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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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Tutta bella sei ai Cappuccini/2

Madonna di Loreto, particolare, 1541, Piazza Armerina, Chiesa Maria SS. delle Grazie o dei Cappuccini

2^ Parte

Quello che colpisce maggiormente chi osserva l'opera d'arte, di cui abbiamo parlato nella 1^ Parte, è un CARTIGLIO bianco (nella foto) che si srotola da un'architrave posta tra le prime due colonne di otto, che formano un colonnato che dà profondità all'ingresso della SANTA CASA della Madonna di Loreto. Sul cartiglio si legge una scritta di undici parole e, alla fine, dei numeri che rappresentano l'anno di esecuzione del quadro, 1 5 41 (1541). Le undici parole, intervallate da piccole croci, sono: «TOTA PULCHRA ES AMICA MEA ET MACULA NOΩEST IN TE». Ebbene, esse rappresentano le prime parole dell'antifona gregoriana dedicata a MARIA IMMACOLATA, dove vengono applicati i versetti 7.8.11.10 del Capitolo 4 di 8; e i versetti 11.13 del Capitolo 2 di 8; presi dal CANTICO dei CANTICI, ovvero da un testo, contenuto nella Bibbia ebraica e cristiana e attribuito al re Salomone, che comprende poemi d'amore in forma di dialogo, tra un uomo e una donna, ampiamente riscoperto nel XVI secolo. Questo è il testo completo in latino, seguirà la traduzione italiana: «Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te. Favus distillans labia tua, mel et lac sub lingua tua. Odor unguentorum tuorum super omnia aromata. Iam enim hiems transiit, imber abiit et recessit; flores apparuerunt, vineae florentes odorem dederunt, et vox turturis audita est in terra nostra. Surge, propera, amica mea: veni de Libano, veni, coronaberis» (Tutta bella tu sei, amica mia, e nessuna macchia è in te. Le tue labbra un favo stillante, c'è miele e latte sotto la tua lingua. L'odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi. Ormai l'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata; i fiori sono apparsi nei campi, le viti fiorite spandono fragranza, e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Alzati, affrettati, amica mia: vieni dal Libano, vieni, sarai incoronata). L'antifona TOTA PULCHRA ES celebra tutta la vita di Maria Vergine, esaltadone la bellezza di Immacolata, senza macchia di peccato, sposa dolcissima come miele e profumata pronta per il suo sposo, richiamata dalla morte alla vita, per andare incontro a Cristo in cielo, per essere incoronata regina del cielo. I Francescani, a cui appartengono i Cappuccini, hanno da sempre sostenuto il titolo di Immacolata per la Madre di Dio, considerandola regina e patrona dell'Ordine. Per questo motivo hanno composto il loro canto mariano TOTA PULCHRA, mettendo insieme alcune antifone dei Primi Vespri della festa dell'Immacolata Concezione, tratte dal Cantico dei Cantici e dal libro di Giuditta: «Tota pulchra es, Maria. Et macula originalis non est in Te. Tu gloria Ierusalem. Tu laetitia Israel. Tu honorificentia populi nostri. Tu advocata peccatorum. O Maria, o Maria. Virgo prudentissima. Mater clementissima. Ora pro nobis. Intercede pro nobis. Ad Dominum Iesum Christum» (Tutta bella sei, Maria, e il peccato originale non è in te. Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu letizia d’Israele, tu onore del nostro popolo, tu avvocata dei peccatori. O Maria! O Maria! Vergine prudentissima, Madre clementissima, prega per noi, intercedi per noi presso il Signore Gesù Cristo). La prima antifona Tota pulchra es Maria et originalis macula non est in te è tratta dal Cantico dei Cantici (4,7) e la terza Tu gloria Jerusalem, tu letitia Israel, tu honorificentia populi nostri e tratta da Giuditta (15,10): Tutta bella sei, o Maria, e non vi è in Te alcuna macchia. Tu gloria di Gerusalemme, Tu letizia di Israele, Tu onore del nostro popolo. A queste antifone la tradizione francescana ha aggiunto l'invocazione Tu avvocata dei peccatori. O Maria! Prega per noi, intercedi per noi presso il Signore Gesù Cristo. Cantato dai frati francescani, in semplice melodia gregoriana, il canto mariano si è diffuso ininterrottamente tra i fedeli per essere eseguito nelle Chiese e Cattedrali per la novena all’Immacolata. I Francescani, infatti, si sono sempre distinti per la loro particolare devozione alla Vergine Immacolata. Un'ultima considerazione, non per questo meno importante, è la constatazione che in questo quadro mariano di metà Cinquecento è anticipata la concezione post Concilio di Trento (1545-1563) «che - nel dipingere il Mistero Mariano - si deve sempre aggiungere a questo tipo di dipinti l'iscrizione Tota pulchra es, amica mea, poiché la Vergine essendo la creatura più bella creata da Dio, possiede sia la bellezza del corpo che dell'anima»¹. (continua)

