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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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Gen.le Giuseppe Ciancio / parte 1^

Gen.le Giuseppe Ciancio (1858-1932)

Parte 1^

Oltre al "leggendario eroe della Prima Guerra Mondiale" il Gen.le della Brigata "Avellino" (1916) e dell'8^ Divisione (1917) Antonino Cascino, Piazza ha avuto un altro condottiero che si distinse nel primo grande conflitto del XX secolo, il Gen.le del XIII Corpo d'Armata Giuseppe Ciancio. I due generali piazzesi in quei terribili frangenti combatterono praticamente fianco a fianco, a pochi chilometri di distanza l'uno dall'altro su un fronte complessivo, da Nord a Sud, di 37 Km. Infatti, Cascino operò a Nord di Gorizia sino a Plava (oggi in Slovenia), Ciancio a Sud di Gorizia sino al Monte Hermada, 8 Km. a Est da Monfalcone (prov. Gorizia). Di Cascino ne abbiamo già parlato, mi sembra doveroso fare altrettanto per Ciancio, visto che, oltrettutto, dà il nome al viale in cui abito e alla villa (Roma) che frequento sin da piccolo.

Giuseppe Ciancio nacque a Piazza (allora si chiamava solo così) il 19 marzo del 1858 da Mariano, giureconsulto, e Faustina Cammarata. Ultimo di otto figli, all'età di 4 anni rimase orfano di padre. A 14 anni, dopo aver compiuto gli studi tecnici di 1° grado a Piazza, si portò a Catania dove a 17 anni conseguì la maturità. In ottobre venne ammesso come allievo alla Scuola Militare di Modena e l'anno successivo all'Accademia Militare di Torino, dalla quale uscì Sottotenente d'artiglieria nel 1879. Nel 1873 da Tenente fu ammesso alla Scuola di Guerra di Torino. Superati gli esami finali del Corso fu ammesso col grado di Capitano nel Corpo di Stato Maggiore e, nel 1887, presso la Divisione Militare di Napoli. Qui conobbe la signorina franco-russa Elena Nitard Ricord, che sposerà nel 1890 e dalla quale avrà cinque figli. Nel 1892 il Ciancio viene trasferito al XII Corpo d'Armata di Palermo, avendo così modo di farsi vivo più spesso nella sua Città natìa. E' qui che Ciancio parla sempre in puro vernacolo, correttamente, con proprietà, con battute argute girando per le contrade, desideroso di parlare con i propri concittadini. Nel 1894 fu promosso Maggiore e da Palermo fu trasferito a Siracusa e poi a Noto, venendo a Piazza anche per il campo d'armi alla Bellia. Nel 1896 lascia Siracusa per Verona, dove assunse la carica di Capo di Stato Maggiore di quella Divisione Militare sino al grado di Tenente colonnello. (tratto da L. Villari, Cascino, Ciancio, Conti, eroici condottieri siciliani, Tip. OPI, Roma, 19179) (continua)
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

 

Bel regalo di anniversario

'N Curiös â Tacùra

Scritta in tempi non sospetti, la poetessa â ciaccësa Lucia Todaro mi fa gli auguri per l’anniversario del blog mandandomi questa poesia in lingua gallo-italica,

dedicata a quanti fanno della curiosità e della ricerca delle nostre “cose” uno dei motivi più gratificanti della propria vita.
 
Lucia, grazie infinite a nome mio e di tutti gli iscritti all’Accademia dei “Curiosi”
 
T’ VITTI
 
T’vitti…’ngiörn
ancora era matìngh…
annavi ddà
‘nte grötti a Dommartìngh…!
Nan m’ v’désti…
quant’eri stralunà
parràvi sö…
e l’ögg era v’trià…!
 
T’ vitti arrèra
stavota … a menzanöit
‘nvers â Tacura
e m’ parèvi cöit…
Unn’era a b’v’raùra
tu ggh’ f’rriàvi ‘ntönn
ciamann… fort l’egua:
ma nudd r’spunnëva…!
 
T’ vitti poi a s’ttèmbr…
nt’ ‘n giardìngh…
sëcca era a troffa…
e tu sempr m’schìngh’…
r’sc’dènn n’zzoli e cacch’rabò…
griàvi "Beddi d’ l’arma  mia…
ora ggh’ vo’!"
 
Ma quau n’zzoli zerchi … ddascia stè…
nan vëdi ch’ unna vai ciù nan ggh’ n’è?
T’ vitti ancóra e ancora t’ vé
menz a ddi timpi timpi a zappuliè.
Chi speri d’ truvè marenghi e or?
o ch’ sötta u t’rréngh ggh’è u tr’sòr?!
Nan ggh’è ciù nent oramai d’ r’p’gghiè…
tutti cosi sp’rìnu… unna iè iè...
 
