ExclusiveCentraleSx
ExclusiveCentraleDx

Cronarmerina - Aprile 2025

1230 Il Cavaliere Beato Gerlando d'Alemanna

 Il Cavaliere Ospedaliere Gerlando d'Alemanna

 Reliquiario Basilica di S. Giacomo, Caltagirone

Gerlando d'Alemanna, il Cavaliere Ospedaliere che divenne Beato 

La Sicilia all’inizio del XII secolo, tra la I Crociata (1096-1099) e la II Crociata (1145-1149), era passaggio obbligato per tutti coloro che dal continente si recavano in Terrasanta e bisognosi di ristabilirsi dalle fatiche del viaggio. Fu per questo che i cavalieri Templari (o cavalieri Poveri di Cristo o del Tempio di Salomone o Miles Templi o del Santo Sepolcro presso il Tempio di Gerusalemme), raccoltisi originariamente nel 1118, ma ufficializzati come Ordine Cavalleresco nel 1129, si insediarono nell’isola. Ciò lo dimostra la bolla di papa Lucio II del 1144, con la quale il Pontefice sollecitava la popolazione e i religiosi siciliani ad accogliere ed aiutare i cavalieri del Tempio. Da allora l’Ordine iniziò a ricevere in dono denaro e terre dislocate specialmente lungo l’itinerario seguito dai pellegrini palmieri¹ che, solitamente, trascorrevano l’inverno nell’isola prima di salpare alla volta della Terrasanta. Lungo l’itinerario siciliano i Templari possedevano una casa (o grancia) anche ad Aidone, dalla quale dipendevano un mulino e delle terre nei pressi del fiume chiamato Tempio (a circa 4,5 Km a Sud-Est dell’odierna Mirabella Imbaccari, lungo la provinciale n. 37/I Mirabella Imbaccari-S. Michele di Ganzaria) in onore dei Cavalieri, i quali vi costruirono (o trovarono) una chiesetta che chiamarono S. Maria del Tempio². Il fiume Tempio è l’antico Wâdi Bûkarît degli Arabi, il fiume Buffarito di G. P. Chiarandà, storico del Seicento piazzese, il fiume dei Provenzali di un diploma del 1148 e l’odierno fiume di Quattro Teste. Questo fiume nasce nei monti Erei aidonesi, scende verso Mirabella Imbaccari e attraversando la contrada Gatta (anticamente Agata) è detto fiume di Gatta, poi diventa Tempio e dopo qualche chilometro diventa Pietrarossa, poi Margherito, poi del Ferro, poi dei Monaci per confluire, infine, nel fiume Gornalunga che arriva sino alla foce del fiume Simeto. Poco dopo l’inizio del XIV secolo, precisamente nel 1312, papa Clemente V, dopo quattro anni di processi su tutti i membri e di condanne capitali ingiuste, decise l’abolizione dell’Ordine dei Templari, prescrivendo nell’occasione che i loro beni fossero devoluti alla Crociata in genere e specialmente ai Cavalieri Ospedalieri dell’Ordine Militare di S. Giovanni Battista di Gerusalemme (poi di Malta). Col passaggio dei beni dei Cavalieri Templari agli Ospedalieri, la Casa-Ospizio di S. Giovanni Battista di Piazza, ospedaliera, ereditò la Casa Templare di Aidone, comprese le pertinenze di S. Maria del Tempio. In quest’ultima località il percettore della Casa-Ospizio piazzese, per prendere possesso, custodire ed amministrare la chiesetta, il mulino e le pertinenze della località Tempio, inviò l’anziano cavaliere Ospedaliere Gerlando de Alemanna o Gerlando di Bologna, poi de Alemanna, e non come vogliono alcuni, erroneamente, d’Alemagna o di Polonia. Quest’ultimo nome è dovuto sicuramente al seguente errore: Bologna in latino Bononia, scritta nel XIV sec. dagli amanuensi Bolonia, che gli studiosi del XVII sec. leggono Polonia, rinvigorendo la convinzione di origine nordica del Cavaliere, che così spiegherebbe anche il primo nome, anch’esso errato, d’Alemagna. A proposito del cognome de Alemanna il Mugnos, parlando di nobili cittadini di Bologna giunti in Sicilia per porsi ai servigi dell’imperatore Federico II di Svezia, nomina un Nicolò Alemanni che con altri andò “per presidio nella città di Trapani”. In altra parte della sua opera precisa che Riccardetto Alemanno fu stradigoto di Messina nel 1249. Aggiunge ancora che sotto Carlo d’Angiò, nel 1268, un Giorgio Alemanno, conte di Pulchrivo, venne iscritto all’Ordine Equestre della Luna Crescente. Inoltre, Diego Ciccarelli, nel pubblicare documenti dei primi decenni del secolo XIV, segnala la presenza a Piazza del presbitero Giacomo de Alemanna, quindi di gente con cognome de Alemanna.
Nella chiesa di S. Maria del Tempio il cavaliere Gerlando operò da moderatore illuminato, da prezioso paciere nelle controversie e da uomo giusto che con amore si fece protettore delle vedove e dei bambini orfani, e allo stesso tempo si cimentò in aspre pratiche di penitenza, sino alla sua morte avvenuta dopo il 1312, ovvero verso il 1315, all’età di circa 85 anni (la data di nascita, 1230, si ricava dalla data certa del 1242, anno di ricezione del nostro Cavaliere nell’Ordine Ospedaliero del Priorato di Messina, in qualità di paggio, intorno ai dodici anni). Dopo 12 anni dalla sua morte, tra il 18 ed il 19 giugno 1327, a seguito di un sogno di Giacomo Calatafimi, precettore della Casa-Ospedale di S. Giovanni Battista di Piazza, ne venne riesumato il corpo e proprio in quei giorni ed in quelli successivi accaddero fatti straordinari attribuiti dai presenti a miracoli registrati con diligenza dai Giurati della città di Caltagirone. Il forte coinvolgimento per questi accadimenti da parte degli abitanti di questa cittadina, distante circa 5 Km dalla contrada Tempio, era dovuto al fatto che le terre, il mulino e la chiesetta del Tempio erano frequentati soprattutto da Caltagironesi, alla continua ricerca di luoghi ricchi d’acqua. Così questi ebbero la ventura di conoscere Gerlando de Alemanna, apprezzandone la santità di vita. Dopo la morte furono loro a divulgare le notizie su fatti soprannaturali che si erano manifestati nella chiesetta di S. Maria del Tempio, facendoli registrare nel 1327 a Caltagirone in atti notarili della Corte Giuratoria, ai quali seguirono gli atti di un processo apostolico effettuato nel 1331 a Licata dal Vescovo di Agrigento per incarico di quello di Siracusa. Il processo di canonizzazione in seguito si sarebbe arrestato alla Dichiarazione di Beato³. Solo così si può spiegare il grande fervore del popolo, dei Giurati e del Clero di Caltagirone che, a gran voce, chiesero ed ottennero il trasferimento del corpo del Beato dalla chiesetta di contrada Tempio nella basilica di S. Giacomo Maggiore della loro città, ove un prezioso reliquiario antropomorfo del XIV sec. (foto in basso) custodisce, ancora oggi, il cranio del Beato Cavaliere Ospedaliere Gerlando de Alemanna ritenuto piazzese perché <<confortato in merito dalla presenza a Piazza in quel tempo di gente cognominata De Alemanna>>. Gaetano MASUZZO, gennaio 2012

