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Cronarmerina - Aprile 2025

Famiglia Salonia

D'azzurro, alla torre d'oro aperta del campo merlata di tre pezzi, piantata sopra una campagna di verde.
La famiglia Salonia o Solonia all'inizio del XV secolo la troviamo a Noto, Siracusa e Messina. Nel 1492 Paolo Salonia, di Noto, è ricevuto nell'Ordine Cavalleresco Ospedaliero di S. Giovanni Battista e ricopre nella Commenda di Terra Placee (come veniva anche chiamata in quel periodo l'odierna Piazza Armerina) la carica di Commendatore. 1652 Alberto Salonia è socio dell'Accademia Piazzese o dei Curiosi e nel 1684 è esattore del regio fisco. 1691 suor Margherita Salonia dei baroni di Bonfallura (feudo a Sud di Noto) è badessa nel Monastero Benedettino di S. Giovanni Evangelista e nel 1715, quando è nuovamente badessa nel monastero realizza due oratori, uno a pianterreno e l'altro al primo piano. 1705 Giuseppe Salonia è barone di Bonfallura e anche Giurato nella nostra Città. All'inizio del XVIII secolo (1700) nella chiesa di Santo Stefano vengono costruite due cappelle gentilizie, una è quella della famiglia Salonia baroni di Bonfallura. Di questa famiglia a Piazza sono presenti tre stemmi, uno è sull'arco del 2° altare a sx nella chiesa di Santo Stefano, un altro è sull'arco del portone d'ingresso in via Santo Stefano salendo a dx con la sigla SAL, l'altro, un po' sbiadito, in una lapide all'interno della vicina Commenda.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Ch'è bedda a funtana da Tacura!

La fontana e b'v'raöra da Tacura quant'era affollata!

A funtana da Tacura

Ch'è bedda, la funtana da Tacura,

e bedda dda culòvria ca è sarvata
e mastru Pinu Testa ca la canta !
 
Ma la biddizza. già si sà, nun dura,
eccu pirchì, pi d'ogni cosa amata
la ricurdanza appoi diventa santa !
 
Giòmetrico
(Giovanni Piazza) 

 

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Domani a Sant'Anna

Mi preme ricordare che domani alle 17:00 presso la chiesetta antica di Sant'Anna, che per tanti anni è stata in passato la sede della Direzione Didattica delle Scuole Elementari Femminili, ci sarà un'interessante conferenza sul periodo immediatamente successivo allo sbarco degli Americani, insieme agli altri Alleati, nel luglio 1943. Ci sarà la pertecipazione dell'autore dell'interessante libro nella foto in alto, Leonardo Salvaggio, e i familiari del brigadiere di pubblica sicurezza Calisto Calcagno (foto in basso) nato a Piazza nel 1900 e morto il 10 luglio 1943, ucciso dagli Inglesi sul ponte del fiume Anapo, a poca distanza da Siracusa dove prestava servizio. La conferenza è stata organizzata dal Comune di Piazza in collaborazione col progetto Memorie in Cammino che è la sezione piazzese dell'Istituto Cervi di Gattatico (Reggio Emilia). A tal proposito chi volesse approfondire le testimonianze, anche di alcuni piazzesi vissuti in quel periodo, può consultare il seguente sito: http://www.memorieincammino.it/  
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina  
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Aspettando il nuovo Vescovo/7

