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Cronarmerina - Aprile 2025

Settembre per il Generale

1917 - Il gen.le Antonino Cascino (II da sx) al fronte¹
Il mese di Settembre per il nostro Generale Comandante della Brigata "Avellino" Antonino Cascino fu un mese importante nella sua vita. Infatti, nasce il 14 settembre del 1862 in via Largo Demani 6. Il 15 settembre 1917 viene colpito alla coscia da una scheggia di granata sul Monte San Gabriele (3 Km. a Nord-Ovest di Gorizia), dopo aver conquistato qualche settimana prima, il vicino Monte Santo. Il 29 settembre muore all'ospedale di Quisca (oggi Kojsko, in Slovenia) in seguito all'infezione della ferita provocata dalla scheggia di due settimane prima. Ricordo a tutti i miei concittadini che la sua tomba non si trova nel monumento di Piazza a lui dedicato, bensì nella III cappella di sx della chiesa di San Domenico di Palermo, chiesa considerata il Pantheon della città.  
 
¹ In questa foto il nostro Generale, a pochi mesi dalla sua morte, è accanto al musicista e direttore d'orchestra Arturo Toscanini (1867-1957) con la bandiera. Subito dopo, a seguire, c'è il Ten. Col. Baldo Rossi (nel 1923 Senatore del Regno d'Italia) anche lui con una bandiera, il Cap. Giuseppe Solaro e il Cap. Remo Guzzi.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it   
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LEGA ZOLFATAI premiata

Il nostro concittadino Armando Caltagirone mi ha segnalato questo evento di cui la nostra Città può andare veramente orgogliosa. Nei giorni scorsi (21, 22 e 23 settembre), e la giornalista Marta Furnari l’ha pubblicato sul quotidiano “LA SICILIA” nella cronaca di ENNA, la LEGA ZOLFATAI piazzese, fondata nel 1903 e con sede in via Garibaldi, ha partecipato alla 36^ Edizione della BORSA-SCAMBIO del MINERALE e del FOSSILE presso la Palestra dell’Istituto “Sebastiano Mottura” di Caltanissetta. Anche quest'anno la Lega Zolfatai della nostra Città è tornata a casa vincente con un Premio Speciale che l’Associazione Mineralogica Paleontologica e della Cultura della Solfara della Sicilia, organizzatrice dell'evento, ha voluto consegnare, per mano del Presidente dott. ing. Michele Brescia, al sig. Mario La Mattina presidente e al sig. Franco Lo Monaco vice presidente della Lega (nella foto), per l'esemplare impegno profuso nella diffusione della Cultura della Solfara di Sicilia. L'evento e il programma sono stati pubblicizzati con volantini e pieghevoli. Lo stand della LEGA ha suscitato molto interesse fra gli oltre 400 visitatori che hanno siglato il registro-firme, per i bellissimi cristalli di Zolfo, Celestina, Aragonite e Gesso messi in mostra. Questi minerali rappresentano i tesori del sottosuolo del Bacino Minerario di Enna che testimoniano il duro lavoro e i sacrifici affrontati da centinaia di minatori Ennesi per tanti decenni a partire dall’Ottocento.
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Fontana c.da Rametta/n. 16

Questa è una fontana segnalatami dall'amico Sergio Piazza. Si trova in contrada Rametta, che prende il nome dal Cozzo Rametta a 837 m. sul livello del mare. Si trova a una diecina di Km. da Piazza sulla strada per Rabottano, che poi continua per la diga Olivo. S'imbocca sulla dx una stradina sul terreno demaniale forestale che sale verso la fontana. Chi ce l'ha segnalata ci ricorda che l'acqua, corrente tutto l'anno, è sémpr bunnanziösa, taliè ch' cannö d'egua, ed è accuscì fréscha ch' pàr' n'sciùa du fr'gurìf'ru! cronarmerina.it
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Aspettando il nuovo Vescovo/11