 ¹ Coloro che si recavano presso il Santo Sepolcro di Gerusalemme erano chiamati palmieri, perché al loro ritorno portavano per testimonianza la palma di Gerico. 

² <<Un manoscritto anonimo del XVII secolo, conservato a Malta, restituisce un acquerello con rappresentazione panoramica “a volo d’uccello” del territorio di S. Michele di Ganzaria, arrivando a descrivere anche il feudo del Tempio e la chiesa dei Templari, dall’aspetto vagamente gotigheggiante, forse già in decadenza all’epoca del dipinto. Alcune “vignette” intorno alla chiesa di S. Maria rappresentano dei mulini: quattro di essi recano sul prospetto la croce di Malta, ma di essi non rimane traccia. Tracce di una fortificazione sono state segnalate da studiosi locali in un colle a Nord di S. Michele di Ganzaria, nei pressi del quale si trovava la chiesa, identificata in pochi ruderi rimasti>>. (G. ORRIGO, 1984; BUONO, 1993; dal sito calatinosudsimeto.it/Cultura/Comune di San Michele di Ganzaria/Contrada Tempio)

³ Il Servo di Dio dopo la lettura del Decreto sull'eroicità delle sue virtù viene chiamato Venerabile. Se a questi viene riconosciuta l'intercessione per un miracolo è dichiarato Beato. Se al Beato viene riconosciuta un'altra intercessione, il Papa lo dichiara Santo, autorizzandone il culto ovunque vi sia una comunità di credenti.

cronarmerina.it


 


 

Leggi tutto...

