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Gaetano Masuzzo

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Ricordi inediti su P. Carmelo Capizzi/2

Salvatore Capizzi, fratello di P. Carmelo S.J.

Ricordi e fatti inediti/2

Gli esami di ammissione al Ginnasio
Quando Carmelo completò le scuole elementari, si preparò per gli esami di ammissione per accedere al ginnasio. Gli esami per lui furono un trionfo, sbalordì la commissione e non solo. Rimasero meravigliati anche i genitori degli altri esaminanti che dicevano: <<Guarda un po', il figlio di un povero contadino che riesce molto bene, mentre i nostri, ai quali non manca nulla, fanno tanta fatica>>.
                                        
Carmelo entra in Seminario
In seguito Carmelo manifestò il desiderio di entrare in Seminario per farsi prete. Il Parroco Don Rosario Carbone, al quale mia madre aveva chiesto consiglio, si pronunciò negativamente, perché, secondo lui, il ragazzo era povero e di strada e quindi non era degno di frequentare tale istituto. In ogni modo, mia mamma non si arrese e andò a parlare con il Vescovo che, bontà sua, si espresse favorevolmente. Mio fratello entrò in Seminario frequentando i primi due anni con ottimi risultati e, dopo, fu indirizzato a Bagheria dove c’era il Seminario riservato al noviziato dei Gesuiti. In questo istituto si trovò molto bene e quindi si dedicò sempre di più allo studio, accattivandosi la simpatia e la benevolenza dei superiori.

Carmelo torna in paese
E' cosa nota che i giovani che entravano a far parte dei Gesuiti o di altri ordini religiosi, non tornavano a casa dai genitori, se non per casi eccezionali, quale, per esempio, la morte di un componente della propria famiglia. Nostra madre Giuseppina, impossibilitata ad affrontare il viaggi per mancanza di denaro, per poter vedere e abbracciare il proprio figlio gli scrisse una grossa bugia, gli disse che papà Biagio era in grave pericolo di vita e quindi necessitava la sua presenza. Saputa la notizia, Carmelo informò immediatamente i superiori che gli concessero la possibilità di tornare al suo paese per qualche giorno. Partì subito alla volta di Piazza Armerina. Noi tutti, sapendo che stava arrivando, andammo alla stazione ferroviaria ad attenderlo, mancava solamente papà. Quando il treno si fermò in stazione egli scese e tutti notammo che aveva il viso pallido e triste. Subito, come prima cosa, chiese alla mamma di papà. Lei, naturalmente gli rispose che papà stava bene e che era in campagna a lavorare. A questa risposta, lui rimase male e rimproverò alla mamma che lei aveva commesso un grosso peccato. Lei, senza scomporsi, gli rispose: <<Tu non ti devi preoccupare, questo peccato è mio e me la vedo io con il Padre Eterno>>. Intanto arrivammo a casa e tutti i parenti e amici che sapevano del suo arrivo venivano a trovarlo. Rimase a Piazza per circa tre giorni e in quel poco tempo andò a visitare in bicicletta i mosaici della Villa del Casale e a fare una visita al Vescovo in Seminario, dove, tra l'altro, fu ospitato per quelle sere che rimase a Piazza. Dopo ritornò a Bagheria, sicuramente felice anche lui perché papà stava bene di salute, aveva rivisto i fratelli, i parenti, gli amici e anche i luoghi della sua infanzia. Continuò a studiare per laurearsi a Messina e nel frattempo fu mandato ad Acireale per fare il prefetto di camerata e nello stesso tempo l'insegnante ai ragazzi del Collegio Pennisi.

continua in Ricordi inediti su P. Carmelo Capizzi/3

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Ricordi inediti su P. Carmelo Capizzi/1

Salvatore Capizzi, fratello di P. Carmelo S.J.

