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Cronarmerina - Aprile 2025

Cavalieri di Montjoie

La croce dei Cavalieri di Montjoie
L'Ordine dei Cavalieri di Montjoie fu fondato verso il 1173 in Terrasanta dal conte spagnolo Rodrigo Álvarez appartenente già all'Ordine Cavalleresco di Santiago. Il nome deriva dalla sede, ovvero dalla collina da dove i Crociati avevano visto per la prima volta Gerusalemme e dove stabilirono il loro quartier generale con un castello. Da qui il nome della "montagna della gioia", in latino Mons gaudii, in spagnolo Monte gaudio, in francese Mont de joie, contratto in Montjoie. L'Ordine seguiva la Regola Cistercense e venne ufficialmente riconosciuto dal Papa nel 1180. Sette anni dopo un contingente dell'Ordine combattè nella battaglia di Hattin e fu annientato sino all'ultimo uomo. Dei superstiti dell'Ordine una parte rimase in Terrasanta, venendo assorbita dai Templari, una parte si trasferì in Aragona, dove vennero conosciuti come i Cavalieri di Trufac difensori dei pellegrini cristiani nella penisola iberica. Nel 1221 Ferdinando re di Aragona ordinò che l'Ordine venisse disciolto e incorporato nei Cavalieri di Calatrava.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Legnosecco Cavaliere della Repubblica

Il Cavaliere Salvatore Legnosecco con la famiglia e la Sig.ra Calcagno
Il Maresciallo Luogotenente Aiutante Dott. Salvatore Legnosecco
Lunedì 4 novembre scorso al Foro Italico di Siracusa, in occasione della Festa delle Forze Armate, il piazzese Luogotenente Dott. Salvatore Legnosecco è stato nominato Cavaliere della Repubblica. La cerimonia, durante la quale sono state consegnate le onorificenze dell'Ordine "Al Merito della Repubblica", si è svolta alla presenza del prefetto Armando Gradone e dell'ammiraglio Comandante del presidio militare di Augusta Roberto Camerini. Il titolo di Cavaliere è stato consegnato, insieme ad altri cinque, al nostro concittadino Salvatore, primo maresciallo luogotenente e primo aiutante del Comando Forze da Pattugliamento della Difesa e la Sorveglianza Costiera di Augusta. 
Congratulazioni
 
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Famiglia Suriano

D'oro a tre bande cucite d'argento.
Il primo della famiglia Suriano (alias Soriano) ad arrivare nel nostro territorio è il nobile catalano Pasquale Soriano nel 1380 ca. Nel 1391 il Cavaliere del Santo Sepolcro Giovanni Suriano, figlio di Pasquale, è nominato priore della chiesa e del convento di S. Andrea e l'anno successivo ricopre la carica di Capitano di Giustizia della Città. Nel 1400 Pasquale acquista il feudo di Ramorsura (in epoca araba Rachalmisuri o Rahal Mussuri). Nel 1520 Giovanni Pasquale Suriano è barone di Ramorsura. Nel 1556 Giuseppe Soriano è barone di Ramorsura e dopo alcuni anni acquista il feudo di Colletorto (già Mendola, poi paese Realmonte nel 1680 ca.) in prov. di Agrigento. Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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Fontana Villa delle Meraviglie/n. 21

 
E' la seconda fontana che s'incontra, nella Villa delle Meraviglie a 4 Km. ca. da Piazza verso Barrafranca, scendendo i gradini dopo l'ingresso sulla destra. Ha un'architettura neoclassica  e rappresenta un piccolo tempio. In alto, nel frontone, c'è lo stemma della famiglia Cammarata: di rosso alla banda d'argento, accompagnata da due gigli, uno in capo l'altro in punta. 