Traduzione Sp'ttànn l'incòntr

A dx in primo piano dov'erano i laboratori di chimica dell'I.T.I.S.

Traduzione de "Sp'ttànn l'incòntr"

Pressapoco una cinquantina di anni indietro

Ancora giovinetti nel laboratorio di chimica

Col camice bianco e le orecchie attente a quello che il professore

Gli diceva per farli diventare grandi

 

Ora uomini fatti ancora in piedi e con la mano tesa per salutarsi

Gli occhi negli occhi per riconoscersi

Perché dopo tanti anni la fisionomia di qualcuno

E' cambiata e non è più quella di una volta

 

Ma un'occhiata non basta per indovinare una vita intera

Del vecchio compagno di scuola che hai davanti

Per questo aspettando l'incontro ognuno si è preparato

Una lista di domande per sapere tutto di tutti

 

Che lavoro ha fatto nella sua vita

Se si è sposato o è rimasto scapolo

Se ha figli e nipotini

E dove sta di casa

 

Mentre le domande e le risposte

Si affollano nella mente di ognuno

Gli occhi della fantasia volano indietro

Negli anni della bella gioventù

 

Ed entrano nell'aula della scuola

Dove ventitre studenti ancora giovani

Davano già dimostrazione

Del proprio sentimento

 

Sembra di vederli come fosse ora

Là seduti sul banco

Guarda c'è l'ironico l'impegnato il sobrio

Il positivo il rispettoso il diplomatico

 

Lo spontaneo il paziente il più giovane

Il volitivo il pratico il posato il socievole

Il serio l'introverso l'allegro

Il misterioso l'aristocratico il più anziano

L'autorevole l'elegante lo scherzoso il furbo

 

Chissà se sono rimasti così o la vita li ha cambiati

Per ora basta fantasticare

Meglio che torniamo coi piedi per terra

E con un bel bacione inizia la vera presentazione

 

Ma non alla cieca meglio chiamare l'appello

L'abbiamo qui bello e pronto

E se qualcuno non risponde... peccato

E' perché la vita se l'è portato via

 

Ma l'abbiamo nominato lo stesso

Per sentirlo ancora tra noi

E ci sono per davvero

Cominciamo...

 

Rosalba Termini, marzo 2016

cronarmerina.it

 

 

 

 

Leggi tutto...

2008 Pubblicazione di "CRONOLOGIA"-1

Sono trascorsi otto anni da quando ho pubblicato il mio volume Cronologia civile ed ecclesiastica di Piazza e dintorni, Edizioni Novagraf, ASSORO 2008,  e desidero riproporvi quello che c'è scritto sul risvolto anteriore di copertina.

<<Su Piazza Armerina sono stati scritti molti libri, in varie epoche e di diverso spessore storico ed ecclesiastico. Ogni libro ha cercato di ampliare e/o completare quello che il precedente aveva lasciato in sospeso, toccando temi che il più delle volte avrebbero lasciato il lettore con più di un legittimo interrrogativo. In questa trattazione l'autore si è "limitato" a raccogliere quante più notizie storiche della propria città e, fissandole bene nel contesto storico-geografico regionale ed oltre, ha cercato di eliminare, il più possibile, facili e atavici equivoci. Questo attento lavoro è stato condotto per la prima volta in maniera cronologica che, attraverso un indice abbastanza completo e preciso, rende agevole la risocstruzione storica dell'argomento che più incuriosisce ed appassiona, permettendo a chiunque un affascinante viaggio nelle proprie tradizioni ed origini>>.

N. B. Chi volesse acquistare il libro può farlo presso la Cartolibreria Armanna, via Remigio Roccella 5, Piazza Armerina, oppure può contattarmi personalmente. 

cronarmerina.it

Leggi tutto...

