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Gaetano Masuzzo

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Presentazione libro su P. Carmelo Capizzi S.J.

Il prossimo Venerdi 23 giugno 2017 alle ore 18:00 ci sarà la presentazione del libro di Salvatore Capizzi sui suoi ricordi inediti riguardanti il fratello, padre Carmelo Capizzi S.J. (1929-2002). Sarà l'occasione per conoscere meglio questo illustre piazzese da parte di tutti i concittadini contemporanei. Prima di tutto perché amava Piazza Armerina come pochi e poi per la sua vasta cultura non solo nel campo specifico del suo insegnamento universitario, cioè la storia bizantina, ma anche nel campo della storia della Chiesa, della sua Sicilia e delle vicende storiche di Piazza Armerina. Nelle ultime pagine del volume l'elenco completo delle quasi duecento pubblicazioni, sino a pochi giorni dalla sua scomparsa avvenuta a Roma il 5 dicembre del 2002. 

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Edicola n. 54

Dopo aver pubblicato la serie di edicole votive presenti lungo la strada che porta all'eremo di Piazza Vecchia, ritorniamo nel centro storico della Città e precisamente nella discesa dell'Itria. Infatti, a pochi passi dalla chiesa di Santa Maria dell'Itria, nella discesa che conduce¹ ai Canali, si trova l'Edicola Votiva n. 54. Sotto una tettoia di fiori di bouganville, precisamente nella Discesa Golino, si trova un piccolo altarino su cui è poggiata una statuetta dell'Immacolata Concezione, particolarmente venerata in questa zona. Questa venerazione l'abbiamo già riscontrata parlando di due edicole vicine la n. 41 e la n. 43. Come si vede nella foto in basso l'altarino, adornato di vasi di fiori di vari generi, si trova accanto alla porta d'ingresso della famiglia che la cura e la tiene pulitissima, a dimostrazione che quando si vuole si può vivere nel decoro dignitoso e soddisfacente perché è tutta questione di buona educazione che ci fa rispettare gli altri e noi stessi.   

¹ O meglio, conduceva sino al dicembre 2007, quando un'ala della chiesa crollò per le abbondandi piogge e tutto venne transennato, bloccando di fatto l'unica via di collegamento tra la parte bassa dei Canali e quella centrale della piazza Garibaldi. Vi lascio immaginare gli enormi disagi che stanno vivendo gli abitanti della zona, dopo 10 anni tutto è fermo. 

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Muro dell'antico castello di Placia

Nel cerchietto giallo i resti del muro Sud dell'antico castello di Placia coperto da una struttura in ferro e vetro