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

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1918 - La Spagnola

Crocerossine distribuiscono pasti alla popolazione, 1918
Nel novembre del 1918, come tutti sappiamo, ebbe termine la Prima Guerra Mondiale. La Sicilia aveva contribuito alla "vittoria" con 65.000 morti di cui 270 Piazzesi. Complessivamente i morti Italiani erano stati 650.000 su un totale di ca. 9.000.000. Come se non bastasse, dal mese di giugno dello stesso anno una terribile influenza, la Spagnola, perché si credeva provenisse dalla Spagna, si era diffusa in Europa con gli ultimi focolai nella nostra nazione proprio nel mese della fine del conflitto. Ma il contagio si estese a tutto il globo terrestre a partire dai primi mesi dell'anno successivo, il 1919, e in ogni paese venne ribattezzata con nomi diversi. In realtà i primi focolai venivano dalla Cina ed erano arrivati in Francia con gli operai cinesi chiamati a sostituire i francesi al fronte. Alla fine di aprile del 1918 la malattia si diffuse in Spagna. La prima ondata fu blanda ma la seconda dell'autunno durò circa 8 settimane. La chiamavano la malattia dei 3 giorni, perché se passavano quelli potevi dirti fortunato. La malattia prendeva il nome della nazione confinante, secondo una vecchia tradizione che faceva del vicino il primo nemico e delle malattie il veicolo di lotte egemoniche. Per i polacchi si chiamava "mal sovietico" e per i Russi il contrario. Metà degli abitanti della Terra furono contagiati e i morti stimati in oltre 20 milioni (più del doppio del conflitto mondiale appena conclusosi). In USA 300.000 decessi, in Russia 450.000, in Italia 350.000, in Inghilterra 225.000, in India 12 milioni !! In misura minore in altri paesi. A Piazza, che nell'ultimo censimento del 1909 risultava popolata da quasi 32.000 abitanti¹  i morti, che di solito si aggiravano intorno ai 400 come media, quell'anno con la Febbre Spagnola salirono a 910, l'anno successivo rientrarono a 316. In Italia si sparse la voce che il disinfettante dato nelle strade dalla nettezza urbana veicolasse i germi dal male, secondo un piano segreto del governo Orlando di ridurre la popolazione. Nessuno raccoglieva più nei campi i raccolti, le frontiere erano chiuse, come lo erano i teatri e tutti i luoghi di ritrovo. I rimedi spaziavano dalla fantascienza allo sciroppo Proton, buono all'epoca per tutto. Il rimedio più efficace risultò essere una mascherina sulla bocca che evitava in caso di tosse o starnuto la diffusione del morbo.

¹ Questo numero di abitanti della nostra Città è secondo soltanto a quello registratosi nel 1921, di 38.000, quasi il doppio di quello odierno.

cronarmerina.it

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Cavalieri Mercedari

Scudo dei Cavalieri Mercedari
I Cavalieri Mercedari o, come li chiamava comunemente il popolo, Mercedariani, è un Ordine Cavalleresco Spagnolo fondato nel 1233 in Aragona, approvato dal Pontefice due anni dopo. L'Ordine fu fondato da un nobile della Provenza (Francia meridionale), Pietro Nolasco (1182 ca.- Barcellona 1256 ca.), con la finalità di riscattare i Cristiani schiavi dei Musulmani che non fossero in grado di farlo con i propri mezzi. Questo accadde dopo aver avuto l'apparizione della Santissima Vergine, la quale gli disse che suo Figlio desiderava la fondazione di un Ordine religioso che si occupasse della redenzione degli schiavi, facendosi conoscere come la Mercede (dallo spagnolo merced che deriva dal latino merces = prezzo, riscatto, ricompensa, grazia, pertanto Madonna della Mercede = Signora della Grazia gratuita = Signora della Misericordia) e, infatti, l'Ordine inizialmente si chiamò l'Ordine di Santa Maria della Mercede. A quel tempo i Mori governavano gran parte della Spagna e molti cristiani venivano tenuti prigionieri in questo paese e nell'Africa settentrionale e, come se non bastasse, i pirati saraceni infestavano le coste del Mediterraneo, rapivano molte persone e le trasportavano come schiavi sempre nel Nord-Africa, per poi liberarli solo dietro riscatto. L'Ordine seguiva la Regola Agostiniana e si trasformò rapidamente in un Ordine Militare, sino al 1317, quando il capitolo generale elesse alla carica di maestro generale, per la prima volta, un sacerdote, Raimondo Albert. Nel 1400, avendo cessato il suo ruolo militare, l'Ordine Militare venne assorbito dai Cavalieri di Nostra Signora di Montesa, mentre l'Ordine Clericale dei Mercedari continuò la sua opera spirituale e culturale in Europa e nell'America centro-meridionale, subito dopo la scoperta del nuovo continente. I religiosi di quest'Ordine, sorto per la redenzione degli schiavi cristiani dei musulmani, oltre ai consueti tre voti emettevano un quarto voto, quella della Redenzione, mediante il quale si impegnavano a sostituirsi personalmente ai prigionieri in pericolo di rinnegare la fede. Si stima che il numero di cristiani riscattati e rieducati moralmente dai Mercedari nel corso dei secoli sia di circa 100.000. L'ultimo riscatto è avvenuto nel 1798, quando furono riscattati a Tunisi 830 prigionieri. Pietro Nolasco venne fatto santo nel 1628 ed è commemorato il 6 maggio. Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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Fontana Villa delle Meraviglie/n. 20