Due storie tra XVI e XVII secolo/2

Panorama dell'antica città di Noto, P. Hofer, copertina del libro¹

2

Giovanni Cappello medico-filosofo

Dopo il primo argomento (che parla della famiglia Mirabella-Paternò) eccovi il secondo. Per trattare questo, ho preso nuovamente lo spunto dal volume¹ (pag. 59) dello storico ricercatore di Pachino Antonello Capodicasa e riguarda la vita di un medico-filosofo compositore di diversi trattati inerenti varie discipline scientifiche, uno dei quali sulla iatromatematica. Questa materia studia la matematica applicata alla medicina, o meglio, è l'arte di unire gli studi astrologici con l'arte medica ed era una disciplina fortemente radicata negli ambienti scientifici padovani dell'epoca. Questo studioso del XVI secolo, laureatosi all'Università di Padova intorno al 1590, di nome Giovanni (1565-1626) <<era nato da una famiglia aristocratica di antico lignaggio, presente a Noto già nel XIII secolo>>, la famiglia Cappello, che troviamo anche tra Le Famiglie e Stemmi della nostra Città. <<Il padre Antonino era uno dei figli cadetti del barone Giovanni Cappello, signore del feudo Rabugino... La famiglia Cappello era una delle più antiche famiglie nobili di Noto. Sin dal '400 era distinta in due rami: i Cappello del feudo di Bonfalura e quelli del feudo Rabugino in territorio di Piazza (oggi Piazza Armerina). Il fratello primogenito di Giovanni, Giovan Giacomo, ne aveva preso l'investitura nel 1560 come successore del cugino Giovannello Cappello. Dopo qualche anno Giovan Giacomo vendette il feudo ad Ambrogio Catania, cittadino di Piazza, che ne ottenne l'investitura nel 1566>>. Alcuni di questi nomi, Giovannello e Giovan Giacomo, li troviamo assieme ad altri importanti esponenti (Baldassare) nella famiglia Cappello residente a Piazza in quel periodo. Ho voluto che conosceste questa coincidenza, per mettere ancora una volta in rilievo i forti legami che esistevano tra le famiglie nobili e meno nobili delle due città importanti² nel Sud-Est dell'Isola, allora chiamato Val di Noto. Per fare alcuni esempi, sia a Noto che a Piazza durante i secoli XV, XVI e XVII risiedevano rappresentanti oltre che della famiglia di cui abbiamo parlato, anche di quelle dei Landolina, Platamone, Salonia, Sortino, Starrabba e Trigona.

¹ Antonello CAPODICASA, Storie di Noto Antica tra XV e XVII secolo, A.S.S. e C., Effe Grafica Fratanonio, Pachino (SR), 2015.

² La distanza tra i due centri abitati di ca. 130 Km. allora si percorreva in quasi due giorni.

cronarmerina.it

 

 

Leggi tutto...

Aspettando l'incontro

In previsione di un simpatico evento organizzato dai 23 “ragazzi” classe 48 dell’Istituto Chimici di Piazza Armerina, la moglie di uno di essi ha avuto il piacere di dare il proprio contributo, componendo una poesia per immaginare l’atteso incontro.
                                                

SP’TTÀNN L’INCÒNTR

Pressapòch ‘na cinquantìna d’anni ‘ndarrèra
Ancöra giuv’nétti ‘ntô laboratòriu d’ chìm’ca
Cû càm’sg biànch e l’orèggi attènti a cö ch'u professör
Ggh d’sgèva p’ fèrli d’v’nté rànni
 
Öra omni fàtti ancöra a drìtta e ca màngh tìsa p’saluèrs
L’oggi n’ l’oggi p’ r’canòsc’s
P’rchì dòp tant’anni a frosonomìa d’ ‘ncòrcadùngh
Ha cangiàt e nan è ciù cödda d’ ‘na vòta
 
Ma n’uggiàda nan basta p’ ‘nd’v’nè a vìta ‘ntèra
Du véggh cumpàgn d’ scòla ch’ ggh’hai danànzi
P’ cöss sp’ttànn l’incòntr ognùngh s’ha pr’paràt
Na lìsta d’ dumànni p’ savèr tutt d’ tutti

Chi travàggh ha fàtt nâ so vìta
S’ s’ha marià o ha r’stà schètt
S’ ggh n’ha fìgghi e n’vétti
E unna sta d’ càsa
 
