ExclusiveCentraleSx
ExclusiveCentraleDx

Cronarmerina - Novembre 2024

Tanino ringrazia

 

Mio cognato Tanino Platania, per ringraziare tutti coloro che si sono complimentati, attraverso questo blog, per il suo recente premio al Concorso di Tremestieri, mi ha inviato la poesia con la quale ha vinto e che con piacere pubblico

… “Se così sta scritto….. Buon Natale”.
 
Dop, ‘na speci  d’ cunzéggh comunàu,
p’ vénz u diàvu  e  scanc’llè, dâ  terra,  u màu,
i Tré: Patri, Fìggh’ e u  Sp’r’tu  Santu,
fanu a p’nzàda  ch’ ungh’ dî  ièddi  avèa dè  tànt.     
 
Parrànn cu cösta antica  ddéngua  e cu tànt amör,                     
r’vanu a conchiusiöngh’ ch’ avèa ess u Figgh’ a carrier’s u d’lör.                                                          
… “Scì ! P’ Natàli ggh’è u brìu    Bamìngh”, diss u Patri  na d’scussiöngh’,
“ma sta  nàsc’ta,  poi, apprèss,  porta  ad ô  sagr’fìzi dâ  curciuf’ssiöngh”.
 
“Jé  û söi,” r’br’cà u Figgh’,  “ch’ ggh’iöi  danànzi a crösg
ma, söi ‘mpùru ch’, pî  cristiai, cösta è a vera sarvaziöngh”,
e,  senza pèrd  témp, tutti ‘nsèmu,  ad â ‘na söla vösg’            
nan  ggh’ fu  mànch  u  b’sògn d’ fèr  a vutaziöngh’, 
 
tant ch’  u Sp’r’tu Santu avèa d’ già  scrìvùit, nû Ddìbr, tutta  a Passiöngh’:
u trad’mént, i ciöi, a curöna d’ spini  e ‘mpùru u f’nàu   r’surreziöngh’.
Allöra u Patri, brazzà u figgh’, ggh’ dès   a mangh’
e , p’ fer’s  capì d’ tutti,  parrà  tantìcchia  taliàngh’:        
“ la cosa mi fa stare male,  ma se così sta  scritto… Buon Natale”.
                                                Tanino Platania
 
Se così sta scritto.…Buon Natale
Dopo  una specie di  un consiglio comunale, ( una sorta di riunione)
per vincere il diavolo e cancellare dalla terra il male,
(in riunione) i Tre:  Padre,  Figlio e  lo Spirito Santo,
pensano (decidono)   che uno di  loro (per il bene del  mondo) debba  sacrificarsi e dare tanto.
 
Parlando con questa lingua antica e con  tanto amore
stabiliscono che deve  essere il Figlio a caricarsi  il peso del  dolore.
“Si, (Però stiamo attenti )! Per Natale, per la nascita del Bambinello, tutto sarà bello;disse il Padre durante la riunione,
ma questa nascita, ( questa incarnazione) in seguito, porterà al sacrificio della crocifissione”.
 
“Io (tutto questo) lo so”, replicò il Figlio, “so che mi aspetta la croce,
ma so pure che, per i veri cristiani, la croce (la morte e la resurrezione) rappresenta la vera salvezza”,
e, senza perdere tempo, di comune accordo e, quindi,  ad  (all’unanimità)  una sola voce
non ci fu nemmeno  bisogno della votazione,
 
tanto che lo Spirito Santo aveva di già scritto, nel Libro, tutta la Passione (di Cristo):
il tradimento, i chiodi, la corona di spine e pure il finale con la Resurrezione.
Allora il Padre, abbracciò  il Figlio, gli diede  la mano
e, per farsi comprendere da tutti, parlò un po’ in  italiano: (il gallo-italico è una lingua  compresa  da pochi, mentre la lingua nostra….)
“la cosa mi fa stare male,  ma se così  sta scritto…..Buon Natale”.
 
                                                              

 

Leggi tutto...

