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Cronarmerina - Aprile 2025

Carnevale di una volta

Mobile radio-giradischi
 
Il sig. Valentino Alessandro al centro

Prima dell'avvento delle discoteche o dei locali più o meno privati (Royal, Selene, Villa Assunta) i giovani di belle speranze non stavano con le mani in mano. A Piazza negli anni '40, di sale da ballo, molto spoglie e con l'arredamento ridotto a poche sedie (tanto, si doveva ballare!), ce n'erano due. Qui l'impianto musicale e di amplificazione era affidato a pianoforti a rullo o a manovella. Le sale da ballo si trovavano una a metà della via Umberto, dove il "deejay" era un certo Giuffrida che, per il possesso di un carretto siciliano trainato da un cavallo super addobbato, era chiamato "Sètt p'nnàcchi". L'altra sala era in via Mazzini, dove sino a qualche mese fa c'è stato un negozio di abbigliamento per bambini, ed era gestita da un certo Prestifilippo che manovrava il primo pianoforte a rullo visto a Piazza. Successivamente in via Umberto, di fronte al palazzo Trigona di Mandrascate, ve ne fu un'altra con meno pretese ma con ballerini e ballerine, diciamo, più "leggeri" dal punto di vista della condotta e della reputazione. Durante il carnevale invece ci si organizzava nelle case, con la gente che si sedeva a giro, dopo aver tolto i mobili più ingombranti, per vedere ballare e allo stesso tempo tenere sottocchio i più giovani, in attesa del passaggio dî mascaràti¹. Infatti, i giovanotti, anche quelli più in là con l'età, usavano travestirsi da uomini irriconoscibili e i più spregiudicati anche da donne alquanto formose, per poi andare nelle case dove si ballava a invitare qualcuno a farsi 'na balàda, facendo però attenzione a pronunciar parola. I ritmi più in voga erano màzùrchi, contradànzi, tarantelle, raramente i peccaminosi tanghi, del tutto sconosciuti quelli sulla mattonella. Il tutto avveniva al suono di  qualche chitarra e mandolino (i più richiesti per suonarli erano i barbieri) o, nelle case più attrezzate, dei grammofoni a manovella coi dischi a 78 giri. Successivamente venne anche il periodo che gli sposi ricevevano in regalo, per il loro matrimonio, l'enorme mobile radio-giradischi (nella foto), coi vani inferiori per le bottiglie dell'immancabile vermouth e per le bomboniere. Per rendere le serate più confortevoli si offrivano favi bùgghiuti, lupini, passuluni, scàcc, vìng e, se proprio si voleva strabiliare gli ospiti, puzzuddàti e cassatèddi. Dopodiché i mascaràti o si toglievano le maschere, facendosi riconoscere, o se ne andavano per continuare il loro giro. I benestanti si riunivano nei circoli al suono delle orchestrine, mentre le sfilate delle maschere avvenivano o al teatro o in piazza Garibaldi, sopra il grande marciapiede centrale costruito da poco e chiamato tabarè, per la forma che ricordava un vassoio. A due passi c'era il negozio "Valentino magazzino per tutti" che vendeva giocattoli, maschere, coriandoli, stelle filanti, gratta-gratta, borotalco e altri scherzi più o meno pesanti. Inoltre il sig. Valentino Alessandro (nella foto in basso) era solito organizzare delle gare di ballo in maschera di fronte il proprio negozio, che era considerato da tutti noi ragazzi un luogo fantastico e da sogno.

¹ Mascaràtu era anche un termine per indicare bonariamente un imbroglione o un impertinente. Se ricordate, anche nel film Baarìa una interprete esclama: Eh mascaràtu!.