Intànt ch’ i dumànni e i r’sposti
S’ fudd’nu ‘nta mént d’ognùngh
L’oggi da fantasìa vol’nu ‘ndarrèra
N’ l’anni da bèdda giuv’ntù

E n’tràs’nu n’ l’àula da scòla
Unna vint-trë studénti ancora giuv’nètti
Dav’nu già d’mustraziöngh
Du pròpriu s’nt’mént

Par d’ scarìr’li còm fuss öra
Ddà s’ttàdi ‘ntô so bànch
Talè ggh’è l’iron’cu u ‘mp’gnà u sòbriu
U pos’tìv u r’spèttös u d’plòmat’cu
 
U spontàniu u pacènziös u ciù carös
U vol’tìv u prat’ch u posàt’ u socièvu
U sèriu l’introvèrsu l’allegracör
U m’st’riös u r’stocràt’c u ciù rànn
L’autorèvu l’elegànt u sghèrzus u fùrb

Cussà s’ana r’stàit accuscì o a vìta l’ha cangiàdi
Peröra basta fantàst’chè
Mèggh ch’ turnöma chi pè ‘ntèrra
E cu ‘nbéu basgiöngh cumënza a vèru pr’s’ntaziöngh

Ma no’ all’urbésca mèggh ciamè l’apéllu
L’avöma zzà beù e pront
E s’ ‘ncorcadùngh nan r’spönn… p’ccà
E’ p’rchì a vìta s’ l’ha purtàit vìa

Ma l’avöma num’nè û stëss
P’ sent’lu ancöra ‘ntra niàutri
E ggh’ su p’ davveru
Cum’nzöma…   

Rosalba Termini, marzo 2016

N.B. Di queta poesia è disponibile la traduzione.

cronarmerina.it

Leggi tutto...

Due storie tra XVI e XVII secolo/1

Panorama dell'antica città di Noto, P. Hofer - copertina del libro¹

1621 Anna Paternò e Mariano Agliata

Parlandovi di Mirabella Imbaccari. Storia di un feudo del XVII secolo, nella parte riguardante l'origine del primo elemento del nome, Mirabella, abbiamo chiarito che deriva da come veniva chiamata la famiglia della moglie, Eleonora Mirabella baronessa di Ricalcaccia, sposata nel 1595 con Giuseppe Maria Paternò barone di Raddusa. L'altra notizia che ricaviamo dalla ricerca è quella del nome del figlio primogenito della coppia, Giacinto, o meglio, Giacinto Maria (1597-1653), che riacquista il feudo di Imbaccari Sottano nel 1630. Degli altri figli della coppia nessuna notizia, sino all'altro ieri, quando tra le mani ho avuto in dono l'interessantissimo libro dell'appassionato storico ricercatore di Pachino, Antonello Capodicasa, Storie di Noto Antica tra XV e XVII secolo, di recentissima pubblicazione¹. Tra i 25 argomenti trattati che invitano a effettuare "un'immersione intensiva nel cuore della società netina dell'epoca", ce ne sono due che hanno attirato la mia attenzione.

