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Cronarmerina - Aprile 2025

Cacciatori anziani

Per due cacciatori avanti con l'età non è più come una volta quando sautàv'nu e bancùni bancùni: meglio sedersi a mangiare 'nmastiöngh (un boccone) ristorandosi e godendosi il panorama da campàgna ciaccësa.

I döi cazzaöri

Carm'lazz' è tönn scuscià.

Iè sign dû tönn sd'rramà.

Avöma fatt' cert' 'mbeu p'nzer

D'annè tutti döi a cacciër!

Nan appena 'ncav a ressa r'vadi,

F'sciò, cartucci e zaini carriadi!

Carmè, talè nan sign tönn pazz:

Cösta muntada cert' nan mâ fazz!

Prima gghâ fasgeva a cianè,

Annav'mu i cunigghi a stratagghè.

Öra ch' simu vëgghi e scunurtadi,

D' zzà manch m' möv a scuv'ttadi!

Tira föra l'aulivi cu frumagg,

E u sciasch cû vingh ch'è furagg!

Ernesto Caputo (1925-1990, biografia del poeta)   

 

TRADUZIONE

I due cacciatori

Carmelo non ha più forza nelle gambe.

Io sono completamente a terra.

Abbiamo avuto certo una bella idea

Di andare insieme a caccia!

Appena arrivati sul posto,

Fucili, cartucce e zaini in spalla!

Carmelo, guarda che non sono completamente pazzo:

Questa salita, di sicuro, non la faccio!

Prima ce la facevo a salire,

Riuscivamo ad anticipare i conigli.

Ora che siamo vecchi e sconsolati,

Di qua non mi muovo. neanche a schioppettate!

Tira fuori le olive col formaggio,

E il fiasco di vino che ci ristora!

 

(tratta da Ernesto CAPUTO, Vösg d' Ciazza, Terre Sommerse, Roma 2015, pp. 64, 65)

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Edicola n. 36

Edicola n. 36, via Monte 22

Tela dell'Assunta o dell'Assunzione (non Annunciazione)³, Filippo Paladini (Paladino), 26 ottobre 16114, Cattedrale di Piazza Armerina

Nella foto in alto c'è l'Edicola Votiva n. 36 del mio censimento intitolata Edicola dell'Annunciazione. Il perché di tale intitolazione sta nella chiara intenzione dell'artista di riprodurre l'immagine del dipinto (foto in basso) molto più grande che si trova sull'altare della cappella dell'Annunciazione nel transetto di sx della nostra Cattedrale (la cappella dall'agosto 2012 ospita i due monumenti funebri dei vescovi C. A. Sajeva e V. Cirrincione). Infatti, si nota chiaramente la somiglianza tra le due opere e risulterebbe molto interessante sapere sia l'autore che il committente dell'edicola e, perchè no, anche il periodo. Sicuramente dovevano essere ambedue abitanti della zona, forse della stessa via, considerando pure la riproduzione del tema ammirato chissà quante volte nella vicina Cattradàu. Tengo a precisare che avevo trovato sempre chiusa¹ l'edicola ogniqualvolta passavo dalla via Monte, ma i vicini mi assicuravano che si trovava sempre aperta nel periodo natalizio², quando per le Novene vi si accendevano i fuochi e la piccola banda musicale intonava l'inno indimenticabile Li pompi pi l'aria.

¹ La foto mi è stata gentilmente inviata da Filippo Rausa, facendomi notare anche la particolarità che la rende simile al prestigioso dipinto in Cattedrale dell'artista Filippo Paladini (Paladino).

² Se ne occupa il vicino macellaio, signor Lillo Grillo.

