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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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Giovani piazzesi da ricordare sempre/1

Il monumento ai Caduti di Tutte le Guerre, Piazza Armerina

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Era da tanto tempo che avrei voluto parlare di questo argomento, ma i numerosi nominativi dei caduti nella 1^ Guerra Mondiale scolpiti sul monumento, alcuni dei quali poco leggibili, se non addirittura illeggibili, mi avevano convinto a rimandare. Fino a quando, in queste settimane, la curiosità di sapere tutti i nomi dei giovani Piazzesi che non poterono raccontare ai loro cari le pene vissute durante l’esperienza bellica, ha prevalso e, pazientemente, li ho ricopiati per proporveli sul mio sito. Questa ricerca con elencazione, mi ha portato a riflettere soprattutto su una cosa: che se tra questi nomi ci fosse stato pure quello di mio nonno ‘Ngiulìnu Masùzzo u bersaglìer classe 1893, non starei qui a parlarvi degli altri 288 giovani “fortunati” che all’inizio del secolo scorso non ebbero la possibilità di sposarsi, avere dei figli e quindi dei nipoti, come sarebbe stato giusto e normale e, per giunta, senza sapere neanche il perché. A Piazza abbiamo due monumenti eretti a ricordo dei soldati morti nella Grande Guerra e che in realtà sono <<non semplici manifestazioni di “pietas” umana, religiosa o meno, ma veri e propri “oggetti” di memoria e di monito civile per le generazioni successive>>. Sono tutti e due posti a circa 100 metri l’uno dall’altro, al centro della piazza Generale Cascino e nell’ex Piano Duilio, accanto alla chiesa di Santo Stefano, ma ambedue voluti durante il Ventennio Fascista. Il più recente (del 1940) è dedicato esclusivamente al Generale Antonino Cascino (1862-1917) e ai soldati della sua Brigata “Avellino” caduti sul Monte Santo e Monte San Gabriele (Go); il più antico (del 1925) nell’ex Piano Duilio prima fu dedicato ai Caduti Piazzesi durante la Grande Guerra del 15-18, poi anche ai Caduti Piazzesi di Tutte le Guerre. L’elemento più visibile del Monumento ai Caduti di Tutte le Guerre di Piazza Armerina, situato nell’ex Piano Duilio, dal 2014 Piazzale Generale Litterio Villari, sono le due figure (n. 1 nella foto) fuse nel bronzo poste dinnanzi alla colonna che sorregge il braciere perpetuo (n. 4 nella foto) del fuoco sacro della Patria¹. Una delle due figure rappresenta un soldato (fante, ardito) della Prima Guerra Mondiale (1915-1918) a petto scoperto² che tiene nella mano destra un gladio romano, simbolo degli "arditi", reparto speciale di assalto del Regio Esercito Italiano durante la 1^ G.M., a cui apparteneva mio nonno³.

¹ La fiamma sempre accesa rappresenta l’atto di fede nella sopravvivenza dello spirito del defunto, il conforto al lungo viaggio della morte e il segno della presenza di coloro che operano la sepoltura accanto alla persona amata. La fiamma della memoria per i propri morti durante i conflitti militari, starà sempre accesa a dimostrazione che non verranno dimenticati né da coloro che li hanno conosciuti da vivi, né da coloro che conosceranno le loro imprese dal racconto di chi li ha conosciuti.    
² La nudità è una metafora che raffigura l’essenza dell’uomo privatosi di ogni legame terreno per affrontare la prova suprema dell’ardimento e della morte in battaglia, e per rappresentare l’evidenza, la fisicità e la forza della vittoria.
³ Il maresciallo degli alpini in congedo piazzese Salvatore Trebastoni, in un commento al post Chi vince e chi perde? 2 del 10 agosto 2016, oltre a ricordarci che fu suo padre Carmelo, reduce della 2^ G.M., assieme ad altri reduci, a promuovere l’aggiunta dei nomi dei caduti nel 2° conflitto mondiale alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, ci indica che a sistemare le 2 aquile con corone di alloro in bronzo, situate sui montanti laterali, e la spada del condottiero danneggiata da tanti anni, fu il cognato fabbro Salvatore Ficarra alla fine degli anni Novanta.

