1766 La tragedia dei Runza da Piazza
Particolare del primo foglio di 10 del Regio Diploma di fondazione di Pachino, 1760
La firma di Don Giuseppe Runza civitatis Platiae
Da qualche tempo seguo con interesse le vicissitudini, dalla fondazione in poi, di un paese in provincia di Siracusa, Pachino. Il motivo è chiaro, basta cercare sul mio sito il termine "Pachino" per trovare molti articoli con questa parola e in diverse categorie (Luoghi ed Eventi, Personaggi, Attualità, Famiglie e Stemmi, Titoli della Città, Compatroni). Pachino è l'unico paese fondato da un piazzese, Gaetano Maria Starrabba Calafato III principe di Giardinelli (1725-1796), colui che aveva costruito il suo palazzo lungo la nostra odierna via Garibaldi n. 80 (ecco perché chiamata sino al 1860 a stràta ô Prìnc'p). Era il 1756 e il Principe Gaetano, coadiuvato dal fratello minore Vincenzo¹, ottiene la prima licenza per fondare il comune di Pachino² nel proprio feudo di Scibini, ottenendo nel contempo anche il titolo di Conte e il privilegio di sedere al Parlamento palermitano. Due anni dopo arriva la seconda autorizzazione e due anni dopo ancora, il 21 luglio del 1760, il richiedente ottiene il Regio Diploma definitivo (foto in alto) dal re Ferdinando IV di Borbone con la licenza di fondare una Terra. Affinché la fondazione andasse a buon fine, gli Starrabba dovevano rispettare alcune regie condizioni tra le quali la più importante era quella di popolare la nuova Terra con famiglie che fossero esclusivamente estere, cioè greci-cattolici. Questo non fu possibile annullando le prime due autorizzazioni. A questo punto i fondatori furono costretti a cercare nell'"estero" più vicino, ovvero presso la pseudo repubblica di Malta di allora. Inoltre, per attirare altre genti furono fatte altre promesse allettanti che riguardavano le condizioni di lavoro, il pane per sfamarsi e un giaciglio sicuro, grazie allo sgravio fiscale concesso dal Re per venticinque anni. Tuttò ciò attirò anche molti abitanti dai paesi siciliani come Spaccaforno³, Modica, Palagonia e Piazza, al seguito della famiglia fondatrice. I nuovi abitanti, diversi per tradizioni e cultura <<furono armonizzati dalla presenza di quattro curati, due di etnia maltese e due siciliani. Don Benigno Mizzi e Don Giuseppe Fusari dalla Repubbica di Malta, Don Saverio Manzo da Spaccaforno e Don Giuseppe Runza da Piazza (Armerina)>>. Queste notizie sono tratte dai documenti che l'appassionato storico-ricercatore di Pachino, Guido Rabito, ha messo a disposizione sulla sua pagina facebook e, consultando il libro dei defunti della Chiesa Madre della sua Città, ha potuto riscostruire anche la tragedia che colpì la famiglia del canonico piazzese Don Giuseppe Runza. <<Nel 1763 arrivò da Piazza il curato Don Giuseppe Runza, su invito del Marchese Gaetano Starrabba, per avere cura delle anime della novella Terra. Il curato Runza, portò con sé il fratello Francesco e la sorella Lucrezia. Il Rev. Runza partecipò attivamente alla vita della piccola comunità, celebrando battesimi, matrimoni e aimè anche funerali, molto spesso in cui la causa di morte era dovuta a qualche contagiosa malattia. Nel 1766, tre anni dopo la sua venuta, il 27 dicembre don Giuseppe Runza di anni 44 diede l'anima a Dio e successivamente il fratello Francesco di anni 20 morì pochi mesi dopo, ed anche Lucrezia di anni 48 seguì la stessa sorte, pochi giorni dopo. Si presume che Don Giuseppe Runza abbia contratto malattia in occasione di estrema unzione e che poi abbia contagiato il fratello e la sorella. Oggi tutti riposano nella piccola Chiesa del SS. Crocifisso oggi denominata la cappella del Santissimo>>.
¹ Vincenzo Starrabba (1730-1803) canonico sino al 1754, fu Giurato e, poi, I Patrizio del neonato "Senato" di Piazza nel 1777. Alla Corte Giuratoria (il Comune di oggi) veniva concesso dal Re il titolo di Senato quando si trattava di una grande e importante città dell'Isola, in segno di distinzione. Questo titolo dava ai Giurati il privilegio d'esser chiamati Senatori. Inoltre i Giurati passavano da quattro a sei chiamandosi Senatori (come nelle città di Palermo, Messina, Catania e Trapani) e uno di questi prendeva il titolo di Patrizio. Inoltre, Vincenzo Starrabba è ricordato per essere stato il nobile designato dal chierico Michele Chiello come fidecommissario (amministratore fiduciario) delle sue Opere Pie (Ospedale e Monte Prestami) di cui pubblicò in seguito i regolamenti. Il conte Vincenzo Starrabba, detto u Zimmusu (alla piazzese Z'marù) perché gobboso e per i rigonfiamenti sul volto, era molto devoto alla Vergine Maria e trascorse gran parte della sua vita alla corte di Palermo. Nel 1793 ottenne anche il titolo (senza concessione sovrana) di Marchese di Rudinì, feudo nei pressi dell'antica Noto.
² Dall'antico nome del territorio caput Pachyni. Questo nome deriverebbe per alcuni dal fenicio pachum che significa "guardia" (con funzione di segnalazione ai naviganti), per altri dal greco antico pachys = abbondante, fertile.
³ Dal 1934 Ispica (RG).
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