Specialisti all'Industriale

Istituto Industriale "Calogero Cascino" anni '50
Ex Istituto Industriale oggi sede Uffici Comunali
L'Istituto Industriale, nato come Regia Scuola Tecnica nel 1864, la prima sede l'ebbe nel Palazzo Vescovile al Monte, sotto la direzione del sacerdote Giuseppe Vaccaro. Mezzo secolo dopo, nel 1908, gli viene annessa la Regia Scuola di Avviamento Professionale, a Tipo Industriale e Agrario con Arti e Mestieri, che aveva sede nell'adiacente edificio, ex chiesa di San Giovanni Di Dio e poi Ospedale. Nel 1927 la scuola è intitolata al deputato al parlamento e sottosegretario di Stato Calogero Cascino (1864-1932), fratello del Generale Antonino. Dopo questa breve storia leggetevi (dopo la prima) la seconda parte dedicata all'Istituto da un altro ex:
 
GLI SPECIALISTI DELLA DIDATTICA
 
Un docente che ricordo particolarmente era il Prof. XY. La sua lezione iniziava quasi sempre con una grattatina alle parti intime, una bella pulizia al naso davanti a tutti noi mentre controllava il registro, ed una accurata pulizia alle orecchie fatta infilando la chiave della macchina prima nel foro destro e poi in quello sinistro. Dopo aver controllato accuratamente, con occhio critico, la quantità di cerume asportata, finalmente ci concedeva un po’ del suo sapere. Se doveva spiegare, si portava verso la lavagna ed incominciava a scrivere senza curarsi minimamente di quello che succedeva alle sue spalle. Per lui le principali regole della didattica non esistevano; cosa gliene importava se nessuno capiva, o se stavamo nascosti a leggere il giornale? L’importante era andare avanti con il programma, tanto poi a giugno era possibile, così come spesso avveniva, rimandare a settembre la maggior parte degli allievi senza che il preside, i genitori o qualche ispettoredicesse qualche cosa. Sovente si vantava del fatto che era in grado di dirci già ad ottobre quanti ne avrebbe rimandati, e spesso manteneva le minacce (allora era opinione comune che gli insegnanti fossero degli dei scesi sulla terra per concederci un po’ del loro sapere).
Immaginiamo cosa succederebbe adesso, nella scuola moderna, se un insegnante si permettesse di rimandare a settembre il 95% degli alunni: apriti cielo! Lettere sui giornali, indagini da parte del Provveditore ed anche del Ministero, ecc. Invece da noi tutto veniva accettato supinamente, e così i genitori erano costretti poi a pagare le ripetizioni estive, fatte magari dai colleghi degli insegnanti che ci avevano bocciati. Durante l’estate vi era infatti un continuo scambio di alunni, tanto che molti insegnanti guadagnavano (in nero) di più in quei due mesi che durante tutto l’anno. In pratica l’insegnante che ci rimandava, consigliava egli stesso a chi rivolgersi per le lezioni, così poi lui poteva ricevere in cambio gli altri alunni che il suo collega aveva, molto diligentemente, provveduto a rimandare.
cronarmerina.it
  • Pubblicato in Uomini
Leggi tutto...

Il Duca Sanfilippo

Cappella Sanfilippo, II a sx nella chiesa di S. Pietro
Stemma dei Cavalieri di Malta, nella cappella di S. Pietro, del Duca Sanfilippo
A proposito del costruttore del palazzo di via Vitt. Emanuele del quiz Soluzione Aguzzate la Vista n.11, il duca Desiderio Sanfilippo, fu uno dei soli due duchi che ebbe Piazza, oltre a Vespasiano Trigona duca di Misterbianco. Il feudo del duca Sanfilippo, Grotte, si trova in provincia di Agrigento e Sanfilippo si riferisce a un'antica famiglia piazzese che prese questo nome in quanto nel 1316 l'antenato spagnolo-valenziano, Velasquez de Mena, ottenne la castellanìa di San Filippo d'Argirò (oggi Agira) da re Federico I d'Aragona II di Sicilia. Desiderio fu più volte giurato e cavaliere dell'Ordine Militare Cavalleresco di Malta. Dotò varie opere pie (famosa quella per le Ragazze Orfane fondata nel 1650) lasciando beni anche al Collegio degli Studi. Fu barone di Sortavilla (Imbaccari), Canzaria, Monte Naone e Ciappa, riscattò il feudo di Grotte dagli Inguardiola e nel 1648 acquistò il titolo di Duca, divenendo così il più alto rappresentante della nobiltà piazzese. Riposa nella cappella di famiglia, costruita dal padre Giovanni Tommaso, nella chiesa di S. Pietro, chiamata anche Chiesa da Madonna du Mercu e dal 1624 Pantheon della Città.
cronarmerina.it 
Leggi tutto...