 
Questa è la terza fontana che si trova alla Villa delle Meraviglie, appena si scendono dei gradini sulla dx. La potremo chiamare la "fontana del poeta" in quanto sopra la scultura, da cui fuoriesce un piccolo canale d'acqua, c'è un lapide con su scritta una poesia del poeta dialettale Carmelo Scibona (1865-1939) dedicata al farmacista A. Arena, eccovela:
 
U MURTER¹
DU SP'ZZIAU A. ARENA .1831.²
---- 
E CARU, PEPPI, TU NON SAI,
A V'RTÙ D' L'EUA DI CANAI,
SPIA O MURTER DI SP'ZZIAI
MBOCCA EUA E SVOM'CA GRAI.
 
C. S.
 
¹In realtà il titolo originale è "L èua d'i Canai" in Carmelo Scibona a cura di Salvatore Trovato, I mì f'ssarì - U CARDUBU, Ed. Il Lunario, CL, 1997, p. 252; 
²L'anno accanto alla scritta non convince in quanto lo Scibona era nato nel 1865. Potrebbe essere l'anno di nascita del farmacista, ma nessuno mi ha saputo dire qualcosa in proposito. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.

(Traduzione: Il Mortaio - Dello Speziale A. Arena.1831 - Eh, Caro Peppi, tu non conosci / La virtù dell'acqua dei Canali, / Chiedi al mortaio degli speziali: / Inghiotte acqua e vomita denaro... /)  

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Palazzo Trigona di Giòmetrico

Palazzo Trigona della Floresta


A proposito della polemica per il biglietto unico Piazza/Aidone, ma che fine ha fatto il museo di palazzo Trigona? Era il dicembre 2010, e pareva fatta, quando scrissi ‘sta cca, ca già ci cridiva picca! Ma chi ci manca, ancora? E sta pulitica, chi pulitichìa a fari? E allura ammuttamu, Tanì. Tu ammutta di ddocu, ca iu ammuttu di cca. E cu ‘rriva prima, ‘spetta.

Palazzo Trigona

Ch'è beddu, palazzu Trigona
ca pari un casciuni all'antica
ca sulu a taliàrlu ti sona
cu i tempi do’ sabbanadica,
stinnutu pussenti a lu jancu
di Santa cumpagna di bancu.

Cunzatu, a la fini, ca quasi
ripigghia chiù lustru e chiù gloria
de' tempi, ca quannu ci trasi
eterna addimura memoria,
eterna la nòbbili stanza
bisbigghia a lu tempu c'avanza.

E sbùmmica, stili baroccu,
e riala eleganza a la chiazza,
prospettu giniusu di nsoccu
firriannu di 'ntunnu s'abbrazza,
di quannu, ribùffitu, torna
e d'intra a lu cori t'agghiorna.

E intantu s'appronta lu 'ncantu
ca fa di museu la struttura
"è prontu, ci ammanca pi tantu"
la suprintendenza lu giura.
E allura lu viu, canni canni
si campu pi n'autri cent'anni.

Ch'è beddu, palazzu Trigona
ca pari un casciuni all'antica
ca sulu a taliàrlu ti sona
cu i tempi do’ sabbanadica,
stinnutu pussenti a lu jancu
di Santa cumpagna di bancu.

