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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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A fussetta/2

I bottoni erano di diverso valore, c'erano quelli piccoli d l'aucch'tèra (abbottonatura dei calzoni, quelli piccoli delle camicie neanche erano considerati) da 1 patàcco, quelli medi da giàcca da 2 patàcchi, e quelli grandi di cappötti da 3 e 4 patàcchi, i più ricercati e ambiti, decisamente da scartare quelli di forma irregolare dei cappotti delle donne (poco regolari e inaffidabili... i bottoni!). I giocatori di alto livello non si accontentavano più di giocare per così "poco", allora alzavano la posta con monete di diverso taglio. Le più comuni erano da 5, 10 e 20 Lire, i più accaniti arrivavano alle 50 e persino alle 100 Lire, roba che le rare volte che si assisteva a tali sfide venivano i brividi, perché 9 volte su 10 ci scappavano i cazzotti col conseguente fuggi fuggi. Ho lasciato l'uso delle biglie di vetro per ultimo perché si usavano poco, sia per la scarsa reperibilità e sia perché poco indicate per i nostri "campi" da gioco. Bastava un granello di sabbia o na scagghiòla per cambiarne la direzione e quindi c'era poco "brio", pertanto, se proprio si volevano utilizzare le biglie su percorsi adatti e lisci, si aspettava di andare quella volta al mare sulle spiagge dorate di Gela, al lido "La Conchiglia" o a Macchitella, poi a Manfria, stando però alla larga, Déu n' scansa, dal pericolosissimo PUNTÍL! Questo gioco come gli altri, di cui sto parlando e parlerò su questo blog, presupponevano la frequenza assidua delle vie che allora non erano così trafficate come oggi. Al limite passava qualche mulo o carretto a bassa velocità, al quale ci si aggrappava per un passaggio di qualche decina di metri con relative imprecazioni, sempre molto contenute e gentili, del "pilota". Anche questo era considerato un gioco d'altri tempi, divenuto però un po' pericoloso quando il carretto fu sostituito dalla "velocissima" LAPPA. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

I bìf'ri

Frutto di vari colori e dalle svariate qualità, matura di solito, qui a Piazza Armerina, verso la fine di giugno e poi durano fino a metà luglio. E' un frutto ricco di semi che arrivano a maturazione rendendolo dolce e saporito. La pianta di origini arabe fu importata in Sicilia secoli fa, ha foglie grandi di superficie ruvida, i frutti ancora non maturi secernono una sostanza lattica, che può irritare la pelle e gli occhi, alla piazzese si chiamano scatagnòli perché brucia il muso. Quando andiamo in campagna dalle nostre parti, abbiamo sempre il piacere di raccogliere questo frutto delizioso e, come diciamo noi te cöggh chiddi ch' ànu a camìsa stazzàta cioè quelli leggermente più maturi e più dolci. Quelli che lo sono ancora di più sono i bif'ri m'l'ngiàni di colore viola scuro, dal gusto straordinariamente delizioso. Naturalmente ci sono anche quelli bianchi e gli altri che chiamiamo b'ffarìgni, che hanno la buccia sul verde marrone striato, buonissimi. Questo frutto è usato anche per fare marmellate e anche la mostarda in settembre, quando la pianta dà il suo frutto per la seconda volta  (n.d.r.: forse da questo il nome bi-f'ri = secondo fiore, secondo frutto). Roberto Lavuri 

1937 - Studente fuori sede/2

Reparto aeronautico all'Industriale di Piazza, anni '30
"Ho avuto il piacere di visitare l'Istituto Industriale. Nel suo atrio vi è, sempre luccicante, un CR 42, l'ultimo aeroplano da caccia della squadriglia del leggendario maggiore Francesco Baracca, rimasto come ricordo della prima guerra mondiale. Pare che questo aereo-cimelio sia stato donato dal generale Diaz alla città di Piazza Armerina, alla memoria del piazzese generale Cascino, caduto nella presa di Gorizia alla testa della sua divisione di meridionali al grido di Siate la valanga che sale. Mussolini nell'agosto del 1936 si ferma alcune ore a Piazza Armerina solo per inginocchiarsi dinanzi alla tomba del generale decorato di medaglia d'oro. Sulla morte di questi, fino all'anno 1938, se ne parla tanto. Manca nella città normanna un monumento ad un generale i cui uomini sono i primi a riprendere Gorizia. Nella tomba di Piazza Armerina manca la salma di Cascino che invece riposa in uno dei cimiteri di Palermo, accanto alla tomba di Suor Maria Maddalena. Se a questo si aggiunge la maldicenza che serpeggia in città: << Cascino è sì morto da eroe, ma ha mandato al macello i figli di tante madri, e persino il figlio di sua sorella >>, la cosa, a distanza di molti anni mi sembra abbastanza chiara. Il generale Cascino è un grande generale siciliano che, di fronte all'accusa di tradimento lanciata dalle popolazioni del nord Italia contro i Siciliani, calabresi e sardi, dopo la ritirata di Caporetto, chiede ed ottiene da Diaz l'autorizzazione di organizzare una divisione formata da siciliani, calabresi e sardi (con i piazzesi in testa) per riscattare l'onore e l'amor di patria di tutti gli italiani del Sud. Nell'estate del 1956, tornando a Piazza per una breve visita al carissimo avvocato Michele Zuccalà, noto con sorpresa, entrando in città, il monumento al generale Cascino. Era tempo che i piazzesi riparassero!" 
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

 

A fussetta/1

 
 
Quello della fussètta o e buttuni era un gioco per specialisti. Anche se occorreva molto poco come spazio e attrezzatura, non era per giovani sprovveduti. Bisognava scavare un piccolo incavo, con bordi ben definiti e profondo non più di 5 cm. (perché doveva permettere il facile recupero) nel terreno possibilmente pianeggiante e senza imperfezioni per un raggio max di un metro, e il campo di gioco era realizzato. Se invece ci si trovava in una strada in discesa e cùi cut'cchiöngh (ciottoloni) che da noi non mancavano, allora erano problemi, in questo caso ci si attivava per togliere i puntàgghi sino a ricavare lo spazio necessario. Dicevo gioco per specialisti perché non era facile mandare in "buca", come si dice nel gioco del golf (forse questo derivò dall'altro o viceversa), il bottone, la biglia o la moneta messa in palio, da varie distanze, utilizzando le dita (il pollice e l'indice di solito) della mano predominante, tirando a turno, sino a quando si sbagliava, e vincere così tutta la posta che si era riusciti a mandare dentro con l'ultimo colpo. Bastava dare un'occhiata alle dita utilizzate dall'avversario al primo tiro, per rendersi conto del suo livello. Se avesse opposto il pollice per colpire con l'indice era vittoria assicurata. Se invece avesse opposto il medio per colpire col pollice, allora la partita sarebbe stata dura e alquanto difficile. I giocatori di basso e medio livello si limitavano a mettere in gioco i bottoni presi in "prestito" e prelevati dalle lattine o cofanetti dove le loro madri erano solite porre l'occorente per cucire. Se la riserva era scarsa, allora, solo allora, era "permesso" staccare delicatamente qualche bottone dai vestiti (le giacche erano le più indicate) dei padri, degli zii e dei nonni. Si doveva fare attenzione, perché se l'asporto del bottone avesse provocato degli strappi sulla stoffa, era cazziàda assicurata. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it 
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