U cìrcu
Il gioco del cerchio o, come lo chiamavamo noi, du cìrcu, era all'inzio del secolo scorso uno dei più diffusi. Le foto, anche di famiglia, di quel periodo, lo testimoniano trovandoli anche tra le mani di giovanotti più anziani che li usavano nei giardini o nelle scampagnate. Bastava un cerchio e una bacchetta di legno e il "gioco" era fatto. Quando iniziarono a diffondersi le biciclette il cerchio in legno fu sostituito da quello in metallo (foto in basso) senza i raggi, molto più resistente, più stabile e che garantiva una maggiore "guidabilità" per la presenza dell'incavatura al centro. Dopo aver toccato diverse volte il cerchio, bastava posizionare la bacchetta nella concavità per dirigerlo e raggiungere così velocità "supersoniche" in gare entusiasmanti. Era consigliabile percorrere tratti pianeggianti, perché quelli in discesa non permettevano il controllo e si rischiava di andarlo a prendere a taccura, e canali o a rìana, dipendeva dal circuito frequentato. Quando le biciclette furono sostituite dalle automobili anche i cìrchi cambiarono look, furono sostituiti da vecchi copertoni di piccole cilindrate come Vespe, Lambrette, 500 o 600, non di più perché gli altri erano troppo pesanti e incontrollabili, allora non c'era il "servosterzo" che poteva aiutare! Di quelli in legno sono rimasti solo quelli usati sino a qualche decennio fa nella ginnastica ritmica, ormai attività scomparsa completamente dalle ore scolastiche di educazione fisica, oh pardon, educazione motoria, mentre sono ancora usati dalle società iscritte alla federazione nazionale di ginnastica ritmica perché è prevista la specialità. E' facile invece trovarli impolverati negli sgabuzzini/ripostigli delle palestre dove "riposano in pace" insieme agli altri attrezzi non più di moda, come gli appoggi Baumann, le clavette e le bacchette di legno. Da tanti anni è un gioco non più praticabile, il cerchio non viene usato neanche per l'hula hopp, sia perché le strade sono invase dalle auto, sia perché di ragazzi che giocano per le vie non se ne vedono più, è meglio un videogioco tra le calde e tranquille mura domestiche! Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it