Mons. Michele Pennisi XI vescovo, dal 2002 al 2013
L'XI vescovo della Diocesi di Piazza nell'aprile del 2002 è stato mons. Michele Pennisi nato a Licodia Eubea (CT) nel 1946. Ordinato sacerdote nel 1972 è stato Presidente dell'Associazione bibliotecari ecclesiastici italiani, membro della Commissione Episcopale per l'Educazione Cattolica, membro del Comitato Scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici. Attualmente è membro del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Si è impegnato su vari fronti, specie su quelli dell'antimafia, tanto da avere assegnata una scorta dopo aver ricevuto un volantino con minacce di morte per essersi rifiutato di celebrare il funerale di un boss mafioso. Nel febbraio del 2013 papa Benedetto XVI lo promuove Arcivescovo di Monreale di cui ha preso possesso il 26 aprile successivo.
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L'or d' Ciàzza / 5

U giardìngh prima: travagghià!
U giardìngh dòp: bannunà!

L'ORO DI PIAZZA - 5

 

A fìngh dû giardìngh!

 
(dalla 4^ Parte) Ntô 1937-1938 s' fés l'ammàss volontàri p' fé canösc a qual'tà dî nostri n'zzòli. Fè 'nconsòrzi putéva iutè patröi e v'ddài a fè i prèzzi ciù basci! Dòp a guerra, Ciàzza era a sècönna dâ S'cìlia, com quant'tà d' n'zzòli r'cugghiùi; ma i témpi cangiàv'nu e u rann travàggh dû v'ddàngh nan putèva manténgh ciù a famìgghia! Ntô 1950 i campâgni cum'nzànu a ess bannunàdi! E i giardì sc'ppàdi! Cu tutti i rad'càdi, e accuscì f'nì l'or d' Ciàzza! (tratto da Lucia Todaro, Tempi d' Ciàzza, S'ttémbr 2010, U cönt dû giardìng, Cuntà dû zù Fulippu D' Sangh)
 
Traduzione di G. Masuzzo: La fine del giardino!
Nel 1937-1938 si fece l'ammasso volontario per far conoscere la qualità delle nostre nocciole. Fare un consorzio poteva aiutare padroni e villani a fare i prezzi più bassi! Dopo la guerra era la seconda della Sicilia, come quantità di nocciole raccolte; ma i tempi cambiavano e il grande lavoro del villano non poteva mantenere più la famiglia! Nel 1950 le campagne iniziarono a essere abbandonate! E i giardini divelti! Con tutte le radici, e così finì l'oro di Piazza! (segue)
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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... e queste del 1971?

Ve le ricordate le palline clic clac?

Niente di eccezionale, ma per un bel po' per le strade non si sentiva altro che il tipico rumore di mitragliatrice: TA TA - TA TA - TA TA. Due palline di plastica di ca. 3 cm. di diametro, attaccate a due pezzi di cordicella (quella per le zineffe per intenderci) di ca. 20 cm., tenute insieme da un altro frammento di plastica, che consentiva la presa tra il pollice e l'indice, venivano scutòlade o tranculìade come bacchètta da maestro d'orchestra o batterista, per farle incontrare e sbattere tra loro una volta in alto e una in basso. Questo scontro provocava il tipico rumore CLIC - CLAC, tanto amato dalle persone un po' in là con l'età. Tutto filava liscio se la coordinazione era perfetta, ma specie all'inizio, qualcuno ne usciva dolorante ai polsi o, addirittura, con qualche occhio nero. Poi, come tutte le cose alla moda, furono messe da parte e soppiantate da altre manie e passatempi, e sfido chiunque a recuperarne oggi un paio originali di quelle degli anni '70! Gaetano Masuzzo/cronarmerina

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Cavalieri di Calatrava

 
 
