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Cronarmerina - Aprile 2025

Fontana Torre di Renda/n. 28

Questa è la Fontana n. 28 del mio censimento, che si trova presso l'Azienda Turistica Torre di Renda. L'edificio principale dell'Azienda,¹ gestita dai fratelli Filippo e Ignazio Golino, è un'antica costruzione del 1600 divenuta in seguito residenza estiva del VI vescovo della Diocesi di Piazza Armerina, mons. Mariano Palermo (1825-1903). La contrada ove è situata la fontana è Torre di Renda, altrimenti conosciuta come c/da Palermi, in cui anticamente si trovava la chiesetta di S. Michele Arcangelo. La contrada in passato fu chiamata anche "Cappuccini Vecchi", in ricordo del convento che i frati francescani Cappuccini fabbricarono, nel lontano 1538, in questa località facente parte di quella più grande chiamata "Rambaldo". La modesta casa colonica e l'appezzamento di terra dove venne costruito il convento, l'avevano avuti in concessione dal nobile piazzese Giovanni Filippo Jaci, sino al loro trasferimento nella nuova sede accanto alla chiesa della Madonna delle Grazie, al Piano Sant'Ippolito, nel 1606.

¹ L'Azienda Turistica dispone di camere comodamente arredate ed è possibile fare delle passeggiate nel bosco naturale e privato di oltre 150.000 mq e delle nuotate nella piscina riservata ai clienti. Inoltre l'Azienda dispone di sala ristorante, sala conferenze e di ampio parcheggio. 

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I barbieri di via Marconi / 2

A sx il salone dei barbieri Orlando & La Porta in via/piazzetta Marconi
 
L'elenco dei barbieri di via Marconi iniziato ieri continua con questi altri: Lo Tenero (Calogero?) anche lui sfollato da Tripoli¹, Sapone Nando, Trupiano, Commendatore Totò, Parisi Bobò, Farinato Carlo, Ficarra Peppino & Cordaro, Minnella Filippo, Lo Giudice (poi parrucchiere per signora), Chiarito, Orlando & La Porta. Concludo con altri ricordi di un altro visitatore di questo blog (H. alias A. M.): «Il mio barbiere, da piccolo, era il sig. Orlando di piazza Marconi (n.d.r. nella foto, la porta di sx). Il locale era di pochi metri quadrati, con la spiritera per scaldare l'acqua [...]. Ricordo ancora le scritte appese sui muri "Vietato sputare per terra" e "La persona educata non bestemmia" [...]. I clienti parlavano sempre di donne e di politica [...] a me non veniva mai rivolta la parola. Entravo, aspettavo il mio turno ed uscivo come se fossi stato un fantasma. Mi facevano pena quei ragazzini mandati a lavorare e che spesso venivano presi a schiaffi perché non scaldavano bene l'acqua o non pulivano secondo gli ordini del barbiere-padrone».
Visto che anch'io frequentavo questo salone, mi ricordo che era così piccolo che spesso a noi ragazzi, specialmente nei mesi più caldi, per tagliarci i capelli ci facevano "accomodare" su uno sgabello posto in bilico sullo scalino davanti la porta, e il barbiere usava la macchinetta per lasciarci u còzz (la nuca) completamente rasato e liscio. Poi, contro le irritazioni e pruriti vari veniva spruzzata una nuvola di borotalco, con quattro colpi della pompetta color rosso-mattone.

¹ In questo post sono stati e saranno aggiunti gli altri barbieri più o meno anziani di Piazza che mi verranno segnalati: Abate Totò in via Vittorio Emanuele, Buda in  via Carmine, Cascino in piazza Garibaldi, Cipriano Salvatore in via Roma, Cisarella (fratelli) via Monte, Consiglio in piazza Garibaldi, Di Sano a Sette Cantoni, Ferrante via Garibaldi; Giarrizzo Salvatore in via Garibaldi, Masuzzo Santino in via Mazzini, Russo Gino via Mazzini, Torre sotto il cinema Ariston, Tudisco & Lo Tenero in via Marconi 20.
 
