Dalla conferenza su Fundrò/5
Chiesa di S. Rocco o di Fundrò |
Lo stemma della famiglia Cagno-Villanova a dx della facciata (oggi Municipio) |
Lo stemma dei Benedettini Cassinesi a sx della facciata (oggi Municipio) |
5
Il trasferimento del monastero a Piazza
(dalla 4^ Parte) «Nel 1612 i monaci Benedettini Cassinesi dell'Abbazia di Fundrò, constatato che con la distruzione dell'abitato nel secolo scorso, le vie e le trazzere senza manutenzione erano diventate impraticabili e l'Abbazia di conseguenza era rimasta isolata e scomoda, quindi aperta a possibili attacchi do bande di malfattori, si accordano coi giurati di Enna per il suo trasferimento in quella città, in quanto avevano avuti promessi la chiesa di S. Sofia e i locali annessi. L'abate di allora Gennaro de Capuia chiese ed ottenne dal reverendo Bonaventura Secusio, vescovo di Catania... il trasferimento dell'abbazia in quella città. I piazzesi, che per due secoli avevano aiutato i monaci con offerte, contributio e donazioni, si sentirono traditi e si opposero al trasferimento, ricorrendo al tribunale di monarchia con tro la decisione del vescovo. Il de Capua, sorpreso e contrariato dall'intervento piazzese, rinunziò al trasferimento, lasciando insolouto il problema, che sarà risolto dall'abate Angelo da Fondi il quale, nel 1620, ottenne dai Giurati di Piazza la cessione della chiesa di S. Rocco e l'attigua vasta abitazione [n.d.r. nelle due foto in basso], un tempo di proprietà della famiglia Tirdera¹. Si scatenò la protesta di Enna che determinò l'intervento della Congregazione Cassinese, la quale inviò sul posto i Padri Visitatori [...] allo scopo di verificare l'opportunità del trasferimento [...]. I Padri Visitatori dopo aver osservato i locali messi a disposizione sia ad Enna che a Piazza, dopo aver sentito i pareri dell'abate e dei monaci, studiarono tutti i precedenti storici e alla dfine si pronunziarono per la sede di Piazza [...]. Il 18 aprile del 1622 i Padri Benedettini entrarono nella nostra città, portando in processione il miracoloso simulacro della vergine custodito nella chiesetta del loro casale. In ricordo di tale avvenimento fu stabilito che ogni anno l'ultima domenica di Aprile doveva celebrarsi una sontuosa festa, cosa che avvenne fino alla fine del XVIII secolo (C. Parlascino, Il Casale di Fundrò, 2013). (continua)
¹ Prima di questa famiglia, la proprietaria del palazzo, sede del monastero benedettino e poi del Municipio, era stata la famiglia Cagno-Villanova, il cui stemma ancora esiste scolpito sulla porta di dx del prospetto prospiciente la piazza. Sulla porta di sx, invece, c'è lo stemma dei Benedettini Cassinesi con la croce e la parola PAX ormai cancellati (i tre monti, rappresenterebbero per alcuni il Calvario, per altri il Montecassino tra due alture, oppure i tre voti monastici: povertà, obbedienza e castità). Nel luglio 2019, facendo altre ricerche, ho potuto appurare che nel 1631 furono aggiunti altri locali donati dal nobile Placido Villanova, figlio di Francesco Villanova e Silvia Calascibetta. Così si spiega che lo stemma nella foto centrale, che in un primo momento era stato affiancato erroneamente alla famiglia Cagno-Villanova, in realtà fosse quello della famiglia Calascibetta-Villanova.
cronarmerina.it