L'1 maggio 2016 sono stato informato del restauro di questa Edicola ad opera del Sig. Lillo Lombardo a titolo puramente gratuito. «Il sig. Lombardo, bravo restauratore, ne ha curato il recupero, ripulendo tutte le parti soggette all'usura del tempo, trattando la struttura con dei prodotti che hanno tonificato il colore del legno, e che contribuiranno a difenderlo dagli agenti atmosferici» (dal sito del Nobile Quartiere Monte

³ Oggi 21/06/2019, in seguito alla segnalazione dell'amico Antonio Barbera del 18/06/2919, ho fatto alcune ricerche e invece dell'Annunciazione si tratta dell'Assunzione, come riportato nel Dizionario Biografico dell'Enciclopedia Treccani alla voce PALADINI, Filippo.

4 Cf. Domenica Sutera, La chiesa madre di Piazza Armerina, Ed. Lussografiche, Caltanissetta 2010, p. 213.

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Come doveva essere

Antico dipinto della Madonna del Gorgo Nero, XII sec.

Madonna del Gorgo Nero, Luigina RECH

Tra le 100 chiese elencate nel mio volume Cronologia civile ed ecclesiastica di Piazza e dintorni del 2008, avevo posto tra le 5 chiese urbane abbattute anche quella intitolata alla Madonna del Gorgo Nero. Questa era una delle due chiesette situate nel Borgo del Patrisanto, oggi Piano Teatini, prima fuori le antiche mura della Città. Notizie di questa chiesa si hanno a partire dal VI - VII sec. quando il borgo era abitato da gente greca e, successivamente, da quando iniziò a custodire il dipinto nella foto in alto. Per questo motivo la chiesa, prima dedicata genericamente a S. Maria, iniziò a essere chiamata Chiesa della Madonna del Gorgo Nero¹. Alla Madonna fu dato questo nome perché poco vicino la chiesetta c'erano alcune sorgenti di acqua termale e solfurea, quindi nera e puzzolente, che il popolo chiamava "Gorgo Nero". L'acqua di queste sorgenti confluiva nelle vasche della zona sottostante ove veniva utilizzata per bagni termali e terapeutici nella cura della pelle. Per questo motivo la zona venne chiamata "Altacura" poi trasformatosi anche in "Taccura". Di questo pozzo e di altri presenti nel nostro territorio ne parla anche il geologo francese Dèodat de Dolomieu di passaggio nella nostra città nel 1791 (leggere la nota 3 in Edicola n. 33). Ovviamente nessuno, tranne i nostri antenati di tanti secoli fa, aveva visto il dipinto coi colori originali. Neanche l'ultimo restauro era riuscito a ricomporli in minima parte, tanto era in pessime condizioni. Invece, domenica scorsa, visitando la mostra Giubileo Straordinario degli Artisti, Gli splendori della Misericordia al Museo Diocesano di Piazza Armerina, accanto alla teca con l'antico dipinto ho trovato la sua riproduzione (foto in basso) eseguita dalla pittrice Luigina RECH. L'artista di Orte (VT) che vive e lavora a Roma, ha ridato sapientamente luce e colori a tutto ciò che ormai era irrimediabilmente conforme al pigmento indicato nel nome dell'opera, nero. Mi ha fatto un certo effetto scoprire finalmente i tanti elementi essenziali del dipinto (oltre ai volti della Madonna e del Bambino, il libro nella mano sinistra del Bambino, la croce sul velo che copre la fronte della Madonna, la stella sulla spalla della Madonna indicata dalla mano destra del Bambino) mentre prima era già difficile scorgere quel poco che rimaneva dell'immagine complessiva. Anche se non dipinta su tavola, l'opera ha tutte le caratteristiche delle icone, raffigurazioni sacre dipinte su tavole prodotte nell'ambito della cultura bizantina per la quale ogni suo elemento pittorico assume un significato teologico particolare, persino nella preparazione e nel materiale utilizzato. Concludo ricordandovi che il culto religioso della Madonna è tipicamente bizantino e si diffuse in tutti i territori sottoposti ai Bizantini, pertanto anche in Sicilia si diffuse il culto religioso della Madonna dell'Itria², abbreviazione dell'antichissimo titolo bizantino di Odegitria o Odigitria, che gli imperatori di Costantinopoli diedero alla Madonna come "guida nel cammino della vita" (Madonna del Buon Cammino). Per i Siciliani era un culto così importante che a Roma, nel 1593, gli abitanti originari dell'Isola ivi residenti intitolarono sia la loro confraternita/congregazione, fondata per visitare gli infermi e soccorrere i bisognosi in specialmodo "connazionali" di passaggio, sia la chiesetta/ospedale, oggi in via del Tritone 79, alla Madonna dell'Itria detta di Costantinopoli.

