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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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O Piazza Antica / 1

Ingresso al Castello Aragonese, XV sec.
O Piazza Antica
I parte
M'inchino e mi prostro
m'imbarazzo e mi pento
o mia bella Piazza
dalle antiche e sgualcite mura
 
Peculiari arcate su nobiliari dimore di feudale gloria
pervasa da normanne sembianze di nordica essenza
arabi lasciti e ville romane
testimoniar mistica e remota presenza
 
Lustre di merito e storia
regno di trionfali monumenti
pietra miliare d'ardue e trapassate umane gesta
Comarca d'antichi e benemeriti privilegi
 
Madre di gesta al valore 
culla di caparbi generali
fosti terra di contesa
tra l'armi e militari 
 
Acre rimpianto nell'ingrato disconoscer leggendaria ventura
depauperar autentici veti di civiltà vissuta
all'ostile mercede fascista del tiranno piegasti oscura
or che volger al colluso unir di popoli ignuda
 
Citar laconici tuoi poeti
figli del tuo gallico gergo
onorar remote origini 
con esemplar voga e talento
(continua)
 
Francesco Lavore
(33 poesie per un'illusione, Ed. Temperino Rosso, Brescia, 2015)
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina 

Lo stemma del Crocifisso/4 e ultimo

Lo stemma sul portale della chiesa del SS. Crocifisso con la scritta in risalto
Nel post precedente eravamo arrivati al Libro dei Numeri, dove avremmo trovato il significato della "Croce avvolta da un serpente" rappresentata nello stemma della chiesa del SS. Crocifisso. Questo libro scritto in ebraico, poi tradotto in latino, è chiamato dei Numeri perché si apre con un censimento, ovvero l'elenco delle famiglie appartenenti alle 12 tribù che formeranno il futuro Israele e rappresenta il IV libro della Bibbia cristiana e della Torah ebraica. Nei 36 capitoli di cui è composto, descrive la storia degli Ebrei (viaggi, problemi, norme, battaglie con altre popolazioni, conflitti interni) durante la loro sosta nel deserto del Sinai intorno al 1200 a.C. Nel capitolo 21 (quello, appunto, ricordato in numeri romani "XXI" nello stemma nella foto) si legge: "Durante la lunga marcia in pieno deserto, i nomadi cominciarono a lamentarsi per il viaggio e per le fatiche. Niente acqua né pane: scarsità di cibo al punto che anche la manna, dono del cielo, li disgustava. L'Onnipotente allora reagì per castigare quegli incorreggibili contestatori. Mandò dei serpenti infuocati il cui morso decimò i ribelli. Come sempre si dovette ricorrere all'indulgente bontà di Mosè. Il grande intercessore chiese grazia e ricevette l'ordine che pose fine all'ecatombe. Il Signore gli disse: Fatti un serpente di bronzo e mettilo sopra un'asta qui percussus aspexerit eum, vivet (chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà, resterà in vita). Il flagello fu scongiurato, non per magia, ma per grazia divina che, con un semplice sguardo di fede sul rettile di metallo, rendeva immuni dal veleno mortale del terribile serpente". Quest'immagine, ricca di simbolismo, è dovuta al fatto che i popoli dell'antichità pensavano che il serpente strisciando per terra, raccogliesse ed inglobasse tutte le impurità, per poi restituirle con il suo veleno. Dal momento, poi, che cambia pelle ogni anno in primavera e che è solito puntare uno sguardo fisso e avvincente sulla vittima, era considerato anche segno di immortalità. L'unico modo di impedire l'opera letale del serpente consisteva nell'innalzarlo, per allontanarlo dal contatto con il male presente sul suolo. Paradossalmente, proprio guardando un serpente di bronzo, gli israeliti, che rischiavano di morire a causa dei serpenti, venivano salvati. Da simbolo di morte, il serpente diventava simbolo di salvezza e di vita. In egual misura la croce, esibita per incutere paura perché strumento di morte lenta e dolorosa diventa, con l'atto d'amore di Cristo che sulla croce muore, rappresentazione di salvezza di vita. Il simbolismo cristiano, quindi, appare chiaramente: il serpente di Mosè è prefigurazione del Cristo Crocifisso e mentre gli Ebrei non riebbero che la salute fisica, il sacrificio di Cristo ridà salute dell'anima proiettandola verso la vita eterna. Per essere salvati occorre, dunque, guardare a Cristo sulla croce perché qui percussus aspexerit eum, vivet (chiunque la guarderà, resterà in vita). Messaggio più preciso di quello racchiuso in questo stemma, sarebbe stato difficile trovare per questa chiesa dedicata al Crocifisso. 
Ma in 250anni quante generazioni di Piazzesi, più o meno istruite, hanno avuto la fortuna di ricevere quest'informazione, varcando il portale dell'Insigne Collegiata o soltanto ammirandone la facciata il Venerdì Santo quànn nèsc u S'g?

Per approfondire e raccogliere altre interessanti notizie sulla chiesa del SS. Crocifisso è consigliata la lettura del libro di Mario Zuccarello, Chiesa Collegiata SS. Crocifisso Piazza Armerina, Ed. Terre Sommerse, Roma 2011, da me consultato per trarre la maggior parte delle notizie riportate sui 4 post. 

