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Gaetano Masuzzo

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Edicola n. 5

L'edicola votiva della piazzetta Fundrò
Il dipinto che si trovava nell'edicola votiva²
 
Ve l'avevo detto che non tutte le edicole di questo censimento sarebbero state in ottimo stato, e questa Edicola Votiva n. 5 nella Piazzetta Fundrò ne è un esempio. La piazzetta si trova nel cuore della città, nella zona chiamata di Santa Rosalia che, col suo mercato, "pulsava" veramente sino a qualche decennio fa. L'edicola è ridotta così male che non l'avrei voluto fotografare, invece mi è sembrato onesto proporvela come esempio di scelleratezza e superficialità, come tanti nella nostra comunità. Ne cito qualcuno tanto per "assaggiare": l'ex Istituto Magistrale nonché ex Convento di Santa Chiara, il complesso dei Teatini con chiesa e Casa, la chiesa di Sant'Anna, quella di San Vincenzo, il Cinema Ariston e, per finire in bellezza, il complesso conventuale di Santa Maria di Gesù. Ritornando alla nostra edicola, si trova dietro la chiesa di San Rocco, dal 1622 chiamata anche di Fundrò¹. Situata nella parte alta di una sorta di semi-cilindro col tetto in ciaramìtte (tegole in terracotta) nella Piazzetta Fundrò, doveva essere dedicata alla Madonna, ma non è sicuro se non si trova qualche foto precedente². Prima di diventare ricettacolo per cassonetti dell'immondizia, sino agli anni 40/50 sulla dx esiteva un vespasiano, a Piazza meglio conosciuto come p'sciarö (orinatoio). Infatti, non era raro sentir dire s' t' scànti t' n' pòi anné darrèra Fun'rò! (se ti spaventi puoi andare dietro a Fundrò). Un'idea: tra le tante novene che verranno installate per Natale prossimo di qua e di là, se ne potrebbe fare una piccola anche qui, per ridarle una sembianza di "Edicola Votiva", per rispetto e in ricordo degli abitanti che transitavano e abitavano lì vicino, che vi assicuro erano migliaia.
 
¹ Per altre notizie riguardanti il borgo di Fundrò cliccare su Fundrò e Dalla conferenza su Fundrò
² Nel febbraio 2021, da un post su facebook con la foto in basso allegata, della giornalista piazzese Marta Furnari, apprendiamo: «Questo antico dipinto un tempo si rovava nell'edicola votiva retrostante la chiesa di San Rocco - Fundrò, nel piano Alceste Roccella, era in pessime condizioni e rischiava di essere rubato, negli anni '80 fu restaurato e incorniciato e posto in sicurezza nella sede del Comune, per un periodo nell'ufficio del segretario comunale. Oggi lo potete ammirare nella prima delle due anticamere che conducono nella Sala delle luci del Comune di Piazza Armerina».
cronarmerina.it

Legati di Maritaggio-Benefattore Trigona

 
Lo stemma dell'Ordine a cui apparteneva Don Andrea Trigona
 
7 - D. Andrea Trigona nacque nel 1584 dal matrimonio tra Giovanni Paolo Trigona I barone di S. Cono Superiore e Miccichè Melchiorra. Educato dai Gesuiti, già a Plaza dal 1540, decise di trascorrere la sua vita nell'eremo in contrada Palermi (ex c/da Rambaldo) coi frati Cappuccini. Quando questi si trasferirono al piano Sant'Ippolito, nel 1606, fattosi sacerdote optò per l'appartenenza all'Ordine Ospedaliero di Santo Spirito nel quale, oltre a seguire la regola di Sant'Agostino, si impegnava a servire i poveri e gli infermi dell'Ospedale di Platea, in quel periodo spostatosi al Monte. Sollecitato dai Padri Gesuiti, nel 1605 sovvenzionò l'ampliamento della casa del nobile Pietro Calascibetta unendolo, altresì, all'Oratorio di Sant'Anna per farne un Ritiro (poi Monastero) per fanciulle della Congregazione di S. Brigida. Nello stesso anno dispose i lasciti testamentari di 6 Onze annue per 4 orfane come Legati di Maritaggio. Nel complesso edilizio al Monte fu priore-amministratore delle Opere Pie (Monte di Pietà e Opera dei Trovatelli) e dell'Ospedale allora chiamato Ospedale di Santo Spirito, facendone un ospedale modello conosciuto, oltre che in tutta la Diocesi (allora di Catania), anche in tutta l'Isola. Nel 1610 ricevette in dono una reliquia, consistente in un ciuffo di barba, del Beato Teatino Padre Andrea Avellino, poi nel 1626 proclamato II Compatrono della Città di Piazza, che divenne mezzo di guarigioni prodigiose. Morì in fama di santità nel 1629 e venne seppellito nella chiesa francescana di S. Maria di Gesù. (continua)
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