Il VII vescovo di Piazza dal 1903 mons. Mario Sturzo nella Casa degli Oblati
 
Nel settembre 1903 fece il suo solenne ingresso in Città il VII vescovo, mons. Mario Sturzo di Altobrando, nato a Caltagirone nel 1861. Fratello maggiore di Luigi, futuro fondatore del Partito Popolare Italiano nel 1919 e della Democrazia Cristiana nel 1946, il nuovo Vescovo si rivelò un filosofo geniale, dottissimo, studioso instancabile, ascetico e saggio. Inoltre fu maestro impareggiabile dei suoi Sacerdoti e pastore autorevole dei suoi Fedeli. Il Seminario sotto la sua personale direzione divenne un centro di studi teologici, famoso in tutta la Sicilia e fuori. Per la formazione permanente del clero fondò nella Diocesi la Congregazione sacerdotale degli Oblati di Maria: i Sacerdoti diocesani, che aderirono alla Congregazione sull'esempio di quelli voluti da S. Carlo Borromeo, si legarono al Vescovo, che li guidava nella formazione spirituale, con il voto d'obbedienza, pertanto il Seminario Vescovile diventò anche la Casa degli Oblati. Durante la sua guida il Vescovo restituì alla Città alcuni ordini religiosi quali le Suore di Maria Ausiliatrice nell'Istituto "Trigona di Gerace", le Suore del Boccone del Povero nell'Istituto "La Malfa" e le Suore Domenicane del Sacro Cuore di Gesù, inoltre, creò un Liceo Classico che volle dedicare al nostro Padre Gesuita Prospero Intorcetta. Scrisse molti libri di filosofia e nel 1931 fu costretto dalla Congregazione del Tribunale del Sant'Uffizio a ritrattare tutte le sue opere filosofiche espresse nella Rivista di Autoinformazione e in decine di pubblicazioni, nonostante che la media delle presenze dei suoi seminaristi oscillasse tra i 150 e i 170. Nel 1939, quando Benito Mussolini, venuto in Sicilia, si fermò a Piazza per visitare la tomba del gen.le Antonino Cascino, il nostro Vescovo non si mosse dal vescovado. Amò Piazza Armerina come sua seconda patria, lasciando alla sua morte, avvenuta nel novembre del 1941, tutti i suoi beni al nostro Seminario. La sua tomba si trova nella navata di sinistra della Cattedrale e la Città gli ha intitolato una via principale e nel 2007 l'Istituto Superiore di Scienze Religiose con sede presso il Seminario Vescovile.   
 
N.B. Si ringrazia Tanino Santangelo per la rarissima foto concessa al sito che, tra l'altro, ci ricorda che la poltrona su cui è seduto il Vescovo nella foto oggi si trova nella chiesa di Sant'Ignazio.
 
cronarmerina.it
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Fontana Altacura/n. 12

Oggi, ciò che rimane della fontana/abbeveratoio

Ieri, importante stazione di ristoro di persone e quadrupedi

Forse, dopo quella dei Canali, la fontana dell'ALTACURA (Tacura, Taccura o Tachura) è la più bella, anche per la storia che ha. I due canali nella foto in alto è tutto ciò che è rimasto della fontana, che comprendeva anche una grande vasca/abbeveratoio di forma ottagonale nella foto in basso. Al centro la scultura in pietra locale della culovria cavalcata da un putto, che fasgéva r'criè ömbri e armàu (che faceva ristorare uomini e animali). La parte rimasta, quella con i due canali e la piccola vasca, non è tanto valorizzata, perché sempre nascosta da auto posteggiate lì davanti. Ecco qui sotto come ne parla con gran rammarico il nostro poeta in gallo-italico, Pino Testa:

 

A B'VRAÖRA DÂ TACURA...

 
... Avè a saver ch' nû ciangh dâ Tacura
ggh'era na b'v'raöra centenaria:
égua d' böggh, muddàcchia ma s'cùra,
égua curabu pì rëni e l'urt'cària.
 
Un ottagono d' prëia travagghiàda
dî meggh scarp'llìni ch'avéa Ciazza.
D' prëia bianca, Culòvria cuffulàda
ggh' svum'càva l'égua ch'a t'nëva 'mbràzza.
 
A sett'aubi o ad â scurùa,
cavaucaùra stanca d'ss'ttàva,
dâ ciù puv'rèdda a cödda rr'naudùa,
e ad a dduna a facci ggh' ddavàva.
 
Ma na mattìna d' tant temp fa,
scienza nustràna e polit'ca m'schina,
dâ b'v'raöra d' centenaria età,
n' fés prëia manch' bóna p' rasagghia!
 
Sulu a Culovria scampà d' sta ruina!
... e d' l'égua salutèbu?
Un labile ricordo... ch' fa pözza d' benzina!!
 
