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Gaetano Masuzzo

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Aguzzate la vista n. 26

Questo quesito che la rubrica "Aguzzate la vista" di oggi vi propone, lo ammetto, è molto difficile. Si può dire che è per specialisti con l'occhio allenato e sopraffino. Cos'è e dove si trova?

SOLUZIONE

La soluzione di questo "Aguzzate la vista" è arrivato prima del previsto. La trovate tra i commenti. Già nel primo commento di Wiggy, si parla di cosa fosse rappresentato nel disegno: una morsa parallela da banco, un calibro a compasso e una squadra di metallo, il tutto posto su un banco per fabbro/meccanico. Vtr, invece, indica dove si trova il disegno, ovvero sulla porta, o meglio quello che rimane della porta, del laboratorio di meccanica (il V) dell'edificio che per oltre mezzo secolo ospitò l'orgoglio della Scuola Pubblica Piazzese, cioè l'Istituto Tecnico Industriale. Per la serie "Quanto siamo spreconi", tutti i capannoni che ospitavano i laboratori, dove più di mille studenti si esercitavano, sono stati lasciati in uno stato pietoso e abbandonati da oltre trent'anni. Una cosa del genere potrebbe essere accettata, anch'essa difficilmente, se questa "maschera", come diceva un mio conoscente, fosse ubicata a qualche chilometro di distanza dal centro abitato. Come per esempio l'ex sanatorio, l'ex palazzetto dello sport e uno dei due nuovi palazzetti dello sport. Ma qui si parla di un luogo di centinaia e centinaia di mq. in pieno centro abitato (come l'ex Cinema Ariston), e non storico ma moderno e pieno di negozi, banche e attività commerciali e, per giunta, appiccicato ad una delle sedi comunali sempre molto frequentata. Io lo considero a tutti gli effetti come un pugno in un occhio. Tetti e pareti crollati¹, erbaccia che nel tempo è diventata boscaglia con alberi, abitat che ormai accoglie numerose colonie di simpatici animaletti che, secondo me almeno per la frequenza assidua, possono aspirare a un diploma di perito industriale. Su nove capannoni che coprono quasi l'intera via Intorcetta, solo i primi due e l'ultimo sono "utilizzati". Come magazzini i primi due accanto alla palestra, anch'essa inutilizzata, e come garage all'aperto del parco auto del Comune l'ultimo. Quindi sono 6 quelli che potrebbero essere recuperati e messe a disposizione dei cittadini, soprattutto per rimediare a questa perenne "maschera". Troppo difficile: nan ggh su i pìcciuli!  

¹ Se guardate le immagini su googlemaps/Street View del 2009 e quelle dall'alto del 2016 vi rendete conto che ancora allora c'erano i tetti, oggi nel III, IV, V e VI non più per i bombardamenti dell'incuria.

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Una carrozzella mi tradì

I "Morti" di Andrea Camilleri
«Fino al 1943, nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciliddro si popolava di morti a lui familiari. Non fantasmi col linzòlo bianco e con lo scrùscio di catene, si badi bene, non quelli che fanno spavento, ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, consunti, il mezzo sorriso d’occasione stampato sulla faccia, il vestito buono stirato a regola d’arte, non facevano nessuna differenza coi vivi. Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini (la grandezza variava a seconda dei soldi che c’erano in famiglia) che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio. Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò il cesto non lo rimettevano dove l’avevano trovato, ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava cercarlo casa casa. Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo. I giocattoli erano trenini di latta, automobiline di legno, bambole di pezza, cubi di legno che formavano paesaggi. Avevo 8 anni quando nonno Giuseppe, lungamente supplicato nelle mie preghiere, mi portò dall’aldilà il mitico Meccano e per la felicità mi scoppiò qualche linea di febbre. I dolci erano quelli rituali, detti “dei morti”: marzapane modellato e dipinto da sembrare frutta, “rami di meli” fatti di farina e miele, “mustazzola” di vino cotto e altre delizie come viscotti regina, tetù, carcagnette. Non mancava mai il “pupo di zucchero” che in genere raffigurava un bersagliere con la tromba in bocca o una coloratissima ballerina in un passo di danza. A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri era una festa, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: «Che ti portarono quest’anno i morti?». Domanda che non facemmo a Tatuzzo Prestìa, che aveva la nostra età precisa, quel 2 novembre quando lo vedemmo ritto e composto davanti alla tomba di suo padre, scomparso l’anno prima, mentre reggeva il manubrio di uno sparluccicante triciclo. Insomma il 2 di novembre ricambiavamo la visita che i morti ci avevano fatto il giorno avanti: non era un rito, ma un’affettuosa consuetudine. Poi, nel 1943, con i soldati americani arrivò macari l’albero di Natale e lentamente, anno appresso anno, i morti persero la strada che li portava nelle case dove li aspettavano, felici e svegli fino allo spàsimo, i figli o i figli dei figli. Peccato. Avevamo perduto la possibilità di toccare con mano, materialmente, quel filo che lega la nostra storia personale a quella di chi ci aveva preceduto e “stampato”, come in questi ultimi anni ci hanno spiegato gli scienziati. Mentre oggi quel filo lo si può indovinare solo attraverso un microscopio fantascientifico. E così diventiamo più poveri: Montaigne ha scritto che la meditazione sulla morte è meditazione sulla libertà, perché chi ha appreso a morire ha disimparato a servire» (Andrea CAMILLERI, Qua e là per l'Italia, Alma Edizione, Firenze 2008).