¹ Cfr. Francesca Lanza, La Tota pulchra, in L'iconografia dell'Immacolata Concezione a Savona e nel territorio della sua Diocesi, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova 2015, p. 26.

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Tutta bella sei ai Cappuccini/1

Madonna di Loreto, particolare, 1541, Piazza Armerina, Chiesa Maria SS. delle Grazie o dei Cappuccini

1^ Parte

Nella chiesa di Maria SS. delle Grazie dei frati Cappuccini a Piazza Armerina, tra i tanti gioielli, c'è un grande quadro (nella foto) sul secondo altare di dx. Questo quadro rappresenta, e la scritta al centro sotto l'architrave bianca «S M DALORETO» ce lo indica, la MADONNA DI LORETO, che si trova tra «S FRANCISI» (S. Francesco) a sx, e «S ANTONINUS DE PADUA» (Sant'Antonio di Padova) a dx; queste scritte, in latino, si trovano ai piedi dei rispettivi Santi. La Madonna sta seduta sulla SANTA CASA e tra le braccia ha il Bambino Gesù in piedi. Nella mano dx la Madonna tiene un fiore, con la sx sorregge un libro dalla copertina rossa. Il Bambino Gesù, con collana e bracciali rossi, sostiene sulla mano sx una sfera fasciata sormontata da una croce, come segno del mondo su cui Cristo esercita la sua potenza divina. In alto a dx è rappresentato IL CASTELLO DI SANTA MARIA DI LORETO, ovvero l'imponente sistema difensivo sorto a più riprese, in difesa del Santuario della SANTA CASA di Loreto, tra il 1488 e il 1522. A partire dal 1453 infatti, quando i Turchi occuparono Costantinopoli provocando la caduta dell’impero Romano d’Oriente, la presenza mussulmana in Adriatico si fece schiacciante, esigendo la costruzione di architetture capaci di far desistere, con la loro imponenza, le navi turche dallo sbarco. Su incarico di papa Sisto IV in un primo momento e, quindi, su ordine di papa Leone X in un secondo, il Santuario di Loreto fu adeguatamente munito di insuperabili fortificazioni. Questo impressionante sistema militare, che fece della basilica di Loreto l’unica chiesa fortificata del mondo, ebbe in architetti come Baccio Pontelli, Cristoforo Resse da Imola e Antonio da Sangallo il Giovane i propri geni costruttori, che qui applicarono le principali teorie balistiche a cavallo tra Medioevo e Rinascimento. Il Santuario lauretano sorse nel luogo in cui, secondo la leggenda, la dimora a Nazareth della Vergine Maria sarebbe stata trasportata prodigiosamente dagli Angeli nella notte tra il 9 e 10 dicembre del 1294. La convinzione di questa miracolosa traslazione “volante” spinse papa Benedetto XV a nominare la Beata Vergine di Loreto "Patrona di tutti gli aeronautici". La festa liturgica della Madonna di Loreto ricorre il 10 dicembre, in ricordo della data dell’arrivo della SANTA CASA di Nazareth a Loreto. Le origini dell'antica e devota tradizione della traslazione della Casa dalla Palestina alla città marchigiana, risalgono al 1296, quando in una visione, ne era stata indicata l’esistenza e l’autenticità ad un eremita, fra' Paolo della Selva, e da lui riferita alle Autorità. Ciò ci è narrato da una cronaca del 1465, redatta da Pier Giorgio di Tolomei, detto il Teramano, che a sua volta l’aveva desunta da una vecchia tabula consumata, risalente al 1300. Si riportano alcuni passi più significativi, che poi sono stati tramandati nelle narrazioni, più o meno arricchite nei secoli successivi: «L’alma chiesa di santa Maria di Loreto fu camera della casa della gloriosissima Madre del nostro Signore Gesù Cristo… La quale casa fu in una città della Galilea, chiamata Nazaret. E in detta casa nacque la Vergine Maria, qui fu allevata e poi dall’Angelo Gabriele salutata; e finalmente nella stessa camera nutrì Gesù Cristo suo figliuolo… Quindi gli apostoli e discepoli consacrarono quella camera in chiesa, ivi celebrando i divini misteri… Ma dopo che quel popolo di Galilea e di Nazaret abbandonò la fede in Cristo e accettò la fede di Maometto, allora gli Angeli levarono dal suo posto la predetta chiesa e la trasportarono nella Schiavonia, posandola presso un castello chiamato Fiume (1291). Ma lì non fu affatto onorata come si conveniva alla Vergine… Perciò da quel luogo la tolsero nuovamente gli Angeli e la portarono attraverso il mare, nel territorio di Recanati (1294) e la posero in una selva di cui era padrona una gentildonna chiamata Loreta; da qui prese il nome la chiesa, "Santa Maria di Loreta"». Per altri Loreto deriverebbe dal «sito circondato da lauri» nei pressi di Recanati dove, «Fin dal 1193, esisteva una chiesetta chiamata S. Maria in fundo Laureti [...]. La pia leggenda attorno alla Casa di Loreto non trova però suffragio in dati storici»¹. (continua)