P'nùzzu Testa
(Pino Testa)
 
Traduzione: L'ABBEVERATOIO DELL'ALTACURA... Dovete sapere che nel piano della Tacura/ c'era un abbeveratoio centenario:/ acqua di sorgente, molle ma sicura,/ acqua curativa per i reni e l'orticaria./ Un ottagono di pietra lavorata dai migliori scalpellini che aveva Piazza./ Di pietra bianca, la Culòvria accovacciata/ vi vomitava l'acqua che teneva in baccio./ All'alba o al tramonto,/ cavalcatura stanca dissettava,/ dalla più povera a quella superba,/ e alla luna la faccia ci lavava./ Ma una mattina di tanto tempo fa,/ intelligenza nostrana e politica meschina,/ quell'abbeveratoio di centenaria età,/ ne fece pietra neanche buona per pietrame!/ Solo la Culòvria scampò da questa rovina!/ ... e l'acqua salutare?/ Un labile ricordo... che fa puzza di benzina!!
 
cronarmerina.it
 
  • Pubblicato in Fontane
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Giòmetrico contro la crisi

 
Non finì cchiù, sta crisi. Ma che ci hanno fatto, la magaria?
E allora ecco la pozione magica e conseguente rito scongiuratorio.
Certo, sarà un po' complicato procurar minni di buffa
ma in compenso, fimmini arraggiati, di sti tempi, a tinchitè!
 
SCUGNA MALOCCHIU
 
Pilu di zazzamirra sbiddicata,
griddi sgriddati e vermi svirminati,
minni di buffa, sali na picata,
sangu di setti fimmini arraggiati
pigghiati tutti pi conforma su'.
Scugna, malocchiu, e nun 'ncugnari chiù.
 
Tutti 'nfuddati in forma ammusturata
putenti e formidàbbili, ammiscati
a n'agghiu masculignu di nvirnata
e a quattru passuluni scacazzati
'nzingati cu na cruci e fatta fu.
Scugna, malocchiu, e nun 'ncugnari chiù.
 
Poi ca ti jettu sutta p'ogni via,
fa' di riparu stiticu di guai,
giammetri tu, svintura e camurrìa,
cussi comu vinisti ti nni vai.
Pi gloria d'ognissanti e di Gesù.
Scugna, malocchiu, e nun 'ncugnari chiù.
 
Giòmetrico
 

 

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I tornei di basket femminile / 5

Premiazione del prof. Ciccio Ferraro, 1978
(dalla n. 4) I tornei femminili di basket continuarono a svolgersi anche negli anni '70, grazie all'entusiasmo e all'interessamento del maggior rappresentante della pallacanestro della nostra Città, il prof. Francesco Ferraro (1938-2004), per tutti "Ciccio". Consigliere di Amministrazione dell'Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo, si prodigò nell'organizzazione dei tornei estivi ad alto livello e, dopo essere stato anche arbitro di serie A, divenne Presidente del Comitato Prov.le FIP. Ricoprendo questa carica, diede un forte impulso sia allo sviluppo di questo sport e sia alla formazione e all'istruzione della classe arbitrale di pallacanestro di Piazza e non solo. L'incarico di Commissario degli Arbitri Nazionali, lo vedeva ogni domenica in giro per la Sicilia a elargire consigli a destra e a manca alle nuove leve. Anche gli Ufficiali di Campo cioè segnapunti, cronometristi e 30secondisti, di cui anch'io feci parte, risentirono e beneficiarono della grande competenza, esperienza e professionalità del Prof. In collaborazione con l'altro personaggio indimenticabile dello sport di Piazza, Lillo Di Marco, fece sì che numerosi piazzesi raggiungessero vette prestigiose da Arbitri e Ufficiali di Campo. Come me che, da Segnapunti e Cronometrista, arrivai sino alla Serie A Femminile (Priolo-SR) e alla Serie B Maschile (Ragusa). Questa per me è stata un'ottima occasione da non perdere per ringraziarli e ricordarli con non poca emozione.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it   
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Moderni falegnami di Piazza

Sig. Giovanni Casano, uno dei pochi falegnami rimasti nel centro storico
 
Ed eccoci all'elenco dei falegnami MODERNI. Ricordo a chi non avesse letto i due post precedenti, Antichi falegnami di Piazza/1 e Antichi falegnami di Piazza/2,  che la distinzione tra i due elenchi ho ritenuto farla considerando MODERNI quelli che sono nati all'incirca dopo mio padre Gino, classe 1921. Se dovesse esserci qualche errore nell'inserimento di qualcuno nell'uno o nell'altro elenco, me ne scuso anticipatamente, l'importante è averlo inserito senza dimenticarlo.
 