(continua)

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Edicola n. 47

Questa è l'Edicola Votiva n. 47 ed è la 3^ a sx salendo la strada che porta all'eremo di Piazza Vecchia. Si trova accanto al cancello della famiglia Libertino che l'accudisce con ottimi risultati. E' la più antica dell'edicole votive che si trovano lungo il tragitto che la Madonna di Piazza Vecchia fa due volte all'anno, la domenica precedente il 3 maggio, quando dall'eremo si reca alla chiesa degli Angeli Custodi al Monte, e il 3 maggio, quando torna all'eremo, sempre seguita dai fedeli in processione. E' diventata consuetudine che il fercolo della Madonna, portato a spalla dai giovani abitanti del quartiere Monte, varchi il cancello, a dx nella foto, per sostare qualche minuto nel cortiletto, mentre la famiglia Libertino offre qualche rinfresco ai portatori, ai musicanti e ai fedeli, prima di riprendere la ripida salita. Di questa usanza abbiamo anche qualche foto degli anni Sessanta. Ovviamente l'immagine racchiusa nell'edicola rappresenta la Madonna, ma in questo caso riproduce quella custodita in Cattedrale, Maria SS. delle Vittorie patrona di Piazza Armerina. Da notizie precise sono venuto a sapere che la costruzione risale a mezzo secolo fa, quanto l'età di un componente della famiglia. Infatti, il capofamiglia, avv. Gaetano Libertino, quando nacque il figlio Aldo, fece il voto di spostare la piccola edicola che si trovava di fronte al cancello, ma sempre soggetta a crolli della parete arenaria in cui era inglobata, dall'altra parte della strada, molto più stabile e in vista. Nel nuovo sito è chiaro l'utilizzo nella cornice esterna dei laterizi, ovvero dei mattoni pieni in terracotta che a Piazza chiamiamo zucculetti, per una storia/leggenda di secoli fa che racconterò un'altra volta.

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Fontana c.da Fontanelle/n. 52

La Fontana n. 52 si trova in contrada Fontanelle e mi è stata segnalata qualche mese fa da un amico. Come si vede dalla foto è molto semplice, rustica e campagnola. La poca acqua che esce da un pezzo di tubo in ferro è proprio un "filo". Poi cade in una piccola vasca e appena raggiunge il livello più alto si riversa in uno strettissimo canale. Il tutto richiama benissimo il nome della contrada a poche centinaia di metri a Sud-Ovest dal centro abitato di Piazza, quasi ai piedi di monte Mangone. Questa è la tipica costruzione, presente nelle nostre campagne, che convoglia l'esiguo prezioso liquido che, raccolto in vasche, poi avrebbe irrigato le immense distese sottostanti di noccioleti che, sino a qualche decennio fa, ricoprivano l'intera campagna ciaccësa. Infatti, sino agli anni 60, la coltivazione per la produzione dell'ottima qualità della nocciola era considerata la riserva aurea di Piazza e dintorni, insomma l'oro di Piazza. Anche se la coltivazione della nocciola era una pianta già apprezzata dai Greci, secondo me un forte incremento nelle nostre colline avvenne con l'arrivo di vere e proprie colonie di emigranti provenienti dalla Lombardia e dal Basso Piemonte (Monferrato) intorno al 1100, quando il Conte Ruggero d'Altavilla, dopo aver conquistato il territorio della Sicilia interna nel 1089, decise di aumentare e favorire gli accasermamenti di soldati lombardi, poi divenuti borghi, per meglio controllare la popolazione araba e quella greca trovate nei borghi e casali già esitenti e sottomessi. Nel nostro territorio collinare ricco di acqua, i Lombardi trovarono il sito ideale per riproporre la pianta della nocciola che aveva dato loro molte soddisfazioni e che altrettante ne avrebbe dato ai Ciaccèsi lungo i secoli.

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Piazza tra il 1953 e il 1956

A parte la casa moderna in basso, il panorama da Nord è identico a quello nel 1953/1956