Soluz. Aguzzate la vista n. 11

Lo sapevo. Appena mi sono distratto un po', avete risolto il quiz immediatamente! Subito dopo aver messo la foto ho pensato: "Ma quella è la sede del Comitato Nobile Quartiere Monte. Spero che Filippo sia fuori Piazza". Invece è stato lui a indovinare. È lo stemma sul portone del palazzo che sta di fronte la farmacia da calata û Collègiu. Si tratta del blasone dell'ultima famiglia proprietaria del palazzo, costruito nel 1650 da Desiderio Sanfilippo duca delle Grotte. Infatti, successivamente il palazzo fu abitato dalla famiglia Genova di Cutomino Soprano e infine da quella dello stemma, famiglia Jaci di Magnini e Feudonuovo. Lo stemma, ovviamente quello che vediamo non è a colori, è così rappresentato: D'azzurro al leone d'oro tenente con la branca anteriore destra una palma¹ di verde e con la sinistra una spada volta in giù ed inflitta in uno scudo, il tutto in oro. Il prossimo quiz non sarà così facile!

¹ La palma perché un antenato della famiglia Jaci si chiamava Palmerio.

cronarmerina.it

Leggi tutto...

Soluz. Aguzzate la vista n. 10

Portone d'ingresso, chiesa Santa Lucia ai Canali
Prospetto Ovest Chiesa di Santa Lucia
 
Riporto la risposta del visitatore herald che ha indovinato di che cosa si tratta:"Dopo essere stato per circa mezz'ora con la testa inclinata per decifrare la scritta e dopo aver letto gli "aiutini" sono giunto alla conclusione che deve trattarsi di qualche cosa che ha a che fare con la città di SIRACUSA (prima scritta in alto) e, deducendo che si trova nel quartiere Canali, forse è collegata alla chiesa di Santa Lucia, patrona della città di Siracusa. Non so se c'è una chiesa in quel quartiere, quindi attendo lumi da Gaetà (che potrebbe anche scegliere cose più semplici e non farci venire mal di testa!)". Bravo herald, hai indovinato. Si tratta della scitta scolpita sul pilastro, o meglio, sul piedritto sx, del portone d'ingresso, della chiesa di Santa Lucia nel quariere Canali.
La chiesa di Santa Lucia fu riedificata nel 1685 su una precedente sinagoga ebraica del XIV secolo. I pilastri dell'ingresso principale, anche quello di dx mostra delle lettere scolpite, sono sicuramente le parti dell'ingresso originale recuperati e riadattati, ma non si capisce il criterio di posa, visto che non sono state rispettate nemmeno le iscrizioni. Come se la ricostruzione fosse stata dettata da una sorta di immediatezza scomposta e semplicistica. Il premio a herald gli verrà recapitato sino a casa, come da regolamento.
cronarmerina.it
Leggi tutto...

Famiglia Barresi

Vaiato d'argento e di rosso, a tre pali d'oro attraversanti¹
Campo d'oro con dodici merletti rossi posti 4,4 e 4²
 
