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Cronarmerina - Aprile 2025

Quando scappava negli anni 30/2

Il poeta-falegname Carmelo Scibona (1865-1939) ci fa sapere che sotto la croce della chiesa di San Pietro, ai suoi tempi, c'era un'altro orinatoio-vespasiano che aveva destato qualche perplessità, comunque sempre utile al "bisogno" per tutti, perché già allora era un posto molto frequentato dai vivi e, visto che proprio in quel sito si dava l'ultimo saluto prima di andare al cimitero, dai morti.  
 
U p'sciarò¹
 
A San Petru, sötta a crösg',
Gghj' mancava cöss' ssö,
E fra chjàcchj'ri e tra vösg'
Gghj'ànu fatt' u p'sciarò.
S' parröma d' v'rtà,
È nna gran cum'd'tà.
 
Cöss' è m-post' veramént'
Unna passa sempr' gént'.
Com' puru è d' cunfört
Quann' fanu mpénz' u mort'.
Siddu cöst' vô sbuttè
S' fa scénn' e pô p'scè...
 
Com' pìscia cö ch' mör'
Pìscia puru u muraör',
Pìscia pìscia l ing'gnér',
Segretari e rasgiunér'.
Siddu passa a via d' ddà
Piscia puru u Podestà...
 
Carmelo Scibona
 (U Cardubu, 1935)
 
(L'orinatorio - A San Pietro, sotto la croce, /Ci mancava questo solo, /E tra chiacchiere e dissensi / Ci hanno fatto l'orinatoio. /Per la verità, /E' una gran comodità. /Questo è un posto veramente /Dove passa sempre gente. /Come pure è di conforto /Quando fanno fermare il morto. /Se questo vuole svuotarsi /Si fa scendere e può pisciare... /Come piscia quello che muore /Piscia pure il muratore. /Piscia piscia l'ingegnere, /Segretario e ragioniere. /Se lui passa di là /Piscia pure il Podestà...).
¹E' il titolo, questa volta senza dieresi sulla "o" finale, che troviamo nel manoscritto originale dello Scibona su foglio singolo di carta commerciale.

(tratto da C. Scibona a cura di S. C. Trovato, I mì f'ssarì - U Cardubu, 1997, p. 412)

Altri post sull'argomento: Quando scappava ; Pecunia non olet ; La foto conferma "u p'sciarö".

 cronarmerina.it
 
 
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A volte ritornano (i foresteri)

Quella sera in pizzeria
Un recente commento di una visitatrice relativo alla poesia di due anni fa circa*, mi ha convinto a riproporvela perché, anche se molto semplice, arriva subito al cuore di chi prova da sempre amore-odio per questa città e, soprattutto, di chi ha la fortuna-sfortuna di starle lontano.
 
7 agosto 2013, ore 20,00
 
A FORESTERA, in occasione della solita rimpatriata annuale con gli amici paesani ci legge, prima della pizza, i suoi sentimenti scusandosi della non perfetta trascrizione in piazzese. Ma dato che quello che conta è il pensiero e il sentimento, ugualmente Le diciamo un grosso e commosso GRAZIE.
 
A P'ZZADA DI FORESTERI
 
A fajoma tutti l'anni, com 'nsegnal d r'conoscenza,
quasi d'affettu p coddi ch' tanti anni fa s' n' vossnu annè
fora d Ciazza pu b'sogn d travagghiu c'rchè!
E p' coss, cu na parodda nan tant s'mpat'ca,
i chiamoma "FORESTERI".
 
Ma gghiè na cosa da sutt'l'nier:
sti "FORESTERI", tutti l'ann
e quarch'dun ciù e ciù d na vota l'ann
torn'nu o m'ttent,
com a vulè scusa dumannè
o pais d'avirlu bannunè! 

Accussì, pi chiù fortunadi,
no mis d' giugnett, aost p l'autri,
a storia s r'pet... sempr codda... sempr a stissa!
Appena cumenzn a r'sp'rè a 
BEDD'ARIA FRISCA DA B'DDIA
ch gh stuzz'ca l'oggi e a fantasia,

u cor gh canta p l'emozion,
pur s'a bocca resta muta,
sti foresteri tornan
d'arrera n' l'anni da bedda gioventù,
quann d'jevan
"IU, D CIAZZA, NON ME NE ANDRÒ MAI PIÙ!"