   
  L'emblema dei Cavalieri di Calatrava  
 
Gli Ordini monastico-cavallereschi comparvero in Spagna nel XII sec. nel corso della Reconquista Cristiana del vasto territorio in mano ai Mori. Templari e Ospedalieri vennero largamente gratificati dai Re spagnoli con terre e castelli, ma questi due Ordini non si impegnarono mai a fondo in Terra Iberica, considerando la Terrasanta come il loro principale teatro operativo. Questo disimpegno portò alla nascita di Ordini Militari Spagnoli e Portoghesi. Nel 1157 i Templari abbandonarono la fortezza di Calatrava nella Castiglia, lasciando così aperta ai Mori la via per la città di Toledo. Sancho III re di Castiglia offrì la fortezza a chiunque fosse disposto a difenderla. Si fece avanti un gruppo di monaci Cistercensi della Navarra guidati da un abate di nome Ramon Sierra di Fitero (morto nel 1163 fu dichiarato Santo nel 1719) e supportati da un gruppo di guerrieri della stessa regione. Il nuovo Ordine dimostrò di saper validamente difedere il territorio e, nel 1164, venne ufficialmente riconosciuto dal Papa col nome di Cavalieri di Calatrava. Nel 1195 molti dei Cavalieri perirono nella disastrosa battaglia di Alarcos nella Mancia che portò alla riconquista musulmana di Calatrava. Un nuovo quartier generale dell'Ordine venne allora stabilito a Salvatierra e nel 1212 l'Alleanza dei Regni Cristiani di Navarra, Aragona, Catalogna, Castiglia e Portogallo riportò una vittoria decisiva sui Mori nella battaglia di Las Navas de Tolosa cui seguì, poco tempo dopo, la riconquista cristiana di Calatrava. Negli anni successivi l'Ordine consolidò il proprio potere nella Castiglia finché ebbe sotto controllo tutto il territorio da Toledo alla Sierra Nevada. Il quartier generale venne spostato nella nuova sede di Calatrava la Nueva, dato che la sede originaria (Calatrava la Vieja) aveva perso la sua importanza strategica. I Cavalieri di Caltrava erano ora una delle maggiori potenze economiche del Regno, e l'unica in grado di mantenere un esercito permanente, cosa che portò ad un inevitabile contrasto con la Corona. Dal 1254, i Re di Castiglia intervennero in modo crescente nella elezione degli Ufficiali dell'Ordine, e nel 1476 ne acquisirono il pieno controllo. Quando l'ultimo Gran Maestro morì nel 1487, non ne venne più ordinato un altro e nel 1494 ai Cavalieri fu accordato il permesso di contrarre matrimonio. Con questo ultimo atto l'Ordine perdeva definitivamente le sue caratteristiche monastiche originarie. (Tratto da Gli Ordini Monastico Cavallereschi del Medio Evo Cristiano di Pier Luigi Menegatti)
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L'or d' Ciàzza / 4

No giardìngh ô 'Ndrìzz, anni '50 (foto di Pino Farina)

 

 

L'ORO DI PIAZZA - 4

 

Ntr' aöst e s'ttèmbr

(dalla 3^ Parte) Ntr' aöst e s'ttèmbr u giardìngh s' scutòla e s' fa a prima cugghiùa. Dop 15 giorni s' r'pìgghia a cugghiùa e s' tranculìa i rami; i n'zzòli vérd nan s' fanu cad bass'nò ggh' vo tant témp a nesc u frùtt dû cach'rabò. I cugghiöri s' purtàvnu tutta a famìgghia ggh' putèv'nu ess mpùr i giurnatéri.
 
Traduzione di G. Masuzzo: Tra agosto e settembre. Tra agosto e settembre il giardino si scuote e si fa la prima raccolta. Dopo 15 giorni si riprende la raccolta e si scuotono i rami; le nocciole verdi non si fanno cadere se no occorre tanto tempo ed esce il frutto dall'involucro fogliaceo. I raccoglitori si portavano tutta la famiglia e potevano esserci anche i giornalieri.

 

Patröi e... sötta

U patröngh ô sol't fasgëva 3 part cu na part. Tutt u travàggh l'avéa fè u gab'llott e r'cugghiéva secönn û patt cû patröngh. Ô m'tatèr 'nvèci ggh' tuccàva a m'tà! A cunsëgna dî n'zzòli ê cumm'rciànti s' fasgëva 'ncampàgna! U prèzz cangiàva agnad'ann cû sanzàu. U m'tatèr sî v'nnëva dop â buscagghiàda, ch'era l'urt'ma cugghiùa. S' u patröngh era d' böngh còr defatti a ddasciàva tutta a iéu, bass'nò s' fasgéva u patt prima. 
 