1

Il primo argomento riguarda, appunto, l'altra figlia dei coniugi "mirabellesi", la sorella minore di Giacinto, Anna Paternò Mirabella. Il secondo ve lo proporrò il 6 aprile prossimo. A pagina 69 del volume sopracitato, il titolo Mariano Impellizzeri, un castellano in erba non sembra interessarci granché, invece, se vi dico che Mariano fu il marito di Anna Paternò Mirabella, subito drizziamo le orecchie. Mariano Impellizzeri, figlio del barone Tommaso Impellizzeri, signore del feudo di San Giacomo di Belmineo, e di Diana Agliata (o Alliata), figlia di Mariano Agliata barone anche lui di Ricalcaccia, viene ricordato sia per essere diventato castellano del Castello Vecchio di Noto all'età di soli nove anni, nel 1612, fatto strano e insolito anche per quel perido feudale, sia per le vicissitudini (lievi) della sua vita prematrimoniale e, in seguito, per quelle (pesanti) della sua vita professionale. Nel 1618, quando Mariano aveva solo quindici anni, gli fu promessa Anna Paternò², figlia dei baroni di Raddusa. Il contratto matrimoniale... avrebbe avuto validità solo dopo che i futuri sposi, legati da un vincolo di consanguineità³, avessero attenuto la dispensa papale e solo dopo il raggiungimento, da parte di Mariano, della "età perfetta", ovvero dei diciotto anni d'età. Nella suddetta occasione, oltre ai beni dotali, il barone Tommaso avrebbe ceduto al figlio Mariano anche la castellanìa della quale era stato l'amministratore in nome del figlio minorenne. La dispensa papale arrivò l'anno dopo e nel 1621 i due promessi sposi poterono celebrare il loro matrimonio e andare ad abitare in un caseggiato ubicato nella Piazza Maggiore di Noto*. In seguito la coppia ebbe nove figli e Mariano ricevette in dono dal padre il feudo di Burgio in territorio di Butera, del quale acquisì il titolo di barone. E adesso passiamo alla sua vita professionale. La sua esperienza di castellano del Castello Vecchio subì una lunga sospensione a causa di alcune noie con la giustizia per una lettera di denuncia, scritta dal patrizio della città, in seguito a una grave lite, avvenuta in occasione della festa di San Corrado, tra due giovani di due nobili famiglie cittadine. All'inizio sembrava una cosa di poco conto, ma la questione si complicò quando per placare gli animi e venire a capo delle responsabilità, il Viceré mandò un suo delegato. Questi, acquisite le debite informazioni, lo accusò di essere un testimone reticente e di voler ostacolare l'accertamento della verità. La vicenda si complicò a tal punto che nel 1627 Mariano fu costretto a donare ai figli tutti i propri beni per evitare la confisca. La sua assenza da Noto in quel periodo fa pensare che forse fosse, addirittura, detenuto in qualche carcere del regno. Mariano fu reintegrato, per clemenza reale o sentenza a lui favorevole, nella carica di castellano nel 1637 e solo nel 1646 tornò in possesso dei propri beni. Nel dicembre di quest'ultimo anno si recò a Palermo, ma lì si ammalò gravemente per spegnersi nel gennaio del 1647. Prima di morire designò il figlio Vincenzo suo successore nella castellanìa, la moglie Anna sua erede universale e dispose che fosse sepolto definitivamente in una cappella costruita nella chiesa dei Padri Cappuccini di Noto. La moglie di Mariano, Anna Paternò Mirabella, morì due anni dopo nel novembre del 1649, distrutta dal dolore per l'uccisione del figlio Giuseppe (luglio 1649) e per la prematura scomparsa di un altro figlio, Carlo (settembre 1649). (continua)

¹ Antonello CAPODICASA, Storia di Noto Antica tra XV e XVII secolo, A.S.S. e C. Editore, Effe Grafica Fratantonio, Pachino (SR) 2015.

² Di lei non si conosce la data di nascita, ma doveva essere molto giovane e quasi coetanea del marito.

³ I due sposi erano figli di due sorellastre, Eleonora Mirabella e Diana Agliata, figlie della stessa madre, Isabella Iurato (o Giurato), che aveva sposato prima Biagio Mirabella e poi Mariano Agliata. A ogni matrimonio la baronessa Iurato aveva portato in dote ai mariti il titolo di barone di Ricalcaccia e/o Spinagallo, Caddeddi e Bufalefi.

* Nel XVI secolo Noto era chiamata civitas ingeniosa e aveva il privilegio di occupare l'XI posto nel Braccio Demaniale delle Città del Parlamento Siciliano. Prima del terremoto del 1693 Noto contava oltre 13.000 abitanti mentre Piazza, civitas delitiosa al XXIII posto, ne contava 16.000.

cronarmerina.it 

 

Leggi tutto...

1925 I Commercianti a Piazza/14

Il pizzicagnolo da noi chiamato u but'gàru (butièr in gallo-italico)

(dal Post 13)

È la volta dei sottoelencati Commercianti presenti a Piazza nel 1925

PELLAMI

BARRESI AGOSTINO

CONTI SCOZZARELLA CALOGERO

MARINO FILIPPO¹

MARINO MARIO VASTA

VITALI MODEST. & FLIPPO (conciatore)


PIZZICAGNOLI²

BUTTIGLIERI CARMELO³

DI GIORGIO GAET.