¹ Cfr. Vittorio Malfa, La Chiesa Cappuccina di Maria SS. delle Grazie a Piazza Armerina tra Storia e Arte, in Archivio Storico Sicilia Centro Meridionale, Anno I - N° 1 Aprile 2014, pp. 117-137, in part. p. 135.

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Stemma Starrabba/Virgilio ai Cappuccini

Lapide con stemma Starrabba/Virgilio e iscrizione del 1769, chiesa dei Cappuccini, Piazza Armerina

Particolare dello stemma Starrabba/Virgilio del 1769, chiesa dei Cappuccini, Piazza Armerina

Questo stemma si trova ai piedi dell'altare maggiore, sul pavimento, leggermente a sx, della chiesa di Maria SS. delle Grazie di Piazza Armerina. La chiesa era già stata costruita sul piano Sant'Ippolito, quando i frati francescani Cappuccini, alla fine del Cinquecento (1592), si trasferirono dalla località Rambaldo, precisamente dal sito chiamato appunto Cappuccini Vecchi occupato dal 1538, in alcuni locali accanto. Ben presto il convento, iniziato a costruire nel 1603, divenne il principale Convento della provincia con annesso Studio Pubblico, per l'istruzione della gioventù piazzese nobile e, raramente, meno nobile. La chiesa fu adibita, come tutte le altre, a luogo di sepoltura per frati e nobili laici, tra questi alcuni appartenenti alle famiglie Crescimanno, Trigona e Starrabba, come ci dimostra lo stemma con un'iscrizione nelle foto. L'iscrizione ci fa sapere che questa lapide è stata posta da Gaetano Maria Starrabba III principe di Giardinelli conte di Scibini, nato nel 1725 e morto nel 1796 (ecco perché lo stemma famiglia Starrabba¹ a sx) affinché i posteri ricordassero che il 14 agosto del 1769 morì la moglie, sposata nel 1754, Maria Teresa Virgilio dei baroni di Sant'Alfano² (ecco perché lo stemma col giglio della famiglia Virgilio³ a dx), nata a Palermo nel 1736. Ma l'iscrizione non dice che la principessa, morta a soli 33 anni, fu sepolta in questa chiesa. Come ci fa sapere Francesco San Martino De Spucches, nella sua opera La Storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia dalla loro origine, Maria Teresa Virgilio «è sepolta a Piazza nella chiesa di Santo Stefano». Gaetano Maria Starrabba era il nipote di Vincenzo Starrabba I principe di Giardinelli nel 1711, proprio quello a cui fu intitolata a stràta ô Prìnc'p (la strada del Principe) l'odierna via Garibaldi. Ma Gaetano Maria (vedi ritratto), piazzese battezzato nella chiesa di Santo Stefano dallo zio don Giuseppe Maria Starrabba