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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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1800 - Mezzi trasporto turisti e non

Il mezzo di trasporto più comune anche nell'Ottocento: la lettiga
Anche nell'Ottocento il mezzo di trasporto più comune è la lettiga, eccovi le testimonianze di un inglese e di un francese che viaggiarono nella nostra Sicilia a metà dell'Ottocento.
Per l'inglese H.C. Barlow (1806-1876) che effettua un viaggio in Sicilia nel 1843: "L'altro modo di viaggiare, meno faticoso del primo, ma non molto piacevole comunque, è la lettiga. La lettiga è una cassa di legno a forma del corpo di una carrozza e capace di contenere due persone poste l'una di fronte all'altra. Questa è sostenuta da due lunghe sbarre e portata da due muli, uno davanti e l'altro dietro; vi sono due conducenti anche essi che montano muli, uno dei quali guida la processione mentre l'altro con una lunga bacchetta a forma di lancia sta di fianco spronando ogni tanto le bestie... Visitare la Sicilia non è cosa semplice come molti possono immaginare. E' facile trasferirsi da Napoli a Messina e a Palermo o, con il battello per Malta, raggiungere Siracusa, ma visitare l'isola è un'altra cosa. Attraversare la Sicilia richiede molta forza, più pazienza e ancora più indifferenza al benessere personale. Le locande sono poche e distanziate fra di loro... Nessuno che ha bisogno di comodità personali si affidi mai, in Sicilia, a una locanda." 

Il francese F. Bourquelot (1815-1868) nell'Isola nel 1850 riporta: "Ad onta della mancanza o del pessimo stato delle strade, delle difficoltà di trovare da mangiare e di farsi accompagnare da gente mercenaria, preferii viaggiare per terra... Luigi Rantesi s'obbligò ad accompagnarmi nel mio viaggio e a mantenere, per tutto il tempo che sarebbe durato, tre mule: una per me, una per lui, una pei bagagli e pel mulattiere incaricato degli animali... La nostra piccola banda si ripose in viaggio accresciuta, oltre ai precedenti mezzi di trasporto, di mule fresche e di una lettiga, cioè di un veicolo senza ruote, condotta da due mule, una dinanzi e una di dietro, e capace di contenere due viaggiatori uno in faccia all'altro. Un mulattiere a piedi armato d'un lungo bastone dirige le bestie e le eccita con le grida. Questa strana vettura, di cui si trovano disegni nei manoscritti del XIV secolo, avanza, come è facile immaginare, assai lentamente; per giunta, nelle ineguaglianze del terreno, si piega pel lungo, e i sonagli che pendono dal collo delle bestie, danno un tintinnio, un rumore indiavolato."

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

Stemma poco visto

 

Proprio sopra la piccola galleria di via Monte Prestami, traversa di via Vittorio Emanuele poco vicino la piazza Garibaldi, molto in alto, c'è questo grande stemma. Secondo me è tra i più belli, i meglio conservati e i meno conosciuti di Piazza. È quello con l'aquila bicipite, sormontato da una grande corona, bipartito della famiglia Trigona (a sx) e la famiglia Caldarera (a dx). Poco visibile da lontano l'anno 1736, col 17 scolpito sull'ala di sx e 36 o 39 su quella di dx. Lo so è poco visibile, ma se passate di là alzate gli occhi, ne vale veramente la pena.

