Il segno di vittoria
Le dita a V, alzando l'indice e il medio della mano, soltando da poco tempo indicano la VITTORIA. Inizialmente erano concepite come insulto, come oltraggio particolarmente volgare. In effetti il gesto aveva lo stesso significato che noi conferiamo al dito medio alzato, e ha ovviamente una storia. Il gesto nacque nel 1415 quando ad Azincourt (Passo di Calais - Francia) gli arcieri inglesi di Enrico V inflissero una memorabile batosta ai cavalieri francesi di Carlo VI, in quello che fu probabilmente l'episodio più famoso della guerra dei cent'anni. La sera precedente la battaglia Enrico V arringò i suoi soldati rispolverando un antico spauracchio, raccontando che i francesi avrebbero fatto ai prigionieri quello che i barbari infliggevano agli arcieri romani catturati: l'amputazione del dito indice e medio. L'effetto fu corroborante, l'indomani la cavalleria francese fu sommersa da una pioggia di precisissime e inesorabili frecce inglesi, con gli arcieri che iniziarono a mostrare in segno di sfida l'indice e il medio sollevato di fronte ai loro nemici sconfitti. Senza contare che la V stava per Enrico V, il re che li aveva condotti alla vittoria e che era meglio ricordarglielo. Da qui il gesto divenne sinonimo di offesa, con buona pace di chi attribuisce al segno V una matrice araba, impiegato con chiaro riferimento sessuale all'organo femminile che si avvicina al naso, simbolo del membro maschile. Tutto ciò sino alla Seconda Guerra Mondiale quando il politico belga Victor de Laveleye (1894-1945) chiese ai Belgi di scegliere la lettera "V" in segno di battaglia, essendo la prima lettera di VICTOIRE (vittoria) in francese e di VRIJHEID (libertà) in olandese. Fu l'inizio dell'introduzione della "V" come VITTORIA adottato da noti uomini politici come Winston Curchill e Richard Nixon, o da tanti sportivi più o meno "campioni"!
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it