Giòmetrico, 2010
(Giovanni Piazza)
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Famiglia Carducci a Piazza / Biografia 2

   
  Studenti della Regia Scuola Normale "Valfredo Carducci" di Forlimpopoli, 1897¹  
Biografia del Prof. Valfredo Carducci
Parte 2^
(segue dalla Parte 1^) Il Consiglio Comunale del paese del trapanese nel 1868 procede alla nomina, assicurando lo stipendio per la durata di cinque anni ai due maestri Carducci di lire 1.100 annue pro capite. Valfredo raggiunge subito la nuova sede, dove viene accolto con deferenza e stima trovando altri maestri, anch'essi toscani, tra i quali una giovane maestra, Argia Faleni, che Valfredo sposa nell'autunno dell'anno successivo, il 1869. A Monte San Giuliano Valfredo vive per dieci anni e dal matrimonio ha quattro figli: due maschi, Giosuè e Dante; due femmine, Ildegonda (1871-1961) e Clelia (1876-1950). I due maschi muoiono in età giovanissima, continuando la nefasta discendenza maschile nella famiglia Carducci. Nel 1878 Valfredo viene chiamato a dirigere l'Ispettorato Scolastico di Noto (SR), dove gli viene anche affidata la cattedra di lingua e letteratura italiana delle Scuole Normali, non senza problemi burocratici. Infatti, sia per merito che per la calda difesa e il vibrante patrocinio del fratello, supera il licenziamento per mancanza della patente, che non gli era stata richiesta al momento della nuova nomina del ministro De Santis. Da Noto, nel 1884, viene trasferito all'Aquila e dopo un anno a Camerino (MC) dove, nel 1890, gli muore la moglie Argia che aveva conosciuto a Monte San Giuliano. Da Camerino passa a Forlimpopoli (FC), a insegnare italiano presso la Scuola Normale, della quale è anche il Direttore, ove tra gli allievi (cerchiato nella foto) ha un certo Benito Mussolini che, a quindici anni, nel 1898, consegue la licenza tecnica inferiore e, successivamente, nel 1901, il diploma di maestro elementare. Nelle sue memorie il futuro Duce parla del suo insegnante "... fratello del poeta grande, ci insegnava italiano. Non era un'aquila. Il suo insegnamento si limitava al programma... era buono, indulgente, e ci voleva bene... anch'io lo rispettavo e lo amavo". Qui Valfredo rimane per vent'anni, sino alla chiusura della sua carriera e nel 1910, libero da ogni impegno professionale, si ritira a Piazza Armerina (allora in provincia di CL), a vivere i suoi ultimi anni in seno alla famiglia di Ildegonda, una delle figliole nate a Monte San Giuliano. Il 30 aprile del 1919 si spegne nella sua casa di via Mazzini e viene seppellito nel cimitero comunale della "Bellia". Per quanto riguarda l'altro maestro Carducci, Valerio cugino di Valfredo, quando quest'ultimo parte da Monte San Giuliano alla volta di Noto, il cugino rimane solo. Già segnato da un'infanzia e una giovinezza entrambe difficili, anche a Monte San Giuliano è scalfito da amarezze e da lunghi anni di lontananza dalla sua Pisa, anche se stimato e rispettato da tutti. La sua vita si conclude nella solitudine di scapolo proprio nel paese siciliano all'età di cinquant'anni, nel 1896.
 
¹ Nel cerchietto il quattordicenne Benito Mussolini insieme ai convittori della Regia Scuola Normale Maschile (poi Ist. Magistrale) nata nel 1890 sotto la direzione di Valfredo Carducci.
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Famiglia Starrabba

Un globo celeste¹ orlato d'oro col suo piede dello stesso colore in campo azzurro
 