Parte dell'alto muro Sud dell'antico castello di Placia

Ieri ho potuto visitare parte del nuovo Vescovado che da poco tempo si è trasferito dalla via La Bella nell'ex sede dell'Ospedale Cittadino "Chiello", al Monte. Leggendo su un pannello esplicativo i lavori di restauro effettuati, ho appreso che erano state rinvenute parte delle mura rivolte a meridione del castello che sorgeva proprio in quel sito, dieci secoli or sono¹, a guardia della sottostante Valle Rocca dall'alto dell'odierna Costa S. Francesco. Allora, non ho perso l'occasione per scattare la foto in basso, dato che è stato lasciato ben in vista sotto una copertura/lucernaio in ferro e vetro, proprio nella zona dove c'era prima l'ascensore e la scala che portavano al reparto chirurgia e alla sala operatoria, che in tanti ben ricordiamo. Infatti, nell'opera Il libro del re Ruggero scritta in arabo intorno al 1150, il geografo Edrisi ci fa sapere che in questa parte della Sicilia esiste "un ben munito fortilizio" che si chiama 'Iblâtasah² che sarebbe il nome arabo di quello in latino Placia, che troviamo in un diploma del 1122 del conte Enrico Aleramico, dove è riportato un testimone tal Gausonis de Placia "castellano". Quindi, in quegli anni doveva esserci sia un un borgo che ospitava un centinaio di cavalieri Lombardi e un migliaio di abitanti chiamato 'Iblâtasah dalla popolazione araba, Placia dai Lombardi e Platza dalla popolazione greca, che aveva il compito, dall'odierna zona della Villa Romana del casale, di controllare le popolazioni dei casali vicini da poco sottomessi; sia un castello a ca. 2 Km. verso Nord-Est dal suddetto borgo che aveva preso lo stesso nome, ovvero Castello di 'Iblâtasah o, in latino, di Placia. Fu questo castello che nel 1161 fu distrutto dal re Guglielmo I, nipote del Gran Conte Ruggero d'Altavilla, per rappresaglia assieme al borgo omonimo abitato da gente Lombarda, colpevole di aver eseguito gli ordini razziali di Ruggero Sclavo facendo strage degli abitanti arabi. Dopo due anni, nel 1163, lo stesso Re diede ordine di ricostruire il borgo distrutto non nello stesso posto, bensì nei pressi del castello che aveva subito la stessa sorte, probabilmente in parte. Infatti, le prime abitazioni del nuovo centro nacquero a Ovest dell'antico castello (quartiere Monte) e alle sue pendici (quartiere Castellina) e da alcuni documenti antichi si sa che veniva chiamato Castrum Reginae (Castello della Regina)³ con una Regia Cappellania dedicata a Santa Lucia. A quest'ultima, dai Carmelitani arrivati nel 1238, viene cambiato il nome in S. Calogero, fondando nel contempo il terzo convento in Sicilia, per rimanerci quasi un secolo, perché nel 1327 si trasferiranno nel Convento Carmelitano sul Colle dell'Altacura, nei locali di una Commenda lasciata libera dai Cavalieri Crociati Teutonici (da non confodere con quella degli Ospedalieri di S. Giovanni Battista poi dei Cavalieri di Malta). Ottanta anni dopo, nel 1392, il re aragonese Martino I il Giovane costruisce il Castello Aragonese sul Colle degli Aranci (l'odierno piano Castello)4 abbattendo il preesistente Convento Francescano. Quest'ultimo è ricostruito al posto del Castrum Reginae e per i loro servizi divini i PP. Francescani si servono dell'ex chiesetta di S. Lucia chiamata dai Carmelitani di S. Calogero, ma che loro cambiano ancora in chiesetta di Santa Maria degli Angeli. È qui che l'ospedale, fondato nei pressi della propria abitazione di via Monte dalla nobile Giacoma Villardita nel 1420, spostato dalla figlia Graziana nei pressi della chiesa di S. Giuseppe nel 1444, viene trasferito un secolo e mezzo dopo, nel 1603. Qui l'ospedale prende il III nome della sua storia, Ospedale di S. Calogero e di Santa Maria degli Angeli. Per sapere altro cliccare ospedale

¹ Un esperto, che lo ha visitato nel settembre del 2018, ha confermato il periodo di costruzione: ultimi decenni del XII e primi del XIII secolo (tra il 1180 e il 1220).

² È la versione dello storico L. Villari, mentre per il Nigrelli è 'Iblâtsah senza la "a" tra la "t" e la "s".

³ Sconosco il motivo di questa denominazione.

4 Inteso nella seconda parte dell'Ottocento anche "Piano dei Baroni", per essere stato scelto dal patriziato cittadino come luogo privilegiato di residenza, come dimostrano i grandi palazzi di quel periodo.

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Fontana c.da Portella/n. 57

Questa è la Fontana/abbeveratoio n. 57 e si trova in contrada Portella, a poche centinaia di metri dal bivio Villa Romana del Casale/Barrafranca sulla provinciale n. 15. Quello che incuriosisce non è tanto l'abbeveratoio, che sembra simile a tanti, quanto il nome della contrada "Portella" che indica un "piccolo varco in montagna che consente il passaggio". Sarebbe bello e intrigante approfondire il perché fu dato questo nome alla contrada. Ringrazio Filippo Rausa per la foto inviatami.

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