Nel mese di marzo scorso ho pubblicato 5 post sul Profilo bio-bibliografico del gesuita piazzese P. Carmelo Capizzi (1929-2002). A distanza di qualche mese vi propongo alcuni Ricordi e fatti inediti riguardanti sempre la vita di P. Carmelo, ma raccontati dal fratello minore Salvatore (nella foto). Questi, nato a Piazza Armerina il 26 maggio del 1939, 5° dei nove figli (il 6°, il 7° e l'8° sono morti durante la II Guerra Mondiale, mentre la 9^ ha 71 anni) dopo aver  studiato per prendere la licenza media a Catania presso il Collegio dei Gesuiti, si è arruolato nell'esercito per frequentare la scuola militare, prima a Spoleto e poi alla Caserma “Cecchignola” a Roma. Trasferito a Belluno, ha fatto la carriera di Sottufficiale col grado di Maresciallo Maggiore Aiutante nel corpo degli Alpini sino al 1991, quando è stato collocato in pensione. Sposato per 32 anni con una bellunese, dalla quale ha avuto due figli che gli hanno donato tre nipoti, adesso è vedovo da 19 anni e vive a Belluno.

Salvatore Capizzi attraverso la pubblicazione di questi ricordi e fatti inediti sulla vita del fratello maggiore Carmelo, gran parte dei quali venuti a sapere dalla propria madre perché lui era più piccolo di dieci anni, vuole fare conoscere ai propri concittadini oltre l'alta statura intellettuale e morale, anche la forte personalità e la profonda umanità che potrebbero non trasparire dal Profilo bio-bibliografico di P. Carmelo.

Ricordi e fatti inediti/1

La cicatrice perenne
Come risulta dall'autobiografia, mio fratello nacque a Piazza Armerina il 14 luglio del 1929, da famiglia povera, primo di nove figli. Nostro padre era bracciante agricolo e nostra madre casalinga. Quando Carmelo cominciò ad andare a scuola, si capì subito che era un bambino molto intelligente a cui piaceva tanto studiare e soprattutto leggere. Leggeva tutti i libri che gli capitavano sotto mano, memorizzava tutto grazie alla sua portentosa memoria visiva. Per poter acquistare qualche libro, escogitava qualsiasi espediente e da bambino, per guadagnare onestamente qualche soldo, andava persino a raccogliere le nocciole, dato che a quei tempi a Piazza abbondavano i noccioleti. Quando c’era la fiera del bestiame nella nostra città il 28 e il 29 maggio al piano Sant’ Ippolito, lui si procurava una brocca d'argilla, la riempiva d’acqua fresca e la portava in fiera per dare da bere ai mandriani in cambio di qualche soldo. Fu proprio in una di queste circostanze che, mentre mio fratello porgeva da bere a un signore in sella al suo cavallo, l'animale irrequieto con uno scatto repentino si girò dandogli un morso sul viso, provocandogli una ferita che iniziò a sanguinare copiosamente. Il mandriano, preoccupato dell'incidente, a grande velocità e con lo stesso cavallo, portò Carmelo all'ospedale, dove gli furono praticate le cure del caso dandogli tre punti di saturazione al mento. Quella cicatrice rimase perenne.

continua in Ricordi e fatti inediti su P. Carmelo Capizzi/2

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1600 Frate piazzese seguace di fra Umile/2

Fra Stefano da Piazza (Armerina), sec. XVII, part. Crocifisso ligneo, Subiaco (Roma), Chiesa dei Francescani

Fra Stefano da Piazza (Armerina), sec. XVII, part. Crocifisso ligneo, Sacrestia Chiesa e Convento delle Cappuccinelle, Cosenza¹

