U Campanaru
Questo era (non so se viene ancora praticato) un gioco esclusivamente femminile. Infatti, non mi ricordo di aver visto maschietti giocare in questo modo, come altrettando raro era vederli alle prese del salto della corda o ai quattro cantoni. U campanaru era uno dei giochi più antichi praticati all'aperto. Una volta disegnata col gesso (recuperato da qualche vecchio muro, ma quello preso in "prestito" da scuola era migliore) la campana veniva divisa in caselle numerate. Si lanciava un sasso piatto nella prima casella e lo si raggiungeva saltellando su un piede solo, senza pestare le linee e senza perdere l'equlibrio. Se si verificava una di queste infrazioni si doveva iniziare da capo o addirittura esclusi, se i concorrenti erano molti. Una volta raggiunti il sasso lo si doveva spingere col piede a terra nella casella successiva sempre senza calpestare le linee. Nelle caselle trasversali si doveva entrare contemporaneamente a gambe divaricate. Una volta recuperato il sasso si tornava indietro, sempre saltellando come all'andata, per lanciarlo nella casella successiva, sino all'ultima in cima al campanaru (campanile). Arrivati in quest'ultima si decideva se continuare aggiungendo delle difficoltà, come percorrere il tragitto col sasso in testa o a occhi chiusi. Ovviamente vinceva chi completava per prima il percorso netto. Mi ricordo che certe volte io e i miei compagni ci ritrovavamo seduti sul marciapiede che guadavamo lo svolgimento di questo gioco un po' storditi, anche perché stremati dai nostri giochi un po' più "vivaci". Durante questa pausa, con tutti gli sforzi che facevamo, non capivamo come ci si potesse divertire con un gioco che non comprendesse grida, spintoni, scivolate, capriole, ginocchia sbucciate, calci, lanci, pugni, sputi e parolacce e, per di più, saltando con un piede dentro un campo ben delimitato. No, decisamente non era per noi ! Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it