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

Lo stemma del Crocifisso/3

Lo stemma sul portone principale della chiesa del SS. Crocifisso
 
Lo Stemma sul portale

Dopo aver brevemente accennato alla storia dell'edificazione della chiesa del SS. Crocifisso nel più antico quartiere di Piazza, si può benissimo passare a trattare del significato dello stemma che campeggia sul portale principale dell'edificio ecclesiastico che, complessivamente, presenta un rilevante motivo di novità, rispetto alle altre chiese: l'ubicazione della cupola a cilindro non sull'abside ma al centro della stessa chiesa. Questa particolarità, unita alla grandiosità, fa sì che la cupola venga facilmente individuata non da chi sta nelle vicinanze, ma da chi ammira il panorama della città in lontananza¹, da Sud-Ovest. Infatti, chi proviene da Barrafranca, se alza lo sguardo dalla chiesa dell'Indirizzo, le prime cose che nota distintamente sono le imponenti cupole del Crocifisso a sx e, poco più in alto, del Duomo a dx. Ovviamente, se una chiesa viene intitolata al Crocifisso è normale che lo stemma principale racchiuda una Croce, ma in questo caso particolare la troviamo avvolta da un serpente. Per chi non ha dimestichezza con le Sacre Scritture, questa particolarità risulta oscura e di difficile comprensione. Invece, facendoci guidare e, quindi, illuminare da chi le ha già lette e studiate, possiamo arrivare anche noi alla soluzione. Questa la troviamo molto esaustivamente nel libro di Mario Zuccarello, Chiesa Collegiata SS. Crocifisso Piazza Armerina, Storia, segni, tradizione e devozione, Ed. Terre Sommerse, Roma, 2011, pp. 32 e ss.: "Sopra la cornice muraria di pietra arenaria locale del portone principale è situata una scultura di grande valore iconografico e teologico che rappresenta il serpente di bronzo del Sinai, figura profetica della croce di Gesù. Il serpente di bronzo, innalzato da Mosè, si trova nel Libro dei Numeri (21,4-9)".

¹ Se ci avete fatto caso, la stessa considerazione vale per il maestoso campanile della chiesa di San Giovanni Evangelista, non si nota la grandezza se non da lontano, nessuno lo ammira dalle vicinanze. Lo si intravede a stento dal primo tratto della via Umberto, quando si arriva davanti la chiesa del Purgatorio.

(continua

 Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

      

Lo stemma del Crocifisso/2

Chiesa del SS. Crocifisso, quartiere Monte, 1720-1785
 
 Breve storia della chiesa del SS. Crocifisso

L'edificazione della chiesa del SS. Crocifisso iniziò nel 1720 per la necessità di sostituire quella dedicata a Santa Domenica, minacciata da imminente rovina perché troppo vicino al pendio (a còsta) a Sud-Ovest dell'antico centro abitato. Questa chiesa, che esisteva sin dal XVI sec. tra le odierne via Santoro e via Campagna San Martino, aveva già una Confraternita col suo stesso nome poi sostituito con quello del Crocifisso miracoloso che ospitava in una cappella al suo interno dagl'inizi del Seicento. Il Crocifisso, scolpito dal maestro Antonio Cultrera, sempre meta di pellegrinaggi, prima era ospitato sull'altare di legno a sinistra dell'ingresso principale della chiesa di S. Nicola di Bari, dal 1651 intitolata alla Madonna della Catena. Nel 1675 Matteo Calascibetta barone di Malpertuso¹ e San Basilio¹ vi istituì, per testamento, un collegio di 12 canonici diretti da un prevosto, volontà poi attuata nel 1698. Successivamente il Capitolo s'ingrandì con 38 Prebendati, 18 Canonici e 17 Sacerdoti. L'abbattimento della chiesa in rovina e la costruzione della nuova su un pianoro più a monte, furono eseguiti, tra il 1720 e il 1785, grazie alle volontà di Paolo Trigona Marchiafava barone di Casalotto². Nel 1777 i componenti della Collegiata della nuova chiesa del SS. Crocifisso raggiunsero il numero di 39 tra Dignità, Canonici e secondari. Nel 1813, nella domenica successiva alla Pasqua, un incendio distrusse il principale altare e il Crocifisso, ma la devozione di tutto il popolo in 6 mesi ne riparò i danni, come ci ricorda la lapide in chiesa. Dopo l'erezione della Diocesi di Piazza nel 1817, nella chiesa del Crocifisso rimase la Collegiata, prima della nuova Diocesi. Per questo motivo e per il fervore cristiano del popolo, sempre vivo durante la Quaresima e la Settimana Santa, il vescovo Mons. Sturzo (1861-1941) la eresse nel 1934 a Parrocchia che, allora, comprendeva ca. 3.000 anime.

¹ Oltre a questi feudi, nei pressi di Nicosia (EN), il barone Matteo possedeva quelli di Sabuci, in territorio di Lentini e Limuni, in territorio di Francofonte.
² In realtà il nome completo del nobile-benefattore era Pietro Paolo barone di Casalotto e Scarante ed era il III figlio di Francesco Trigona Miccichè barone di Spedalotto e Cugno sposato con Rosalia (Maria?) Marchiafava, baronessa di Scaletta e Casalotto, originaria di Calascibetta.

(continua)

 Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it            
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