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Cronarmerina - Aprile 2025

I castàgni

 
Eccovi na lappa piena di un altro frutto di questa stagione, i castàgni. Il mezzo a tre ruote staziona nell'ex piazza Europa oggi piazza Falcone-Borsellino e nello sfondo in alto s'intravede l'ex Ospedale Chiello e un po' di cupola della Cattedrale. Le castagne, che oggi consumiamo soprattutto arrostite per "sport", prima venivano macinate e utilizzate per fare il pane, compensando così la carenza di cereali, specie durante le frequenti carestie. A Firenze accanto alla "casa di Dante" esiste un'altissima torre medievale perfettamente conservata chiamata "Torre della Castagna". Questa torre, che prima ancora si chiamava torre "Bocca di Ferro", sembra che prendesse il nome dal fatto che i Priori, che vi si riunivano, usavano mettere in un sacchetto, per esprimere il proprio voto, delle castagne. Nel parlato fiorentino la castagna lessata è detta "ballotta". Eccovi spiegato il motivo perchè l'uso delle castagne come "palline" per le votazioni sta all'origine della parola "ballottaggio".
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it 
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Beato frat'Innocenzo Milazzo/1

Foto di una stampa di alcuni secoli fa del Beato fra Innocenzo Milazzo
Vita del Venerando Padre Francescano 
Innocenzo Milazzo da S. Lucia, morto nel Convento di S. Maria di Gesù il 26 Nov. 1595
(tratta dal Leggendario Francescano, VENEZIA 1722)

Capitolo 1°
(Sicilia prima metà del 1500)

(dall'Introduzione) Ven. P. Innocenzo gran Servo di Dio, famoso Predicatore Apostolico della Sicilia nacque nella Terra di S. Lucia¹ della detta Isola d'onestissimi Genitori, e nella giovanezza, sebben'attese allo studio delle lettere, mostrò un'ottima, e divota indole. Gionto ad età convenevole, dal Signore ispirato entrò nella Religione de' Minori Osservanti, dove proseguendo le lettere, e gli esercizi delle virtù specialmente della penitenza, divenne Predicatore, e cominciò con grande spirito a mostrar il talento datoli, facendo colla predica grandissimo frutto nell'anime, e procurando, che i popoli riformassero la vita, e i costumi. Perloche gli venne un giorno questo pensiero che ancor' egli era obbligato a riformare se stesso, mentre s'affatigava a riformar gl'altri, e risolvè passare tra nostri Riformati, come compagno, non se n'avvedeva, prolungando la predica due, e tre ore continue. Predicava in ogni luogo, e tempo, sano, o infermo, e nella quaresima faceva almeno tre prediche il giorno, una la mattina per tempo, quale diceva a lavoratori de' campi, la seconda all'ora solita, la terza dopo pranzo a Monisteri di Monache, o altro luogo. Quando nelle pubbliche strade o piazze vedeva molta Gente, saliva sù qualche poggio rilevato, e facevale un fruttuoso ragionamento, restando gl'Ascoltatori edificati, e consolati. Predicando la quaresima in Città, o Terre, ove fosse Convento ancorche distante, in esso dimorava, la notte andava al Mattutino, faceva la disciplina, l'orazione, e mangiava co' Frati. Concorrevano ad udirlo popoli innumerabili, e finita la predica tutti gli baciavano le mani, o l'abito, chiedendogli la benedizione, onde con fatiga poteva uscire dalla Chiesa. Spesso nel fine della predica molte persone compuntesi per le sue parole andvano da lui per confessarsi, ed egli con una caritativa prontezza le confessava senza sparmiare fatiga, nè curarsi di riposo, o d'asciugarsi, nè guardando all'ora tarda per salvezza dell'anime. Anzi dicendoli alcuna volta il Compagno esser tardi, e tempo di riposarsi per la stanchezza, egli rispondeva, fratello bisogna aiutar l'anime, mentre sono disposte, chi sà, che il demonio non levi loro la buona disposizione, e pentimento, e però conviene patire un poco d'incomodo, così vuole la Carità, ed il Sangue sparso di Cristo Signor Nostro. Riprendeva con zelo grande i vizi de' peccatori, e molte volte predicando si voltava al muro, e battendolo con la mano diceva, a te predico muro, a te predico, poiche sò, che questo popolo non mi vuol sentire, nè approfittrarsi della divina parola. Predicando una quaresima in una Terra detta S. Angelo², dove predicava dopo Vespro, e si portava poi a riposare in casa del Castellano; dispensava a poveri tutto il mangiare presentatoli, e partitosi col Compagno in campagna si coglieva alquanti finocchi, o boragine, ed intingendoli nel aceto, con poco pane si reficiava . (continua)

¹ Oggi Santa Lucia del Mela a 40 Km a Ovest di Messina.

