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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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Gen.le Giuseppe Ciancio / 4^ e ultima parte

Soldati italiani al fronte nella I Guerra Mondiale
4^ e ultima parte
Nelle successive battaglie (7^, 8^ e 9^ sulle 12 complessive) dell'Isonzo, il XIII Corpo d'Armata, che ha ricevuto dal generale Ciancio il motto "Avanti, sempre avanti a tutti i costi!", progredisce sempre più mantenendo le posizioni conquistate. In tal modo il Ciancio si merita la decorazione di Ufficiale dell'Ordine Militare di Savoia anche a coronamento della stima di brillante comandante che godeva fiducia e simpatia da parte di tutti¹. La 10^ battaglia, iniziata il 12 maggio e conclusasi il 5 giugno 1917, conferma l'esigenza espressa più volte dal generale Ciancio e dal Comando della III Armata al Comando Supremo: oltre che avanzare, che era facile, era di vitale importanza mantenere le posizioni conquistate con altre truppe di rincalzo, per non vanificare così il sacrificio delle ingenti perdite subite nei numerosissimi assalti. Il Comando Supremo invece fu di diverso avviso, ritirando tutte le truppe di rincalzo per porle in riserva. Il 30 maggio il XIII Corpo d'Armata riceveva l'ordine di trasferirsi, entro il 2 giugno, nelle retrovie per riorganizzarsi, sostituito in prima linea dal XXIII Corpo d'Armata comandato dal generale Diaz. L'8 giugno il gen. Ciancio venne esonerato per essere posto a disposizione del Ministero della Guerra. Tornato a Roma in Parlamento, ove viene consultato per questioni belliche, ricevette la terribile notizia della disfatta di Caporetto (12 nov. 1917). Essendo stato generale comandante di truppe al fronte fu chiamato a deporre nell'inchiesta parlamentare contro il gen. Cadorna. Non una parola di odio o di rancore contro chi sbagliando lo aveva moralmente distrutto. Nell'aprile del 1918 gli venne affidato il comando del Corpo d'Armata di Ancona. Finita la guerra sente il bisogno di dedicarsi alla famiglia e di scrivere un libro di memorie autobiografiche, rinunciando nel 1919 alla candidatura per il rinnovo del mandato parlamentare. Lasciò il servizio attivo nel 1920 e rifiutò durante il Fascismo la carica di Prefetto della città di Palermo. Si ritirò ad Albano (Roma), sui colli laziali, ove per oltre un anno fu Regio Commissario al Comune. In quegli anni² gli muore l'ultimo dei figli, Massimo, non ancora ventenne. Il 2 marzo 1932 il nostro generale Ciancio cessava di vivere. (tratto da L. Villari, Cascino, Ciancio, Conti, eroici condottieri siciliani, Tip. OPI, Roma, 1979)
 
¹ Anche il poeta Gabriele D'Annunzio, che per oltre un anno fu effettivo a un reparto del XIII Corpo d'Armata, così conclude una lettera inviata al Generale e conservata dalla figlia Lidia: <<Grazie Eccellenza, per le buone parole... M'ebbi in letizia l'ospitalità di Turriaco... Spero di rivederla, mio Generale. In ogni modo, avrà di me notizie che mi dimostreranno degno della Sua benevolenza così largamente concessami. Gabriele d'Annunzio - Turriaco (GO) - 11 febbraio 1917>>.
² Nel 1924 il generale Ciancio rinunciò alla nomina a Governatore della Tripolitania perchè il Duce pretendeva da lui una lettera di dimissioni in bianco, firmata e senza data.
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Gen.le Giuseppe Ciancio / parte 3^