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L'On.le Benedetto La Vaccara

La via intitolata all'On.le Benedetto La Vaccara Giusti (1848-1915)
A Piazza se ci pensate ci sono due vie che hanno quasi lo stesso nome, via La Vaccara Giuseppe e via La Vaccara Benedetto. La prima da Piazza Boris Giuliano porta a via Torquato Tasso, la seconda collega viale Gen.le Ciancio con la via Gen.le Muscarà (nella foto). La Vaccara Giuseppe era un sacerdote, prevosto della Cattedrale, nato nel 1874 e morto nel 1960, fra i fondatori dell'attuale Liceo Classico "Gen.le Antonino Cascino". Benedetto Maria La Vaccara Giusti, invece, fu uno dei cinque deputati al Parlamento Nazionale che la nostra Città ebbe tra l'Ottocento e il Novecento. Figlio unico dell'avv. Pasquale e Angela Giusti, Benedetto Maria nacque a Piazza il 13 agosto 1848. Studiò da avvocato e nel 1878 si sposò con Elena Trigona, figlia di Salvatore di Mandrascati, dalla quale ebbe tre figli, Angiolina, Saverina e Pasquale. Dal 1879 al 1882 fu Sindaco della Città e, politicamente di destra, professò ideali liberal-massonici propri degli uomini del Risorgimento. Quando nel 1892 Piazza Armerina ottenne un proprio collegio elettorale, comprendente anche i comuni di Aidone, Barrafranca e Valguarnera, l'avv. Benedetto Maria La Vaccara Giusti fu eletto alla Camera dei Deputati per la XVIII legislatura (dal 1892 al 1895). Il La Vaccara viene ricordato anche per essere stato umanista e poeta che, oltre a scrivere una relazione-trattato Sui bilanci della guerra e dell'istruzione pubblica, Tip. della Camera dei Deputati, 1894, scrisse tre opere in versi: Lampi e faville - sonettucci, Testo monografico, Tip. Bologna-La Bella, PIAZZA ARMERINA 1902, Razzi e Petardi - versi, Testo monografico, Tip. G. Bologna-La Bella, PIAZZA ARMERINA 1903, Caccia al dragone - rime, Testo monografico, Tip. G. Bologna-La Bella, PIAZZA ARMERINA 1903. L'On.le La Vaccara morì nella sua casa di via Rizzo (quartiere Monte) il 19 marzo del 1915.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
 
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Il nuovo Vescovo di Piazza

Il nuovo Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana
Ieri alle 12:00 dopo il suono delle campane di tutte le chiese della Città è stata data la notizia. Papa Francesco ha nominato Vescovo della Diocesi di Piazza Armerina don Rosario Gisana. Nato a Modica il 14 aprile 1959, nel 1985 è ordinato diacono a Noto e l'anno successivo presbitero a Modica e canonico del Capitolo della Cattedrale di Noto. Dopo essere stato docente di Scienze patristiche a Catania e di quelle bibliche a Noto, nel 1990 è Rettore del Seminario Vescovile sino al 2009. Nel 2010 è nominato Vicario Pastorale e Docente di Sacra Scrittura a Noto e dopo aver conseguito il Dottorato in Teologia a Roma è Docente incaricato di Esegesi biblica e Patristica a Catania. Due anni più tardi è nominato Vice Preside dello Studio Teologico S. Paolo di Catania e all'inizio del 2014 è Professore Stabile sempre nello stesso Studio. Il 27 febbraio del 2014 è eletto dal Santo Padre Vescovo di Piazza Armerina. (tratto da StartNews.it)
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A càsa du massèr/3

Occorrente per preparare la pasta e il pane
Nella casa du massèr oltre al locale per la notte, l'alloggio era composto da una cucina con tavolo e sedie per i pasti, un contenitore di canna intrecciata detto cannìzzu pieno di grano per il fabbisogno dell'intero anno, una macina in pietra, un forno a legna e tutto l'occorrente per preparare la pasta e il pane. Negli angoli di detto locale si trovavano da una parte tutte le stoviglie e dall'altra la cisterna con acqua piovana raccolta dai tetti destinata ai vari usi, non essendoci la conduttura dell'acqua corrente. Spesso nell'ambiente si appendevano a delle verghe, sospese al soffitto, degli aromi quali origano, alloro, semi di finocchietto e altro per accompagnare le vivande e attenuare l'odore sgradevole dei cibi in assenza di frigorifero. E infine si trovava la cantina, con la botte per il vino e tutti gli attrezzi destinati alla coltura dei campi, alla mietitura del grano, alla vendemmia e alla bacchiatura di mandorle e olive. (tratto dalla brochure Casa Museo del Contadino) Visite alla Casa Museo del Contadino: ore 9-12 e 16-18, info 333 9138634
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A càsa du massèr/2

