Panorama dell'antica città di Noto, P. Hofer - copertina del libro¹
1621 Anna Paternò e Mariano Agliata
Parlandovi di Mirabella Imbaccari. Storia di un feudo del XVII secolo, nella parte riguardante l'origine del primo elemento del nome, Mirabella, abbiamo chiarito che deriva da come veniva chiamata la famiglia della moglie, Eleonora Mirabella baronessa di Ricalcaccia, sposata nel 1595 con Giuseppe Maria Paternò barone di Raddusa. L'altra notizia che ricaviamo dalla ricerca è quella del nome del figlio primogenito della coppia, Giacinto, o meglio, Giacinto Maria (1597-1653), che riacquista il feudo di Imbaccari Sottano nel 1630. Degli altri figli della coppia nessuna notizia, sino all'altro ieri, quando tra le mani ho avuto in dono l'interessantissimo libro dell'appassionato storico ricercatore di Pachino, Antonello Capodicasa, Storie di Noto Antica tra XV e XVII secolo, di recentissima pubblicazione¹. Tra i 25 argomenti trattati che invitano a effettuare "un'immersione intensiva nel cuore della società netina dell'epoca", ce ne sono due che hanno attirato la mia attenzione.
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Il primo argomento riguarda, appunto, l'altra figlia dei coniugi "mirabellesi", la sorella minore di Giacinto, Anna Paternò Mirabella. Il secondo ve lo proporrò il 6 aprile prossimo. A pagina 69 del volume sopracitato, il titolo Mariano Impellizzeri, un castellano in erba non sembra interessarci granché, invece, se vi dico che Mariano fu il marito di Anna Paternò Mirabella, subito drizziamo le orecchie. Mariano Impellizzeri, figlio del barone Tommaso Impellizzeri, signore del feudo di San Giacomo di Belmineo, e di Diana Agliata (o Alliata), figlia di Mariano Agliata barone anche lui di Ricalcaccia, viene ricordato sia per essere diventato castellano del Castello Vecchio di Noto all'età di soli nove anni, nel 1612, fatto strano e insolito anche per quel perido feudale, sia per le vicissitudini (lievi) della sua vita prematrimoniale e, in seguito, per quelle (pesanti) della sua vita professionale. Nel 1618, quando Mariano aveva solo quindici anni, gli fu promessa Anna Paternò², figlia dei baroni di Raddusa. Il contratto matrimoniale... avrebbe avuto validità solo dopo che i futuri sposi, legati da un vincolo di consanguineità³, avessero attenuto la dispensa papale e solo dopo il raggiungimento, da parte di Mariano, della "età perfetta", ovvero dei diciotto anni d'età. Nella suddetta occasione, oltre ai beni dotali, il barone Tommaso avrebbe ceduto al figlio Mariano anche la castellanìa della quale era stato l'amministratore in nome del figlio minorenne. La dispensa papale arrivò l'anno dopo e nel 1621 i due promessi sposi poterono celebrare il loro matrimonio e andare ad abitare in un caseggiato ubicato nella Piazza Maggiore di Noto*. In seguito la coppia ebbe nove figli e Mariano ricevette in dono dal padre il feudo di Burgio in territorio di Butera, del quale acquisì il titolo di barone. E adesso passiamo alla sua vita professionale. La sua esperienza di castellano del Castello Vecchio subì una lunga sospensione a causa di alcune noie con la giustizia per una lettera di denuncia, scritta dal patrizio della città, in seguito a una grave lite, avvenuta in occasione della festa di San Corrado, tra due giovani di due nobili famiglie cittadine. All'inizio sembrava una cosa di poco conto, ma la questione si complicò quando per placare gli animi e venire a capo delle responsabilità, il Viceré mandò un suo delegato. Questi, acquisite le debite informazioni, lo accusò di essere un testimone reticente e di voler ostacolare l'accertamento della verità. La vicenda si complicò a tal punto che nel 1627 Mariano fu costretto a donare ai figli tutti i propri beni per evitare la confisca. La sua assenza da Noto in quel periodo fa pensare che forse fosse, addirittura, detenuto in qualche carcere del regno. Mariano fu reintegrato, per clemenza reale o sentenza a lui favorevole, nella carica di castellano nel 1637 e solo nel 1646 tornò in possesso dei propri beni. Nel dicembre di quest'ultimo anno si recò a Palermo, ma lì si ammalò gravemente per spegnersi nel gennaio del 1647. Prima di morire designò il figlio Vincenzo suo successore nella castellanìa, la moglie Anna sua erede universale e dispose che fosse sepolto definitivamente in una cappella costruita nella chiesa dei Padri Cappuccini di Noto. La moglie di Mariano, Anna Paternò Mirabella, morì due anni dopo nel novembre del 1649, distrutta dal dolore per l'uccisione del figlio Giuseppe (luglio 1649) e per la prematura scomparsa di un altro figlio, Carlo (settembre 1649). (continua)
¹ Antonello CAPODICASA, Storia di Noto Antica tra XV e XVII secolo, A.S.S. e C. Editore, Effe Grafica Fratantonio, Pachino (SR) 2015.
² Di lei non si conosce la data di nascita, ma doveva essere molto giovane e quasi coetanea del marito.
³ I due sposi erano figli di due sorellastre, Eleonora Mirabella e Diana Agliata, figlie della stessa madre, Isabella Iurato (o Giurato), che aveva sposato prima Biagio Mirabella e poi Mariano Agliata. A ogni matrimonio la baronessa Iurato aveva portato in dote ai mariti il titolo di barone di Ricalcaccia e/o Spinagallo, Caddeddi e Bufalefi.
* Nel XVI secolo Noto era chiamata civitas ingeniosa e aveva il privilegio di occupare l'XI posto nel Braccio Demaniale delle Città del Parlamento Siciliano. Prima del terremoto del 1693 Noto contava oltre 13.000 abitanti mentre Piazza, civitas delitiosa al XXIII posto, ne contava 16.000.
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