¹ In qualche testo anche "della Fonte di Vico" riferendosi alla fonte presente in questo "borgo" abitato da gente greca allora fuori le mura.

² A Piazza esiste la chiesa di fine Cinquecento inizio Seicento a pochi passi dalla piazza Garibaldi, scendendo verso il quartiere Canali. Dal dicembre 2007 la chiesa, dopo aver subito un crollo di un'ala per le abbondanti piogge, è stata chiusa al culto. Nel giugno del 2014 si è aperta anche una voragine ai piedi dei puntellamenti che sorreggono il fianco della chiesa crollata precedentemente. Dal primo crollo la via Itria è rimasta chiusa creando disagi enormi agli abitanti di quella zona. Dopo nove anni tutto è fermo. Tutto tace, inesorabilmente.

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Borgo Rurale Cascino/2

La piazza di Borgo Cascino oggi, lato Nord

La piazza di Borgo Cascino oggi, lato Sud

Il Borgo Rurale Antonino Cascino

2

(dalla Parte 1) Tutta la vita del Borgo ruotava intorno alla piazza quadrata con gli assi sfalsati. Sul lato Sud c'era un ingresso alla piazza (1), la scuola rurale (2)¹ e la trattoria (14) adiacente al forno e alla scuderia (13). A Ovest l'ufficio postale (3) e la caserma dei carabinieri (4) unita alla sede dell'Ente ECLS (5) da un arco, posto al vertice Nord-Ovest della piazza. Più verso Nord c'era la canonica (6) separata dalla chiesa (7) da un cortile, a fianco della chiesa l'accesso da Nord (8). Sul sagrato della chiesa, sul lato destro della scalinata, c'era la statua in conglomerato dell'Angelo del Buon Raccolto, dello scultore catanese Eugenio Russo. La statua è quasi scomparsa del tutto perché danneggiata durante un intervento di manutenzione sulla chiesa per una trave caduta dall'alto. La chiesa a navata unica ha al suo interno una via crucis realizzata dall'artista Giovanni Ballarò, mentre l'affresco dell'abside, raffigurante San Francesco di Assisi a Borgo Cascino, fu commissionato al decoratore Carmelo Comes. Lungo il bordo Est, dalla parte opposta della chiesa, separati dalla strada dell'ingresso Nord (8), vi sono le case degli artigiani (9), tre alloggi costituiti da tre camere, ingresso, cucina e servizi igienici e, di seguito, l'ambulatorio medico (10) comprensivo di alloggio. La quinta Est della piazza è essenzialmente costituita dal fabbricato che avrebbe ospitato gli uffici comunali ovvero la delegazione del podestà, l'Opera Nazionale Combattenti e i sindacati (11) unito all'ambulatorio medico da un arco. Nella facciata di questo edificio si trovano la lapide del Gen.le Cascino e la targa dell'Ente ECLS. La Torre Littoria (12), che non si vede nelle foto, ma che ho proposto in Borghi Rurali fascisti in Sicilia/3 e che doveva sorgere antistante alla delegazione podestarile, successivamente venne spostata fuori dal perimetro della piazza, quando gli altri edifici del borgo erano stati ultimati, mentre l'edificazione di essi avvenne contemporanea. La Torre Littoria conteneva il serbatoio dell'acqua potabile e il suo progetto definitivo venne redatto nel 1941 dall'ing. Rubino, mentre il grande serbatoio definitivo lo troviamo poco distante lungo la SP30 senza alcuna iscrizione e a pochi metri da una fontana/abbeveratoio. Successivamente vennero pianificati un ampliamento del borgo e la costruzione di due sottoborghi; la progettazione, conformemente a quanto era stato disposto da Mazzocchi Alemanni, venne affidata sempre al Giuseppe Marletta. I Lavori, però, non vennero mai nemmeno iniziati, anche perché si entrava in piena emergenza bellica. Resta il fatto che gli unici interventi eseguiti negli anni su Borgo Cascino furono quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria condotti dall'Ente che, contrariamente a quanto avvenuto per gli altri borghi, non hanno intaccato l'estetica degli edifici, il cui aspetto complessivo resta vicinissimo a quello originale. Al mantenimento dello stato di salute del borgo hanno sicuramente contribuito gli occupanti degli edifici. E' possibile che questa maggiore attenzione nell'evitare di danneggiare l'aspetto esteriore di Borgo Cascino sia anche in relazione alla tipologia e alla storia delle persone che attualmente vi risiedono.² Molti di loro hanno infatti conosciuto Borgo Cascino quando era stato costruito da poco. Qualcuno vi è nato, come il figlio di chi aveva avuto l'incarico di portalettere. Altri vi hanno trascorso una parte significativa della loro vita, come il maresciallo della stazione dei carabinieri, che vi è rimasto dopo il congedo. Diversamente da quanto accaduto in altri Borghi raramente si è giunti all'instaurazione di rapporti conflittuali. Nel settembre 1969 il Borgo Cascino dall'ESA è stato ceduto al Comune di Enna ma gli ultimi interventi pubblici di una certa entità sul borgo risalgono al 1967. Oggi se si può osservare un quasi perfetto borgo rurale ECLS costruito più di settanta anni prima, il merito è dei residenti considerati, però, ancora occupanti abusivi. (tratto da VoxHumana, La Via dei Borghi)

