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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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L'abito dei Carmelitani/1

Santo imberbe carmelitano, Masaccio 1426
 
AD 1254, fine estate, Francia, Luigi IX, che passerà alla storia come "il Santo", torna a Parigi dopo sette anni vissuti pericolosamente: ha perduto una crociata... ha subìto una pesante prigionia... ha trascorso gli ultimi quattro anni in Terra Santa... Nonostante ciò, il Re può ugualmente rientrare a testa alta: è il campione indiscusso della cristianità occidentale... Luigi varca dunque la soglia della città, ma immediatamente gli echi della festa sono turbati da un crescendo di cori di lazzi e ingiurie che montano man mano che il corteo procede... Presto, tirando un sospiro di sollievo, il nostro eroe si rende conto che l'oggetto della derisione non è la sua persona, bensì un gruppo di strani figuri che aveva deciso di annettere tra le proprie fila. Luigi, infatti, ha portato con sé alcuni esponenti dei nuovi ordini monastici, tra cui i frati dell'ordine della Madonna del Carmine. Questi religiosi traggono il loro nome dall'insediamento di alcuni eremiti che nel corso del XII secolo elessero il monte Carmelo in Palestina come luogo di preghiera e di ascesi... finché il Patriarca di Gerusalemme non concede loro una regola nel 1209, dando inizio alla fondazione di un nuovo ordine... Le difficoltà dello stato latino di Gerusalemme spingono questi monaci ad abbandonare la Terra Santa e ad aggregarsi a Luigi... E proprio i Carmelitani, o meglio il loro mantello, sono l'oggetto dello scherno. Infatti l'indumento ha una decorazione a righe bianche e brune e, più raramente, bianche e nere. Questo perché, secondo la tradizione, la cappa sarebbe l'esatta copia di quella che il profeta Elia, ascendendo al cielo sul suo sfavillante cocchio di fiamme, avrebbe lanciato a Eliseo, suo discepolo: il grande drappo bianco sarebbe rimasto marchiato da tracce nere in corrispondenza dei punti in cui le fiamme ne lambirono il passaggio. (da G. Staffa, 101 Storie sul Medioevo, Newton Compton Ed., ROMA 2012). (continua)
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Famiglia Iaci al Carmine

Lo stemma della famiglia Iaci di Magnini e Feudonuovo
L'altare della Crocifissione
Questo è l'altro stemma che ho notato l'altra sera nella chiesa del Carmine. E' quello della famiglia piazzese Iaci baroni di Magnini e Feudonuovo. Lo stemma "d'azzurro al leone d'oro tenente con la branca anteriore una palma" è lo stesso che si trova sull'arco del portone d'ingresso del palazzo di famiglia in via Vittorio Emanuele (di fronte la farmacia Gurreri), costruito nel 1650 dal duca Desiderio Sanfilippo, uno dei due soli duchi avuti nella nostra Città. L'altare del Carmine, dove è situato lo stemma Iaci, è il secondo da sx, quello dedicato alla Crocifissione.
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1943 - Lo sbarco depistato

10 luglio 1943, lo sbarco degli Alleati in Sicilia
Era il 10 luglio 1943. Alle 2:45 (alle 4:45 presso Licata), dopo un pesante bombardamento navale, i primi reparti d'assalto alleati presero terra sulle spiagge dell'estremo lembo sud-est della Sicilia, nella zona di Capo Passero. Appoggiata da 3.200 navi e centinaia di aerei, scattò l'OPERAZIONE HUSKY, l'invasione della Sicilia da parte degli anglo-americani, che dal maggio del 1942 erano padroni del Nordafrica. In effetti fu una sorpresa, grazie all'inganno della quasi sconosciuta OPERAZIONE MINCEMEAT. Con questa operazione "carne trita", pensata nell'ottobre 1942 da un ufficiale del Servizio Segreto navale britannico (Ewen Montagu), le truppe tedesche sull'Isola furono ridotte all'osso. Infatti, l'operazione col bluff iniziò a fine aprile 1943 quando alcuni pescatori recuperarono nel golfo di Cadice il corpo del maggiore della Royal Marines britannica William Martin, in realtà un senzatetto di 34 anni suicidatosi con del veleno per topi, con addosso due lettere personali che i tedeschi, avendole solertemente ricevute dalla polizia segreta spagnola allora "neutrale", valutarono come documenti chiave. Questi velatamente parlavano di operazioni da sbarco in Grecia e Sardegna con un finto attacco diversivo in Sicilia. Grecia e Sardegna, non distanti dal Nordafrica dove erano presenti le truppe alleate, erano strategicamente plausibili come obiettivi: invadere la Grecia, oltre ad aprire un nuovo fronte, poteva essere un modo per tagliare i rifornimenti alle truppe tedesche in Urss e la Sardegna era una buona base per attaccare Corsica e Francia del Sud. Galvanizzati dalla scoperta, i tedeschi (va detto: contro il volere degli italiani) rinforzarono in tutta fretta le difese in quei luoghi e spostarono molte forze: divisioni corazzate dalla Francia, reparti di siluranti, reparti aerei (proprio dalla Sicilia fu inviata in Sardegna la seconda flotta aerea, la Luftflotte 2). La "carne trita" era stata mandata giù con gusto dai tedeschi. Lo sconcerto fu totale, ma i combattimenti furono ugualmente durissimi e in 39 giorni la Sicilia fu conquistata. Fu il primo importante passo per la liberazione dell'intera Europa. Gela fu conquistata alle 14 del 12 luglio dagli americani della 1^ Divisione e Rangers dopo aver affrontato i tedeschi della Divisione Hermann Goring e gli italiani della Divisione Livorno. La battaglia di Sicilia si concluse con questo bilancio: sugli oltre 250.000 soldati italiani presenti al momento dell'invasione ci furono più di 5.000 morti, circa 50.000 riuscirono a passare lo stretto e il resto si disperse in Sicilia; sui 50-60.000 tedeschi si contarono 5.000 morti, 15.000 feriti e 5.000 prigionieri. Le perdite fra gli alleati ammontarono a 22.000 uomini tra morti e feriti. Solo a Gela gli alleati perdettero, tra morti e feriti, circa 1.000 uomini, ma catturarono 18.000 prigionieri. Dietro a ogni singolo "numero" si consumò una tragedia che naturalmente si estese alle loro famiglie, che per decenni ne piansero le conseguenze. Anche per la popolazione civile fu un evento terribile e indimenticabile, se non mortale. cronarmerina.it 
 
*Tratto da Operazione Mincemeat in Focus STORIA, luglio 2013.  

Nella nebbia

 

Sensazioni

 
Il paese è avvolto nella nebbia.
Non si vede nulla 
oltre quella panchina
scalfita da mani ignote
e innamorate.
 
Senti i capelli inumidirsi
come i tuoi occhi.
La mente cupa,
come questa piazza,
si apre a dolci ricordi.
 
Si avvertono strane sensazioni
in questa apparente solitudine
e intanto ti avvicini piano a quella panchina. 
La vedi graffiata da tanti segni, tanti nomi;
non c'erano prima!
 
Altre mani si sono sovrapposte 
alle prime, altre date.
N'è passato di tempo!
 
Febbraio 1986           Sergio Piazza
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