Cöddi spugghianu ‘nzìna l’ossi î morti…
e nudd po’ cuntè l’antica sorti…
 
Ora t’haia taccàt ed ê paròddi…
e vai sautànn ch’ par ch’avëssi i moddi!
Paròddi antichi… ’ntramàdi ‘ntê r’gordi…
cunzumàdi ‘ntê böcchi menzi torti…
dî végghi sgag’gghiàdi…
ch’ pass’nu giurnadi ntô bastiöngh
r’p’nzànn â l’grézza dâ Prima Cum’nióngh!
 
E cu l’aréggi avérti  i vai ‘ncagghiànn
ment vanu p’ l’aria a svulazziànn:
una tâ sauvi zza unna ggh’è l’arma…
n autra tâ  spuvrazzì e a ‘nciödi… anzi ch’ sparma…
e poi s’ perd  quann ungh ‘ncav ggh’parra!
Ma chi poi fè cu sta parràda sbeuta
si tu…è n autr…è na faidda persa…?
 
Ma ora cré ch’ d’ ddà ncav… ‘ntô Cèlu,
‘ncorcùngh n’ disg cosi mai savùi…
e n’ fa sent u brì d’ spénz u vèlu
p’ canösc  muménti scanusciùi…
ch’ autr nan ha s’ntùt a num’né….
E’ l’Angiuch’ t’ véd d’ ddà ‘ncàv
ch’ t’ talià d’figgh … d’ quann nan ggh’eri…
Cussà p’rchì s’ förma st’ m’sterì…
ch’ t’ fa sent u sciòr â V’r’tà !?
 
Lucia Todaro
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina

Famiglia Velardita

D'argento a tre vasi verdi fiammeggianti di rosso, posti due in campo e uno in punta.
Nel 1080 il nobile lombardo Aldoino Villardita trapianta la famiglia Villardita (alias Vilardita, poi Velardita) in Sicilia. Da questo Aldoino perviene Bernardo barone e governatore della Città di Piazza sotto il re Ruggero II (1095-1154) e così pure suo figlio Pericone sotto re Tancredi di Lecce (m. 1194). In questo modo tra i tanti feudatari lombardi che arrivano a Plasia¹ c'è anche la famiglia Villardita sostenitrice di Casa Sveva. Da Bernardo nascono Bernardo, Aldoino e Desiderio, stimati cavalieri dell'imperatore Federico II di Svevia e I re di Sicilia (1194-1250). Da questi cavalieri discende un altro Pericone governatore di Piazza sotto il re Federico I d'Aragona e II di Sicilia (1272-1337), da questi nasce Bernardo che genera un altro Pericone che, sotto re Federico II d'Aragona e III di Sicilia (1341-1377), acquista gli introiti delle Gabelle di Piazza nel 1375. Nel 1340 Santolo Villardita deve partire esule per Pisa avendo appoggiato la politica del partito latino o ultramarino dei Palizzi. 1396 Bernardo, successore di Pericone delle Gabelle, ottiene per eredità dai San Miniato di origine fiorentina, il feudo di Racali presso Butera e, per aver sposato Barbara Lanza, l'unica figlia di Blaschello Lanza, possiede Imbaccari Inferiore, il Casale di Favarotta e il feudo Bifara in terra di Licata, oltre alla baronia dei Censi dei Mulini di Piazza e di S. Andrea, il Mulino di Donna Guerrera e, dal 1399, il feudo di Bessima. Nel 1403 è Castellano di Licata e nel 1410 è Castellano di Placie¹ e appoggiando il partito regio-catalano diventa prima Consigliere del re Martino il Giovane e, dopo, di re Martino il Vecchio. Uno dei due figli di Bernardo barone di Racali e Imbaccari Inf., Giovanni, si sposa nel 1397 con Alfia Vespa figlia di Perollo Vespa barone di Lentini, dove si stabilisce. Da questo matrimonio ha tre figli, Perrello, Pietro e Antonio, dai quali discendono frate Bernardo cavaliere di Rodi nel 1503 e Don Paolo Vescovo di Lipari che muore a Lentini in odor di santità. 1411 Bartolomeo di Villardita viene ucciso a Piazza insieme a un altro nobile. 1420 Giacoma Velardita fonda l'Ospedale per gli Infermi chiamato Ospedale di S. Calogero e di S. Maria degli Angeli. 1421 Giovanni è barone di Bessima, di Racali, del Mulino di Donna Guerrera e dei Censi dei Mulini. 1444 Graziana, figlia di Giacoma, trasferisce l'ospedale fondato dalla madre nel piano S. Giuseppe. 1583 Filippo Vilardita è Priore dei Carmelitani a Mazzarino. Nel 1782 Antonino, Giudice delle appellazioni, è proprietario a Rabugino e di Casa Santi. 1789 Antonio senior paga la cauzione per Antonio Genova-Parisi Senatore di Piazza arrestato per illeciti amministrativi. 1827 Giuseppe è Vicesindaco, 1837 Decurione e 1848 Sindaco per pochi mesi. 1828-30-37-39 il dott. Domenico Velardita è Decurione (consigliere comunale). Dal 1834 al 1837 e dal 1838 al 1844 mons. Vincenzo Velardita, arcidiacono della Cattedrale, diventa vescovo ausiliare della Diocesi essendo lui titolare in partibus di Gortina (isola di Creta). Nel 1838 e nel 1840 è nuovamente vescovo ausiliare della Diocesi. 1837 il dott. Giovanni Velardita è Decurione e nel 1839 il dott. Gaetano Velardita è Decurione che contribuisce al prestito al Parlamento Siciliano. 1842 Antonio junior pubblica all'età di diciott'anni alcuni giornali letterari e versi e prose in 7 volumi (1824-1909). 1848 Achille, Giuseppe, Rosario e Nicolò partecipano al prestito al Parlamento Siciliano in preparazione della guerra ai Borboni; Nicolò è Tenente della Guardia Naz.le Rivoluzionaria, mentre Gaspare è Capitano Comandante e nel 1853 è Sindaco; Rosario è aiutante maggiore della Guardia Naz.le. 1860 Antonino e Salvatore sono tra i 34 componenti rivoluzionari che si riuniscono in casa del dott. Vincenzo Bobifacio (oggi via Bonifacio) e decidono per la rivoluzione il 18 maggio. 1861 Antonino diventa Consigliere Comunale. 1864-1938 Giacomo è pittore. 1914 il prof. Salvatore è Consigliere Comunale. 1930 Giuseppe Velardita, sacerdorte aidonese, è parroco di S. Veneranda e Gran priore di S. Andrea. 1938 Nicolò Velardita, figlio di Giacomo, professore di disegno al Magistrale è Regio Commissario (Sindaco) e segretario Politico del Fascio di Piazza (1891-1968).
¹ Come veniva anche chiamata Piazza in quel periodo.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

