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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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1925 Giochi di prestigio ciaccési/2

Piano Duilio, anni 30
Gioi d' prestig (II parte)
 
Guardè, guardè, carusgi,
Cost'autr quant'è beu!
A n volu d'a cusgina
Va sfonna nô capeu
 
E vòl'nu cassati,
Buttigghji cu b'cchéri
E chìcch'ri e gialati,
Stucci e calamaréri.
 
Talè dd' panza rossa
S'a fa tutta d' cörsa,
Nô mentri cörr' e vola
Gghj' va sculann' a börsa.
 
Ma cösti su prestigi,
Su veru maravégghi:
Tutt' ch' scappa e vola
E sfönna nei capégghji.
 
Sarà davveru m'racu
D'u nostr' sant' Luca,
Siddu nun vola puru
L elm' d'u nostr' Duca.
 
Carmelo Scibona
(U Cardubu, 1935)
 
Guardate, guardate, ragazzi, /Quest'altro (galletto) quant'è bello, /D'un solo volo, dalla cucina /Va a sprofondare nel cappello... /E volano cassate, /Bottiglie con bicchieri /E chicchere e gelati, /Astucci e calamai. /Guarda quel pancia-grossa / Se la fa tutta di corsa, /Nel mentre corre e vola /Gli va scolando la borsa. /Ma questi son giochi di prestigio, /Sono vere meraviglie: /Tutto che scappa e vola /E scompare nei cappelli. /Sarà davvero miracolo /Del nostro san Luca, /Se non vola pure /L'elmo del nostro Duca.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

 

1925 Giochi di prestigio ciaccési/1

 
Inaugurazione monumento ai caduti al Piano Duilio, giugno 1925
Per la serie "non è tutto oro quello che luccica" Vi invito a leggere un retroscena dell'inaugurazione del nostro monumento ai caduti nel giugno del 1925.

"Nel 1924 i cittadini piazzesi  per un intento beneficiario raccolsero dei fondi per devolverli a sollievo dei meno abbienti riducendo i prezzi di acquisto del grano, che normalmente costava £ 40 al tumulo. L'autorità superiore non credette opportuno un provvedimento isolato in una materia che poteva rivestire carattere di ordine pubblico e inviò un telegramma di proibizione. Essendosi presentata in quel frattempo un'occasione patriottica, l'inaugurazione del monumento ai Caduti l'anno successivo con l'augusto intervento del Duca di Pistoia (Filiberto Ludovico di Savoia 1895-1990), le oblazioni furono devolute a miglior fasto della ricorrenza, che si concretò anche in una festa vittuaria nella sala del consiglio comunale. Il luogo pubblico eccitò i presunti diritti dei cittadini meno abbienti o più golosi ad approfittare delle tavole imbandite. Il poeta satireggia la graziosa pirateria, in cui avrebbe corso rischio lo stesso elmo del Duca."
C. Scibona a cura di S. C. Trovato, I mì f'ssarì - U Cardubu, 1997, nota al titolo della poesia a p. 144.

Gioi d' prestig (I parte)

Currè, currè, carusgi,
S' döna già pr'ncìpiu,
V'dè chi gran sp'ttàculu
Ch'avöma ö Mun'cipiu.

Guardè, guardè, cuménza
A sfida d' Barletta;
Su tutti ch' cumbàtt'nu
A coppi d' bruccetta.

Talè, talè ciù annintra,
Chi gran pr'st'giaöri;
Fanu vulè i gaddetti
D'intra d'i cazzalöri!
(continua)
 

Giochi di prestigio /Accorrete, accorrete, ragazzi, /Si dà già principio, /Vedete che gran spettacolo /Che abbiamo al Municipio. /Guardate, guardate, incomincia /La sfida di Barletta; /Son tutti che combattono /A colpi di forchetta. /Guarda, guarda più in dentro, /Che gran prestigiatori, /Fanno volar via i galletti /Da dentro le casseruole!

