Ricerca sull'Epigrafe in Biblioteca
Era proprio la sera di un anno fa quando io, incoraggiato dal compianto parroco don Enzo Cipriano, dopo un'approfondita ricerca e l'aiuto indispensabile nella traduzione di due amici, prof.ssa Carmela La Bruna e prof. Antonello Capodicasa, ho avuto modo di parlare dell'epigrafe posta sul portone d'ingresso della Biblioteca Comunale. L'epigrafe in latino, murata sulla porta di quella che era stata in passato la Sala del Coro del Collegio dei Gesuiti nonché Oratorio della Confraternita dei Nobili, per tantissimi anni è rimasta lì considerata dai più solamente una comune lastra di marmo a ornamento dell'antico e prestigioso chiostro. Invece, dopo la traduzione, l'Epigrafe si è rivelata una Bolla Pontificia del 1618 di enorme importanza che io considero un vero e proprio BALUARDO DELLA CULTURA. Infatti, era l'ammonizione di Scomunica e Privazione della Voce in Capitolo che arrivava direttamente dalla Santa Sede, verso tutti coloro i quali avessero preso in prestito o sottratto i libri presenti nelle fornitissime biblioteche dei due Conventi di Francescani Riformati allora presenti a Platia, San Pietro e Santa Maria di Gesù. La Bolla era il giusto risultato delle lamentele presentate a Roma personalmente dal frate francescano Bernardino de Randazzo che, salendo dalla Sicilia, aveva fatto presente (forse più volte) dei continui saccheggi di volumi che si perpetravano presso quelle biblioteche. Per chi volesse approfondire la traduzione e scoprire ulteriori curiosità vi rimando in fondo alla pagina del blog nello spazio "Le mie ricerche già pubblicate", basta cliccare sull'immagine dell'epigrafe. Per chi non ha voglia ripropongo qui le ultime righe lette un anno fa a San Pietro: Questa indagine accurata su un "pezzo di marmo bianco" scolpito quattro secoli fa, trascurato da tante generazioni di Piazzesi e collocato da un secolo e mezzo in uno degli edifici più importanti della Città, ci deve far riflettere su quanto siamo consapevoli di quello che ci hanno lasciato nei secoli i nostri antenati e di quanti di questi "pezzi di marmo", distribuiti per il paese, conosciamo i motivi per i quali sono stati incisi e che hanno visto come incisori i nostri trisavoli. Checché se ne dica, dobbiamo renderci conto che noi siamo il risultato di quello che erano i nostri progenitori, e che i nostri discendenti saranno il risultato di quello che siamo noi. Per questo non dobbiamo trascurare la nostra storia, perché senza memoria non avremo futuro. Che è poi quello che sto cercando di attuare attraverso questo blog.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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