¹ Tanti maestri elementari piazzesi vi iniziarono la loro carriera di insegnanti.

² Il post relativo a Borgo Cascino è stato redatto nel 2012.

(continua)

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Borgo Rurale Cascino/1

La lapide¹ che ricorda il Gen. le Antonino Cascino

Il Borgo Rurale Antonino Cascino

1

Tra gli otto Borghi Rurali, nati durante il periodo fascista per dare "l'assalto al latifondo" in Sicilia, ci fu anche quello dedicato al generale piazzese Antonino Cascino. L'attribuzione del suo nome al borgo avvenne sempre per Regio Decreto del 9 dicembre 1940 e, caso unico tra i borghi ECLS,² vi è anche una lapide che riporta la motivazione per il conferimento della medaglia (nella foto). L'ubicazione di Borgo Cascino fu studiata in modo da richiamare alla mente l'immagine del "paesino rurale di collina". Sorge infatti a 2 Km ca. in linea d'aria dalla SS122, su una collinetta con una superficie di base di una quindicina di ettari, che si innalza almeno di una cinquantina di metri rispetto al suolo circostante. I più vicini rilievi si trovano mediamente a un paio di chilometri di distanza. Uno di questi è monte Pasquasia, ove si trova l'omonima miniera di sali potassici. Qualche borghigiano riferisce che le pendici del monte avrebbero costituito la sede inizialmente designata per la costruzione di Borgo Cascino. Il terreno su cui sorge il borgo fu espropriato alle famiglie Greco-Militello e Lo Manto per un totale di £ 1.842.224. L'incarico per la progettazione fu affidato all'ing. Giuseppe Marletta, architetto catanese e giovane professionista e per la costruzione all'impresa Società Muratori Riminesi con un preventivo di spesa di £ 970.102. La strada di accesso di ca. 150 m, si dirama come deviazione dalla SP30 che congiunge il bivio SS122-SS117bis, con la SS560, deviazione realizzata unicamente per servire il borgo. I chilometri da Enna Bassa sono 14,1 mentre da Piazza Armerina sono 35 (non passando per Enna Bassa, altrimenti sarebbero 41). (Tratto da VoxHumana, La Via dei Borghi)

