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Visitando Palazzo Trigona/2 In evidenza

Teca con reliquie indicate nella foto in alto

(dalla Parte I) I lavori di costruzione del grandioso edificio di Palazzo Trigona ebbero inizio diversi anni prima che se ne occupassero seriamente i due fratelli Trigona, Matteo (1679-1753) II barone di Imbaccari Sottano e Terra di Mirabella futuro arcivescovo di Siracusa nel 1732, e Ottavio (1680-1757) III barone di Imbaccari Sottano e Terra di Mirabella. Il palazzo che troviamo a destra (lato Est) del Duomo di Piazza, fu voluto probabilmente dal genitore di Matteo e Ottavio, Trigona Luigi (o Aloisio) (1650-1715) divenuto nel 1693 I barone di Imbaccari Sottano e Terra di Mirabella. Infatti, dagli anni di nascita sopra riportati, si deduce che l’anno 1690, che qualcuno suppone relativo all'ideazione dei fratelli pur se affiancato dall’avverbio “attorno”, appare azzardato in quanto in quel periodo i fratelli Trigona avrebbero avuto rispettivamente 11 e 10 anni di età. Anzi, se si prende in considerazione sia l’ipotesi che “con buona probabilità fu l’architetto Orazio Torriani, che seguì i lavori del Duomo, a contribuire alle scelte ed alle idee per la costruzione del Palazzo” e sia l’esistenza in vita dell’architetto romano (1578-1657), si deve anticipare di almeno trentacinque anni (al 1655 ca.) il periodo di ideazione e progettazione: non più quello del barone Luigi ma quello del padre di questi, Matteo IV barone di S. Cono Superiore nato nel 1632 e ancora vivente nel 1662, come risulta da un atto di vendita del suo feudo. Per l’accostamento al Palazzo del titolo “della Floresta”, bisogna arrivare al pronipote del vescovo Matteo nonché nipote di nonno Ottavio, Ottavio Maria Trigona Bellotti (1733-1785) che, sposandosi nel 1763 con Girolama Ardoino Celestre dei principi di Polizzi e dei marchesi della Floresta, da “semplice” X barone di S. Cono Superiore diventa il I marchese della Floresta della famiglia Trigona nel 1771, per la rinuncia e cessione per questioni dotali della sorella primogenita di Girolama, Flavia. Tornando alla visita al Palazzo di cui vi ho parlato nel primo post, l’altra particolarità che mi ha colpito sempre in questa prima sala, che occorre oltrepassare per accedere al grande salone, è l’altare in legno della cappella di famiglia inserita in un armadio a muro e precisamente i due reliquiari ai lati della teca centrale vuota (foto in alto). Dando uno sguardo più da vicino in quella di destra (foto in basso), mi sono accorto che alla base di un involucro con nastri, fiori secchi e alcune ossa, c’è un rettangolino di carta di pochi centimetri (cartiglio), forse caduto e non rimesso a posto, con due nomi di Santi Martiri venerati in quel periodo dalla famiglia nobile, completamente sconosciuti almeno dal sottoscritto. I nomi trascritti sono S. Digna m. e S. Dignatiani m. dove “m” sta per martire. Iniziata la ricerca, trovo subito sul sito "santiebeati.it" S. Digna m. assieme ai Santi Anastasio e Felice anche loro martiri, ma di S. Dignatiani m. nulla, se non trovarlo appena accennato tra i 150 nomi di SS. Martiri elencati durante un’importante celebrazione voluta da papa Benedetto XIV in un Libro di preghiere polacco del 1751 e 1754: HASLO SLOWA BOZEGO (Parola di Dio)¹. Per la storia di Santa Digna occorre tornare indietro all’anno 853, quando la Spagna era sotto il dominio degli Arabi Omayyadi del Nord Africa da oltre un secolo. A Córdova nell’Andalusia, i santi martiri Anastasio sacerdote, Felice monaco e Digna vergine, morirono tutti insieme nello stesso giorno, il 14 giugno. Anastasio, avendo confessato davanti ai consoli Mori la sua fede cristiana, fu prontamente trafitto con la spada e insieme a lui, anche Felice, di origine gétula (Nord Africa), che aveva professato nelle Asturie (Spagna settentrionale) la fede cattolica e conduceva vita monastica. Digna, ancor giovanissima, all’uccisione dei suoi compagni avendo coraggiosamente espresso biasimo verso il giudice, fu subito decapitata. Grazie per l'attenzione e alla prossima curiosità.

¹ Stampato a Lwówie (Leopoli) nel 1754.
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