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Cronarmerina - Aprile 2025

Oggi San Francesco

La chiesa di San Francesco d'Assisi¹
Il campanile della chiesa di San Francesco
 
Oggi festa di San Francesco d'Assisi, Patrono d'Italia, è l'occasione per parlare di una delle chiese prima tra le più frequentate. La sua costruzione iniziò nei primi anni del Seicento (1603) accanto all'altra che prima era dedicata a Santa Lucia, poi i Carmelitani la dedicarono a San Calogero nel 1238, e poi i Francescani, arrivati dal preesistente convento dove poi fu costruito il Castello Aragonese nel 1392, chiamarono di Santa Maria degli Angeli. Il campanile (foto in basso) ha la sommità a forma di cono rivestita da maiolica di diversi colori e sul prospetto laterale del convento che dà sulla via Cavour, esiste un balcone barocco scolpito su pietra arenaria da un Gagini, forse Vincenzo morto a Palermo nel 1595 o Antonuzzo morto a Caltagirone nel 1602. Nel frattempo i frati avevano costruito il chiostro che tutti abbiamo conosciuto quando visitavamo l'antica sede dell'Ospedale "Chiello". Non ci si faceva caso quando si passava dal reparto di radiologia e da quello di analisi per andare in quelli di medicina e di ginecologia/maternità. Quel grande cortile con le palme e un pozzo al centro era il chiostro dei Francescani Conventuali. Adesso si spera di rivederlo nel suo antico splendore quando sarà completata la nuova sede del vescovado, degli uffici della curia e della casa per il clero. Nel 1742 fu inaugurata la nuova facciata della chiesa in contemporanea a quella di Santo Stefano. La chiesa era molto frequentata sino agli anni 40/50 del secolo scorso, dopo venne chiusa e a tutt'oggi rimane impossibile visitarla. Per concludere, nella chiesa, quasi tutta riccamente affrescata, è custodito il corpo del Beato frate Francescano messinese Simone d'Aymone, martirizzato lungo la strada Piazza-Aidone nel lontano 1315.
 
¹ Nella foto in alto in bianco e nero, in fondo alla discesa a dx, al posto del palazzo c'era, sino ai primi anni del '900, la chiesa di Santa Caterina da Siena che già dalla fine del '500 minacciava rovina per un terremoto.

N.B. Colgo l'occasione per augurare buon onomastico a tutti Francesco/a, Francèsch, Cìccu, Cìcciu, Cìccia, Ciccìnu, Ciccìna, C'cciùzzu e C'cciùzza.

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I carröbbi

I carröbbi

Questo è anche il periodo che si possono vedere e acquistare le carrubbe (in gallo-italico, carröbbi). Queste sono i frutti della pianta del carrubbo spontanea e sempreverde tipica del bacino del Mediterraneo, ma presente sino in Portogallo e molto resistente nelle zone aride. Oltre a carrubbe i frutti si chiamano vajane e nei tempi passati integravano l'alimentazione dei nostri avi e delle loro cavalcature, mentre oggi, private dei semi, vengono usate per l'alimentazione del bestiame. Ma la farina di carrubbe, ricca di zuccheri naturali e di carboidrati, è povera di grassi e non contiene caffeina, pertanto può essere usata al posto del cacao di cui ricorda il sapore ed inoltre non contiene colesterolo, quindi molto indicata nella preparazione dei dolci. A proposito dei semi, durissimi e immangiabili, possono però essere macinati ottenendo una farina dai molteplici usi nella produzione alimentare umana. I semi ritenuti particolarmente uniformi come dimensione e peso, sono stati utilizzati come unità di misura per pesare le pietre preziose. Infatti, dal nome del seme in arabo qiràt o karàt deriva il carato, equivalente a un quinto di grammo, ma in realtà si è visto che esiste una leggera variazione tra i semi. Ancora oggi in Tunisia e in Algeria viene usata una moneta detta Kharrubah. La diffusione del carrubbo in Sicilia è merito dei Fenici che nei frutti trovarono un sostituto dei datteri. In Sicilia e nell'Asia Minore era tenuto tanto in cosiderazione da essere oggetto di venerazione da parte dei cristiani, normanni e musulmani e si ritiene fosse sacro a S. Giorgio. L'albero del carrubbo a duecento anni è considerato giovane, e più invecchia più diventa robusto e rigoglioso. Per finire qualche curiosità: lo sciroppo di carrubbe preparato dalle donne a Scicli, nel ragusano, è usato come tonificante per raddoppiare la forza di resistenza al lavoro più duro; durante la Guerra Civile spagnola a Barcellona si constatò che gli scolari poveri costretti a nutrirsi di sole carrubbe, non erano affetti da malattie dispeptiche contrariamente agli scolari benestanti. Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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Cavalieri di Santiago