Girello in legno

Cavallo giocattolo in legno costruito dal padre del fondatore del museo
Nella casa du massèr, al di là del tramezzo, si trovava un braciere con attorno delle sedioline destinate ai lavori femminili quali cardare la lana e tricottarla per realizzare indumenti per la famiglia. Attorno alle donne impegnate nei propri lavori, spesso i bambini di casa si dedicavano ai loro giochi. (continua) (tratto dalla brochure della Casa Museo del Contadino) Visite alla Casa Museo del Contadino: ore 9-12 e 16-18, info 333 9138634
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A càsa du massèr/1

La camera da letto dei nostri antenati
Nella Casa Museo di Mario Albanese, in via Garibaldi 57/a, più che del contadino è stata riproposta la casa del massaro, â ciaccësa: du massèr, ovvero di un contadino (v'ddanu o v'ddàngh) un tantino più benestante e autorevole. U massèr era quella figura che godeva della totale fiducia del proprietario del fondo e per questo lo sostituiva in tutte le attività legate all'azienda. A lui il compito di assumere il personale necessario quali contadini, braccianti, pastori e garzoni, di tenere la contabilità, di corrispondere le spettanze dovute col metodo del baratto, facendosi altresì carico di stabilire gli orari di lavoro ricompensati con un solo giorno di congedo in occasione di un evento funebre in famiglia, del matrimonio del garzone e per la festa del Santo Patrono. La sua autorità era smisurata fin tanto da riservarsi il diritto a consumare la prima notte di nozze con la sposa del garzone, la famosa "ius primae noctis". Al massaro veniva dato un alloggio a titolo gratuito dal proprietario del fondo, consistente in una camera da letto divisa da un tramezzo con materasso reso soffice dall'uso di paglia d'orzo detto iazzu o giàzz (giaciglio), con su, sospesa e agganciata a due anelli metallici con una corda, la culla del neonato chiamata in gergo nàca o nàcca. All'interno dello stesso ambiente, ubicato in un angolo in corrispondenza del letto, vi si trovava un pitale in terracotta detto càndrucàntr per i bisogni, una bacinella con sapone (quando c'era) e asciugamani. Il muro del capezzale era tappezzato da immagini sacre, alle quali la famiglia del massaro era devota, e di fotografie dei cari estinti. (continua) (tratto dal dépliant della Casa Museo del Contadino) Visite alla Casa Museo del Contadino: ore 9-12 e 16-18, info 333 9138634
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Poesìa d' Màriu pu massèr

 
In un angolo della Casa Museo del Contadino il fondatore Mario Albanese ha messo ben in evidenza la sua poesia â ciaccësa dedicata a casa du massèr, ovvero alla sua mostra organizzata con materiale proveniente dalla sua vasta raccolta in tanti decenni.  
Eccovi la traduzione:
 
LA CASA DEL MASSARO
 
Ragazzi non c'è bisogno di andare lontano
L'abbiamo a portata di mano 
Il museo della casa del massaro
E' qui dietro e fa onore a Piazza per davvero
 
Si sono portati tutto da questo paese scarognato
Chi lo doveva dire che dovevamo fare la fine di Giufà
Ma per fortuna c'è sempre qualcuno onesto
Che lascia questa piantina rara a crescere
 
Questo qualcuno è paesano lo chiamano Albanese
Che ha fatto tutto di tasca sua senza alcun interesse
Per questo stavolta lo dobbiano aiutare
Ragazzi una cosa buona a Piazza deve restare
 