Poi i vacanzi f'nisc'nu e pi foresteri riva u jornu d'annessn via.
S'hanna lascè d'arrera i spaddi a sol'ta
BEDD'ARIA FRISCA DA B'DDIA.
Stavota però a mus'ca cangia.
U cor n'an canta ciù...
l'oggi nan rid'nu ciù,

anzi s'annebbianu p l'emozion...
e i paroddi, nan sempr ditti,
p nan fè capì a cu t sta statu o sciancu u to rammarcu,
ch' magari nan gh crid ch'è veru,
nan su ciù i stissi d tanti anni fà!

E sì... i paroddi cang'nu.
E qual' su?
 "IU, CIAZZA, NAN MU POZZ SCURDÈ CIÙ"

ROSALBA TERMINI
(a forestera) 

 
*Per puro caso ho conosciuto l'autrice di questi magnifici versi, devo ammettere che, da non piazzese autoctona (ma ci vivo oramai da parecchio) mi ha emozionata, complimenti. Lidia Salafrica Curcuraci  

Gaetano Masuzzo/cronarmerina 

 
 
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Quando scappava negli anni 30/1

Sötta u ciàngh d'u Duìliu

 Attraverso la lettura delle poesie in galloitalico del poeta-falegname Carmelo Scibona (1865-1939), apprendiamo che oltre a quei tre da me elencati nel post "Quando Scappava..." del 5 gennaio 2013, di orinatoi o vespasiani a Piazza ce n'erano almeno altri due, in punti altrettanto strategici. In questo modo i maschietti potevano evitare  di "andare, andare, andare" dietro le solite cantunère o agli angoli delle chiese e in posti più o meno appartati. Tutta questa difficoltà perché non c'era l'abbondanza di locali pubblici, bar, caffè, gelaterie, tavole calde, come adesso. Se andava bene c'era qualche cantina o d'spénza aperta e non era detto che avesse i servizi sufficientemente efficienti. Oggi il poeta ci fa sapere che sotto il piano Duilio ce n'era uno che sembrava un loculo o una piccola cappella del cimitero.

 
U p'sciarö' di Buttieddi¹
 
Sötta u ciàngh' d'u Duiliu
Ghj'è na speci d' gabbina
Dummannai l àutra mattina
A cu gh'an'a s'tt'rrè.
 
Chi gabbina! è capella,
M' rispönn' na v'sgina,
Cössa è fatta d'ordu d' Farina.
S' vo tras', a pò guardè...
 
Iè, curiös' o sölt mì,
M' v'sgin e tras' sò.
Ma qual fu a maravègghia?
Ddà va tröv: u p'sciarò.
 
Carmelo Scibona
(U Cardubu, 1935)
 
(L'orinatoio delle Botteghelle- Sotto il piano del Duilio /C'è una specie di cabina /Chiesi l'altra mattina /Chi vi hanno sotterrato. /Che cabina! È cappella, /Mi risponde una vicina, /Questa è fatta per ordine di Farina. /Se vuole entrare, la può guardare... /Io, curioso al solito mio, /Mi avvicino ed entro solo. /Ma quale fu la meraviglia? /Là vi trovo: l'orinatoio.)
 
¹E' il titolo che troviamo nel manoscritto rappresentato da un grosso quaderno a righe con copertina nera di 210 pagine I mî f'ssarî dove sotto il titolo è riportata, da altra mano e inchiostro rosso, la data 1932.

(tratto da C. Scibona a cura di S. C. Trovato, I mì f'ssarì - U Cardubu, 1997, p. 174)

Altri post sull'argomento: Quando scappava ; Pecunia non olet ; Quando scappava negli anni 30/2 ; La foto conferma "u p'sciarö".