1914 - Municipio di Alfonsine (a 20 Km. da Ravenna) dopo l'incendio degli insorti
Parte 3^
Il Ciancio tornato a Ravenna, dovette sedare la rivolta della "settimana rossa" con tale energia e diplomazia che gli procurò la stima dei ravennati¹. Nel 1915 lascia Ravenna per il Comando della Divisione Militare di Napoli e in maggio parte alla volta del fronte sull'Isonzo, nell'ambito della III Armata comandata dal Duca d'Aosta. Il mese successivo la sua divisione ebbe il battesimo del fuoco dinanzi al Carso. Dopo tre battaglie dell'Isonzo, nel gennaio 1916, per le belle qualità di comandante, venne incaricato del comando del XIII Corpo d'Armata schierato a Sud di Gradisca. (continua) (tratto da L. Villari, Cascino, Ciancio, Conti, eroici condottieri siciliani, Tip. OPI, Roma, 1979)
¹ La "settimana rossa" fu un moto insurrezionale, durato una settimana dal 7 al 14 giugno del 1914, durante la quale l'Italia parve avviarsi verso la rivoluzione sociale. L'alleanza ideologica tra contadini, operai e ceto medio, era tenuta assieme da un comune senso antimilitarista, dalla contrarietà all'impresa coloniale in Libia e dalla lotta contro l'invio a scopo "rieducazionale" in Compagnie di Disciplina dell'Esercito di tanti militanti riconosciuti come rivoluzionari. Due casi di altrettanti soldati antimilitaristi portò una grande folla a manifestare ad Ancona, ove furono uccisi dai carabinieri tre manifestanti. A questo punto la rivolta dalle Marche si estese alla Romagna e in quasi tutta Italia, provocando numerosi scontri violenti. Il generale Ciancio, che gestisce lo stato d'assedio a Ravenna, nonostante le poche truppe del presidio e l'impossibilità di comunicare con l'esterno per l'interruzione delle linee telefoniche, doma così bene la situazione che dal gruppo liberale costituzionale di Ravenna gli viene consegnato un documento di protesta, nei confronti dell'operato della prefettura, per non aver mantenuto un atteggiamento più fermo e sicuro, tale da pubblicare sul Corriere della Sera la seguente nota "unitamente a un omaggio sincero e devoto all'operato dell'esercito, perché il contegno degli ufficiali e dei soldati, specie nei momenti più difficili, è stato semplicemente eroico, ubbidendo essi a un durissimo dovere e conservando la più mirabile calma. - Il Corriere di Romagna, 18/19 giugno 1914- (tratto da Wikipedia e da www.storiaefuturo.com) (continua)
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Novena particolare

Ieri sera ho assistito a una delle tante novene (nelle foto) che anche quest'anno si svolgono in giro per le strade della nostra Città. Però, questa novena è un po' particolare, in quanto si svolge dentro l'atrio d'ingresso dell'Istituto delle Suore Salesiane Figlie di Maria Ausiliatrice e per me è stata la prima volta. L'ingresso si trova lungo la via Garibaldi che, sino alla metà dell'Ottocento, si chiamava a strata ô Princ'p  (la strada del Principe, in onore di don Vincenzo Starrabba principe nel 1711 di Giardinelli che proprio lì di fronte aveva costruito il suo palazzo).
Come in tutte le novene alla fine è stato suonato dalla banda del prof. Ferrigno il brano famoso che chiude le nostre novene: 
Li pompi pi l'aria
la bella 'ngunia,
evviva Maria
e Chi La creò... 
 
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina

Gen.le Giuseppe Ciancio / parte 2^

1911 - Tripoli (Guerra italo-turca)
Parte 2^
Nel 1903 Giuseppe Ciancio venne promosso Colonnello e destinato a Torino come comandante del 60° Rgt. Fanteria. Qui il suo diretto superiore per due anni fu il Duca d'Aosta Emanuele Filiberto (1869-1931) che lo ebbe in grande stima, dopodiché venne trasferito ad Ancona come Capo di Stato Maggiore al VII Corpo d'Armata. Nel 1909 promosso Maggiore Generale è destinato nuovamente a Verona al comando della Brigata di Fanteria "Re". Due anni dopo, nel 1911, allo scoppio della guerra italo-turca, egli è uno dei quattro Generali scelti per comandare le brigate di fanteria del Corpo d'Armata Speciale che l'Italia mobilita per la questione libica, dovuta ai continui ostacoli che il Governo Turco frapponeva al pacifico sviluppo del commercio nell'Africa Settentrionale. Una volta a Bengasi il Ciancio organizza subito la difesa della città, non senza azioni violente di disturbo dei Turchi e dei beduini. Nei primi mesi del 1912 Ciancio viene trasferito come Capo di Stato Maggiore del Corpo di Spedizione in Libia e poi come Governatore Militare di Tripoli (nella foto), ove fa costruire la cinta fortificata a difesa di eventuali attacchi. Dopo un anno raggiungeva Ravenna per assumere il Comando della Divisione Militare di quella città. I Piazzesi alla notizia della nomina a Comandante di Divisione lo propongono quale candidato alla Camera dei Deputati per il collegio di Piazza Armerina, per il quale viene eletto nel novembre del 1913 per la XXIV Legislatura del Regno¹. (tratto da L. Villari, Cascino, Ciancio, Conti, eroici condottieri siciliani, Tip. OPI, Roma, 1919)
¹ I sostenitori del Ciancio (cattolico non clericale-liberale) venivano chiamati "cianciulini", mentre quelli dell'altro politico piazzese, Calogero Cascino (popolare), "casciniani".
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