Emblema dell'Ordine di Santiago
Emblema dell'Ordine di Santiago con la conchiglia
Verso il 1158, con la minaccia dei Mori in Spagna al suo culmine, un gruppo di 13 Cavalieri di Caceres in Castiglia offrì i suoi servigi ai Canonici di Sant Eloi nel Leòn, per la protezione dei pellegrini in viaggio verso il Santuario di Santiago di Compostela. Verso il 1164, a questi Cavalieri di Caceres venne affidata la difesa della città di Uclès sulla frontiera della Castiglia. Tra i Cavalieri c'erano monaci che seguivano la Regola Agostiniana e nel 1175 la fratellanza venne riconosciuta dal Papa come un nuovo Ordine Monastico Cavalleresco con il nome di Cavalieri di Santiago. I componenti di questo Ordine, il meno ortodosso, nonostante vivessero in comunità nei loro castelli e fossero animati da fervore religioso, per speciale privilegio concesso dal Papa, avevano il permesso di sposarsi e di possedere beni, che alla loro morte venivano però incamerati dall'Ordine. I Cavalieri di Santiago giocarono una parte importante nella Reconquista Cristiana della Spagna e i loro beni crebbero rapidamente in ricchezze e potere, acquisendo terre in Palestina, Francia, Italia, Inghilterra e Ungheria. Alla metà del XIII secolo la decisione dell'Ordine di accettare come cavalieri soltanto nobili, portò a una connessione sempre più stretta con la Corona che, dal 1254, ebbe voce in capitolo nella elezione degli Ufficiali dell'Ordine e dal 1275 promuoveva i suoi favoriti al rango di Gran Maestro. Nel 1342, la nomina a Gran Maestro da parte di re Pietro il Crudele di suo figlio bastardo di sette anni, provocò vibranti proteste. Il Gran Maestro dei Cavalieri di Alcantara fu assediato nel suo castello e decapitato, e poco dopo anche il Gran Maestro dei Cavalieri di Calatrava veniva assassinato per ordine del Re. Nel XV secolo, l'ultima fase della Reconquista Cristiana portò alla rinascita dell'antico spirito crociato, e nel 1431 il Conestabile dell'Ordine Alvaro de Luna conseguì un'importtante vittoria sui Mori di Granada nella Battaglia di Siguera. Alvaro de Luna fu nominato Gran Maestro dell'Ordine nel 1445, ma nel 1453 venne a sua volta giustiziato con l'accusa di partecipazione a una congiura di palazzo. Dal 1485 la carica di Gran Maestro fu esclusivo appannaggio della Corona di Castiglia. Oggi l'Ordine esiste ancora sotto la Corona spagnola e conta 35 cavalieri e 30 novizi e sono obbligatori: la nobile discendenza, l'essere cattolico praticante e l'essere figlio legittimo di genitori cristiani. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it 
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I gazzalòri

Insieme alle sorbe questo è il periodo in cui si trovano anche î gazzalòri. A gazzalòra in italiano è chiamata al maschile azzeruolo o lazzeruolo ed è originaria dell'Asia Minore e dell'Africa Settentrionale. E' una delle fonti naturali più importanti di vitamina C. Prima se ne faceva grande consumo, anche perché si frequentavano molto, proprio in questo periodo, le campagne per la raccolta delle nocciole che, economicamente e come abbiamo visto nei post precedenti, erano considerate "l'oro di Piazza". Da parte mia le consumavo piacevolmente, specie quelle un po' mature, e poi mi servivano per sostituire i semi dei frutti del bagolaro (u m'n'cùccu) quando scarseggiavano. Sto parlando d l'òsci dî m'n'cùcchi che si lanciavano sciusciànnuli cu cannòlu d cànna. Solo che spesso risultavano più grossi dî m'n'cùcchi e mi facevano otturare "l'arma". Mi ricordo che i m'n'cùcchi venivano venduti davanti al cinema "Ariston" con l'unità di misura chiamata castèddu: 1 castèddu 10 lìri, 10 castèddi 100 lìri, 'na furtùna!  
 cronarmerina.it
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Fontana dî Tr'd'sg F'nèstri/n. 10