Traduzione di G. Masuzzo: Padroni e sottostanti. Il padrone al solito faceva 3 parti e una parte. Tutto il lavoro doveva farlo il gabellotto e raccoglieva secondo il patto col padrone. Al mezzadro invece gli toccava la metà! La consegna delle nocciole ai commercianti si faceva in campagna! Il prezzo cambiava ogni anno col sensale. Il mezzadro se li vendeva dopo aver fatto l'ultima raccolta di quello che era rimasto. Se il padrone era di buon cuore infatti la lasciava tutta a lui, se no si faceva il patto prima. 

 

U cummèrc î n'zzòli

Dâ B'ddëa, i treni annàv'nu a Dittainu pû Cunt'nént; a Gela i n'zzòli s' purtàv'nu chî carrètti e poi i carriàv'nu 'ncav ê nav. I patröi, quànn s' v'nnév'nu 'mpézz d' giardìngh, s' sauvàv'nu u cènz e campav'nu d' rénnia!
 
Traduzione G. Masuzzo: Il commercio delle nocciole. Dalla Bellia, i treni andavano a Dittaino per il Continente; a Gela le nocciole si portavano con i carretti e poi si caricavano sulle navi. I padroni, si vendevano una parte del giardino, si riservavano il censo e vivevano di rendita!
(Tratto da Lucia Todaro, Tempi d' Ciàzza, Calendàri â ciaccësa, Cuntà dû zù Fulìppu D' Sangh, S'ttémbr 2010) (segue)
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Aspettando il nuovo Vescovo/10

X vescovo della Diocesi mons. Vincenzo Cirrincione dal 1986

Esonerato il IX vescovo mons. Sebastiano Rosso, il Papa nomina quale X vescovo della nostra Diocesi mons. Vincenzo Cirrincione nato a Vicari (PA) nell'aprile del 1926. Ordinato sacerdote svolse le mansioni di Superiore del Seminario e Vicario Generale di Palermo sino al 1980, anno in cui fu eletto Vescovo titolare di Apollonia (Albania) e ausiliare di Palermo. Nel marzo del 1986 fu nominato alla sede di Piazza e dopo 16 anni di attività episcopale, durante i quali fu molto amato dal popolo, morì improvvisamente il 13 febbraio del 2002. Si trova sepolto in Cattedrale accanto al IV vescovo, mons. Sajeva, nella cappella da poco resturata dell'Annunciazione.