Questo racconto di Camilleri, che un anno fa l'amica Maria Assunta  ha appositamente riportato su un social network, era la nostra giurnàda dî mòrti. Niente da aggiungere a tante identiche emozioni fanciullesche se non l'oggetto che, in un certo senso, mi fece diventare adolescente tutt'una volta, rovinandomi. Il giorno prima dî morti, mentre rovistavo nell'armadio della camera da letto dei miei genitori, non ricordo il motivo (come se ce ne fosse stato bisogno per rovistare in giro), alzando una falda di un cappotto, gli occhi mi caddero su una ruota, come quella della carrozzella nella foto. Quella cosa che luccicava faceva parte del regalo per una delle tante mie cugine che i miei genitori avevano pensato bene di nascondere. Per qualche giorno mi tenni il segreto, per gustarmi come gli anni precedenti il mio fucile e la mia pistola da cawboy sparando a destra e a manca, ma poi non resitetti più e, incoscientemente e maledettamente, lo svelai ai miei. Che mai l'avessi fatto: f'nìnu i regali dî morti, p' sèmpr!

Per la ricorrenza del 2 novembre vi consiglio di leggere le poesie A giurnàda dï morti  di Tanino Platania e Halloween? No, grazie! - La festa nostra di Giovanni Piazza, troverete degli spunti interessanti.

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Le vie di Piazza/G

Chiesa degli Angeli Custodi, via Monte, Piazza Armerina

Dal 20 ottobre 2016 ho iniziato ad elencare tutte le strade di Piazza Armerina, con scritto accanto da dove iniziano sin dove arrivano, per meglio localizzarle. Lo scopo principale è quello di far conoscere ai Piazzesi e non il nome sia delle strade conosciute, sia delle tante sconosciute ai più e con nomi particolari. Ogni post elencherà le vie in ordine alfabetico e, per quanto possibile, è stato messo a chi è stata intitolata. Si accettano segnalazioni di eventuali vie sfuggite nella compilazione.

G

V.le GEN. GAETA, (Giuseppe, Enna 1896-1951) dal 2011 V.le Conte Ruggero, da piazza Sen. Marescalchi a Bivio Madonna della Noce  
S.ta GAMUZZA, da via S. Principato a via Ferro
Via GARAO, da via Roma a via Sant'Antonio Abate
P.zza GARIBALDI, (generale condottiero) da via G. Marconi a via Roma e via Cavour
Via GAROFALO, da via Di Benedetto a piano S. Filippo
Via GEBBIA LEONARDO, (preside Ist. Magistrale) da via Don Milani (ex via Padova) a Cimitero Bellia
Vico GELA, nella via Vittorio Emanuele Orlando
Via GENOVA, (famiglia) da via Cammarata a via La Bella
Via GENOVESE, da p.zza Regione Siciliana a via Mandorla
Via GENSABELLA, (Carmelo, caduto 2^ G.M.) da via Salemi a via Pietro Cagni
Via GERACI, (baronia) da via Monte a via A, Crescimanno
Via GERMANÀ, da via Cucuccio a via A. Crea
Via GERVASI, da via Cardinale a via Camp. S. Martino
Via GESÙ MARIA, (chiesa) da piano S. Martino a via Sotto Rocca S. Martino
Via GIAMBERTONE PROSPERO, (carmelitano, storico XVII sec.) da via F. Cagno a via Monza
Via GIARRIZZO CARMELO, (pittore) da via G. Abate a piazza G. Crea
Via GIARRIZZO MICHELANGELO, (architetto) da via Tudisco a via Catena
Vico GIARRUZZO, da via Carmine a piano Venerella
P.zza GIULIANO GIORGIO BORIS, (commissario) da via Chiarandà a via F. Guccio-R. Roccella-Intorcetta
Via GIUNTA, (Aurelio, ammiraglio medico) da via Laubia a via Parlascino
Piazza GEN. GIUNTA, (Giuseppe) da via Monte a via Roccabianca