Dicembre 2013                       Mario Albanese

Visite alla Casa Museo del Contadino ore 9-12 e 16-18, info 333 9138634  

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Lo scrigno-museo

Il fondatore del museo Mario Albanese
Da qualche settimana Piazza, oltre alla Pinacoteca, alla Mostra del Libro Antico e alla Mostra Mineraria, può annoverare tra i suoi gioielli anche la Casa Museo del Contadino in via Garibaldi 56 (Atrio Crescimanno). Il fondatore di questo museo, che io considero uno scrigno a tutti gli effetti, è il piazzese Mario Albanese nato a Piazza Armerina nel 1945. Attualmente in pensione, dopo aver prestato servizio presso varie scuole della Città, per oltre un ventennio si è dedicato al restauro di mobili antichi e alla raccolta di oggetti della cultura agro-pastorale, della quale ne è un profondo estimatore. Nel 1993, Albanese inizia a esporre in un locale, ora parte integrante della casa museo, diversi manufatti raccolti negli anni. Iniziativa che riscosse fin da subito un successo lusinghiero nell'ambito scolastico e che fu sprono per il successivo prosieguo. Recentemente, acquisiti ulteriori due ambienti attigui al primo locale, Albanese con rinnovato entusiasmo è riuscito a ricostruire fedelmente, avendo particolare cura dei dettagli, la casa del contadino nell'Ottocento e inizio Novecento, realizzando così il sogno della sua vita. Lo scopo di tale iniziativa consiste nel fare rivivere al visitatore il contesto abitativo passato, non tralasciando l'esaustiva descrizione dell'uso dei vari e numerosi oggetti esposti direttamente dallo stesso fondatore. L'antica abitazione è degna di essere ricordata alle giovani generazioni perché molto diversa dall'attuale con comodità del tutto assenti. Personalmente consiglio la visita soprattutto a chi vuole ritrovarsi tutto ad un tratto nelle abitazioni dei nonni di 70/80 anni fa e oltre, sia in quelle di campagna che di paese. Erano proprio così! (tratto dal dépliant Casa Museo del Contadino) Gaetano Masuzzo/cronarmerina
 
Visite alla Casa Museo del Contadino ore 9-12 e 16-18, info 333 91 38 634
Nei prossimi giorni verranno proposte le foto da càsa du massér
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La prof.ssa Zelarovich

La prof.ssa Angela Zelarovich classe 1892
Tra gli insegnanti nella foto di fine anno scolastico 1916/17 della classe III (corsi A e C) della Regia Scuola Normale Promiscua "F. Crispi" di Piazza Armerina, contrassegnata dal n. V, abbiamo individuato la prof.ssa di scienze Angela Zelarovich, della quale anche questa volta il cultore di storia patria Francesco Impallomeni ci fornisce alcune notizie. Angela Francesca Maria nasce il 3 settembre del 1892 a Militello Val di Catania dall'ingegnere Gustavo Zelarovich di anni 34 e da Teresa Gargano fu Andrea di anni 25. Angela ha un fratello che nasce nel 1896 ma che morirà aspirante ufficiale nella Grande Guerra nel 1917. Dopo aver conseguito nel 1910 il diploma presso il Regio Liceo Classico "M. Cutelli" di Catania, si iscrive presso la Facoltà di Scienze Fisiche Matematiche e Naturali della Regia Università di Catania (una delle 3 femmine su un totale di 59 iscritti). Nel luglio del 1914 consegue sia il Diploma di Magistero in Scienze Naturali sia la laurea in Scienze Naturali con la votazione di 110/110, discutendo la tesi Contributo alla conoscenza della fauna del mare di Catania desunto dal prodotto delle reti a strascico (di cui l'anno prima aveva pubblicato il libro Primo manipolo d'Animali marini catturati da alcune reti a strascico nel Golfo di Catania). Gli anni successivi, sino al 1918, è nominata assistente in sovrannumero presso l'Istituto di Zoologia dell'Università di Catania. Alla Regia Scuola Normale "F. Crispi" di Piazza Armerina insegna Scienze nell'anno scolastico 1916/17 durante il quale conosce il futuro marito, l'avvocato piazzese Pietro Crea. Nel 1922 da Piazza Armerina si trasferisce con la famiglia a Catania, dove insegnerà presso i Regi Licei sino alla conclusione della sua carriera scolastica. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it 
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Sculture sul campanile della Cattedrale

