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Gaetano Masuzzo

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Crescimanno al Carmine

Stemma Fam. Crescimanno
Primo altare a dx
Tra i tanti stemmi che sono presenti nella chiesa del Carmine, due hanno attratto maggiormente la mia attenzione lo scorso giovedì. Uno è quello nella foto in alto, lo stemma della Famiglia Crescimanno "Un leone in piedi d'oro traversato da una sbarra d'oro in campo azzurro" di cui ho già parlato su questo sito domenica 7 aprile. Lo stemma è posto in alto sull'altare dedicato al primo Santo dell'Ordine carmelitano Sant'Alberto Abate (1250-1307) che, insieme a Sant'Angelo da Licata (1185-1225), nell'altare di fronte, secondo la tradizione abitarono nella nostra Città. Le reliquie del primo Santo riposano nella cappella a lui dedicata nella chiesa di San Francesco al Monte, sede dell'antica chiesa di Santa Lucia che accolse il primo convento carmelitano nella prima metà del XIII secolo. Per l'altro stemma vi rimando a un'altra occasione.
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Crastöi e Aìri

U crastöngh
 
L'aìr (cantareus apertus)*

Nei pomeriggi d'estate di tanti anni fa, quando ancora eravamo bambini, in agosto se ricordo bene, qui a Piazza, ai primi temporali che incominciavano a rompere la calura estiva, mio nonno era solito dirmi: "Duman mattinu prestu cu a fr'scùra nèscnu i crastöi e macàri truvamu l'aìri!". Per me che ero già sin da allora innamorato di questo luogo, era un'occasione per respirare aria di eucalipti al mattino presto e, nel frattempo, cercare tra l'erba ancora bagnata queste grosse lumache marroni e anche nere. Quanta strada si faceva per trovarne un cesto piccolo! Si partiva presto verso le 5 e mezza e si tornava alle 8 e mezza. Queste lumache buonissime, si trovano alle prime acque ma bisogna setacciare per bene l'erba e le frasche in base alla zona. Perché ci sono punti di terreno dove si mimetizzano bene, lasciando però dietro di loro una schiuma biancastra. Arrivati a casa, mia nonna o mia madre le mettevano a spurgare per farli "scaricare". Poi si cucinavano a fuoco lento nell'acqua calda per farle uscire dal guscio, in ultimo si aggiungeva la salsa e l'aglio e niàutri n' r'criàv'mu! Roberto Lavuri

* Un visitatore che si firma Claudio P. ci ha fatto notare come l'aìr (cantareus apertus) è quello in questa foto e non in quella precedente. Inoltre nei commenti si parla dell'uso che se ne faceva per curare una malattia molto grave, con un tasso di mortalità del 100 % tra i bambini e gli anziani. Gaetano M. 

Fontane n. 1, 2 e 3

La Fontana Sottopontegalleria/n. 1
La Fontana Sottopontegalleria/n. 2
 
Fontana-Abbeveratoio/n. 3

Dopo La Fontana Sottopontegalleria n. 1 e La Fontana Sottopontegalleria n. 2, eccovi La Fontana-Abbeveratoio/n. 3. E' quella che, dopo aver ricevuto le vostre segnalazioni, sono andato a visitare in contrada Liano (o Eliano, Aliano, Leano). Si trova sul bordo stradale di sx a ca. 1 km dall'eremo di Santa Maria della Concezione, e prima non si notava perché era completamente coperta da arbusti e sterpaglie. La ricerca di altre fontane continua.

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I babalùcci

Oltre e chiàpp'ri in questi giorni è facile trovare ai bordi delle nostre strade un altro "passatempo" culinario dei Piazzesi, I BABALÙCCI (termine derivante dall'arabo babùsch=lumaca). Sì, a Piazza appena inizia l'estate iniziano i concerti musicali, non come prima ntê curt'cchi, ma nei condomini. Oggi, un po' meno di qualche decennio fa, la musica è sempre quella che si fa succhiando gli "strumenti" che altro non sono che gli invetebrati con la roulotte. Questo è il periodo dei babalùceddi (lumachine), poi quello dei babalùcci (lumache più grosse e rigate). Successivamente, alle prime piogge, oltre i babalùcci si raccolgono i crastöi nëri (lumaconi) e l'aìri, cioè chiocciole verdognole e callose da arrostire sul fuoco, ma difficili da digerire se non accompagnate da un buon vinello. Oltre al sistema "musicale", che presuppone il dente (di solito quello incisivo) allenato a fare il buchetto nella parte centrale degli invertebrati, per consentire così il passaggio dell'aria permettendo il famoso risucchio, c'è il sistema "meccanico" con l'uso di un attrezzo acuminato, n'aùgghia, na spìngula o un moderno stuzzicadenti, col quale tirare fuori dalla conchiglia il prelibato invertebrato. Il gusto è fenomenale e, specie col sughetto unna è obl'gatòri 'nzuppè u pangh, anche la melodia ne trae vantaggio. Ma chi li cucina non è tanto d'accordo, perché occorre pulirli bene, perciò ci vuole tempo e pazienza, e come si dice, va a finire sempre ch' ungh spënz a prëa e l'autr s' fött u babalùcc! (che uno alza la pietra e l'altro si fotte il babaluccio!)

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