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Contemporaneo a Fra Umile fu un altro scultore francescano, Fra Innocenzo da Petralia. Dell’anno di nascita (1592), di quello di morte (1648), del luogo dove morì (Palermo), del suo vero nome al secolo e se sia stato solo un frate o sacerdote, non si è sicuri. Sono certe però alcune cose, a cominciare dal luogo di nascita, Petralia Soprana (PA) e dalla sua indiscutibile capacità artistica e, poi, che operava in Sicilia da solo o con Fra Umile nel Convento di Sant’Antonino di Palermo dove era sorta una vera e propria scuola di scultura fondata da entrambi e frequentata anche da laici. Altra cosa di cui si è certi è l’enorme prolificità che avevano i due confratelli, perché molti cronisti del tempo ci riferiscono che erano capaci di realizzare, scolpendo e decorando, un crocifisso a grandezza naturale in pochissimi giorni (6/8). Fra Innocenzo oltre che in Sicilia operò in numerose regioni d’Italia e forse anche a Mdina (Malta) realizzando almeno 18 crocifissi, e poi Ecce Homo, statue e reliquiari. Anche ad Aidone il frate realizzò un grande armadio a palchetti per la sagrestia della chiesa di Sant’Anna. Tra i non pochi seguaci di Fra Umile, e forse anche di Fra Innocenzo, ci fu anche un piazzese, Fra Stefano da Piazza (Armerina), che si può definire uno dei più interessanti seguaci dell’arte di frate Umile e di Frate Innocenzo da Petralia. Del frate piazzese, di cui non si conosce né l’anno di nascita e né quello di morte (per essere un seguace dei due confratelli di Petralia secondo me doveva essere nato non più tardi del 1615 e morto almeno dopo il 1685, se è vero che alcune sue opere furono eseguite intorno a quell’anno), operò nella seconda parte del Seicento nel Lazio: Crocifisso nella chiesa di S. Francesco di Subiaco (nella foto in alto, 1685?), quello assieme alla Madonna dei Sette Dolori nella chiesa di S. Pietro Apostolo annessa al Convento dei PP. Minori Riformati a Carpineto Romano (RM, 1685?) e, forse, il Crocifisso sull’altare maggiore nella Chiesa e Convento di S. Cosimato di Vicovaro (RM); in Calabria: Crocifisso nella sagrestia della Chiesa e Convento delle Cappuccinelle a Cosenza (nella foto in basso). Queste opere rappresentano alcune delle tante testimonianze artistiche documentate di questo straordinario scultore francescano siciliano che fu anche un abilissimo disegnatore. P. Damiano Neri nel volume Scultori francescani del Seicento in Italia, PISTOIA 1952, così si esprime nel trattare questo straordinario artista siciliano e piazzese <<… Egli non si abbandona all’estro inventivo della fantasia, né agli attraenti fantasmi, che gli siano halenati durante la preghiera; prende come spunto di partenza lo studio oggettivo del vero, disegna e ritrae con meticolosa esattezza le membra come gliele presenta il modello che ha sott’occhio e quando è sicuro del fatto suo, passa scolpire con tocco sicuro ed energico la statua>>. Per concludere non si può fare a meno di ricordare un importante allievo di Fra Stefano da Piazza, Frate Angelo da Pietrafitta (CS) detto anche d’Aprigliano (CS) , di cui le opere si trovano sparse nei conventi del Lazio, della Puglia e della Basilicata. (tratto da Rosolino LA MATTINA, Frate Innocenzo da Petralia, Scultore siciliano del XVII secolo fra leggenda e realtà, Ed. Lussografica, CALTANISSETTA 2002, volume gentilmente e opportunamente segnatalomi dall'amico Vittoriano M.)

¹ La foto mi è stata segnalata e inviata l'8 giugno 2019 dall'amico Antonio Barbera.

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1600 Frate piazzese seguace di fra Umile/1

Fra Umile da Petralia, sec. XVII, Crocifisso con reliquiario, Piazza Armerina, Chiesa S. Pietro

