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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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Missionari e Martiri piazzesi del 1600

La città di Platia nel particoloare di un dipinto della I metà del '600
Dalla relazione del 1655 il vescovo di Catania Marco A. Gussio ci fa conoscere che a Platia, che allora contava 15.300 abitanti contro i 12.000 di Catania, capoluogo di diocesi, operavano 90 sacerdoti, 70 fra diaconi, suddiaconi e chierici, 124 religiosi dei vari Ordini (Agostiniani, Benedettini, Carmelitani, Domenicani, Francescani, Gesuiti e Teatini) e 201 monache (Agostiniane, Benedettine e Francescane). La gran parte dei giovani piazzesi unirono alla vocazione per il sacerdozio il desiderio d'essere destinati nelle missioni, tenute e curate dai vari Ordini, per sperimentare un apostolato nuovo fra popoli primitivi o infedeli in terre assai lontane. Nel 1626 il Padre teatino della Casa di Platia Giacomo Di Stefano¹ parte per le terre di missione del Medio Oriente dove, dopo anni di duro e proficuo lavoro, si merita il titolo di apostolo della Georgia e dell'Armenia. Sette anni dopo viene ucciso da un turco infedele, mentre è intento a confessare un convertito. È il primo fra i Piazzesi a ottenere la palma del martirio. Nel 1634 il gesuita P. Carlo Trigona chiede inutilmente di andare nelle Indie e la stessa cosa accade a un altro Trigona, il gesuita P. Andrea nel 1668. Nel 1666 P. Giuseppe Spinelli, dei baroni della Scala, dopo aver ottenuto il permesso di lasciare il Collegio Gesuitico di Platia qualche anno prima, muore nelle Filippine. Nel 1648 ottengono d'essere destinati alle missioni delle Indie portoghesi i padri teatini Tomaso e Geronimo Seidi ed Emanuele Calascibetta. La mancata concessione del visto da parte del governo portoghese a tutti i missionari dei regni spagnoli (come la Sicilia), costringe ad altri incarichi a Madrid i tre padri. Dopo alcuni anni i fratelli Seidi tornano in Sicilia, mentre il Calascibetta, che ha operato per tutta la vita a Madrid, muore nel 1673 in odore di santità. Nel 1656 è la volta del gesuita P. Prospero Intorcetta, il quale opera per quaranta duri anni in Cina, ove subisce arresti e persecuzioni. Col nome Kiu-ssè In-to-tsè scrive trattati e opuscoli in lingua cinese e traduce dal cinese opere di Confucio, facendole conoscere in Europa. Vice provinciale di Hang Tcheon muore nel 1696. Nel 1692 il gesuita P. Francesco Saverio Saetta, nato a Platia e battezzato nella chiesa di S. Stefano nel 1665, giunge a Veracruz in Messico. Dopo qualche anno è ordinato sacerdote e ultimati gli studi di teologia nel 1694 parte per il Messico Settentrionale, ai confini con l'Arizona e la California. Dopo mesi di spostamenti nella regione della Pimerìa Alta (oggi Arizona Meridionale) per reperire aiuti, nei primi mesi del 1695 torna alla sua missione di Caborca dove ospita 80 indios. Qui il 2 aprile del 1695 viene ucciso da due ribelli della tribù dei Pimas delle vicine montagne del Tubutama. (tratto da L. Villari, F. S. Saetta - Missionario e Martire in Messico, 1995, Roma)

¹ Figlio del barone di Accadia (FG) nacque nel 1585. Proveniente dalla Casa di Napoli, compì a Platia cose miracolose. Partito da Messina, insieme ad altri due religiosi, dopo due anni arrivò in Georgia e in Armenia, dove ben presto fece presa sulla gente anche con l'arte della medicina. Morì ucciso nel 1633.

cronarmerina.it  

Illusione di un caro vicino

Salvatore Tigano sulla sua poltrona
  Un mio caro e anziano vicino, costretto sulla poltrona, esprime il suo stato d'animo.

 

Illusione

Una luce s'è accesa in fondo al cuore
invitando la mia vita alla speranza,
soffocando nel pianto ogni dolore
sulla poltrona della amica stanza.
 
E questo corpo stanco e martoriato
protegge di una donna la presenza
che ogni momento ha sacrificato
condividendo gioia e sofferenza.
 