Il cognome di questa famiglia piazzese Barresi o Barrese, ha origine dai Duchi di Barri, ducea di Francia, assumendo diverse trasformazioni: de Garreis, de Garresio, de Garrexio, de Barres, Garresi, Garessio e Garisio. E' Abbo I Barresi, cavaliere avido di gloria che passa dalla Francia in Italia con i Principi Normanni offrendo i suoi servigi al Conte Ruggero e proveniente in Sicilia dal Monferrato con Enrico Aleramico intorno al 1090. In seguito al valore mostrato e alla benevolenza di re Ruggero, Abbo I de Garreis acquisisce le Terre di Naro, di Ucrìa e altri castelli. Si sposa con Ademara figlia del conte d'Aversa dalla quale ha tre figli, GiovanniI, Roggiero e Ramoaldo. Giovanni I sposa Alvira seconda figlia di Roggiero conte di Avenello, dalla quale ha il figlio Abbo II. Questi genera Matteo I e Nicolò. Matteo I genera Giovanni II ed Enrico, che intreviene nel Vespro Siciliano. Giovanni II genera Abbo III che genera Giovanni III Barresi barone di Pietraperzia, Naso, Militello e Comicino acquistato nel 1337. Nel 1375 il barone Barresi Giovanni IV è capitano di Plaza³; nel 1462 Tommaso, figlio di Abbo IV, è sposo della figlia del marchese di Crotone ed è duca di Castrovillari, conte di Martirano e di Terranova, mentre nello stesso periodo (1450) Giuliano è gran priore di S. Andrea di Plaza e poi vescovo di Patti, muore nel 1483. Nel 1530 Barresi Matteo junior I marchese di Pietraperzia e Convicino (o Comicino) ricostruisce e ripopola quest'ultimo casale dandogli il nome di Barrafranca. Nel 1564 Pietro Barresi Santapau è I principe di Pietraperzia e II marchese di Barrafranca. Anche tra i Cavalieri dell'Ordine di Malta troviamo appartenenti a questa famiglia: Nicolò Barresi ricevuto nel 1441; fra Gaspare nel 1494 e poi commentatore di Marsala; Pier Antonio cavallerizzo del Gran Maestro, fratello di Pietro I principe, muore nel 1565 da eroe mentre difende Malta dagli attacchi turchi. Questa famiglia, insieme ad altre quattro, cinque, residenti a Plaza, è stata molto influente e determinante nell'evolversi della vita civile, politica e militare, non solo in ambito locale ma anche regionale, soprattutto intorno ai secoli XV e XVI.
 
¹ Questa è la didascalia dello stemma nella foto in alto, suggeritami dal Sig. Giovanni nel suo commento dell'1/8/2019. Pertanto ho tolto l'8/11/2019 la mia prima didascalia "Tre pali d'oro in certe onde d'argento in campo rosso". Il 26/11/2019 sempre il Sig. Giovanni mi segnala che questo «potrebbe rappresentare l'arma dei Barrese brisata [ovvero con l'aggiunta di qualche figura] in possesso di un discendente della famiglia».
² Consultando i volumi, Il blasone in Sicilia di Palazzolo Gravina del 1875 e il Dizionario storico-blasonico di G. B. Crollalanza del 1886, che mi ha segnalato sempre il Sig. Giovanni nel commento dell'1/8/2019, alla voce "Barrese" nel primo, a p. 91, risulta «Armasi giusta Mugnos: campo d'oro con dodici merletti rossi posti 4, 4 e 4. Corona di principe - TAV. XVIII 6 (foto in basso); nel secondo, alla voce "Barrese o Barresi di Sicilia", risulta «Arma: D'oro, a dodici merlotti di rosso 4, 4 e 4. Alias: Vaiato d'oro e di rosso, di tre tratti» simile a quello nella foto in alto che ha invece dell'oro l'argento. Il 25/11/2019 il Sig. Giovanni mi ha gentilmente inviato lo stemma esatto che pubblico immediatamente.
³ Come veniva chiamata Piazza in quel periodo.
 
 
cronarmerina.it

 

Leggi tutto...

850° Anniversario di Piazza/3

Veduta di Piazza in una stampa inglese dei primi dell'Ottocento

La II tesi, quella di 7 storici, più uno

Secondo gli altri 7 storici (di cui 5 piazzesi) il nostro centro abitato prese origine da quello di Platea, edificato dai Platesi (Greci provenienti dalla Beozia) presso la c/da Piazza Vecchia e chiamato successivamente dai Romani Plutia. A proposito di Platea, un altro storico piazzese (il 6°), il sacerdote Piazza, vissuto tra il 1884 e il 1959, ci dice che nel 282 a.C. a Platea vi si trasferirono i Gelesi chiamandola Gela Mediterranea o Interna che poi verrà chiamata dai Romani Plutia. Ecco da dove arriva quest'ultimo nome che, però, non si riscontra in nessun documento o diploma, pertanto non si può prendere in considerazione. (continua)
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
Leggi tutto...