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I barbieri di via Marconi / 1

 
Il sig. Tanino Bilardo all'opera nel suo salone di via Marconi
Dopo aver parlato dei barbieri siciliani in generale, oggi vi elenco i primi barbieri che avevano u salùn (il salone o la barbieria) nella nostra via Marconi in quasi mezzo secolo, dagli anni '30 ai '60. È ovvio che il mio "archivio vivente e personale" (mio padre Gino) ne avrà dimenticato qualcuno, e di questo me ne scuso, quindi se ve ne ricordate degli altri vi prego di comunicarmeli per aggiungerli. Iniziando dal tratto della via Marconi confinante con piazza Garibaldi: barbiere Interliggi Cono¹ di San Cono morto con tutta la famiglia per la frana sùtta a còsta d' San Francìscu, Di Marco e fratello, Barbera poi sostituito da Testa Pino, Bilardo Tanino (nella foto)², Ficarra³, Garigliano poi brigadiere dei Carabinieri abitante in via Garibaldi 38, don Catalano Catino, Ribilotta abitante alla Castellina, i fratelli sfollati da Tripoli Rausa Gigino e Bastiano quest'ultimo bravissimo nel suonare il violino, Caminiti forestiero (di Aidone), Magro Carmelo. Concludo questa prima parte riportando i ricordi di una lettrice (Rosaria M. S.) del blog che simpaticamente ci riportano indietro negli anni: «Io i barbieri me li ricordo ancora più remoti. Quando le donne passavano per via Marconi arrossivano, perché si sentivano scrutate dagli uomini che stavano seduti davanti le barberie, come se fossero i soci di un club. Allora il barbiere si pagava a mese o ad annata, mio padre lo pagava ad annata col grano che raccoglieva. Il barbiere veniva pure in casa a tagliarci i capelli e anche a cavarci i denti guasti. Mi piaceva l'odore del viso di mio padre la domenica, quando si sbarbava. Fino a quando stavamo a Piazza, mio marito si serviva da Pino Testa, il poeta. Le sue prime poesie gliele diede lui su fogli scritti a macchina. Altri tempi!».
 
¹ Il cognome e il nome di questo barbiere mi sono stati segnalati sui "commenti" da Tanino Santangelo che ho ringraziato. Però, una parente, sempre attraverso i "commenti", me l'ha fatto correggere da Intraligi a Interliggi.
² Il figlio di Tanino Bilardo, Giuseppe, ci ha ricordato che la foto fu scattata da un turista di passaggio che poi gentilmente gliene spedì una copia proprio in via Marconi 8.
³ Segnalatomi in seguito.
Continua nella 2^ parte.
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Barbieri siciliani anni '50 e '60