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La crocifissione, pena capitale che gli antichi romani infliggevano agli schiavi fuggitivi, ai peggiori criminali e a tutti i non cittadini di Roma, veniva applicata in maniera assai diversa da quella in cui l’arte ci ha abituati. Il condannato era condotto al supplizio carico della sola traversa alla quale gli si legavano le mani. Nel luogo dell’esecuzione gli si inchiodavano le mani alla traversa che veniva issata sul palo verticale dove gli si inchiodavano i piedi e, quasi sempre, il corpo era totalmente nudo. I primi cristiani la rappresentarono soltanto simbolicamente con l’Agnello Mistico e la Croce, ciò accadde anche dopo l’editto di Costantino nel 313 d.C. quando fu possibile praticare liberamente il culto. La figura di Gesù Crocifisso compare per la prima volta ai tempi di Sisto III (432-440 d.C.) scolpita sulla porta lignea della chiesa di S. Sabina di Roma dove il Cristo è rappresentato nudo avente soltanto ai fianchi un subligaculum¹, le braccia distese come in croce, ma senza la croce dietro, con ai lati i due ladroni. L’immagine del Crocifisso come lo conosciamo noi cominciò a diffondersi solo intorno al VI secolo e nel 691 il Concilio Trullano a Costantinopoli proibì di raffigurare la Croce su un pavimento e di rappresentare il Cristo sotto la forma di un Agnello. In epoca Carolingia si diffonde l’immagine di Nostro Signore in Croce in avori intagliati, nell’oreficeria e nelle miniature dei manoscritti. In altri luoghi d’Europa si scolpiscono grandi croci di pietra e nel periodo bizantino il Cristo è rappresentato vivo, trionfante con gli occhi aperti, vestito e con la corona regale sul capo. Nel X e nell’XI secolo Cristo in croce compare emaciato, doloroso, col capo reclinato sulla spalla e incoronato di spine. Dal XIII sec. i chiodi che prima erano quattro, due alle mani e due ai piedi, divennero tre, perché prevalse l’uso di sovrapporre i piedi per avere maggiori effetti plastici/pittorici e si incominciò a diffondere la corona di spine sul capo di Gesù, per effetto della sacra reliquia portata da Luigi IX re di Francia al ritorno da una crociata. La ferita del costato, quasi sempre nella parte destra, risale agli scritti di Sant’Agostino. L’epoca in cui il tema della crocifissione di Cristo ebbe un momento particolare fu nel periodo della Controriforma, dopo il Concilio di Trento conclusosi nel 1563, soprattutto per merito di alcuni ordini religiosi e particolarmente dei francescani che seguirono le direttive di papa urbano VIII: le opere d’arte dovevano illustrare la fede e i dogmi cattolici chiaramente e facilmente per incrementare la devozione popolare con la creazione di nuovi simulacri da venerare con particolare riferimento al Cristo Crocifisso. Nel XVII secolo i crocifissi sprigionano una fortissima carica psicologica ed una travolgente passionalità tale da coinvolgere lo spettatore al drammatico tema e in Sicilia numerosi sono gli artisti scultori siciliani che arricchiscono sia l'Isola che la Penisola di pregevoli Crocifissi lignei policromi dalla possente drammaticità ma anche dalla sovrumana dolcezza. Tra questi scultori troviamo Frate Umile da Petralia, al secolo Giovanni Francesco Pintorno. Nato a Petralia Soprana (PA) tra la fine del 1600 e gli inizi del 1601, dal 1623 fece parte dell’Ordine dei Frati Minori Riformati dell’Osservanza. Nello stesso anno inizia ufficialmente anche la sua attività artistica che si concluderà 16 anni dopo con la sua morte avvenuta a Palermo nel Convento di Sant’Antonino nel 1639. Tra i suoi numerosissimi Crocifissi lignei (almeno 30, alcuni dei quali presenti anche in Calabria, Campania, Basilicata e Malta) c’è pure quello che si trova unitamente a un reliquiario nella I cappella a dx (della famiglia Boccadifuoco) nella chiesa di San Pietro a Piazza Armerina². Da ciò si deduce che la realizzazione di quest’ultimo Crocifisso è da collocare tra il 1623 e il 1639, non nel 1653 come riportato in alcuni testi. (tratto da Rosolino LA MATTINA, Frate Innocenzo da Petralia - Scultore siciliano del XVII secolo fra leggenda e realtà, Ed. Lussografica, CALTANISSETTA 2002, volume gentilmente e opportunamente segnatalomi dall'amico Vittoriano M.) (continua)

¹ Da subligo (legare sotto) e culum (che indica genericamente gli "attributi"), uno degli indumenti intimi più comunemente indossati dagli antichi Romani ereditato dai vicini Etruschi.

² Un prezioso crocifisso di fra Umile datato 1635 si trova presso la Chiesa di Sant'Anna ad Aidone.

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