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Edicola n. 29

Questa è l'Edicola/Cappella n. 29 in c/da Santa Croce, dedicata alla Sacra Famiglia, come si può vedere dalle statuette poste al centro del piccolo altare, dentro un tabernacolo in marmo, anche se è piena di statuette varie, come quella di Padre Pio, subito dietro la porta in ferro. Muratura robusta in pietra locale, si trova a pochi passi dalla nuova rotonda con a centro una grande croce in pietra. Sia la croce che l'edicola sono le uniche cose che ci ricordano che in quel luogo esisteva una chiesa. Infatti, sin dall'inizio del 1300 in questo sito, a Sud dell'antico centro abitato, è registrata la presenza della chiesa di Santa Croce. Allora le chiese, più o meno grandi, della nostra Città erano 17 e nel 1600 ve ne fu un'altra con lo stesso nome nei pressi della chiesa di Santa Barbara, nell'odierna via Roma. 
La grande croce (di tipo commissa o latina) in pietra, che alla base ha scolpito l'anno 1714¹ e la scritta DEVOTION insieme ad altre indecifrabili, pur essendo più piccola, ha la stessa collocazione (con direzione Ovest-Est) della traversa delle altre due che ci sono davanti la chiesa della Madonna delle Grazie dei Cappuccini (anno di costruzione 1603 ca.) e di San Pietro dei Francescani Osservanti Riformati (anno di costruzione 1606)². Forse indicava la presenza in quel sito di un convento francescano di cui, però, non abbiamo notizie. Sappiamo, però, che le tre croci erano mete di pellegrinaggio e tappe fondamentali di molte processioni religiose.

¹ La data potrebbe riferirsi non all'anno di costruzione, che deve essere invece collocato nello stesso periodo delle altre due, bensì all'anno di riutilizzo di parti della chiesa e del convento scomparsi per danni irreparabili e, perciò, a loro perenne ricordo. Tutto questo viene avvallato dai due lastroni, facenti parte dell'architrave di un grande portale, che fanno da cornice superiore del basamento della croce. 
² Quella dei Francescani Osservanti Riformati di Santa Maria di Gesù è, invece, in ferro con traversa (direzione Nord-Sud), mentre di quella che avrebbe dovuto indicare il convento dei Francescani Conventuali, poi Ospedale Chiello, non si hanno notizie.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it        

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Fontana c.da Minnelli/n. 40

E' la fontana/abbeveratoio di una contrada nei pressi di Mirabella Imbaccari. Il nome completo della contrada è Piana di Minnelli e, come si vede nella foto, si tratta di una vasca grande e molto semplice nella struttura. Anticamente questa contrada era un màrcato (frazione di un feudo) di Imbaccari Sottano. Il feudo di Imbaccari comprendeva i màrcati di Imbaccari Soprano o Superiore (suddiviso in Sortavilla Soprano e Sortavilla Sottano) e Imbaccari Sottano o Inferiore (suddiviso a sua volta in Baldo Sottano, Baldo Soprano e Piana di Minnelli). Nel 1610 il barone Giuseppe Maria Paternò chiese al re e ottenne il permesso di popolare un nuovo borgo nel suo feudo di Baldo Sottano dandogli il nome della famiglia Mirabella, della quale faceva parte la seconda moglie, Eleonora baronessa di Ricalcaccia sposata nel 1595. Quattordici anni dopo il figlio di Giuseppe, Giacinto, dovette trasferire il nuovo borgo in una zona vicina e più salubre, quella di Imbaccari Sottano. Mirabella fu chiamata anche Terra di Mirabella sino al 1862, quando venne aggiunto il nome Imbaccari
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
  • Pubblicato in Fontane
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Altri due importanti fotografi del '900

Foto effettuata dal fotografo Alfonso GRECO BONANNO
Foto effettuata dal fotografo Giovanni GRITA
Nelle ultime settimane ho recuperato altri due importanti fotografi dell'inizio del secolo scorso, che operavano nella nostra Città e in quelle vicine. Il primo è un certo Alfonso GRECO BONANNO del quale abbiamo una foto (in alto). Doveva essere un fotografo abbastanza importante perché lo troviamo nell'ANNUARIO del "CORRIERE FOTOGRAFICO" di MILANO del 1914 ca., Elenco Generale dei Fabbricanti, Negozianti e Fotografi d'Italia, Italia Insulare, Sicilia, Provincia Caltanisetta, Piazza Armerina (n.d.r. Caltanissetta, allora nostra provincia, nell'Annuario risulta scritta con una "s" dove, inoltre, è riportato il paese di "Branca Franca" invece di Barrafranca).
L'altro nominativo è quello di Giovanni GRITA, presente anch'egli nell'ANNUARIO di cui sopra ma nella Provincia di Catania, precisamente a Caltagirone. Risulta scritto solo con l'iniziale del nome "G", ma da alcune fotografie sappiamo che si tratta di Giovanni. Ho chiesto a un conoscente omonimo e mi ha confermato che si tratta di Giovanni, uno dei due fratelli di suo nonno Giacomo GRITA*. Giovanni abitava e lavorava a Caltagirone, ma spesso la sua attività era richiesta anche a Piazza, come risulta da tante foto ritraenti piazzesi della fine Ottocento e inizio Novecento come, per esempio, la foto in basso, oppure le foto dei genitori del martire antifascista Salvatore Principato viste in una mostra al Monte Prestami di Piazza Armerina nel 2010.
 