 
IL BARBIERE DI SICILIA
 
<<Con le ginocchia leggermente piegate, le braccia tese, l'unghia lunga e i gemelli d'oro, una tazza sulla testa del cliente mentre il fornellino a spirito scaldava l'acqua, il barbiere siciliano pettinava la vita e, senza saperlo, teneva a battesimo la questione meridionale che sulla lotta quotidiana tra pensieri e capelli è notoriamente fondata. Con la brillantina lucidava anagen, catagen e telogen, mentre la Storia e il Diritto venivano tranciati con i peli della barba perché tutto si poteva dire dal barbiere, tempio della insensatezza aggregativa. Poi con la lacca stabilizzava il mondo: capelli biforcuti e pensieri messi in piega contro Roma, contro il Piemonte, contro le banche, ma sempre con spensierata gratuità. E a volte il barbiere faceva partire la musica: improvvisazioni alla chitarra e al mandolino che allentavano il rancore sociale perché, prima che prendesse piede la democrazia - ma ha poi preso piede? -, il salone al Sud aveva la stessa funzione che al Nord avevano le bettole, quelle dove Renzo va a mettersi nei guai. Ed erano raschi di gola e vocalizzi da "amatore", battendo il tempo sul flacone del proraso e del prep in mezzo al chiasso ma anche alle pernacchie, spesso di stomaco, alle risate e agli scappellotti che i carusi prendevano dal mastru. L'ultimo dei carusi scopava ciocche e cicche ed era come spazzare via le ribellioni più strampalate perché niente aveva rigore dinanzi al rigore di una lama affilata. Al primo dei carusi l'onore di preparare la saponata, C'era, d'obbligo, la Domenica del Corriere e il sabato u mastru officiava il rito della schedina. Ed era un mondo tutto maschile, greve e caprone. Alzandosi dalla sedia girevole, il cliente si toccava con la mano a coppa. Il calendario profumato era "sexy" e non ancora "porno", e i baffi erano a camminata di furmicula, a cammino di formica, "perché i fimmini vogliono sentire la polpa, ma ci piace pure il solletico". Ogni tanto u mastru andava a radere un morto. "Baciamo le mani" scandiva chi entrava; "ragazzo spazzola!" era il saluto d'uscita, quando al caruso toccava, con lo scappellotto, anche la mancia>>. (tratto da Francesco Merlo, Il Barbiere di Sicilia, La Repubblica.it, 15/11/2009 - Foto di Lino Lateano; riproposto in facebook: Rivutura, 24/2/2014)
Sullo stesso tema I barbieri di via Marconi/1  e I barbieri di via Marconi/2
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Stemma Accarigi alla Commenda

 
Stemma Fam. Accarigi: di rosso, seminato di gigli d'oro, alla banda attraversante dello stesso
Stemma di frà Giocondo Accarigi  all'interno dell'acquasantiera alla Commenda
 
Tra i tanti stemmi disseminati nella nostra Città c'è questo della foto in basso che riproduce a rilievo, dentro l'acquasantiera entrando a sx, quello della foto in alto. Si riferisce allo stemma di frà Giocondo Accarigi, originario di Siena, che fu nel 1623 beneficiario e commendatore della nostra Commenda di S. Giovanni Battista (quella di fronte la chiesa di S. Stefano). Nello stesso periodo frà Accarigi ricoprì gli incarichi di Segretario del Comun Tesoro della Lingua di Italia in Malta prima e di ricevitore di Licata dopo. Inoltre, da una nota nel libro di L. Villari, Storia Ecclesiastica, si viene a sapere che viene ricordato anche per aver condotto le ricerche di testimonianze sulla vita del Beato Gerlando, di cui ho già parlato nella ricerca che si trova in fondo alla home page di questo blog. I Commendatori all'inizio del 1600 non sono più i responsabili della gestione delle Commende viste come ospizi e ospedali per i pellegrini diretti in Terra Santa o per le popolazioni del luogo, com'è avvenuto sino alla prima metà del Trecento, bensì sono i curatori dei cospicui beni accumulati dall'Ordine, con l'incarico di inviare le rendite al titolare e le "responsioni" al lontano Gran Maestro. Nel contempo hanno l'importante missione di propagandare la religione dei Cavalieri Ospedalieri di S. Giovanni Battista, ai fini del reclutamento, tra la gioventù delle città in cui sono presenti, in questo caso nella nostra Platea*. Infatti è proprio all'inizio del '600 che si registra un grande interessamento dei giovani nobili della Città per questo Ordine Cavalleresco. Tra i nuovi Soldati della Fede della nostra Città troviamo giovani delle famiglie Crescimanno, Boccadifuoco, Trigona, Micciché, Sanfilippo, Episcopo, Catania e Barabarino. Gaetano Masuzzo/cronarmerina

*Platea o Platia era il nome della nostra Città nel 1600 quando gli abitanti oscillavano tra i 16.000 (1583) e i 20.000 (1640). Il nome, prima di Piazza Armerina nel 1862, cambiò durante 7 secoli per ben 21 volte.  