² Probabilmente si tratta di Sant'Angelo di Brolo a ca. 90 Km a Ovest di Messina.

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Beato frat'Innocenzo Milazzo/0

 
 
 
 
(dalla notizia giornalistica) Eccovi la descrizione, nel libro Della Cronologia Universale della Sicilia, St. G. Bayona, PALERMO 1725, del frate francescano "zelante" Innocenzo Milazzo di Santa Lucia del Mela di cui si vorrebbero trovare i resti mortali nella chiesa del Convento di Santa Maria di Gesù. In queste poche righe l'autore gesuita padre Francesco Aprile, ci fa sapere che già è notato col titolo di Beato nel Martirologio francescano (libro che raccoglie le vite dei martiri cristiani francescani) di padre Arturo de Moustier (1586-1662) e da altri, come il nostro padre gesuita Giovanni Paolo Chiarandà (1613-1701).
 
* Seguirà a puntate la storia della vita di questo frate francescano recuperata direttamente da un libro del 1722 che ci descrive anche uno spaccato della vita che si conduceva nella nostra Città nel XVI secolo.
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Il borgo di Fundrò

 
Tanto tempo fa la strada che collegava la nostra Città a Castrogiovanni (oggi Enna) non passava dalla Ronza come adesso, bensì a 3 Km ca. a ovest da questa località. Ovvero, prima si prendeva verso la Fratulla, poi si scendeva verso valle e si passava per un piccolo borgo chiamato Fundrò, a ca. 7,5 Km in linea d'area da Platia e 15 da Castrogiovanni. Il nome di Fundrò l'ho trovato con altre ben 5 varianti, Castello di Condrò, Condrò, Condrono, Cundrò, Kundrò, e sino al 1396, quando fu distrutto dal duca aragonese Martino (il Vecchio) di Montblanc, fu abitato da popolazione prevalentemente greca. Nel distrutto casale di Fundrò si salvò soltanto l'antica chiesa di Santa Maria che, abbandonata dalla popolazione obbligata a trasferirsi a Castrogiovanni, venne restaurata più di vent'anni dopo (1418) dal frate benedettino piazzese Guglielmo Crescimanno che vi fondò un'abbazia benedettina. Per saperne di più vi invito ad ascoltare le conferenze di sabato prossimo, dalle 18 in poi, presso la chiesetta di Sant'Anna Vecchia, organizzate dal Gruppo Archeologico "L. Villari" di cui faccio parte. (continua)

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it   

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Beato frat'Innocenzo sul "Giornale di Sicilia"

 
     
    Le foto di Roberto Palermo nell'articolo sul Giornale di Sicilia  
 
Ieri mattina aprendo il "Giornale di Sicilia", nella cronaca di Enna, ho letto l'articolo di Roberto Palermo "I resti di un Beato sotto l'ex convento - A Piazza il mistero di frate Innocenzo", in cui si parla della richiesta, da parte dell'assessorato ai Beni Culturali del Comune di Santa Lucia del Mela (Me) al nostro Ufficio Turismo, di informazioni storiche sulla tomba, nella Chiesa del Convento Francescano di S. Maria di Gesù, del frate francescano Innocenzo da Santa Lucia del Mela. Immediatamente ho cercato sulle mie fonti e, in effetti, già lo storico Litterio Villari, nella sua opera del 1989 Storia Ecclesiastica della Città di Piazza Armerina, a p. 250, aveva riportato così il suo nome nel capitolo riservato ad ALTRE MEMORIE FRANCESCANE: «Nel corso del secolo XVI in seno all'Osservanza sorsero nuove riforme. Una delle quali fu introdotta nella nostra città ad opera di fra Simone da Calascibetta, appartenente alla nobile famiglia Napoli, il quale nel capitolo provinciale del 1533 ottenne di ritirarsi con i suoi seguaci nel nostro convento di S. Maria di Gesù, ove "fra digiuni, cilizi e penitenze fece rivivere l'aspra mortificazione degli antichi anacoreti". Furono suoi compagni devoti: fra Tomaso La Torre, laico, da Caltagirone; fra Innocenzo da S. Lucia del Mela, laico e fra Paolo da Palazzolo, sacerdote, appartenenti al convento di S. Maria di Gesù; fra Ludovico Vaccarotti¹, laico, da Caltagirone del convento di S. Pietro, tutti morti in odore di santità e chiari in miracoli. Questi frati furono detti "Riformati"». (continua su un altro post dove viene riportato un documento del 1725 in cui si parla del Beato Innocenzo Milazzo morto nel 1595)

¹ Fra Ludovico Vaccarotti è il frate laico (ovvero appartenente al Terzo Ordine Secolare Francescano) che ha fondato il Convento di San Pietro nel 1502 e di cui esiste la piccola lapide nella parete a sx dell'altare maggiore della Chiesa.