 

Per un errore nella programmazione avevo saltato questa fontana del Villaggio Sammarco. Si trova, ancora funzionante, nella parte retrostante del grande edificio chiamato Tr'd'sg F'nèstri (13 Finestre) che oggi, però, non esiste più. Chi ha qualche annetto, la ricorda benissimo al lato della strada asfaltata che passa lì vicino. E' a poche centinaia di metri dalla rotonda di Santa Croce, verso Mirabella Imbaccari. Chi ricorda com'era prima, mi dice che da terra era alta circa un metro e mezzo e nello spiazzo soprastante, oggi coperto da una colata di cemento, c'era la vasca di forma circolare di ca. 5 metri di diametro e che, a qualche metro a sinistra dalla fontana, sotto una palma che ostinatamente è resistita alle ruspe, ce n'era un'altra più piccola. cronarmerina.it

 

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I fönzi

Un cesto di Pleurotus eryngii  o fungo di ferla

I funghi

Costituiscono un alimento prelibato che viene messo a disposizione dalla natura. Serve la passione per poterli andare a cercare e un minimo di nozioni tecniche per poterli riconoscere e distinguere se velenosi o commestibili. Difatti, sotto la bellezza e il colore di alcuni funghi può nascondersi l'insidia del veleno, anche mortale. Questo perché molte persone inesperte si affidano ai personali criteri di valutazione, con i quali ritengono erroneamente di poter distinguere i funghi buoni da quelli cattivi. Ritenere tossico un fungo soltanto con  l'annerimento dell'aglio o della cippolla mediante cottura non è esatto, perché ci sono funghi letali che non hanno questa reazione. Anche farli mangiare agli animali non basta per essere tranquilli, perché molti di questi riescono a sopportare la tossicità nel loro organismo. Attenzione quindi, meglio non farsi trascinare dalla passione e dalla golosità, serve sempre un controllo accurato dei funghi raccolti da parte di persone competenti: a Piazza tante persone ci hanno lasciato le penne ! Roberto Lavuri 
 
*I funghi in lingua gallo-italica si chiamano fönzi, come il nome di un personaggio della commedia televisiva americana Happy Days.
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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Prima era fuori

Madonna nella nicchia della facciata del Carmine
La stessa Madonna in chiesa appena si entra a sx
Questa nelle foto è la stessa statua della Madonna col Bambino in marmo che prima si trovava nella nicchia della facciata della Chiesa del Carmine (foto in alto) ma che adesso si trova al proprio interno a sx appena si entra (foto in basso). La statua è opera dell'artista scultore palermitano Antonello Gagini (1478-1536) nonno di Antonuzzo (m. 1602) che nel 1594 realizzò l'arco in alabastro della cappella Trigona intitolata all'Annunziata dove sovrasta il fonte battesimale della nuova Chiesa Madre, Duomo e Cattedrale di Piazza. Inoltre, lo stesso artista scolpì l'arco della III cappella a sx della famiglia Trigona di Cimìa nella Chiesa di S. Pietro. Quella in alto è una fotografia molto rara e quindi ho colto l'occasione per parlare di un capolavoro custodito in una chiesa di Piazza.
cronarmerina.it
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Si pròpiu 'na sciòrba!

 

In questi giorni si vedono nelle cassette riposte ntê llàppi degli ambulanti questi frutti prelibati che si chiamano in italiano SORBE (Sorbus domesticus), in lingua gallo-italica SCIÒRBE. E' un frutto che fiorisce tra aprile e maggio, ma che matura tra agosto e settembre. Un tempo era molto diffuso in prossimità delle case di campagna per venire consumato fresco o per essere essicato per l'inverno a integrarazione della magra alimentazione. Dalla fermentazione si otteneva una bevanda alcolica. Ormai chi coltiva la pianta lo fa solo per ornamento. La poca consistenza del frutto maturo, di color marrone nella foto in basso, aveva dato origine al famoso detto delle nostre parti per indicare un individuo inetto, maldestro e incapace e che dà il titolo al nostro post:   

Occì, si pròpiu 'na sciòrba!

