Dov'era la Porta dell'Ospedale
Dov'era l'ospedale voluto dalla nobile Giacoma Villardita nel 1420
Dov'era l'ospedale che Graziana Villardita, figlia di Giacoma, trasferì nel 1444
8 DONNE DA RICORDARE
(Monte di Prestami, 10 marzo 2018)
In questi anni in cui mi sono occupato della storia di Piazza, mi sono imbattuto in diverse donne piazzesi dalla forte personalità e carattere. In questa occasione non voglio riproporre le tante che hanno lasciato un segno in ambito ecclesiastico, come Serve di Dio, beate, suore, monache e fondatrici di istituti religiosi, bensì ricorderò alcune donne che si sono distinte nel raggiungimento di obiettivi che si pensa siano declinati esclusivamente al maschile. Inizio con due donne, madre e figlia, Giacoma e Graziana Villardita, cognome che poi si trasformerà nell’odierno Velardita. La madre, Giacoma, prendendo atto che a Piazza per i quasi 8.000 abitanti di allora, siamo nei primi anni del Quattrocento, non ci fosse un ospedale vero e proprio, se non quello gestito dai frati Ospedalieri dell’ordine di San Giacomo d’Altopascio, inadeguato e quasi rudimentale nell’odierna via Roma, all’altezza della chiesa di Santa Barbara dove c’era una delle porte della città chiamata appunto dell’Ospedale (foto in alto), trasforma in Ospedale la sua grande abitazione dove oggi c’è la Pinacoteca Comunale di via Monte (foto in mezzo), dandogli il nome di Ospedale di San Calogero e di Santa Maria degli Angeli. 24 anni dopo la figlia, Graziana, lo trasferisce nell’edificio di fronte l’odierna chiesa di San Giuseppe (foto in basso), dove esiste la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo adatta ai bisogni di un più attrezzato ospedale.
Facendo un salto di un secolo e mezzo, arriviamo al 1580, quando una donna tra i tanti uomini benefattori, Beatrice Cremona, lascia una consistente eredità al Monte di Pietà, affinché fosse destinata alla formazione della dote alle ragazze orfane, per agevolare i loro matrimoni o maritaggi. Infatti, questo tipo di sostanziose donazioni, che aiutavano le giovani donne della nostra città del Seicento e del Settecento a crearsi una famiglia, si protraevano per anni e venivano chiamati Legati di Maritaggio.
Arriviamo alla fine dell’Ottocento primi Novecento, quando la baronessa Carmela D’Aquino, vedova sia del primo marito, Vespasiano Trigona Calafato dei baroni di Geraci, sia del secondo, pronipote del primo, Antonino Trigona barone di Geraci, dopo aver rinunciato all’usufrutto dei beni in favore dell’ospedale che già allora si chiamava “Chiello”, con i suoi lasciti fonda nei primi anni del Novecento un istituto di beneficenza nel suo palazzo di piazza Castello. L’istituto “Baronessa Carmela Trigona di Geraci” che comprende un asilo, la scuola elementare e un laboratorio di sartoria e ricamo, dopo qualche decennio si trasformerà in Scuola Professionale Femminile, per poi essere gestito dalle Suore Salesiane Figlie di Maria Ausiliatrice.
Concludo queste notizie su donne che hanno influito nella nostra storia culturale cittadina, parlandovi brevemente di altre quattro di un certo rilievo, ma in campo letterario e sconosciute ai più.
Una è Severina La Vaccara Trigona, figlia dell’onorevole piazzese Benedetto La Vaccara Giusti, nata nel 1884 e morta nel 1971. La troviamo tra le personalità elencate dal prof. Sebastiano Salomone nel suo dizionario del 1911 La Sicilia intellettuale contemporanea dove di lei dice che «Scrive più spesso in poesia e si fa ammirare per gusto, per semplicità, per eleganza di frase e di pensiero. Nei versi di lei predomina la nota gentile di altruismo e di patriottismo». Inoltre, la troviamo, assieme ad altre due piazzesi, Maria Giovanna D’Anca e Agata Libra, elencata tra le Poetesse in italiano siciliane contemporanee nel libro dello storico Santi CORRENTI, Donne di Sicilia. La storia dell'isola del sole scritta al femminile, Coppola Editore, Trapani 2002.
L’ultima delle 4 poetesse piazzesi è la professoressa Anna Maria Cerasuolo, nata a Piazza Armerina nel 1917 in via Crocifisso, dal matrimonio tra il maestro di musica e direttore della banda cittadina, originario della Calabria, Giuseppe Cerasuolo, e la maestra elementare Maria Bonifacio. La poetessa muore a Vittoria nel 2002. Laureata in Lettere, insegna nelle scuole di Piazza dove conosce il marito, Lorenzo Zaccone originario di Modica, anche lui insegnante di lettere nel nostro Liceo Classico negli anni Cinquanta. La Cerasuolo la scopro per un fatto curioso. Un giorno mi accorgo che nella sala della Mostra del libro Antico in Biblioteca, esiste un quadretto con una lettera manoscritta che non si capisce bene a chi e a che cosa si riferisca. Dopo la relativa ricerca, scopro che quella è una lettera scritta dalla poetessa alessandrina Sibilla Aleramo alla nostra Cerasuolo che, oltre a essere un’ottima insegnante, quando se ne presentava l’occasione, metteva in mostra le sue straordinarie qualità musicali come quella di saper suonare tutti gli strumenti (anche quelli a fiato) o quella di saper cantare, con una bellissima voce di soprano. Ha pubblicato varie raccolte di poesie, un romanzo, uno di novelle e uno che spiega la Divina Commedia agli alunni della scuola media. Tra le tantissime poesie c’è questa brevissima dal titolo DONNE DI SICILIA tratta dalla raccolta “Poesie” presente anche nella nostra Biblioteca Comunale. Mi sembra appropriata all’occasione e per questo la dedico a tutte le donne piazzesi, con l’augurio che diventino sempre più influenti nella nostra società, senza però avere gli stessi difetti di noi uomini.
DONNE DI SICILIA
Languide e vibranti
nascondono
sotto ciglia di gazzella
il fuoco che le divora
e le rende
pavide e ansiose
al pensiero d'un bacio.
Ma non c'è fretta in loro.
Sanno tendere le reti dorate
ai sogni della vita
e pazienti attendere
l'ala che vi batterà contro
furtiva.
Poi non indulgono più ai giochi.
D'amore si può morire.
A. M. Cerasuolo
cronarmerina.it