostro Verso), portò il madrigale allo splendore, oltre a essere considerato l'iniziatore del melodramma. Il nostro Verso non solo visse in pieno l'esperienza della Scuola veneziana, ma - sotto alcuni aspetti - ne fu il più importante rappresentante e continuatore in Sicilia. (L. Villari, Antonio il Verso - Musicista, T.D.G., Roma 1999, pp. 8-9) (continua)

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Antonio il Verso / 1^ Parte

Il madrigalista Gesualdo da Venosa (1566-1613)¹
1^ parte (Antonio il Verso, 1555 ca. - 1621 ca.)
 
Antonio il Verso nacque a Plaza da Clementia e Matteo de lo Verso nel 1555 ca. Allievo dello Studio Pubblico dei Domenicani (oggi Seminario Vescovile), fu istruito nella umane lettere (greco, latino, ebraico), nella retorica, nelle scienze, nella liturgia, nel canto e nella musica, nella quale diede prova di felice disposizione, sicché a 10 anni s'era affermato nella musica et habilità del suono avendo scritto il "Libro dei ricercari a due voci". Conseguita la licenza in musica, il Verso iniziò a esercitare in loco la professione di maestro fino a quando il destino portò nella città di Plaza il nicosiano Pietro Vinci² musicista di fama nazionale, il quale, dopo aver soggiornato per molti anni a Bergamo, era rientrato in Sicilia. (tratto da Litterio Villari, Antonio il Verso - Musicista, T.D.G., Roma 1999)
 
¹ Non avendo alcun ritratto del nostro Antonio il Verso ho ripiegato su uno di un compositore di madrigali italiano nato a Venosa e coevo del Verso.
² Pietro Vinci nacque a Nicosia nel 1535 ca. e dato che la città di Nicosia allora non aveva un convento domenicano con studio pubblico, appare cosa lecita pensarlo studente nello Studio Pubblico Domenicano di Piazza, il più vicino a Nicosia. Dopo qualche presenza saltuaria a Palermo, tra il 1558 e il 1561, il Vinci parte per Napoli per poi rientrare a Nicosia nel 1565 e ripartire alla volta di Livorno. Dal 1567 al 1581 lo troviamo a Bergamo, dove fu maestro di cappella. Nei primi mesi del 1582 tornò assai malato a Nicosia, poco tempo dopo si trasferì a Piazza e poi a Caltagirone. Tornato a Piazza dopo qualche mese, trovò la calda accoglienza dei docenti e degli allievi di musica dello Studio Pubblico Domenicano della sua adolescenza, oltreché dei maestri della Scuola Musicale Piazzese, ai quali trasferì le nuove esperienze musicali della Scuola Veneziana. Inoltre, ebbe l'affettuosa ospitalità di don Francesco Spinelli Starrabba barone della Pirrera, al quale dedicò il VII Libro dei madrigali a cinque voci nel giugno del 1584. Pochi mesi dopo morì a Nicosia all'età di ca. 50 anni. (continua)
 
cronarmerina.it

 

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Fontana Villa delle Meraviglie/n. 24

 
Questa è la 7^ fontana presente nella Villa delle Meraviglie. E' a pianta mistilinea perché ha il perimetro composto da segmenti rettilinei e archi di curva, con al centro una grossa scultura in pietra rappresentante una pigna. La fontana, come il resto della villa, è tenuta bene ed è curata sin nei piccoli particolari. Oltre al prezioso Museo, vale la pena di visitarla anche per le tante fontane esistenti. 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina 
  • Pubblicato in Fontane
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