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Famiglia Sanfilippo

Leone rampante d'oro con una banda traversata di sopra rossa in campo azzurro

Il cognome la famiglia Sanfilippo lo prende quando nel 1316 l'antenato spagnolo-valenziano, Velasquez de Mena proveniente dalla città di Dollunuedro, ottiene la castellanìa di S. Filippo d'Argirò (oggi Agira) da re Federico I d'Aragona. Successivamente uno dei tre figli avuti da Tuccia degli Emporii figlia di Diego, Ilisoldo o in idioma siciliano Milisoldi, ottiene nel 1344, la stessa castellanìa da re Ludovico I di Sicilia, iniziando a cognominarsi Milisoldi de Mena de Sancto Philippo o Milisoldo di San Filippo. Questi si sposa a Palermo con Ilerda, figlia di Todi Sances gentiluomo catalano castellano del Regio Palazzo. Appena sposati si trasferiscono alla Real Corte di Catania procreando Giacomo o Giaime, Todi, Raimondo e Andrea, tutti gran cavalieri fedeli a re Federico III. I primi componenti di questa famiglia a Platie li abbiamo nello stesso periodo (1282) di Velasquez, con i nobili militi Oberto e Bonsignorio de Sancto Philippo. Nei primi decenni del 1400 Bernardo, uno dei quattro figli che Andrea ha con Paola di Sortino, è creato dal re Alfonso capitano della città di Piazza. Nel 1461 il domenicano Antonio Sanfilippo è cappellano della Camera Reginale di re Giovanni II d'Aragona, successivamente diventerà giureconsulto e collettore dei diritti della Sede apostolica in Sicilia; nel 1478 ritorna nel Convento di Plaza e lì muore nel 1495. Bernardo, capitano di Piazza, si sposa con Leonora Coloba figlia di Giovanni, e da lei ha tre figli: Giovanni Antonio Giuliano giudice capitano di Piazza nel 1460, Matteo dottore di legge e giudice di Piazza nel 1463, Pier Luigi prete. 1520 la famiglia Sanfilippo risulta iscritta alla Mastra Nobile della Città. Giovanni Antonio Giuliano ha un figlio, Francesco, capitano di Piazza nel 1487. Questi ha tre figli, Giov. Vincenzo portolano di Terranova nel 1500, Giov. Battista giurato di Piazza nel 1554 e Giov. Domenico giurato di Piazza nel 1552. Giov. Battista sposandosi con Isabella la Seta figlia di Nicolò della famiglia la Seta di Pisa, ha 5 figli, uno dei quali, Don Giacomo è canonico della Cattedrale di Agrigento e Vicario Generale della sede vacante nel 1571, un altro, Desiderio, ha 4 figli. Tre di questi acquistano lo Stato di Aydone da Bartolomeo Gioeni e si stabiliscono in quella Terra, il quarto, Giovanni Tommaso ricco proprietario ha un figlio, Desiderio.  Nel 1555 Antonino e Giovanni Filippo, nipoti di Giov. Battista, sono giurati tra coloro che firmano i "capitoli di pace" tra la fazione degli Aguglia, alla quale loro appartengono assieme ai Trigona, e quella degli Assaro e i Lo Bosco. 1621 Desiderio, figlio di Giov. Tommaso, è barone di Sortavilla (frazione di Imbaccari Soprano) e giurato. Nel 1625 acquista i feudi di Canzaria, Monte Navone e Ciappa. Sposa Olimpia Gaffori e ne riscatta nel 1634 il feudo di Grotte (Ag). Nel 1638 effettua un prestito di 5.600 onze ai Giurati della Città per acquistare grano da distribuire al popolo. Nel 1648 per mercede della Maestà Cattolica e per servizi fatti alla Real Corona, acquisisce il titolo di Duca e lo posa sul suo feudo di Grotte, diventando il più alto rappresentante della nobiltà piazzese (si ricorda che la città di Piazza ebbe soltanto due nobili con questo titolo, l'altro è Vespasiano Trigona duca di Misterbianco). Il Duca istituisce nella Città varie opere pie, è Cavaliere Ospedaliere di Malta e favorisce le Accademie piazzesi lasciando molti beni al Collegio degli Studi dei Gesuiti. Nel 1650 costruisce il suo palazzo di via Vitt. Emanuele 19 (di fronte l'odierna farmacia Gurreri). Quando muore si fa seppellire nella II cappella a sx della chiesa di S.Pietro, costruita dal padre Giovanni Tommaso (1563-1621) ivi sepolto. Dal matrimonio con Olimpia Gaffori Desiderio ha quattro figli, Felice, Tommaso, Beatrice e Francesca. Felice si sposa con Ippolita Starrabba e Trigona dalla quale ha Tommaso e Agata sposa di Pietro Celestri. Nel 1624 suor Caterina Sanfilippo è superiora del Ritiro di S. Anna e nel 1638, con le suore Giulia e Antonia Sanfilippo, madre e figlia, presentano, insieme ad altre tre suore appartenenti al patriziato piazzese, la necessaria documentazione affinché il ritiro muti in un Monastero. Mutazione in monastero di Agostiniane che avviene quattro anni più tardi, nel 1642. 1630 ca. Domitilla Sanfilippo è vedova di Giacinto Jaci e la figlia, Pelagia, sposa nel 1633 Diego Platamone barone di Pòjura. Nel 1666 Tommaso, primogenito di Desiderio e Olimpia, risulta II duca di Grotte e barone di Imbaccari Soprano e Canzaria, cavaliere dell'Alcantara e governatore del Monte di Pietà di Palermo nel 1698. Nel 1692 la figlia di Tommaso, Ippolita, si sposa con Vincenzo La Grua Talamanca principe di Carini. Nel 1693 ca. Beatrice, terzogenita di Desiderio, lascia una rendita alla Chiesa Madre, nonché Duomo e oggi Cattedrale, per il mantenimento di un canonico. Di questa famiglia abbiamo stemmi soltanto nella chiesa di S. Pietro, il Pantheon della Città. I due stemmi sono posti sull'arco e sul sarcofago di dx della II cappella a sx della chiesa. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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