¹ La data "15 Settembre 1917" alla base della scritta si riferisce al ferimento alla gamba destra che lo portò alla morte il "29 Settembre 1917" per <<ferita a fondo cieco coscia destra da palletta shrapnell flemmone e setticemia>> come risulta dall'Estratto dell'atto di morte del 20 ottobre 1917 rilasciato a Roma dal Ministero della Guerra ove è indicato <<L'anno 1917 ed alli 29 del mese di Settembre nell'Ospedale Chirurgico Mobile "Città di Milano" mancava ai vivi alle ore Ventidue in età di anni cinquantacinque il Maggior Generale Cascino Comm. Antonino, Comandante la 8^ Divisione>>. (tratto dalla fotocopia in F. P. ORLANDO, CASCINO, C.A.S.A., PIAZZA ARMERINA 2016, p. 105)

² Ente per la Colonizzazione del Latifondo Siciliano.

(continua)

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I Chimici del '68

Eccovi gli alunni delle V CHIMICI dell'Istituto Tecnico Industriale di Piazza Armerina anno scolastico 1967-1968 che si sono ritrovati dopo quasi mezzo secolo. L'incontro è avvenuto venerdì scorso nell'aula magna dell'ITIS intitolato al fisico catanese Ettore Majorana e accolti dal Dirigente Scolastico Prof.ssa Lidia Di Gangi e dal primo collaboratore con funzioni di vicario Prof.ssa Vilma Piazza.

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Ernesto Caputo

Con la presentazione del libro di poesie nella foto, conosciamo un altro poeta nonché "irripetibile personaggio"¹ che si affaccia sul panorama della nostra lingua gallo-italica.

Ernesto Caputo Bottari nacque a Piazza Armerina il 27 maggio 1925. Frequentò il Liceo Classico distinguendosi per la sua bravura in Latino e Greco. Imparò benissimo il francese, prendendo lezioni dalla zia Matilde, lo spagnolo dal padre, che era stato per nove anni a Buenos Aires e, con lezioni private, l’inglese sia quello britannico che quello americano. Iscritto alla facoltà di Medicina poi cambiò per quella di Giurisprudenza ma, al termine degli studi, non andò a discutere la tesi. Si sistemò prima al Banco di Sicilia poi, definitivamente, all’Esattoria come cassiere. Sposatosi nel 1951 ebbe due figli, Enzo e Paolo, con la moglie Angela Bifera, figlia di don Paolo, pasticcere originario di Acireale (n.d.r. dal quale tutta la mia generazione, i nati negli anni Cinquanta, andò a gustare i prelibati gelati in Piazza Garibaldi, accanto al famoso Valentino magazzino per tutti). Coltivò tante passioni: la musica, la pittura, la scultura, la poesia, lo spettacolo e la caccia. <<La caccia era per lui più che uno svago una missione. Ernesto Caputo era davvero un cacciatore; ma di quelli che all’odore acre della polvere da sparo, preferiscono la poesia delle mattinate avvolte di bruma […] amava raccontare […] le avventure trascorse con il fucile in spalla […] animate da quella sua strana cultura del cane da caccia. E chi non lo ricorda a passeggio con al guinzaglio il cucciolo, ultimo arrivato ma sempre bellissimo. Ernesto è […] uno di quei personaggi che fanno di un posto una città […]. E questa città Ernesto ha amato come pochi: ne ha dipinto gli aspetti, cantato le vicende, rimpianto il passato, celebrato la storia, le tradizioni, la lingua>>¹. Ernesto Caputo si spense il 14 gennaio del 1990. Riposa nel Cimitero di Santa Maria di Gesù e sulla lapide il figlio Enzo fece incidere: Alle muse donò il cuore, a Piazza i versi, a noi lacrime e sorrisi. (tratto dalla BIOGRAFIA, a cura del figlio Enzo Caputo, in Ernesto CAPUTO, Vösg d’ Ciazza, Poesie in dialetto galloitalico piazzese, a cura di Fabio Furnari, Terre Sommerse, Roma 2015)

¹ Tratto da M. PRESTIFILIPPO, Orizzonti, in Ernesto CAPUTO, Vösg d’ Ciazza..., 2015, p. 10. 