All'Industriale

Regio Istituto Industriale "Calogero Cascino" anni '40
Ex I.T.I.S. "Calogero Cascino" gennaio 2013
Un ex alunno di questa importante scuola di Piazza, istituita nel lontano 1 marzo 1864 come Regia Scuola Tecnica Statale, poi Istituto Tecnico Industriale, ci ha mandato queste righe pieni di ricordi:
 
 
 
 All'Industriale
Quando iniziai a frequentare l’Istituto Tecnico Industriale, nel suo interno era già avvenuta da qualche anno una vera e propria rivoluzione: finalmente vi erano state ammesse anche le donne. Facile quindi immaginare che razza di putiferio aveva provocato l’arrivo di un gruppo di ragazze in una scuola frequentata da circa mille maschietti. Il povero preside ebbe il suo bel da fare per escogitare dei metodi che potessero salvare le bimbe dall’attenzione morbosa di mille “assatanati”. Per prima cosa venne istituita la “saletta delle vergini”. Chiamavamo così l’aula dove le ragazze dovevano rifugiarsi durante la ricreazione per non mescolarsi in cortile con i maschi. Davanti alla porta chiusa veniva piazzata una bidella, e così la protezione era assicurata. Un altro problema fu quello dell’abbigliamento; cioè cosa fare per evitare che lo sguardo di noi bestioline si posasse su qualche “curva pericolosa”? Dopo varie riunioni e consulenze di pedagogisti, sessuologi, ed altri esperti di fama mondiale, venne imposto alle ragazze un grembiule di almeno due taglie più grande rispetto a quella che usavano normalmente e poi venne tassativamente vietato l’uso della cintura. Infatti, con una cintura stretta, qualcuno di noi avrebbe potuto intravedere qualche fianco carnoso e ciò ci avrebbe fatto perdere la concentrazione! Se a questi obblighi aggiungiamo anche il divieto di usare scarpe con i tacchi e qualsiasi trucco, è facile comprendere che razza di esseri avessimo come compagne. B.C., che era anche una delle più piccole, conciata in quel modo faceva veramente pena. Quel grembiule nero, lungo fino alle caviglie e senza forma, la faceva assomigliare a quelle suore ormai avanti con l’età, che si trascinano stanche per i corridoi dei conventi con il rosario in mano. (Altro post dedicato agli Specialisti all'Industriale)
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
  • Pubblicato in Uomini
Leggi tutto...

Pronto, chi parla?

Via Garibaldi ex strata u' Princp
Proprio nell'edificio dove oggi c'è la gioielleria "Caruso-Lorito", negli anni '50 e '60, si trovava il Centralino telefonico. Infatti, in quegli anni, la connessione tra telefoni non avveniva direttamente facendo il numero, ma occorreva passare dal Centralino, dove i centralinisti chiedevano il numero col quale ci si voleva collegare. I collegamenti venivano fatti con un cavetto, alla fine del quale c'era lo spinotto che si inseriva nella linea corrispondente al numero richiesto, dopodiché si girava una manovella per far squillare il telefono chiamato. Tutto ciò poteva essere fatto da uno, all'inizio, o da più centralinisti, in seguito, solo perché gli abbonati non erano più di 200, superando i quali il servizio poteva diventare automatico. Chi non aveva il telefono a casa, doveva recarsi in via Garibaldi e aspettare pazientemente la chiamata, per poi entrare in una delle cabine a disposizione (forse 3). Prima del centralino c'era il salone del barbiere Giarrizzo, dove spesso andava mio nonno Tatano Marino Albanese avendo, proprio lì di fronte, il negozio di mobili. Come centralinisti ci lavorarono la zia di mio padre, Biagina Labrozzo, la signorina Di Rosa, conosciuta anche perché catechista a Santa Veneranda, e L'ddùzzu Di Giorgio, per il quale l'insegnante-poeta-pittore piazzese, Gioacchino Fonti (1926-1994), scrisse la poesia in gallo-italico "L'ddùzzu" (Lillino).
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina
Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS

Ricerche Storiche

Censimenti

Storia Civile

Storia Ecclesiastica

Curiosità

Come Eravamo