Moderni Falegnami
 
Adamo, Arancio Mario, Avanzato Gino, Azzolina Salvatore piazza Regione Siciliana-via Scarpello, Barresi Tanino allo Stradonello, Biava Martinetto Martino¹ (Tino) sotto il piano Duilio e in via Sant'Agostino, Bologna Angelo, Bologna Melino, Bruno Biagio, Calabria Paolo, Campagna Armando, Campagna Paolo, Casano Giovanni in vico Pilotta (nella foto), Casano Vincenzo (padre di Giovanni)², Cosenza Filippo, Di Bartolo, Falciglia Antonio, Di Gaetano Giuseppe, Di Gaetano Salvatore fratello del precedente, Gagliano Aldo via Cammarata, Garigliano, Grita Giacomo in via Capizzi, Guastella Pippo, Guccio Mario, Labrozzo Gaetano, La Versa Cateno (figlio di Giuseppe in Antichi Falegnami) poi in Belgio, Liuzzo Salvatore in via Mons. Sturzo, Marino Ettore in largo Demani, Marino Ubaldo in via Fuardo, Mazzara Giuseppe in vico Pilotta, Milazzo Pino, Paternicò Pasquale, Pisano Mariano, Prestifilippo Filippo (Liddu) in via Garibaldi, Romano Salvatore, Rossore Salvatore, Scibona Filippo in via Bologna³, Scordi Mario nel cortile Aleotta, Seminato Giuseppe in via Pergola, Talluto Denis, Terranova Gaetano, Valentino Carmelo, Vincifori Nunzio, Zuccarello Salvatore.
 
¹ Da Giuseppe è stato corretto in Martino, dietro segnalazione del nipote il 28/05/2018.
² La parentela con Giovanni mi è stata segnalata dal cugino, Giuseppe Venturino, il 20/07/2019.
³ La figlia Patrizia il 25/07/2019 mi ha precisato che la falegnameria del padre Filippo si trovava in via Bologna, a pochi metri dal piano Arcurio.
 
cronarmerina.it
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Il vino d'Arabia