Antonio il Verso / 4^ e ultima parte

A sx il Museo Archeologico¹, a dx la Chiesa di Sant'Ignazio all'Olivella², Palermo
4^ e ultima parte (Antonio il Verso, 1555 ca.- 1621 ca.)
 
Per quanto riguarda la morte di Antonio il Verso la data potrebbe essere il 23 agosto 1621, perché in tale data esiste una concessione gratis di un luogo e una balata (una sepoltura) ad Ant. il Verso da parte della Congregazione dell'Oratorio di Palermo presso la Chiesa dell'Oratorio di S. Filippo Neri dedicata a Sant'Ignazio Martire in piazza dell'Olivella (nella foto), anche se nei registri della chiesa non risulta alcun atto di morte. Con ogni buona probabilità il Verso dovette ritornare nella città natia per trascorrervi gli ultimi anni della sua vita e soprattutto per ultimare la stesura del libro Storia di Piazza, per il quale aveva consultato importanti documenti esistenti a Palermo. Il ritorno a Piazza definitivamente lo si deduce dal fatto che, appena 20 anni dopo (intorno al 1640), il manoscritto del Verso era nella nostra Città, consultato e utilizzato dal Chiarandà. Se fosse invece morto a Palermo, il manoscritto certamente sarebbe rimasto in quella città. Quest'ultima che l'aveva accolto, onorato e chiamato musico celebre, rinomato per la sua fecondità, profondo nelle discipline storiche, lo ha onorato ancora oggi avendogli intitolato l'Istituto di Musica della Facoltà di Lettere della sua Università degli Studi. In seno alle attività di questo Istituto, è stata fondata nel 1988 dal prof. Daniele Ficola, l'Associazione per la Musica Antica "Antonio il Verso" che organizza stagioni concertistiche per la diffusione della musica antica, barocca e rara. Il Verso, da quando nel 1937 F. Mompellio scrisse sui polifonisti siciliani dei secoli XVI e XVII, è considerato dai cultori della Storia della Musica il preannunciatore di nuovi influssi tonali e formali, vedetta che lentamente prepara il melodramma italiano e cioè il recitar cantando o opera lirica. (tratto da L. Villari, Antonio il Verso - Musicista, T.D.G., Roma 1999)
¹ E' il Museo Archeologico Regionale "Antonio Salinas" che possiede una delle più ricche collezioni d'arte punica e greca d'Italia. 
² Il termine "Olivella" sembra derivare dal latino olim villa = una volta la villa, riferendosi ai resti (su cui poi fu costruita la chiesa) della Villa della nobile famiglia Sinibaldi che diede i natali alla fanciulla che divenne l'amata Patrona dei Palermitani: Santa Rosalia. 
 
cronarmerina.it
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