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Gaetano Masuzzo

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La Muscatèdda dözz

 
A sx la piccola campana chiamata Muscatèdda
La stessa scultura del lato Sud
Qualche visitatore del blog mi ha chiesto quale fosse la campana chiamata Muscatèdda. Potrebbe essere quella sulla sx nella foto in alto. E' la più piccola delle 6 campane presenti sul campanile della nostra Cattedrale. Quattro sono in funzione, tra le quali ci sarebbe la Muscatèdda (piccola e dal suono dolce come gli acini da racìna muscatèdda, dalla quale si ricava u vìngh muscàt dözz dözz), due invece sono a "riposo" sul ripiano di una delle grandi finestre. La foto è stata scattata nell'aprile del 2009, quando mi è stata data la possibilità di salire, insieme ad alcuni alunni e insegnanti della Scuola Media "Capuana", sull'alto e antico campanile in restauro. Un'altra cosa che mi è rimasta impressa, mentre salivo la lunga e ripida scala a chiocciola, è l'aver trovato in uno dei due lati del campanile (ovest o est difficile dirlo perché non c'era alcun punto di riferimento), la stessa scultura a rilievo (foto in basso) che si vede sulle finestre cieche del lato sud, a dimostrazione che la torre tardogotica (seconda metà del Trecento in poi) era libera su tre lati (ovest, sud ed est) con prospetti analoghi a quello sud, mentre il fronte nord era inglobato nella precedente matrice trecentesca che, molto probabilmente doveva essere in pietra calcarea bianca come i primi cinque livelli della torre (zoccolo massiccio, due lisci senza sculture e due con finestre cieche). Un'altra possibilità ci viene suggerita dal poeta Girolamo Giusto in una nota alla sua poesia La Cùpula Virdi, quando ci parla della Muscatèdda: <<Una delle due campane dell'orologio del Duomo. Fu trovata sepolta insieme col Vessillo del Conte Ruggero>>. Quindi, può darsi che si riferisca alle campane una volta presenti sul tetto merlato del campanile della Cattedrale che segnavano l'ora di un orologio, come risulta dal disegno che riporto qui sotto, perché di foto antiche a quell'altezza che le ritraggono chiaramente non ne ho trovate. 
     
Gaetano Masuzzo/cronarmerina

Crollo al palazzo Starrabba di Palermo

 
 
La foto del palazzo Starrabba a Palermo tratta da Google Maps
 
Una volta vi avevo raccontato che alcune famiglie nobili di Piazza, stanche della monotona vita paesana e provinciale, si erano trasferite nella Capitale isolana del Regno delle Due Sicilie. Il trasferimento a Palermo avvenne all'inizio dell'Ottocento e fu in quel periodo che sia Romualdo Trigona principe di Sant'Elia (m. 1801)* e sia Pietro Starrabba (1764-1830) principe di Giardinelli e conte di Pachino, cambiarono la loro residenza in cerca di notorietà e alte cariche presso la corte. Ovviamente i due notabili non si accontentarono di prendere una casa in affitto, ma si costruirono i loro grandi palazzi di sana pianta. Il principe di Giardinelli costruì la sua dimora in una delle vie più centrali e importanti da sempre di Palermo, la via Divisi, oggi conosciuta anche come via Biciclettai, perché piena di rivenditori di biciclette più o meno nuove. Il palazzo in questione è quello nella foto (anche se tratta da Google Maps vi assicuro che non si può ritrarre meglio perché la larghezza esigua della strada non lo permette) con accanto, a sx, persino la targa strorico-turistica che ci spiega che è il "Palazzo Giardinelli". Ebbene, pur avendo avuto un discreto restauro (almeno nella facciata esterna) cinque o sei anni fa, ieri scorrendo le notizie su Palermo-Reppublica.it non leggo che "Crolla parte di palazzo storico a Palermo, nessun ferito - E' successo in via Divisi. In azione vigili del fuoco e protezione civile. Vigili del fuoco in azione in via Divisi a Palermo per il parziale crollo di Palazzo Starrabba di Giardinelli. I pompieri intervenuti sono riusciti a fare evacuare l'immobile al civico 74. Nella zona sono intervenuti anche i tecnici della protezione civile comunale. Il palazzo è in gran parte disabitato, solo un'ala è abitata da alcune famiglie." Ovviamente, a tanti non farà né caldo né freddo, anche se in questi giorni veramente sembra di essere in Nord Africa, ma a me ha fatto un certo effetto aver appreso che un "nostro" palazzo (almeno di un nostro compaesano di una volta) abbia subìto qualche danno. Quando qualche anno fa, in giro per Palermo, alla scoperta del più bello e grande (secondo solo a quello di Roma) centro storico d'Europa, passavo in cerca di ricordi per la via che mi aveva "ospitato" per tre anni studente all'ISEF, ho scoperto di trovarmi davanti all'abitazione di un discendente diretto del nobile Vincenzo Starrabba barone di Scibinasi I principe di Giardinelli nel 1711 al quale, per l'occasione, fu intitolata l'odierna via Garibaldi chiamandola a stràta ô Prìnc'p, io ho provato una certa emozione. La stessa emozione, questa volta però amara, che ho provato nell'apprendere dal giornale che il palazzo, il "nostro" palazzo, ha subìto dei grossi danni.
 
*Il nipote di questo, anch'esso Romualdo e nel 1830 Sindaco di Palermo, nel 1866 ereditò uno dei primi e importanti edifici della Strada Nuova (via Maqueda) di Palermo. Si tratta del grandioso palazzo appartenuto dal XII secolo ai Celestri marchesi di S. Croce e dal 1866 conosciuto, appunto, come Palazzo S. Elia. Dal 2008, dopo un'opera di restauro laboriosa da parte della Provincia di Palermo, proprietaria dal 1985, il magnifico palazzo è stato destinato a museo che ha ospitato e continua a ospitare prestigiose mostre ed esposizioni. 

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

 

Edicola n. 23 bis

A proposito dell'Edicola n. 23 che si riferisce al Crocifisso de tri strattùni, alla Bellia, il nostro amico Tanino Santangelo ci ha inviato questa foto che immortala l'inaugurazione del Crocifisso avvenuta negli anni Cinquanta. Per la benedizione era presente il Vescovo di allora, mons. Antonino Catarella (1889-1972), vescovo della Diocesi di Piazza Armerina dal 1942 al 1970. Il primo in basso a sx è il prevosto della Cattedrale, padre Vincenzo Caraci.
 
cronarmerina.it

Edicola n. 23

Questa è l'Edicola n. 23 in c/da Bellia  che si trova a pochi passi dalla n. 22 dedicata alla Madonna delle Lacrime, presso l'edificio che prima ospitava la chiesetta della Madonna della Noce. Infatti, è qui che esiste un incrocio (i tri strattùni) molto frequentato e pericoloso col Crocifisso che protegge i passanti e i viaggiatori. Spesso è circondato da foto, rosari, piccoli oggetti, fiori e bouquets delle spose che vi si recano a deporli per devozione, subito dopo la cerimonia in chiesa e per farsi delle foto ricordo. Da alcuni anni il sito è stato sistemato con molto buon gusto ed è impossibile non dargli uno sguardo, anche se di sfuggita, ogni volta che si proviene dalla superstrada.
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina   
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