prevosto del Duomo nel 1742, è ricordato, assieme al fratello Vincenzo (1730-1803) conte e marchese di Rudinì, per aver chiesto nel 1756 la prima licentia populandi (autorizzazione) per la fondazione nel loro feudo di Scibini del comune di Pachino (SR). Nel 1758 la licentia verrà confermata e, quindi, nel 1760 seguirà il Regio Diploma definitivo, che consegnerà a Gaetano Maria, oltre al titolo di Conte, il privilegio di occupare il seggio baronale nel Parlamento del Regno a Palermo. I due fratelli sono sepolti nella chiesa madre del SS. Crocifisso di Pachino.   

¹ Lo stemma rappresenta una sfera armillare o astrolabio sferico d'oro, usato per mostrare il movimento delle stelle attorno alla Terra, su un piedistallo d'oro. Scienziati del Rinascimento (dalla metà del Trecento alla fine del Cinquecento) e altre figure pubbliche spesso si facevano ritrarre con in mano una sfera armillare, che rappresentava le vette della saggezza e della conoscenza.

² Il padre si chiamava Giuseppe, la madre Emmanuela Battaglieri. 

³ «Lo stemma di questa famiglia Virgilio è l'istesso della famiglia Entensis dei conti d'Ampurias, come riferisce il sopracitato Giovanni Ritonio, ed è un giglio diviso, mezzo rosso, in campo d'oro, e mezzo d'oro in campo rosso» (Francesco Savasta, Il famoso caso di Sciacca..., Tip. di Pietro Pensante, Palermo 1843, p. 133).

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A S. Lucia il Bambino Gesù di Praga

Nella foto c’è la statua del Bambino Gesù di Praga che oggi si trova nella chiesa di Santa Lucia ai Canali. È la copia della statuetta lignea e ricoperta di cera, la cui venerazione è dilagata in tutto il mondo cattolico, dopo che la principessa Polyxena di Lobkowitz, ricevuta come dono di nozze dalla madre spagnola Maria Manrique de Lara y Mendoza (1538 ca.-1608),  la donò ai frati Carmelitani scalzi di Praga nel 1628, dove si trova collocata nella chiesa di S. Maria della Vittoria. A Praga, inoltre, sono conservati una gran quantità di vestiti per il santo Bambino donati da Governi di tutto il mondo. Sebi Arena il 13/12/2017 su Facebook ci fece sapere che «La statua era collocata nel primo altare di destra della chiesa di S. Maria d'Itria prima del rovinoso crollo di una decina di anni fa. Quando ero bambino si faceva una piccola processione sul sagrato della chiesa dove si bruciavano in un braciere i "fioretti" che avevamo fatto».

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