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Gaetano Masuzzo

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Aguzzate la vista n. 25

Qualche giorno fa ho pubblicato su Facebook questa foto con la didascalia <<Quando c'è l'arte anche nel buco... della serratura!>> e sorprendentemente ho registrato oltre 50 mi piace. Allora ho pensato bene di sollecitare la Vostra perspicacia chiedendoVi se avete qualche idea su dove è stata scattata la foto. Vi assicuro che la porta o portone che si apre agendo su questa serratura si trova a Piazza, in un luogo conosciuto e frequentato.

 

(soluzione)

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Edicola n. 39

Prima

Dopo

Questa è l'Edicola Votiva n. 39 e si trova in via Ortalizio, la via in ripida discesa che dallo Stradonello porta alla strada provinciale n. 15 che collega i Canali all'Indirizzo, a Piazza Vecchia, alla Villa Romana e a Barrafranca. Come tutte le cose che abbiamo sotto gli occhi anche quest'opera è in continua evoluzione. La foto in alto è stata scattata nel 2013, quella in basso due anni dopo. Dedicata alla nostra Patrona, Maria SS. delle Vittorie, dopo qualche anno l'immagine non c'è più, sparita, eppure salta subito agli occhi che c'è voluto un bel po' di lavoro e dedizione per realizzarla in pietra, legno e ciaramìe o ciaramìtte (tegole). Speriamo che la prossima foto sia nuovamente con l'immagine della Madonna.

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Ricordi inediti su P. Carmelo Capizzi/7

P. Carmelo Capizzi ad una conferenza

Ricordi e fatti inediti/7

Padre Carmelo Capizzi detto anche il “Barone”

Fra i vari titoli che il nostro Carmelo possedeva, c'era anche quello di BARONE. La motivazione di tale onorificenza non sono sicuro di saperla, so soltanto che un giorno andando a Bari, ebbi l'idea di passare per Roma e fare una visita a mio fratello. Qui ebbi l’occasione di parlare con un Padre Gesuita il quale mi disse che Padre Carmelo era il “Barone”. Lì per lì ho pensato che tale titolo era uno dei tanti meriti. Infatti egli in quegli anni, oltre ad essere professore all'università e titolare della stessa cattedra, che aveva fatto istituire il primo in assoluto nella storia dell'Università Italiana presso la Facoltà di Magistero dell'Università di Roma, era anche il Padre della Casa dei Gesuiti che portava più risorse economiche al suo Istituto. Inoltre, con il suo saper fare, si relazionava con tutti, ricchi e poveri, aveva tanti amici nobili, politici e militari, quindi era facile che gli venisse riconosciuto anche questo titolo. Come si sa, i religiosi come i gesuiti, i francescani ed altri ordini, qualche tempo prima di esseri ordinati sacerdoti devono fare promessa e giuramento su tre argomenti molto importanti: OBBEDIENZA – CASTITA' – POVERTA'. Egli era orgoglioso di aver fatto queste promesse e di mantenere la sua onestà di fronte a Dio e agli uomini con tutta la sua forza. Quando egli andava in giro per lavoro, per ferie e per studio, aveva occasioni di ricevere del denaro per le sue opere di beneficenza e di studioso. Al suo rientro all'Istituto a Roma rendeva conto al Padre Ministro delle sue entrate ed eventuali uscite; era molto preciso al centesimo, era uno che non pensava né per lui e né tanto meno per i suoi parenti.

Padre Carmelo, vero uomo e vero sacerdote
Parafrasando alcuni versetti del vangelo in cui si afferma <<Gesù vero Dio e vero uomo>>, io posso affermare che il Gesuita Carmelo Capizzi era un vero uomo e un vero prete. Era un sacerdote vero, perché tutto quello che faceva e tutto il suo tempo era dedicato alla Gloria di Dio e al bene del prossimo. Celebrava la Santa Messa tutti giorni e poi leggeva il breviario, studiava anche l'Imitazione di Cristo e la Vita dei Santi. Per lui essere fedele a Dio e alla sua Congregazione dei Gesuiti era un obbligo primario, non aveva altro scopo nella sua vita che quello di amare Dio e il prossimo. Era vero uomo, perché, oltre avere tanti pregi, aveva anch'egli qualche difettuccio, come del resto tutti noi. Se gli uomini fossero tutti perfetti, cioè senza difetti, non si chiamerebbero tali, bensì si dovrebbero chiamare Angeli. Anche i Santi non sono stati immuni a qualche difetto e quando si accorgevano di aver sbagliato ricorrevano al proprio confessore. Mio fratello era anche uomo di compagnia, nel senso che teneva allegria con le sue storie e anche barzellette. Uno dei limiti che io conosco era quello di non saper guidare un’automobile, intanto non l'aveva mai posseduta e se poi pensiamo che la sua vita era dedicata allo studio, possiamo dedurre che non aveva mai pensato di acquistarne una. Quindi, non avendo avuto una macchina propria a disposizione per fare pratica di guida, anche se aveva ottenuto la patente, egli un'automobile non l’ha guidata mai. Era in effetti un teorico e filosofo e, quindi, pensava a tutt'altro invece di concentrarsi nella guida e nei comandi della macchina. Tutto sommato, forse è stato bene così.

continua in Ricordi inediti su P. Carmelo Capizzi/8

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