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1° Anniversario di Padre Cipriano

Padre Vincenzo Cipriano, chiesa S. Pietro, 22 aprile 2012
 
Nel Primo Anniversario della morte di
 
Padre Vincenzo Cipriano (1941- 8 ottobre 2012)
 
la Famiglia Cipriano, la Comunità Parrocchiale di S. Pietro, il Presbiterio e la Chiesa tutta di Piazza Armerina, fanno memoria della feconda eredità di affetti e di insegnamenti 
del carissimo e stimatissimo parroco 
 
oggi martedi 8 ottobre 2013 alle ore 19:00
 
presso la Chiesa di San Pietro
 
con la Santa Messa 
e la partecipazione della Corale Polifonica Armerina "Salvino Laurella".
 
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317 anni fa Prospero Intorcetta

Intorcetta nel quadro realizzato dai confratelli durante la sua visita a Palermo nel 1671
 
P. Prospero Intorcetta, Luigi Pizzillo, 1885, Pinacoteca Comunale¹
Il 3 ottobre 1696 muore ad Hangchow (o Hangzhou, nella provincia di Zhejiang, Cina Orientale), a 71 anni, il padre gesuita Prospero Intorcetta. Nato a Platia² il 28 agosto 1625, dal 1657 fu missionario in Cina col nome cinese Yn-to-Ce (Intorcetta) Kio-ssè (il Piazzese) e col nome pubblico Juesi («il Saggio»)³. Questo nostro concittadino di oltre tre secoli fa è stato il primo traduttore in latino delle opere di Confucio, pubblicate a Parigi nel 1689 col titolo di Sinarum Scientia Politico-Moralis. L'opera, di cui esistono solo altri otto esemplari in tutto il mondo, consta di 32 pagine ed era custodita nel Collegio massimo dei Gesuiti di Palermo. Attualmente il libro si trova presso la Biblioteca Centrale della Regione Siciliana "Alberto Bombace" di Palermo.
«L'importanza della figura dell'Intorcetta risiede non tanto nella vita pastorale, peraltro intensa, quanto piuttosto nell'opera filologica4, che contribuisce a qualificarlo come uno dei grandi sinologi5 della prima Età moderna. Tale opera è caratterizzata soprattutto da alcuni importanti progetti di traduzione dei testi canonici appartenenti al corpus della tradizione confuciana»².
Nel 2007 è stata costituita a Piazza Armerina la Fondazione Prospero Intorcetta Cultura Aperta «col primario intento di valorizzare la figura storica di Prospero Intorcetta [..]. La Fondazione si propone altresì di promuovere e valorizzare la realtà territoriale della quale Intorcetta è originario, attraverso la progettazione e la realizzazione di eventi, manifestazioni, mostre e quanto possa essere utile all'affermazione dei principi di una cultura aperta e di dialogo tra popoli, nazioni e civiltà diverse»6.
 
¹ È la copia del quadro nella foto in alto, eseguita dal pittore Luigi Pizzillo nel 1885 per la sala del Consiglio Comunale di Piazza Armerina (C. Prestifilippo, Kalòs, maggio 2007). Oggi si trova nella Pinacoteca Comunale di via Monte e riproduce il gesuita piazzese nel quadro del 1671.
² Come veniva chiamata allora la città di Piazza.
³ Elisabetta Corsi, Treccani.it.
4 L'occuparsi dei documenti linguistico-letterari delle varie epoche per una interpretazione più corretta possibile.
5 Studiosi ed esperti della civiltà cinese.
6 www.fondazioneintorcetta.info/fondazione.html (consultazione del 26.05.2019).
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Famiglia Savina

D'azzurro alla torre d'argento aperta e finestrata di nero, terrazzata di verde e sormontata da un crescente d'argento
Della famiglia Savina o Savini, il primo nome che registriamo è quello di G. de Savina che nel 1282 è tra i militi o nobili del territorio di Plasia. Dopo più di quattrocento anni troviamo nel 1714 Francesco Savina prevosto del Capitolo del Duomo al quale vengono confiscati i beni per essere fuggito da Piazza in quanto ha voluto rispettare l'interdetto del Papa. Nel 1754 Giovanni Battista Savina e il figlio Domenico non vengono iscritti alla Mastra Nobile per disposizione dei Giurati per non aver i titoli. Il provvedimento è confermato nel 1755 dal Presidente del Regno, ma nel 1776 il Viceré, avendo appurato che i Savina hanno acquistato un titolo di barone (non è riportato il feudo su cui cade il titolo) e l'Ufficio della Secrezia (riscuote le gabelle e dazi per il Regio Fisco), ne autorizza l'iscrizione. Nel 1777 Domenico è giurato e, dieci anni dopo, nel 1787, quando è senatore e Secreto, gli vengono messi sotto sequestro i beni per illecito amministrativo nel governo della Città. Nel 1790 riappare nell'elenco della Mastra Nobile. Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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I mòstri p' canalàdi