Una leggenda maturata intorno al VI secolo d.C. in seno alla cultura islamica, narra che un giorno il profeta Maometto si sentì talmente male da far temere per la sua stessa vita. Allah il misericordioso, che aveva in serbo per lui ben altri progetti che non farlo morire a causa di un morbo oscuro, confezionò una pozione che affidò direttamente alle mani dell'arcangelo Gabriele, affinché si precipitasse sulla terra per somministrarla all'illustre moribondo. La bevanda, scura come la Kaaba, la "sacra pietra nera" della Mecca, compì il miracolo: Maometto si riprese all'istante, sconfisse quaranta guerrieri e soddisfò altrettante donne. Non poteva che affondare nel mito l'origine di una bevanda che per tanti versi, o per meglio dire sapori, risulterà leggendaria: il CAFFE'. La novella identifica i tempi e i luoghi in cui storicamente il caffè fa la sua comparsa. Recenti scavi archeologici presso Dubai, negli Emirati Arabi, hanno portato alla luce chicchi di caffè provenienti senza dubbio da una piantagione yemenita e risalenti all'VIII secolo d.C. Intorno al IX secolo i pastori nomadi dell'altopiano di Kaffa in Etiopia conoscevano le proprietà di questa pianta e la sfruttavano per vari usi: mangiavano la dolce polpa dei suoi frutti maturi, come oggi si usa nell'Africa centrale, e ne distillavano un succo che, fermentato, produceva una bevanda alcolica; masticavano le foglie, di cui apprezzavano le capacità eccitanti, o erano soliti preparare con esse un decotto rossastro, il cui liquido veniva utilizzato come rimedio energetico e stimolante; consumato crudo, il seme di questa pianta veniva variamente schiacciato in poltiglia e macerato nell'acqua, o ancora salato e impastato con grassi per la confezione di pani. I contatti tra Etiopia e Yemen erano molto frequenti allora come oggi, e non è improbabile che un mercante di schiavi, durante le sue scorrerie, abbia raccolto i semi per portarli dalle sue parti. Una volta giunto in Arabia, l'arbusto conosce presto la via della commercializzazione e si diffonde a macchia d'olio, anzi di caffè. L'impiego maggiore è sotto forma di decotto, apprezzandone principalmente le proprietà stimolanti, come suggerisce l'etimologia stessa della parola. Il termine qahwa infatti, nella lingua araba, indica ciò che "rapisce e incita al volo", declinato in kahwè, "volontà", nella versione turca. Dunque una bevanda inebriante che innalza l'anima oltre a sostenere la mente dei monaci in preghiera. La connotazione mistica dell'infuso, oltre alla sua natura, contribuì a eludere la rigida proibizione coranica relativa agli alcolici, ed è significativo che il caffè inizio a circolare con la definizione di "VINO D'ARABIA". Le sue virtù non tardarono ad attrarre l'attenzione dei medici arabi e successivamente di quelli della Scuola di Salerno, che lo conobbero per l'attivo traffico della vicina Amalfi con l'Oriente e che lo consigliavano come rimedio per i calcoli renali, la gotta, il morbillo e la tosse. Del processo di tostatura del caffè non si sa quando questo abbia avuto inizio, ma si sa che era ormai radicato tra il XIII e il XIV secolo. E' lo stesso periodo in cui il porto yemenita di MOKA diviene famoso in tutto il mondo arabo come centro di stoccaggio e punto di imbarco, detenendo per moltissimi anni il monopolio per la vendita e la distribuzione della bevanda. La diffusione del caffè è straordinaria e inarrestabile dilagandosi sin dove esiste l'influenza isalmica: Balcani, Africa del nord, Spagna, nessuno sa resistere al vino d'Arabia e nel 1544 Bisanzio, divenuta Istanbul, vede la nascita delle prime botteghe del caffè, dando così alla vita un altro "aroma". (Tratto da 101 Storie sul Medioevo, G. Fava, Newton Compton Ed.) Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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Aspettando il nuovo Vescovo/6

Mons. Mariano Palermo VI vescovo di Piazza nel 1887

Il VI vescovo della Diocesi di Piazza Armerina fu mons. Mariano Palermo nato a Maletto (Ct) nel 1825 (1826 sul quadro nella foto). Fu consacrato Vescovo nel 1881 a Caltanissetta. Dopo aver passato sei anni nella sede vescovile dell'isola di Lipari fu trasferito in quella di Piazza nel marzo del 1887. Viene ricordato come vero e grande pastore di anime e grande benefattore dei poveri istituendo molte Opere di carità e Legati di maritaggio. Resse la nostra Diocesi per 15 anni, durante i quali riversò sul Seminario, sul Clero e sui Fedeli "un'onda purissima di carità". Dalla baronessa Carmela d'Aquino morta nel 1898, vedova dei fratelli Vespasiano e Antonino Trigona baroni di Gerace, il Vescovo ricevette in eredità l'edificio con l'entrata dalla via Garibaldi, divenuto in seguito la sede delle Suore Salesiane Figlie di Maria Ausiliatrice. Inoltre, mons. Palermo ebbe come residenza vescovile estiva, con tutto il seminario, la tenuta di Torre di Renda. Alla sua morte, il 9 febbraio del 1903, si ebbe un brevissimo periodo di sede vacante col Vicario Capitolare mons. Pietro Crea. Si apprende da Wikipedia che fu tumulato in una chiesa suburbana di Piazza, per essere trasferito 21 anni dopo, nel 1924, in Cattedrale. A mons. Palermo nella nostra Città è intitolata una strada che incrocia le vie Intorcetta e Chiarandà.

cronarmerina.it

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