La famosa frase all'ingresso dell'ex ITIS

 
Tutti ormai conosciamo, però più di tutti gli studenti poi diventati periti, l'iscrizione scolpita sul marmo nell'ingresso di quello che fu l'Istituto Tecnico Industriale di Piazza Armerina, oggi Uffici Comunali. Solo che c'è un errore nella firma che sta alla base sulla destra. Se guardate attentamente c'è scritto "GIORDANO" mentre deve essere "GIORDANI". Capisco che potrebbe sembrare una quisquiglia, ma a 150 anni dalla fondazione dell'Istituto (proprio in questi giorni ci sarà la celebrazione) bisogna dare a GIORDANI quel che è di GIORDANI. Infatti, dopo una ricerca ho constatato, dopo oltre settant'anni dall'apposizione, che l'autore è lo scrittore piacentino Pietro GIORDANI (Piacenza 1774-Parma 1848)*. Famoso per le sue innumerevoli iscrizioni pubbliche, private, monumentali e sepolcrali, oltreché per le orazioni, elogi, prefazioni, lettere. Questa iscrizione è la copia di quella posta per la prima volta nel 1829, su una porta d'una scuola chiamata di mutuo insegnamento nella villa Puccini a ca. 2 Km. a Nord dal centro di Pistoia.
Colgo l'occasione per fare le mie congratulazioni a tutti i Presidi, Insegnanti**, Assistenti tecnici, Segretari, Applicati di segreteria, Collaboratori scolastici e Studenti che hanno frequentato, frequentano e frequenteranno questo prestigioso Istituto che è sempre stato un fiore all'occhiello della scuola di Piazza.
 
*Giacomo Leopardi, che tenne col Giordani rapporti epistolari prima, numerose frequentazioni poi,  lo definì cara e buona immagine paterna. Luciano Scarabelli (1806-1878), scrittore, storico, politico, nonché prefetto di Caltanissetta nel 1862, seguendo gli insegnamenti del suo maestro Pietro Giordani, che lo salvò dall'ignoranza e lo plasmò come studioso grazie al dono che questi gli fece dei propri libri, a patto che egli una volta letti e studiati li avesse a sua volta donati, mantenne la parola donando, tra il 1862 e il 1875, oltre 2500 volumi alla costruenda Biblioteca Comunale di Caltanissetta che prese il suo nome.
**Anch'io ci ho insegnato Ed. Fisica nel mio primo anno scolastico, il lontano 1974-75.
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Legati di Maritaggio-Altri 3 Benefattori

Lo stemma della famiglia Boccadifuoco nel chiostro del Carmine
 
Altri 3 benefattori

4 - Biaggio Sufanti (Biagio Suffanti) di cui non abbiamo informazioni e non risulta iscritto alla Mastra Nobile della Città. Esiste una cortile con questo nome nel quartiere Casalotto a poche decine di metri dalla via Carmine, probabilmente in suo ricordo.

5 - D. Pietro Gaffore faceva parte di una antica e importante famiglia di origini lombarde (Gafforo, Gaffori, Gaffuri, Gaffurri). Tra il Cinquecento e il Seicento alcuni componenti erano possessori dei feudi del Toscano, Imbaccari Inferiore, Fargiuni, Gatta e Ganigazzeni. Nel 1580 un suo parente, il barone Francesco Gaffori, mise a disposizione parte dei suoi beni per l'erezione di un Collegio dei Gesuiti a Platia. Poi, come si sa, fu eretta, nel 1605, una "Casa Professa" che divenne "Collegio di Studi" dieci anni dopo.

6 - D. Ercolo Boccadifuoco (Ercole) faceva parte di una nobile famiglia proveniente in Sicilia da Piacenza a metà del Trecento. Nel Cinquecento la famiglia era iscritta alla Mastra Nobile. In seguito si registrano padri Gesuiti e Teatini di cui uno Vescovo di Mazara. La famiglia Boccadifuoco era una delle pochissime famiglie ad avere una cappella nel Pantheon della Città, la chiesa di S. Pietro. Infatti, la I cappella entrando sulla dx fu costruita dalla famiglia Boccadifuoco nella II metà del Cinquecento, come si può vedere dallo stemma in alto sull'arcata: il serpente alato (o drago) che butta fuoco dalla bocca, oppure quello che si trova su una colonna del chiostro del Carmine (nella foto). (continua)
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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