I trìglifi e le mètope nel cornicione del lato Sud
Le due mètope del lato Est
Per completare l'argomento "campanile" della nostra Cattedrale, non si può non parlare delle mètope (formelle di pietra scolpite a rilievo) inserite tra i trìglifi (blocchi di pietra qui con solo due scanalature centrali invece di tre) presenti nel grande cornicione che separa i primi due piani in stile gotico-catalano dagli ultimi due in stile rinascimentale-classicista. Il lungo fregio a ca. 30 metri d'altezza risulta poco visibile ed è per questo che sono pochi quelli che ne conoscono l'esistenza. E se anche la conoscono, non riescono a distinguere bene le figure scolpite a rilievo, se non in possesso di un binocolo o di un teleobiettivo. Il fregio con questi elementi architettonici si sviluppa non solo per tutto il lato Sud del campanile (foto in alto), ma dalla foto in basso ci accorgiamo che anche nel lato est esistono altre due mètope. Questo ci fa supporre che il fregio doveva continuare per tutto il perimetro del campanile prima che venisse inglobato definitivamente. L'elemento decorativo del lato sud presenta 13 trìglifi che racchiudono 12 mètope con le seguenti immagini da sx: 1^ rosone a cinque petali; 2^ rosone a cinque petali; 3^ viso racchiuso in un cerchio; 4^ viso di profilo posto dentro una mezzaluna; 5^ viso con copricapo; 6^ aquila con serpente tra gli artigli; 7^ rosone a cinque petali; 8^ mascherone con orecchie a punta e corna; 9^ viso circondato da sette foglie; 10^ stella a otto punte; 11^ rosone a cinque petali; 12^ rosone a otto petali in una corona. Quello appena visibile dal lato est presenta due mètope: 1^ rosone simile a quello della 12^ del lato sud; 2^ viso con bocca aperta, avvolto da due serpenti che s'incrociano sulla testa. Oltre a queste sculture a rilievo ne esistono altre due appena sotto l'ultimo cornicione degli ultimi due piani a sud. Non si tratta di mètope bensì di sculture a rilievo su blocchi di pietra calcare bianca, dove sono rappresentati due mascheroni mostruosi con corna e orecchie appuntite simili a quello dell'8^ mètopa sottostante. La rappresentazione di maschere mostruose o demoniache, o di uomini zoomorfi con le orecchie appuntite e corna sulla fronte, fa riferimento all'iconografia dei satiri ed è associata a virtù magiche, propiziatorie e apotropaiche (per mantenere lontani gli spiriti maligni) oltre che a funzione decorativa vera e propria. Ma le sculture che compaiono dentro e fuori le chiese, quindi anche dentro e sui campanili, si rivelano depositarie di una sapienza che va al di là del fine decorativo o, se si vuole, anche genericamente narrativo. Faccio qualche esempio: la stella a otto braccia, o rosa dei venti, simboleggia lo Spirito di Dio che soffia sulle Acque originali della Genesi per operare la creazione; l'aquila regina dei volatili, emblema della percezione diretta della luce divina, essendo un rapace è nemica dei serpenti che strisciano sul terreno e quindi è un antagonista della materialità; la mezzaluna è il simbolo della notte.
N.B. Sulla Cattedrale è possibile leggere su questo sito anche: Stemma facciata CattedraleStesso stemma, stesso marchio?; Il Campanile della Cattedrale.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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