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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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U Campanaru

Questo era (non so se viene ancora praticato) un gioco esclusivamente femminile. Infatti, non mi ricordo di aver visto maschietti giocare in questo modo, come altrettando raro era vederli alle prese del salto della corda o ai quattro cantoni. U campanaru era uno dei giochi più antichi praticati all'aperto. Una volta disegnata col gesso (recuperato da qualche vecchio muro, ma quello preso in "prestito" da scuola era migliore) la campana veniva divisa in caselle numerate. Si lanciava un sasso piatto nella prima casella e lo si raggiungeva saltellando su un piede solo, senza pestare le linee e senza perdere l'equlibrio. Se si verificava una di queste infrazioni si doveva iniziare da capo o addirittura esclusi, se i concorrenti erano molti. Una volta raggiunti il sasso lo si doveva spingere col piede a terra nella casella successiva sempre senza calpestare le linee. Nelle caselle trasversali si doveva entrare contemporaneamente a gambe divaricate. Una volta recuperato il sasso si tornava indietro, sempre saltellando come all'andata, per lanciarlo nella casella successiva, sino all'ultima in cima al campanaru (campanile). Arrivati in quest'ultima si decideva se continuare aggiungendo delle difficoltà, come percorrere il tragitto col sasso in testa o a occhi chiusi. Ovviamente vinceva chi completava per prima il percorso netto. Mi ricordo che certe volte io e i miei compagni ci ritrovavamo seduti sul marciapiede che guadavamo lo svolgimento di questo gioco un po' storditi, anche perché stremati dai nostri giochi un po' più "vivaci". Durante questa pausa, con tutti gli sforzi che facevamo, non capivamo come ci si potesse divertire con un gioco che non comprendesse grida, spintoni, scivolate, capriole, ginocchia sbucciate, calci, lanci, pugni, sputi e parolacce e, per di più, saltando con un piede dentro un campo ben delimitato. No, decisamente non era per noi ! Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it    

Oggi u F'stìngh pa Santa

 

 Oggi a Palermo si festeggia il 389° Festino per Santa Rosalia, in ricordo del ritrovamento del corpo della Santa che, portato in giro per le trade, salvò la città e tutta l'Isola dall'epidemia di peste. Ma non ci può essere FISTINU senza retroscena gastronomico. A fare da cornice ai momenti religiosi e alla grande festa ci sono le immancabili bancarelle appartenenti agli acquaioli e ai siminzari. Questi vendono lupini, calia, miricanella, cruzziteddi (castagne secche) noci e simenza, ovvero tutto quello che va sotto il nome U'SCACCIU. Ma soprattutto non ci può essere Fistinu senza i babbaluci. Il famoso detto palermitano sostiene che: "Babbaluci a sucari e fimmini a vasari nun ponnu mai saziari". Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

Famiglia Palermo

Partito: nel primo un grifo rampante d'azzurro sormontato da un lambello di rosso con tre gocce in campo d'oro; nel secondo d'azzurro al leone leopardato d'oro sostenente sul dorso un giglio d'argento.
Famiglia piazzese della quale il primo nominativo è quello di Pietro de Palermo che nel 1482 è tra i quattro rappresentanti borghesi inviati a Palermo dal Viceré. 1637 Leonardo di Palermo è consulente (consigliere comunale). 1643 Diego Palermo-Crescimanno è Cavaliere Ospedaliere di Malta e poi diventa baglivo di Venosa (prov. Potenza). 1681 Andrea Palermo è capitano di giustizia. 1704 ca. don Giacinto Palermo è decano della Collegiata del Duomo e nel 1714 a lui e al sacerdote Geronimo Palermo vengono confiscati i beni per aver rispettato l'interdetto fuggendo da Platia. 1711 Vincenzo Palermo è giudice nella nostra Città. La contrada Palermi nel nostro territorio prende nome da questa famiglia. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

Il lontano 1985

L'indimenticabile stereo "mini-portatile" del 1985

 

L'85

 
Inizia da oggi l'85
pieno di speranze e ricordi.
 
Così è l'inizio di ogni anno,
durante il quale però
non tutto va come sperato,
anzi quasi tutto.
 
Ma la vita è tutta una speranza,
tutta un'attesa
che ci spinge ogni giorno 
verso la fine.
 
1 Gennaio 1985             Sergio Piazza
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