*Giacomo GRITA (1877-1966) era il padre di Massimo GRITA, indimenticabile libraio degli anni 60 e 70 di via Garibaldi 89, proprio all'angolo della salita San Giovanni Evangelista (oggi sede di un pub). Inoltre, potrebbe essere lui il Giacomo GRITA che risulta anche nell'ANNUARIO come fotografo nei primi anni del Novecento, ma a Modica, allora in provincia di Siracusa. Rappresentanti della famiglia Grita originaria di Caltagirone, li troviamo anche ad Agrigento nella seconda parte dell'Ottocento. Si tratta delle due figlie di Salvatore, grande scultore e giornalista di Caltagirone (1828-1912). Infatti, Rosina e Maria impararono l'arte fotografica dal padre e nell'atto di morte redatto presso il comune di Agrigento sia le figlie che la madre sono dette di professione fotografe.    
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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Edicola n. 28

 
 
 
 
Questa è l'Edicola Votiva n. 28 e si trova in contrada Liano a pochi chilometri dal centro di Piazza verso Mirabella Imbaccari. Dedicata a San Giuseppe con Gesù Bambino in braccio, è custodita dentro una costruzione in muratura abbastanza robusta, probabilmente della metà del secolo scorso. La contrada Liano, che nei documenti appare in altre 4 forme (Eliano, Aliano, Alliano e Leano), è famosa perché nel 1089 il Gran Conte Ruggero vi installò una colonia di emigranti provenienti dalla Lombardia. In questo modo, quello che sino a qualche anno prima era stato un semplice accampamento fortificato, si trasformò in un borgo fortificato lombardo. Questo centro abitato è tra quelli ribelli che subirà la completa distruzione nel 1161 da parte di re Guglielmo I. 
Circa quattro secoli dopo, nel 1586, il Venerabile agostiniano Andrea Guasto di Enna vi fondò il romitorio di Santa Maria della Concezione, sul podere donato dal nobile piazzese Giuseppe Triolo dei baroni di Gerace e Geracello nonché giudice della Corte Pretoriana di Palermo.
I monaci agostiniani riformati chiamati Centurpini, si trasferirono quarant'anni dopo, nel 1625, al convento della Madonna della Neve sito nel vecchio quartiere Monte, dove costruirono anche la chiesa arrivata sino ai nostri giorni.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina 
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Soluz. Aguzzate la vista n. 23

Piazza Garibaldi a Piazza Armerina (En)
Eccovi dove si trova la lapide in marmo con la scritta di epoca fascista cancellata, insieme ai fasci che l'ornavano, a colpi di scalpello subito dopo la fine del conflitto mondiale nel 1945 (esiste qualche testimone oculare dell'evento). Nonostante questo, in controluce restano evidenti i segni (vedi foto in Aguzzate la vista n. 23) della lunga frase di cui possiamo soltanto immaginare i toni perentori e retorici. 
Il palazzo è la sede del municipio, prima ancora fu monastero dei Benedettini e, prima ancora, palazzo delle nobili famiglie Tirdera, Cagno e Villanova. È proprio di queste due ultime famiglie lo stemma sottostante la lapide. Il locale in basso, prima di essere l'odierno "Caffè del Centro" e "Bar Sport", ospitava il salone per barbiere del Sig. Garigliano e, prima ancora, il Corpo di Guardia daziaria. L'altra lapide in marmo che sovrasta l'ingresso al chiostro e lo stemma dei Benedettini Cassinesi con la scritta "Pax" sparita quasi del tutto, doveva ospitare un'altra frase ma più breve, senza la cornice in marmo e senza i fasci laterali.
cronarmerina.it
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Aguzzate la vista n. 23

Questa è una lapide dove una volta c'era scolpita una frase che sarebbe stata interessante conoscere, ma è stata cancellata per sempre con lo scalpello, subito dopo la fine della 2^ Guerra Mondiale.

Dove si trova?

(soluzione)

 cronarmerina.it

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