Il primo nome che registriamo della famiglia Starrabba, di origine greca, è quello del capostipite intorno al 1300, il magnifico Starab, i cui figli Anselmo e Ludovico sono Maestri di Camera della regina Eleonora d'Angiò nel 1310. A Plaza² il primo di questa famiglia è Pietro I che nel 1554 è Regio Milite, Carceriere delle pubbliche carceri, Gabelliere del pane e del vino, barone di San Cono e di Ciappazzo. Nel 1562 il figlio di Pietro I, Giovanni Francesco barone di Spedalotto, si sposa con Ippolita Sortino baronessa di Scibini e Bimisca. Dopo questo matrimonio Giovanni Francesco conte di Naso e Protonotaro del Regno, acquista i feudi di Gatta, San Cosmano, Saccolino, Lersa, Ciavarini, Regiovanni e il castello di Capo d'Orlando. Alla loro morte il Conte è seppellito nella chiesa di Santo Stefano e la Contessa in quella di San Vincenzo di Platia². Dei loro 7 figli ricordiamo il primogenito Raffaele, nato 1564, che è bandito dal Regno sia per aver ucciso il Capitano di Giustizia spagnolo di Platia³, de Estapignan, sia per i molti debiti contratti; il secondogenito Pietro II barone di Gatta, dal quale continuerà la linea degli Starabba di Plaza²; il terzogenito Giuseppe conte di Naso, che vende il feudo di Gatta a Marco Trigona nel 1592 e che, alla sua morte, viene sepolto nella chiesa di San Vincenzo di Platia², della quale ha contribuito al completamento nel 1578. Subito dopo abbiamo il figlio di Pietro II, Francesco, che dopo essersi sposato con Catarina Trigona si fa prete, e suo nipote, Vincenzo, I principe di Giardinelli nel 1711. Questi (m. 1729) è ricordato anche per aver contribuito alle spese per i festeggiamenti a San Gaetano di Thiene (3° Compatrono della Città) nel 1671 e per essere stato a Platia² Capitano di Giustizia, Patrizio (il Sindaco di allora), Cancelliere del Monte di Pietà e del Regno nel 1701. La nostra Città alla notizia del titolo di Principe gli dedica la strada (stràta ô Prìnc'p) poi via Garibaldi, dove lui ha costruito il suo palazzo. Suo nipote Gaetano Maria (1725-1796) III principe di Giardinelli, con la collaborazione del fratello Vincenzo, marchese di Rudinì poi canonico (1730-1803) e nel 1777 primo Patrizio (Sindaco) dell'istituendo Senato, fonda sul suo feudo di Scibini-Bimisca-Vignali il paese di Pachino nel 1756. I due fratelli riposano nella Chiesa Madre del SS. Crocifisso a Pachino. Dei 5 figli di Gaetano Maria ricordiamo Pietro IV principe di Giardinelli nel 1798, che possiede ben 22 feudi oltre alle Regie Dogane di Platia², occupante come barone e conte il 17° seggio del Parlamento di Sicilia nel 1812. È lui che acquista il palazzo di via Maqueda angolo "Quattro Canti" di Palermo, restaurato tra l'altro, di recente, e che dona delle ingenti somme alla chiesa di San Vincenzo³ di Piazza. Per finire il lungo elenco, chiudiamo con altri tre nomi di questa illustre famiglia, Francesco Paolo marchese di Rudinì conte di Pachino, che nel 1848 a Palermo presiede il Comitato per la raccolta fondi in preparazione della guerra contro i Borboni; il figlio di questi, Antonio, Ministro, Presidente del consiglio dei ministri (1891, 1896), Sindaco (1863-66) e Prefetto (1867) di Palermo e di Napoli (1868); Eleonora Trigona dei principi di Sant'Elia, 2^ moglie di Francesco Saverio Starrabba, che Tomasi di Lampedusa cita ne Il Gattopardo chiamandola di Giardinelli e non di Sant'Elia. Principessa sarebbe diventata non nel 1860, ma quando avrebbe sposato il suo lontano cugino Francesco Saverio Starrabba nel 1869. A Palermo, oltre al palazzo ai "Quattro Canti" di cui sopra, esiste un altro palazzo Starrabba di Giardinelli in via Divisi, tra le vie Maqueda e Roma. A Piazza oltre al palazzo in via Garibaldi abbiamo quello in piazza Castello. Di blasoni di questa famiglia nella nostra Città ne abbiamo diversi, soprattutto nelle chiese di San Vincenzo (insieme alle famiglie Calascibetta e Villanova), Santo Stefano (insieme alle famiglie Landolina, Sortino e Trigona; lo stesso stemma si trova nella chiesa di Santa Maria della Catena a Palermo) e in quella di Santa Maria delle Grazie ai Cappuccini (insieme alla famiglia Virgilio).

¹ L'esperto, nonché responsabile del "Museo Marchese Antonio Starrabba Di Rudinì" di Pachino (SR), Guido Rabito, mi ha precisato, nel febbraio 2016, che si tratta di una "sfera armillare" o "astrolabio sferico" usati per mostrare il movimento delle stelle attorno alla Terra.

² Come veniva chiamata e trascritta nei documenti la città di Piazza in quel periodo.

³ La chiesa di San Vincenzo Ferreri (1° Compatrono della Città) si trova accanto al Seminario Vescovile ed è da decenni chiusa al culto.

cronarmerina.it

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