Peppuccio ti attendo tutti i giorni
Rosalba io cerco il tuo sorriso
a Laretta domando: "quando torni ?"
così d'amor s'illumina il mio viso.
 
Dei miei nipoti che voglio tanto bene
si alternano fugaci apparizioni
che leniscono un pochino le mie pene
aumentando ogni dì le mie illusioni.
 
Salvatore Tigano
 
Piazza Armerina, 30 nov. 2013
 
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
 

 

Oggi S. Barbara

Particolare del quadro di Santa Barbara c/o la Pinacoteca Comunale
La chiesa di Santa Barbara in via Roma¹
A Piazza non poteva mancare una chiesa intitolata a Santa Barbara (foto in basso). Infatti, dalla fine dell'Ottocento a metà Novecento, moltissimi erano i minatori piazzesi di tutte le età che lavoravano nelle miniere di zolfo di Grottacalda, Floristella, Baccarato, e Santa Barbara è la loro patrona. Per essere stata torturata col fuoco, col taglio delle mammelle e decapitata, insieme alla sua amica Giuliana, è invocata contro la morte improvvisa per fuoco, perciò gli esplosivi e i luoghi dove vengono conservati sono chiamati in suo onore santabarbara. Quasi sempre vediamo la sua effigie accostata a una torre (anche nella foto in alto se ne scorge una a dx). Questo è dovuto al fatto che la leggenda vuole che suo padre Diòscoro, pagano del III secolo d.C., l'avesse rinchiusa in una torre per proteggerla dai suoi pretendenti. L'aver voluto l'apertura di una terza finestra nella torre (come simbolo della Trinità) svelò al padre la conversione al cristianesimo della figlia, denunciandola al magistrato romano. Oggi, oltre alla visita nella chiesa, sarebbe il caso di farne una presso la Mostra Permanente della Civiltà Mineraria in via Garibaldi, sede della centenaria Lega Zolfatai dove, oltre alla mostra di cristalli del minerale che fu fonte di reddito per migliaia di famiglie, si possono osservare gli attrezzi e i luoghi di "divertimento" di tanti nostri parenti, amici e conoscenti. Prima di chiudere, vi ricordo la frase che da piccolo sentivo ripetere alle donne durante i forti temporali con tuoni e fulmini:
Santa Barbarùzza ch'è càuda a f'rrùzza.
 
Quella che ricorda mia moglie invece faceva così:
Santa Barbara era fòra s' scantàva de' làmpi e tròna,
l'Angiulìddu ci dicìa: venitìnni ca cu mmìa
ca dicèmu n'Avemarìa! 
 
¹ Proprio in edifici dove c'è oggi la chiesa e lungo l'odierna via Roma, verso la piazza Garibaldi, vi fu nel 1150 ca. il primo ospedale di Piazza retto dai frati appartenenti all'Ordine di S. Giacomo d'Altopascio. Appunto per questo la via e la porta della Città, esistente dove adesso c'è un'edicola dedicata alla Madonna, erano chiamate via dell'Ospedale e porta dell'Ospedale.   
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it      

Mal comune mezzo gaudio?

 
In rosso i posti nella classifica della qualità della vita 2013
Dopo Palermo, solo Napoli al 107° posto. Io alla domanda del titolo risponderei: 
"Neanche un quarto"
Le Città capitali del Regno delle Due Sicilie in fondo alla classifica.
Eppure son trascorsi 150 anni, un secolo e mezzo, da quando i Piemontesi sono venuti a "liberarci" portando la "civiltà" e il "benessere"!
Quindi il tempo per risollevarci l'avremmo avuto.
Mi sorge un dubbio... 
Sarà forse anche colpa nostra?!
No, è soltanto colpa dello straniero, della mafia, dei terremoti, dell'Etna, del caldo, dell'Euro, della pioggia, dell'immondizia, della globalizzazione, della siccità, delle macchie solari, delle bombe d'acqua, del riscaldamento del pianeta, della camorra, delle maree, dell'aumento della benzina, del buco... dell'ozono, degli alieni, della Germania d'accordo con Francia e Spagna,
anzi no,
di tutta l'Europa che ce l'ha con noi.
Noi contro tutti..., che dite
VINCEREMO?
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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