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Famiglia Gaffore

Partito di rosso e d'argento, al capo d'oro carico di un'aquila di nero coronata.
Il primo nobile della famiglia di antica origine lombarda Gaffore o (de) Gafforo, Gaffori, Gaffuri, è Pietro senior de Gafforo nel 1482 Capitano di Plaza. 1520 Giovanni è iscritto alla Mastra Nobile e sposa nel 1497 Elisabetta d'Aidone baronessa di Montagna di Marzo. 1542 Cesare Gaffuri è Giurato, 1545 Pietro junior de Gafforo barone del Toscano, d'Imbaccari Inferiore e Giurato, 1580 Francesco Gaffori barone del Toscano e Fargiuni mette a disposizione parte dei suoi beni per l'erezione di un Collegio di Gesuiti, 1592 Ettore è barone d'Imbaccari Inferiore. 1610 Lavinia Gaffurri dona 120 scudi alla "Casa" dei Teatini, 1621 Francesco è barone di Gatta, Andrea è barone di Ganigazzeni e del Toscano, 1624 i Gaffori e i Giurati di Piazza protestano contro Giacinto Paternò che vuole trasferire il suo borgo dal feudo di Baldo in quello d'Imbaccari Sottano di loro proprietà; vendita e trasferimento avvengono nel 1630 (sito della futura Mirabella Imbaccari). 1625 ca. Olimpia dei baroni di Grotte sposa Desiderio Sanfilippo dal 1648 duca di Grotte (feudo nei pressi di Agrigento). 1630 Antonio è barone di Grotte., 1637 Luigi è Giurato. Nel febbraio 2018, leggendo l'importante opera storica Famiglie Nobili di Piazza dell'avv. Alceste Roccella (1827-1908), sono venuto a sapere che questa famiglia dava il nome al piano, sino ai primi dell'Ottocento, che oggi conosciamo come piano Demani, perché in quel sito aveva la propria abitazione.
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4° Santo Compatrono

Il simbolo del granchio sull'altare nella chiesa di Sant'Ignazio
S. Francesco Saverio

 4° Compatrono di Piazza, S. Francesco Saverio

San Francesco Saverio naque nel 1506 in Spagna, a Javier (Navarra), in una famiglia nobile. Fu compagno di studi, nel collegio di S. Barbara (alla Sorbona) a Parigi, di Ignazio di Loyola e Pierre Favre coi quali fece i primi voti (povertà, castità e pellegrinaggio in Terrasanta) da cui sarebbe poi nata la Compagnia di Gesù. Conseguì il grado di "Maestro in arti" per poi iscriversi alla facoltà di Teologia conseguendo il dottorato. Nel 1534 decise di pellegrinare in Terrasanta, invece nel 1540 partì per l'India, ma dovette fermarsi in Mozambico perché gravemente ammalato. Appena guarito raggiunse Goa, capitale civile e religiosa dell'Impero Portoghese in India. Lì fondò missioni e si trasferì a Malacca (Malaysia) e nelle Molucche (Indonesia). Nel 1549 giunse nel Giappone meridionale continuando l'apostolato. Nel 1551 ritornò dal Giappone lasciandovi circa 1.000 fedeli, l'anno successivo a Goa diventò responsabile della nuova provincia dell'Ordine voluta da Sant'Ignazio. Dopo pochi mesi ripartì per Malacca dove si ammalò gravemente morendo nel 1552, all'età di 46 anni. Il suo corpo riposa nella cattedrale di Goa, e il suo braccio destro si trova a Roma nella chiesa del Gesù. Fu un taumaturgo in vita e dopo morto. Moltissimi i miracoli ottenuti per sua intecessione da Dio. Anche la città di Piazza sperimentò questi miracoli nella prima parte del Seicento e i nostri antenati lo proclamarono patrono e protettore, onorandolo con un altare a Lui dedicato nella chiesa di Sant'Ignazio (l'ultimo a dx accanto alla sagrestia) dove si può notare la figura del "granchio" posta sull'architrave (foto in alto)¹. A proposito del "granchio", un giorno, durante una tempesta, S. Francesco Saverio perse il crocifisso che aveva appeso al collo. Qualche giorno dopo, mentre stava seduto su una spiaggia giapponese, dal mare emerse un granchio con il crocifisso perduto tra le chele che glielo restituì. A grande richiesta di sovrani e popolazione venne beatificato nel 1619 e innalzato agli onori degli altari (Santo) nel 1622, inoltre fu dichiarato "patrono delle Missioni" nel 1927. Per quanto riguarda la scelta del nome del nuovo papa Francesco, qualcuno aveva pensato che fosse stata fatta per questo Santo dell'Ordine dei Gesuiti. S. Francesco Saverio si festeggia ogni anno il 3 dicembre.
 
¹ Litterio VILLARI, Il Vessillo del Conte Ruggero il Normanno e i Santi della Chiesa Piazzese, A. A. Costantiniana, Tip. Don Guanella, ROMA 1998, pp. 74, 75. Si sconosce l'anno esatto della proclamazione a Compatrono di Piazza, ma il periodo si restringe tra la proclamazione del 3°, San Gaetano di Thiene nel 1641, e il 5°, S. Giovanni Di Dio nel 1680.
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