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A sciunna/2

Questo attrezzo nelle mani di giovani inesperti e alle prime "armi", poteva essere molto pericoloso soprattutto se nei primi lanci non si capiva cosa si doveva lasciare andare per prima, la parte tenuta dalla mano sx o quella tenuta dalla mano dx, e se non si capiva che non si doveva mirare verso il compagno vicino, neanche appafinta¹. Bisogna ricordare che, mentre per noi nati negli anni '50 l'attrezzo era prettamente ludico (tiro a bottiglie d' gazzùsa, lattine da salsa) o teppistico (tiro a lampadine, lampioni, finestre, animali domestici, scaramucce tra bande rivali), e per questo assolutamente proibito portarla a scuola, in parrocchia, per i giovani nati prima, il "sapiente" uso di quest'attrezzo, poteva aiutarli a integrare la scarsa alimentazione. Infatti, era molto usato nella caccia e palùmmi, che facilmente si trovavano sugli alti palazzi della via Cavour, alla Cattedrale, all'Ospedale, in piazza Castello. I carusàzzi cu a sciùnna, dopo essersi procurati dei pezzi di chiùmmu (ideali i pezzi di piombo per i pacchi postali) erano così spèrti che dopo due o tre lanci ne colpivano una che o se la portavano a casa mucciàta na p'tturìna per cucinarla, o se la vendevano per una lira a Santa Rusulìa. Alcuni, come il signore novantenne che ho conosciuto l'altro giorno, andavano a caccia anche in trasferta nei paesi vicini in bicicletta, specie ad Aidone, dove c'era poca concorrenza e perciò la "selvaggina" abbondava. Prima di concludere voglio accennare al detto, per la verità ancora in voga, che aveva attinenza con la parola SCIUNNA. Quando si voleva rimproverare qualcuno per l'imperizia, l'ingenuità, la facilità nello sbagliare, fallire o fraintendere, gli si diceva (e gli si dice): "Au, si pròpriu 'na sciùnna!", appunto perché 9 volte su 10 sbagliava bersaglio. cronarmerina.it

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