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Fontana Giardino Andrea Cursale/n. 27

Questa fontana, la n. 27 del nostro censimento, si trova in piazza Gen.le Cascino, nella villetta chiamata Giardino Andrea Cursale, assessore al verde pubblico nato nel 1972 e morto prematuramente nel 1996. La fontana, come tutti i sedili attorno, è stata scolpita qualche anno fa dallo scultore piazzese Salvatore Martello (1948-2008) e, specie in estate, è frequentata dalle colombe che ne approfittano per dissetarsi senza alcun timore. Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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I Mercedari a Palermo

Chiesa di Santa Maria della Mercede al Capo
Stemma dell'Ordine dei Mercedari
A volte si scoprono gioielli storico-artistici "grazie" anche alle piccole catastrofi. Il 18 febbraio scorso a Palermo ha fatto notizia il crollo di una palazzina in via Cappuccinelle, una delle tante vie nel cuore del mercato del Capo, tra il tribunale e la cattedrale. La palazzina disabitata di tre piani si trova, almeno quello che rimane, a dx della chiesa della Madonna della Mercede nella foto in alto. Il 7 novembre 2013 su questo blog vi avevo parlato dei Cavalieri Mercedari, Ordine Cavalleresco Spagnolo fondato nel 1233 in Aragona, regione della Spagna. Nel 1482, dieci anni prima della scoperta dell'America, per volere dei Cavalieri Mercedari sorse a Palermo, su un ampio terrazzo del Rione Seralcadio, la chiesa di Santa Maria della Mercede o Bedda Matri ra Miccè, forma dialettale derivante dallo spagnolo Mercè. Al terrazzo si accede tramite uno scalone che si diparte da un vicolo tra le putìe (botteghe) del Mercato del Capo, di cui vi parlerò un'altra volta. L'interno della chiesa è strutturato in una sola navata che si chiude con un luminoso presbiterio. L'edificio di culto nell'ultimo scorcio del XVII secolo accolse la Confraternita intitolata alla Madonna della Mercede, tuttora operante. Colgo l'occasione per ricordare che il Centro Storico di Palermo è, dopo quello di Roma, il più esteso d'Europa con i suoi 240 ettari ed è formato da 4 Quartieri o Mandamenti (La Loggia, Kalsa, Albergheria, Il Capo), che s'incontrano presso i Quattro Canti altrimenti chiamati Piazza Vigliena o Teatro del Sole. Secondo il mio modesto parere, prima di visitare i centri storici di altre città italiane o europee, consiglierei vivamente di conoscere i tesori più o meno nascosti nel Centro Storico della nostra Capitale, credetemi, rimarrete strabiliati. Vi consiglio di iniziare dalla Chiesa del Gesù, a poche centinaia di metri dai Quattro Canti: scendendo la via Maqueda verso la Stazione Ferroviaria, prendere la 2^ a dx, ovvero via dell'Università, dopo ca. 100 metri prendere a sx per il vicolo Casa Professa alla fine del quale trovate di fronte la chiesa del Gesù. Poi mi fate sapere...
cronarmerina.it   

 

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La poetessa Severina La Vaccara/2