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Borghi Rurali fascisti in Sicilia/3

 

La piazza di Borgo Cascino con la Torre Littoria/Serbatoio dell'acqua potabile

3

(dalla Parte 2) Nel 1939 il regime fascista iniziò una nuova fase nella politica di sostegno alla mezzadria denominandola “assalto al latifondo”, che portò alla nascita dell’ECLS (Ente per la Colonizzazione del Latifondo Siciliano) e alla fondazione di alcuni piccoli borghi destinati a diventare centri di servizi del futuro appoderamento delle aree incolte circostanti. Nacquero così otto Borghi, ognuno di essi atto ad accogliere circa 1500 persone con una serie di strutture edilizie e urbane (la chiesa, la canonica, la casa del fascio, la caserma, la casa sanitaria, locali per artigiani, la trattoria, la farmacia, l’ufficio dell’Ente di colonizzazione, la scuola rurale). L’ECLS ebbe una durata di dieci anni, ma sostanzialmente operò per meno di quattro anni. Ufficialmente l’ECLS (del ministero dell'agricoltura, nazionale) uscì di scena nel 1950, lasciando il posto all’ERAS (Ente per la Riforma Agraria in Sicilia, dell'assessorato regionale).

Gi otto Borghi, uno per provincia¹, furono intitolati alla memoria di medaglie d’oro al valor militare e a martiri fascisti.

1) 1939 Borgo Giacomo Schirò (eroe civile) (Monreale/Corleone, PA);

2) 1939 Borgo Gigino (Calogero) Gattuso (martire giovane fascista) poi Borgo Petilia (dal console romano Lucio Petilio) (c/o Caltanissetta);

3) 1939 Borgo Pietro Lupo (tenente fanteria, Catania 1899-Giabassirè/Etiopia 1936) (Ramacca/Palagonia, CT);

4) 1940  Borgo Antonio Bonsignore (capitano dei carabinieri, Arigento 1896-Gunu Gadu/Etiopia1936) (Ribera, AG);

5) 1940 Borgo Amerigo Fazio (camicia nera aiutante di campo, n. 1896-Etiopia 1936) (Salemi, TP);

6) 1940 Borgo Antonino Cascino (generale dell’esercito, P. Armerina 1862-Monte Santo 1917) (c.da Branciforte EN, km 35 da Piazza Armerina);

7) 1940 Borgo Salvatore Giuliano (caposquadra legionari/lavoratori dell’Asmara-Eritrea, n. Roccella Valdemone-m. Asmara) (Cesarò/S. Teodoro, ME);

8) 1940 Borgo Angelo Rizza (giovane siciliano morto in una rissa, 1904-Siracusa 1921) (Lentini-Sortino, SR).

A partire dal 1940 (tranne uno nel 1938) furono realizzati altri sette Borghi, mentre altri 35 Borghi furono pianificati e progettati prima dall’ECLS, poi dall’ERAS dal 1950 e, poi ancora, dai Consorzi di Bonifica. Tra questi 35 borghi ci furono quelli mai realizzati, quelli realizzati parzialmente e poi abbandonati (i cosiddetti Borghi Fantasmi) e quelli effettivamente realizzati. Tra questi ultimi vi fu il Borgo Baccarato (Aidone, EN) costruito tra il 1956 e il 1958. (tratto da VoxHumana, La Via dei Borghi)

¹ Nonostante la IX provincia di Ragusa fosse già stata istituita nel 1927. 