Gaetano Masuzzo/cronarmerina     

 

Edicola n. 26

L'Edicola Votiva n. 26 è quella che si trova presso l'atrio del Palazzo Trigona di via Floresta. Chissà da quanto tempo esiste con quell'immagine dipinta della Madonna (forse con Bambino, non si distingue bene) sopra quell'antica porta che si apre verso un'ala del palazzo Settecentesco di cui è rimasto ben poco e che esisteva prima di quello della Floresta in piazza Duomo. Era sempre della famiglia Trigona, ma del ramo dei baroni di San Cono, tra i primissimi di questa nobile casata. 
Il primo esponente dei baroni di S. Cono fu nel 1561 Trigona Giovanni Andrea, giurato di Platia che acquistò il feudo quell'anno da Giovanni Branciforti di Mazzarino conte di Garsiliato (allora proprietario anche del borgo Casalotto).
Quando il Trigona morì nel 1591, fu seppellito nella chiesa di Santa Maria di Gesù, mentre il figlio Giuseppe, barone di Cimia (1552-1613), è seppellito nella III cappella a sx della chiesa di S. Pietro. 
  
Gaetano Masuzzo/cronarmerina   

Sodalizio dei Ferrai

 
U f'rrèr
U 'nferrascècchi
La chiesa di S. Barbara in via Roma

Il Sodalizio dei Ferrai e dei Chiavittieri

Tra i 22 Sodalizi che la nostra Città ha ospitato nei secoli passati, c'è stato anche quello dei Ferrai (o Fabbri) e dei Chiavittieri (o Chiavettieri per le chiavi e le balestre delle carrozze), alla ciaccësa dî F'rrèri e Chiav'ttèri, ai quali si aggiungevano anche i Maniscalchi cioè i 'Nferrascècchi. Il Sodalizio era detto del Rosario e la sede non poteva essere se non nella chiesa di Santa Barbara, proprio sulla via con più artigiani del ferro della Città, tanto da essere intesa appunto a F'rrarìa, oggi via Roma¹. Le officine (buttìghi o buttèi), quasi sempre buie e nere per la fuliggine provocata dalla combustione del carbone nelle forgie, alimentate dal soffio dei mantici a mano, erano piene di incudini, martelli, tenaglie, lame, pinze, punzoni, mole, trapani, trance, forbici e tanto sudore e fatica. Oltre alla realizzazione di cancelli, inferriate e balconate i fabbri si dedicavano anche alla realizzazione di attrezzi per i contadini e di chiavi per le serrature di ogni tipo. Qualcuno si specializzava in queste ultime realizzando vere e proprie opere d'arte con marchingegni complicati e con qualche segreto. Altri invece si specializzavano nel mettere, visto che gli spostamenti avvenivano invece che su quattro ruote su quattro zampe, o meglio, su quattro zoccoli, i ferri sugli zoccoli degli asini, dei muli e di qualche cavallo. Si può benissimo affermare che la corretta applicazione dei ferri sugli zoccoli del quadrupede (ferratura) aveva lo stesso valore della realizzazione di un paio di scarpe per il suo cavalcatore, l'esatta operazione consentiva di coprire enormi distanze senza problemi². La festa di questo Sodalizio era il 7 ottobre, festa della Madonna del Rosario che si ripeteva il 4 dicembre per la festa di Santa Barbara. Questo post lo dedico a mio zio Guido Masuzzo che non è più tra noi e che, prima di diventare assistente tecnico all'Istituto Industriale, fu un bravo fabbro con la sua officina da sempre nel Piano Arcurio, sötta u Ciàngh Baröngh.
 
¹ La via Roma oltrechè F'rrarìa era chiamata anche Strada di Fundachi, perchè prima quasi tutti i locali a piano terra di questa via, specie dopo l'eliminazione della Porta dell'Ospedale (nei pressi della chiesa di Santa Barbara all'altezza dell'odierna edicola votiva) per l'espansione abitativa della città verso a Taccùra, erano adibiti a deposito merci, luogo di contrattazione e alloggio dei mercanti forestieri. Erano i primi edifici che questi trovavano provenendo da Gela, Caltagirone, Mazzarino, Caltanissetta (allora provincia di cui Piazza ha fatto parte sino al 1926) prima di entrare nel centro abitato vero e proprio attraverso questa strada, più agevole delle altre su questo versante.
² Un vecchio proverbio inglese dice "no foot, no horse" ovvero "niente piede, niente cavallo". 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it     
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