Guido Piovene (Vicenza 1907-Londra 1974), scrittore e giornalista, negli anni Cinquanta per incarico della RAI fece un <<inventario delle cose italiane... e via via che lo andavo scrivendo lo affidavo alle onde radiofoniche. Le richieste degli ascoltatori mi hanno indotto a raccogliere quelle trasmissioni in un libro... Il viaggio cominciò nel maggio del 1953 e finì nell'ottobre 1956>> e l'anno seguente pubblica VIAGGIO IN ITALIA, Arnoldo Mondadori Editore, VERONA 1957. Partendo da "Le Tre Venezie" arriva in "Sicilia" percorrendo tutto lo stivale e scrivendo <<dopo ogni tappa quello che avevo appena visto... quelle pagine... ci rappresentano le regioni d'Italia com'erano quando vi andai>>. A pagina 481, delle 669 complessive, ha inizio il capitolo "Da Ragusa a Piazza Armerina" di cui riporto la parte che ci riguarda e che inizia a pag. 486. <<Tra Caltagirone, bella per i suoi monumenti, ed Enna, nel centro dell'isola, infatti giunge ancora un soffio dell'attiva costa orientale. Enna, il più alto capoluogo di provincia italiano, è centro agricolo vivace. Se questo viaggio fosse specialmente dedicato all'arte, dovrenno soffermarci sui suoi monumenti, specie su quelli medievali. Noi ci fermeremo soltanto a guardare da quel balcone il più vasto paesaggio di montagna della Sicilia. Qui la Sicilia assume l'aspetto di un regno remoto, sul quale corrono le nuvole e splendono i tramonti. Più giù Piazza Armerina è anch'essa un centro agricolo, così verde da sembrare un'oasi. Come ad Avellino, il nocciolo è una voce importante dell'economia locale e una nota importante in quel contrappunto di verdi. Non ricordo più quale inglese sentenziò che Piazza Armerina è il luogo della terra dove l'occhio può scorgere più toni diversi di verde, e giunse a precisarne il numero. La bella cittadina produce torroni; gli amanti di oggetti preziosi troveranno nel Duomo esemplari stupendi di oreficeria barocca. Vi è una fastosa oreficeria siciliana che sembra avere specialmente brillato nei tesori ecclesiastici di cittadine fuori mano. Ma Piazza Armerina è oggi nota in tutto il mondo specialmente per la sua Villa del Casale. Perciò anch'essa è un nido di archeologi; e quelli italiani si incontrano, nel nuovo grazioso albergo, con gli svedesi che scavano nella vicina Aidone. La Villa del Casale, posta in una valle romita ed ombreggiata dai noccioli, lungo la prima parte del fiumicello Gela, in un paesaggio che non si direbbe del Sud, è l'altra grande novità siciliana postbellica. Di opere d'arte qui sepolte dalla terra franosa già parlavano del Settecento gli eruditi locali. Si ebbero alla fine dell'Ottocento i primi scavi sistematici, e scoprendo una parte di mosaico già si gridò al prodigio. Nel 1929 Paolo Orsi (n.d.r. Rovereto 1859-Rovereto 1935) ampliò quegli scavi, ripresi ancora con successo nei quattro anni anteriori all'ultima guerra. La fama della villa rimaneva però confinata tra gli studiosi o almeno i dilettanti di archeologia. Sotto la spinta di un archeologo morto da poco, Biagio Pace (n.d.r. Comiso 1889-Comiso 1955), la Regione riprese nel 1950 i lavori, con larghezza di mezzi, senza paragone, maggiore, grazie all'aiuto della Cassa del Mezzogiorno e con la decisione di andare a fondo. Quello che si vide accese l'interesse di tutto il mondo, studiosi e turisti profani, divenendo oggetto di cronache e anche di trampalate fantasie giornalistiche. Invece di alcune scoperte parziali, si scorgeva quasi completo il piano di un'immensa villa, pari per fasto alle ville imperiali dei dintorni di Roma; senza confronto la maggiore delle ville finora conosciute erette da signori romani nella Sicilia... Tale scoperta senza eguali ha fatto sorgere problemi pratici ed eruditi. Per quanto riguarda i problemi pratici, la Villa del Casale di Piazza Armerina è oggi il più grosso grattacapo della soprintendenza di Siracusa. Bisogna infatti riparare i mosaici che, conservatisi quasi intatti sotto la terra, oggi sono all'aperto esposti a tutte le intemperie. Occorre perciò una tettoia; ma, per quanto ci siano i fondi, è difficile escogitare una tettoia così vasta che non deturpi la bellezza del luogo. Pure qualcosa si farà, perché proteggere i mosaici è indispensabile. Per ora, specialmente al termine dell'estate, si è costretti a coprirli almeno in parte di una coltre di sabbia. Pochi perciò possono dire di averli visti tutti. In quanto ai problemi eruditi, tutti sono d'accordo che questi mosaici assomigliano ai mosaici africani della tarda romanità, e furono probabilmente eseguiti da maestranze africane importate... La villa sarebbe perciò stata il rifugio ed il sacrario del paganesimo in declino, dedito all'arte e agli studi, e dei suoi sogni di rivincita; per dirla con termine d'oggi, una grande oasi liberale del tempo antico. Proseguiamo ora il viaggio verso occidente, sprofondandoci in quell'aspra Sicilia interna, che abbiamo già veduta presso Palermo>>.  

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