Severina La Vaccara Trigona (1884-1971)
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Dietro segnalazione della prof.ssa Lucia Todaro, ho potuto recuperare una foto della poetessa piazzese Severina La Vaccara Trigona sposata Prestifilippo. Si trovava nel mese di Aprile del Calendàri â ciaccësa pubblicato nel 2012. Già alcuni anni fa, la prof.ssa Todaro, tra le numerose ricerche, ne aveva effettuato una abbastanza approfondita sulla poetessa sconosciuta ai più, e 'ndo calendàri a ciaccësa la ricorda a proposito della prima festa della musica svoltasi a Piazza Armerina e dedicata a Santa Cecilia, patrona della musica. La festa si svolse nel 1904 ntô ddargh Dovìgliu (piano Duilio), quando ancora non c'era il monumento al Milite Ignoto che verrà inaugurato alcuni anni dopo, nel 1925, in onore dei caduti nella I Guerra Mondiale. Di seguito vi riporto il programma di allora scr'vut â ciaccësa:
"U prugràmma d' tann"
Vespri e méssa détta dû canòn'ch Mariu La Cara; banna pî stràti, d' mattìna; pòi a pruc'ssiöngh cu a stàtula d' Santa Cecilia, patröna dâ mùs'ca; â sëra: ntô ddargh Dovìgliu, lum'nà cu i c'talèni, l'orchestra dû maìstr Edgardo Catalano, sòna pezzi d'òp'ra e inni scr'vùi d' Severina La Vaccara e dû d'ttör A. La Cara. Bummiàda a la fingh. Severina La Vaccara è a figghia d' B'n'dëtt La Vaccara e d'El'na Tr'gòna; num'nàda pî puisì e l'art dâ mùs'ca, nan sö a Ciazza, ma ntô ddibr d' l'artìsti dâ S'cìlia dû 1911.
(tratto da L. Todaro, Calendàri â ciaccësa, Avrìu 2012)
Traduzione: Il programma di allora scritto alla piazzese: Vespri e messa officiata dal canonico Mario La Cara; banda musicale per le strade, di mattina; poi la processione con la statua di Santa Cecilia, patrona della musica; la sera: nel piano Duilio, illuminato con le lampade ad acetilene, l'orchestra del maestro Edgardo Catalano, suona pezzi d'opera e inni composti da Severina La Vaccara e dal dottore A. La Cara. Fuochi d'artificio alla fine. Severina La vaccara è la figlia di Benedetto La vaccara e di Elena Trigona; conosciuta per le poesie e l'arte della musica, non solo a Piazza, ma nel libro degli artisti della Sicilia del 1911.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it   
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A proposito di Carnevale

 
A proposito di balli in maschera di giovanottini di qualche anno fa.
Il nostro lettore Franco ci ha mandato questa foto, nella speranza che qualche mascaratu vi si riconosca.
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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La poetessa Severina La Vaccara/1

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Come si dice, una scoperta tira l'altra. Qualche giorno fa il prof. Francesco Impallomeni di Catania m'informa che tra le pagine del libro dello storico Santi Correnti (1924-2009), Donne di Sicilia. La storia dell'Isola del sole scritta al femminile, Tringale Editore, CATANIA 1990 (nella foto) si trova il nome di una nostra concittadina nell'elenco dedicato, da pag. 140 a pag. 169, alle Poetesse in italiano siciliane contemporanee. Precisamente a pag. 145, dopo la piazzese Maria Giovanna D'Anca e prima di un'altra piazzese, Agata Libra, troviamo la poetessa in italiano Severina La Vaccara Trigona da Piazza Armerina (EN). Iniziata la non facile ricerca, scopro che si tratta della secondogenita del Deputato al Parlamento on.le Benedetto La Vaccara Giusti avuta dalla moglie Elena Trigona di Salvatore di Mandrascati. In realtà all'anagrafe risulta Saverina (come la nonna Saveria Giusto da parte di mamma) ma lei si firmava Severina, nata il 2 luglio 1884 in un palazzo del quartiere Monte, molto probabilmente in via Rizzo, dove abitava la sua famiglia. Sposatasi nel gennaio del 1921 con Domenico Prestifilippo dà alla luce due figli, Massimo nel 1921 e Paolo nel 1926. Oltre a queste notizie non ho potuto recuperare altro se non la data della sua scomparsa, 26 marzo 1971, e alcune sue opere edite e inedite di cui inizierò a parlare nei prossimi giorni. (continua)
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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