(continua)

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Borghi Rurali fascisti in Sicilia/2

La chiesa di Libertinia c/o Ramacca - CT, 1926¹

2

(dalla Parte 1) Durante il regime fascista nell’ambito di una pianificazione del territorio agricolo, che prevedeva quasi sempre la bonifica idrico-ambientale, e nell’ottica di un tradizionalista ritorno alla terra e alla civiltà contadina preferiti alla grande urbanizzazione, dal 1928 iniziò un’intensa attività di fondazione di nuovi insediamenti. Gli obiettivi erano molteplici: favorire nuove possibilità di sfruttamento agricolo in zone poco produttive; incrementare la produzione agricola nazionale in un periodo di autarchia per raggiungere l’autosufficienza; creare una classe sociale di piccoli mezzadri o proprietari agricoli legati alla terra con tutta la famiglia immuni alla crisi d’identità causata dal rapporto salariale e dall’inurbamento; occupare un gran numero di disoccupati; stabilizzare la struttura sociale; controllare più facilmente piccoli gruppi di persone per catturarne il consenso; comprimere redditi e consumi per assorbire la manodopera cui l’industria non poteva dare lavoro; combattere la denatalità assieme ai disordini sociali e alla degenerazione della razza per assicurare così la sanità fisica e morale della “stirpe italiana”; promuovere all’estero l’operazione di grande valenza propagandistica del regime. I nuovi insediamenti sia per le modeste dimensioni che per le caratteristiche progettuali, non erano assimilabili a un centro urbano vero e proprio. Quasi tutti erano rappresentati da un’area d’insediamento sparso con le case rurali poste direttamente sull’appezzamento agricolo assegnato alla famiglia colonica. Al centro dell’area erano posti i servizi intorno a una piazza (chiesa, casa del fascio, caserma dei carabinieri o della Milizia, ufficio postale, scuola, consorzio agrario, spaccio, barbiere, locanda). Le aree da “popolare” erano ricavate da terreni demaniali incolti o da aree acquitrinose acquisite a poco prezzo e affidate all’ente incaricato della bonifica che provvedeva all’assegnazione dei vari appezzamenti a famiglie di mezzadri che avrebbero nel tempo ripagato gli investimenti iniziali e, in seguito, riscattata la proprietà. In Sicilia i primi insediamenti iniziarono a cavallo degli anni Venti e Trenta: Mussolinia (c.da Piano Chiesa - Bosco Santo Pietro - Caltagirone, CT) il progetto del 1923 non verrà realizzato; Borgo Littorio (Rocca Busangra, Campofelice di Fitalia/Corleone, PA) nel 1925; Libertinia (Ramacca, CT) nel 1926; Sferro (Paternò, CT) nel 1927; Borgo Recalmigi (Castronovo di Sicilia, PA) nel 1927; Borgo Bardara (Lentini, SR) nel 1927; Borgo Santa Rita già Borgo Pisciacane, CL, nel 1927; Borgo Filaga (Prizzi, PA) nel 1928; Villaggio Pergusa, EN, nel 1935.

¹ La foto è tratta da VoxHumana, La Via dei Borghi.

(continua)

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Borghi Rurali fascisti in Sicilia/1

Contadini al lavoro nei latifondi siciliani, inizio Novecento

La mostra sulla I Guerra Mondiale e il libro¹ sul Gen.le Antonino Cascino (1862-1917) di ieri al Circolo di Cultura di Piazza, mi hanno dato lo spunto per parlare dei Borghi Rurali sorti durante il regime fascista in Sicilia ad uno dei quali fu dato il nome del generale medaglia d'oro piazzese, Borgo Cascino.²