 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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L'or d' Ciàzza / 6 ultima parte

N'zzòli cû cach'rabò ancöra vèrd

L'ORO DI PIAZZA - 6 e ultima parte

 

Ecco alcuni termini ciaccësi tipici da cugghiùa î n'zzòli trovati No cönt dû giardìngh¹

 
(dalla 5^ Parte) Traduzione di G. Masuzzo.
 
Augiàdi = Lunghi bastoni non tanto grossi e maneggevoli per scuotere i rami;
Buscagghiàda = Il racimolare, il mettere insieme quello che è rimasto dall'ultima raccolta;
B'v'rè = Irrigare;
Cach'rabò = Involucro fogliaceo delle nocciole²;
Cunnùtta = Condotta;
Faiddöi = Polloni = Parte della pianta sotto forma di ramo che si sviluppa ai piedi dell'albero;
Féss = Beccastrìno = Zappa grossa e stretta;
Fussöngh = Fossa;
Gab'llòtt = Locatario;
Giömmi = Mazzi, fiocchi;
M'tatèr = Mezzadro;
N'zzòli = Nocciole;
Rad'cadi = Radici;
Rastéu = Rastrello;
Rénnia = Rendita;
Saëtta = Canale d'irrigazione scoperto;
Sanzàu = Sansàu  = Sensale;
Scauzatìna = Togliere la parte secca; 
S'ccàgna = Che non è irrigata sin dall'interramento;
Scutulé = Scuotere;
Tradènta = Tridente;
Tranculiè = Scuotere;
Tròffa = Cespo;
Zappunàda  e Zzappunàda = L'azione della zappa.
 
¹ Racconto in gallo-italico di Lucia Todaro, Tempi d' Ciàzza, Calendàri a ciaccësa, S'ttémbr 2010 - Cuntà dû zù Fulippu D' Sangh.
² a) Buccia esterna di nocciola o Nocciola priva di frutto (in G. Fonti, Vocabolario Gallo-Italico); b) Nocciole non riuscite a maturarsi e rimaste attaccate all'involucro erbaceo essiccato (termine suggerito da un lettore: mascum). Questo avviene quando le nocciole verdi, cadute prematuramente a terra per qualsiasi motivo, vengono ammucchiate insieme alle foglie per liberare il terreno e facilitare la raccolta. Questa azione provoca l'aumento di calore tra le foglie a terra, con la conseguente formazione di batteri che intaccano altre nocciole ancora sui rami e che non riescono a ultimare la maturazione, rimanendo così vuote e secche (in P. Anzaldi, Italia Nostra).

N.B. Mi sono stati suggeriti anche questi altri due termini che si riferiscono alla forma:
- A 'ncùgghia = la nocciola formata da due nocciole unite, che piaceva ai bambini perché credevano che portasse fortuna e che mangiavano aprendola semplicemente con le mani perché ancora tenera;
- A cappèu d' parrìng oppure î parrìni = quando la nocciola era formata da tre nocciole unite, tanto da somigliare al cappello del prete di una volta.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

 

 
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Famiglia Santangelo

D'azzurro all'albero d'oro accompagnato in capo da due crocette d'oro e caricato da una fascia di rosso
La famiglia Santangelo di origine siciliana, gode nobiltà ad Augusta, Catania e Palermo. Nella nostra Città il primo nome che troviamo è nel 1556 Alexandro Sact'Angelo (o Santangilo) abitante al Monte in una casa di fronte la chiesa degli Angeli. Dopo circa un secolo, nel 1678, registriamo Jeronimo Santangelo giurato che acquista dal Convento Francescano al Monte la tenuta di Quattroteste in territorio di Aidone, che poi vende a Ottavio Trigona. Circa un secolo e mezzo dopo, nel 1816, Vincenzo Santangelo è consulente (consigliere comunale). 1837 Francesco Santangelo è decurione (consigliere comunale), stessa carica ricoperta dal dott. Giacomo Santangelo nel 1861. Nel 1909 nasce a Piazza Gaspare Santangelo, ufficiale del Genio Aeronautico e Ordinario di Costruzioni Aeronautiche nell'Università di Palermo, muore a Roma nel 1963. Maria Santangelo, sorella di Gaspare, si laurea in Lettere nel 1936 e nel 1940 è ispettrice presso la Direzione delle Antichità del Ministero della Pubblica Istruzione. Libera docente dal 1953 è sovraintendente alle antichità del Lazio dal 1975. 1917 nasce il generale dell'aviazione Ugo Santangelo. Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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