Piazza GIOVANNI PAOLO II, (pontefice) tra via N. Di Vita e Vie Vitt. Alfieri e R. Orlando
Via GIURBINO, (Filippo, sacerdote 1819) da via S. Rosalia a Largo S. Onofrio
Via GIUSTO, (Francesco, poi frate francescano Egidio) da via F.lli Bruno a via Mons. Sturzo
Via GIUSTO PASQUALE, (Dr Pasqualino, cons. com.) da via Diana a P.zza G. Crea
Via GOLINO ANGELO, (caduto 1^ G.M. e omonimo 2^ G.M.) da piano Arcurio a via Cascino
P.zza GORIZIA, nella via Trieste
Via GOZZANO, (Guido, poeta) da via A. Manzoni a c.da Doniamare
Via GRANATO ITALO, (Filippo, ispettore scolastico) da via Papa Roncalli a c.da Aldovino
Via GRASSO, da via Laubia a Via Parlascino
Via GRASSI TOMMASO, da via Carducci a c.da Scarante
Via GRECO, da vico Scalo a via S. Lucia
Vico GRILLO, da via Castellina a via S. Veneranda
S.ta GRISAFFI, da via S. Rosalia a via Cavour
Via GROTTACALDA, da via Don Milani (ex via Padova) a c.da Domartino
Via GUADAGNA, da via Pavone a via Muscarà
Vico GUADAGNINO, da via Giusto a via Mons. Sturzo
C.le GUCCIO, nella via Muzzicato
Via GUCCIO FILIPPO, da via Ge. Ciancio a via T. Tasso
Via GUELI FRANCESCO, da via F. Cagno a via Monza

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Piazza Garibaldi nel Ventennio

L'altro giorno hanno pubblicato su facebook questa foto che si riferisce alla piazza centrale della nostra Città negli anni Trenta, piazza Garibaldi. Prima che si chiamasse così dalla seconda metà dell'Ottocento, subito dopo che i Savoia ci "liberarono" dai re Borboni, aveva avuto altri 5 nomi: Piano del Borgo, Piazza Maggiore, Foro Centrale, Foro Pescara e Piazza Pescara dal 1569 ¹. Durante il Ventennio Fascista (dal 1922 al 1943) la nostra piazza principale ospitava, osservando molto bene le scritte, la sezione del Partito Nazionale Fascista nell'odierno Circolo di Cultura col fascio nella finestra accanto di sx (freccia 1) e sulla facciata del palazzo a sx, Palazzo Crescimanno di Capodarso (freccia 2), una scritta di cui si leggono frammenti di grandi lettere di una frase sottofirmata da Mussolini, il Duce. Dopo un po' di ricerca particolare, sono arrivato a decifrare di quale frase si trattasse. Prima, però, riporto le parole lette qualche tempo fa sulle frasi di Mussolini <<Nessuno al mondo è stato capace più di Benito Mussolini a racchiudere il proprio pensiero in poche e semplici parole diventati poi dei veri e propri dogmi per il fascismo. Molti di questi motti hanno caratterizzato così il regime fascista tanto da essere scolpiti su edifici pubblici, capannoni agricoli, case private. Ma alla fine la sua capacità di sintesi, più che ad inspirare modelli di comportamento, è stata ridotta a semplice retorica>>. La frase decifrata sul palazzo è <<FERMARSI SIGNIFICA RETROCEDERE>>. E' un motto tratto da un discorso di Mussolini fatto il 24 maggio del 1926 in Piazza De Ferrari a Genova. A Piazza Armerina altre frasi di questo genere erano scritte una su una lapide in piazza Garibaldi e due nell'odierna piazza Generale Cascino. Inoltre, esiste un fascio scolpito sull'ultimo scalino della scalinata che porta alla chiesa di S. Pietro. Per concludere la nostra osservazione della foto del secolo scorso, leggiamo alla fine della didascalia in basso (freccia 3) <<PALAZZO DEL MUSEO>>. Purtroppo non sono riuscito a sapere se il palazzo che allora ospitava un museo, forse archeologico, forse fascista o forse di cimeli del Risorgimento o del primo conflitto mondiale da pochi anni conclusosi, fosse il Palazzo di Città, altrimenti chiamato Palazzo Senatorio, o il palazzo Camerata accanto, sede tra l'altro, per qualche anno, del Commissariato di P. S., poi della Cassa Centrale di Risparmio V. E., oggi della Banca CARIGE.

¹ Qualcuno asserisce che nei primi anni del 900 venisse chiamata anche Piazza Pescheria. Questo secondo me per due fattori. Il primo dovuto al fatto che sul lato non visibile, a sx in basso nella foto, c'erano delle case basse dove si vendeva il pesce, ancora prima che si costruisse la pescheria nel piano di Santa Rosalia; il secondo perché ancora si perpetuava nel popolo il nome del XVII secolo, Pescara. 

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