DI MAGGIO ANTONINO

MELLIA DOMENICO4

STIVALA FILIPPO


RAMAI

ACCARDI

BURZI GIACOMO

G. PORTOGALLO5


SAPONIFICI

SAPONIFICIO ARMERINO (F. Salemi & C.)6


SARTI

BALISTRERI ANGELO

BILARDO

CANNIZZO ANTONIO

DECURTIS GASPARE

DI GAETANO FELICE

GRAZIANO ANDREA

MANGANARO GIUSEPPE

MANGANO GIUSEPPE7

MARTORANA GIUSEPPE DI NATALE

MESSINA MIRAGLIA

POCOROBBA R.

SPADARO FRANCESCO

VALENTI GASPARE8

VILLARI


SEGHERIE

CRESCIMANNO ANDREA

D'AGATA SALV.9

MELLIA & C.10

SAPONIFICIO ARMERINO6


STOVIGLIE

CONTI CONCETTO

DRAGOTTA GIUSEPPE

ZOLFINO ANTONINO11

¹ E' lo stesso che si trova negli ARTICOLI PER CALZATURE.

² E' un termine ormai in disuso per chiamare il gestore del negozio o bottega che vende salumi, formaggi e altri generi alimentari.

³ Forse parente di Buttiglieri Donato tra i CAFFETTIERI.

4 Marito della signora Bilardo che continuò l'attività del marito insieme alla figlia in piazza Garibaldi 28.

5 Lo troviamo anche tra i FABBRI.

6 Presente anche nel GHIACCIO ARTIFICIALE (fabbr.)

7 (1898?-1964) Aveva tra i suoi clienti tutto il clero piazzese.

8 Questo sarto mi era stato suggerito anche da mio padre Gino. Aveva aggiunto che era tra i più bravi e il suo laboratorio si trovava in via Umberto accanto al negozio di scarpe del sig. Seminato.

9 E' presente anche nel LEGNAME (neg.)

10 Lo troviamo anche tra gli AMMOBIGLIAMENTI COMPLETI nell'Unione Meccanica del Legno.

11 Qui nuovamente un errore di stampa per lo stesso cognome. Doveva essere "ZAFFIRO ANTONINO" trovato anche tra i LATERIZI come "Zaffino Ant. & Figli" e lo troveremo anche tra le TEGOLE come "Zalfino Fratelli".

(continua)

cronarmerina.it

Leggi tutto...

Fontanella Carmine/n.17

Questa è la Fontanella Carmine n. 17 del censimento che questo sito sta facendo ormai da più di due anni. Ormai in disuso, dalla base solida su cui è situata si intuisce che è molto antica e doveva essere molto frequentata e indispensabile per i Casaluttéri di quella zona. Si trova a pochi passi dalla chiesa del Carmine con l'annesso convento Carmelitano che si vedono in fondo alla foto. La chiesa è dedicata alla Madonna o Beata Vergine dell'Annunciazione. Del complesso ecclesiastico si hanno le prime notizie dalla metà del XIII secolo, quando i Cavalieri Crociati dell'Ordine Teutonico, a seguito di Federico II di Svevia, costruiscono i primi tre piani della Torre a guardia della vallata dell'Altacura, torre che poi diventerà il campanile della chiesa della cui parte antica non si hanno notizie, mentre quella attuale risale al 1652. Allla metà del Cinquecento invece risale l'inzio della costruzione del chiostro per l'interessamento dei vari priori del convento, quasi tutti membri di antiche e nobili famiglie piazzesi (d'Aidone, La Monica, La Vaccara) di cui si hanno testimonianza nei blasoni in pietra arenaria sulle arcate del chiostro. Il convento carmelitano arricchì la Città di predicatori carismatici (es: nel 1555 Priore P. Timeo) e di valenti educatori per la loro Casa di Studi esistente dalla prima metà del XV secolo e fu la sede, nella seconda metà del Cinquecento, dell'importantissima Scuola Musicale Piazzese di cui fecero parte numerosi carmelitani piazzesi oltre al più famoso laico, Antonio il Verso, che studiò nell'altro Studio Pubblico presente a Piazza sin dal XIII secolo, quello dei Domenicani poi sede del Seminario Vescovile.

cronarmerina.it

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS

Ricerche Storiche

Censimenti

Storia Civile

Storia Ecclesiastica

Curiosità

Come Eravamo