 
Doccione o gargolla della nostra Cattedrale
 
 
Doccione o gargolla del Duomo di Milano
Doccione o gargolla del Duomo di Ulma (Germania)
Tutti sappiamo che le acque piovane vengono raccolte dal tetto da una canaletta chiamata grondaia o doccia, mentre i tratto terminale della doccia, che serve a scaricare l'acqua lontano dalle pareti esterne degli edifici, si chiama doccione o gargolla. A Piazza uno dei pochi edifici antichi, per non dire l'unico, ad avere dei doccioni molto sporgenti che sembrano dei cannoni, mentre gli altri hanno soltanto mascheroni, è l'edificio della Cattedrale (foto in alto) iniziato a costruire nei primi anni del Seicento. Invece, in tutta Europa iniziano ad affacciarsi sulla sommità degli edifici gotici, a partire dal X secolo, dei doccioni chiamati in francese gargouilles e in inglese gargoyles. L'origine della comparsa è da ascrivere all'etimologia del loro nome, che trae spunto dal latino gurgulium, ovvero un termine onomatopeico che richiama il rumore dell'acqua e il gorgoglìo che questa fa rifluendo quando attraversa la struttura di scarico che porta l'acqua lontana dalle mura. La diffusione dell'utilizzo del marmo e della pietra calcarea nella costruzione dei doccioni fece sì che questi assumessero in breve forme fantasiose e potessero essere adattati artisticamente alla struttura dell'edificio civile o religioso. Le forme delle sculture, influenzate dalla suggestione della lettura delle Sacre Scritture e ancor più dai bestiari medievali, assumono via via forme sempre più complesse che, partendo da un iniziale abbozzo del busto dell'animale o della creatura fantastica, giungono alla realizzazione completa del mostro, spesso avvinghiato con le unghie al resto dell'edificio. La simbologia che sottende alla realizzazione delle gargolle è ricca di sfumature e di complicati richiami allegorici: l'eterno conflitto tra bene e male, positivamente come guadiano e protettore a difesa della città contro gli influssi maligni, o negativamente rappresentando dei demoni dai quali è possibile fuggire solo rintanandosi all'interno dell'edificio sacro (lo stesso vale per i mascheroni e mostri che troviamo sui nostri antichi portoni e mensole dei balconi). Nel corso del XIII secolo si assiste alla nascita di gargolle con sembianze umane, ma non poteva mancare una leggenda sulla loro origine. Secondo questa, un drago di nome Grand'Goule infestava i dintorni di Rouen (alta Normandia-Francia, da dove provenivano i nostri Normanni) esigendo tributi di sangue. Gli abitanti subirono le sue razzie finché un sacerdote di nome Romanus non venne in città promettendo loro di liberarli dal flagello in cambio della loro conversione. Ottenuto ciò e la promessa della costruzione di una chiesa, Romanus si scontrò col mostro riuscendo a bruciarlo su un rogo dal quale rimasero solo la testa e il collo, che furono esposti come trofeo sulle mura di Rouen. Quel drago sarebbe stata la prima gargolla col magnifico contrappasso di condannarlo in eterno a sputare acqua invece che fuoco. (Tratto da G. Fava, 101 Storie sul Medioevo, Newton Compton Ed.) Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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Lacrime di coccodrillo

 
Avevo promesso a me stesso che non avrei parlato di politica in questo blog, ma non posso non parlare della tragedia di ieri, accaduta a pochi metri dall'isola di Lampedusa. Sino a quando non si risolvono i problemi didattoriali negli stati africani, del Corno d'Africa in particolare, come Somalia ed Eritrea, avremo sempre più profughi e quindi tragedie su tragedie. Sino a quando i paesi occidentali come l'Italia continueranno gli affari economici con i regimi di quei paesi, tutto continuerà, compresi i morti in fondo al Mediterraneo. I problemi devono essere risolti in quelle zone e non sul mare o sulle coste del Continente, rendiamo la vita decente a quelle popolazioni nelle loro regioni e vedremo come in pochi anni non affronteranno più chilometri e chilometri di sacrifici e di pericoli per venire da noi. Però poi proclamiamo il "Lutto Nazionale" per un giorno! E domani? Punto e a capo!
cronarmerina.it
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