1

Il problema millenario del latifondo

<<Nel primo millennio d.C. la Sicilia visse un’alternanza di vicende storiche che condussero prima alla creazione del latifondo, il latifundum romano, poi al suo smembramento, ed infine ad una sua ricostituzione ad opera dei Normanni. Le conseguenze del feudalesimo normanno portarono a una situazione con due classi sociali contrapposte, di cui una costituita da un’oligarchia che possedeva tutto, e l’altra costituita dal popolo, che non aveva niente. L’esigua nobiltà conduceva un’esistenza sfarzosa gravando sulla moltitudine composta da povera gente. L’agricoltura di tipo estensivo praticata nei fondi era poco redditizia; era la vastità di questi ultimi, insieme al misero compenso corrisposto ai contadini, che consentiva all’oligarchia di prosperare, basandosi sull’entità numerica della popolazione sfruttata. Tale situazione perdurò per quasi tutto il millennio successivo, immutabile ed insensibile agli avvicendamenti del potere, dai Normanni ai Savoia. Nella seconda metà del diciannovesimo secolo ebbero luogo i primi, isolati episodi, nell’ambito dei quali i rurali cercarono di sollevarsi dalla loro miserabile condizione; ma essi vennero repressi duramente, affogandoli nel sangue. Parallelamente, a cavallo tra i due secoli, altre e differenti iniziative furono condotte, e non limitate alla sola Sicilia; tra queste, vanno menzionate le “affittanze collettive”, nelle diverse caratterizzazioni con cui vennero espresse dalle organizzazioni cattoliche e da quelle socialiste. Ma fu solo dopo la Prima Grande Guerra che ulteriori, diversi, progetti vennero intrapresi, a livello locale o centrale, allo scopo di modificare l’organizzazione rurale; essi ebbero pertanto un carattere più organico ed applicazione a livello nazionale. La necessità di fornire uno sbocco lavorativo a coloro i quali avevano servito la Patria e che si erano organizzati nell’Opera Nazionale Combattenti (ONC), infatti, pose i governi di fronte al problema dell’occupazione dei reduci, e l’agricoltura fu vista come una possibile soluzione. Il problema, e la sua soluzione, interessarono l’Italia intera; ma in Sicilia ciò si scontrò, in un certo modo, con la millenaria situazione latifondistica. Già tra le due guerre si considerò approfonditamente il problema relativo al latifondo siciliano con la stesura di leggi che cercassero di risolverlo puntando, in un modo o in un altro, alla sua frammentazione e due di queste furono proposte nel febbraio del 1920. Uno dei motivi, se non il solo, che fecero arenare le leggi è da ricercare nella presenza, in Parlamento, di rappresentanti dei latifondisti, in particolare tra i popolari. Così, nonostante la consapevolezza del problema e l’attività dell’ONC, la situazione siciliana restò quella di sempre: 750.000 ettari di terreno posseduti da 780 individui. Il regime fascista, dopo diversi tentativi di modificare tale situazione, ma condotti in maniera poco organica e tentando di adattare alla Sicilia i provvedimenti presi su scala nazionale, incontrandosi prima e scontrandosi in seguito con i latifondisti, o almeno con alcuni, considerò il problema in maniera specifica; promulgò così delle leggi ad hoc, le quali tra l’altro, prevedevano la nascita di un nuovo ente, L’Ente per la Colonizzazione del Latifondo Siciliano (ECLS), al quale era devoluta la realizzazione pratica delle nuove norme. Esse sarebbero state applicate nell’ambito di un piano di colonizzazione, che il regime propagandò come “assalto al latifondo”, fondato su presupposti sia tecnici, che derivavano da studi precedentemente condotti dall’Istituto Vittorio Emanuele III per la bonifica della Sicilia, sia urbanistici, teorizzati dall’architetto Edoardo Caracciolo>>. (tratto da VoxHumana, La Via dei Borghi)

¹ Il libro "CASCINO" è stato presentato al Circolo di Cultura col patrocinio del Rotary Club Piazza Armerina, scritto da Paolo Orlando con i contenuti storico-biografici curati da Giuseppe Claudio Di Giorgio. L'autore Paolo Orlando, presidente del C.A.S.A. (Centro Armerino Studi Amministrativi) nonché organizzatore dell'evento, ha sottolineato che "abbiamo voluto ricordare agli Armerini, ai Siciliani, agli Italiani, la figura leggendaria di un Armerino, il Gen.le Antonino Cascino eroe della Prima Guerra Mondiale e medaglia d'oro, inserendo il tutto nel Centenario della Grande Guerra".

² Al Gen.le A. Cascino furono inoltre intitolati anche un Cacciatorpediniere nel 1922 (autoaffondato nel porto di La Spezia il 9 settembre 1943), tre caserme militari (Palermo, Salerno e Susa - TO), una galleria militare sul Monte Pasubio e diverse vie e piazze in tutta Italia.

(continua)

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