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Cronarmerina - Novembre 2024

Piazza sulle carte geografiche

Volume con le 143 carte geografiche della Collezione Antonio LA GUMINA

Particolare della carta geografica di Giacomo CANTELLI da Vignola, 1682

A me è capitato che ogni volta che mi sono trovato davanti a una carta geografica della Sicilia, non importa se antica o moderna, l’occhio sia caduto sempre al centro, alla ricerca del nome della nostra Città. In questi giorni ho avuto la possibilità di osservare non una o due antiche cartine geografiche, bensì 143. Sono le Cartes Geographiques raccolte nella collezione di Antonio LA GUMINA, un palermitano di 87 anni da 56 anni a Parigi, Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana e Chevalier de la Légion d’Honneu. Grazie alla disponibilità dell’amico Vittoriano Mangano ho potuto avere tra le mani il prezioso volume (foto in alto), prezioso anche perché non in commercio, di 191 pagine AA. VV. , L’ILE AUX TROIS POINTES Cartes de la Sicile de la collection La Gumina (XVI – XIX siècle), REGIONE SICILIANA ASSESSORATO BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, PALERMO II edizione 2003, scritta in francese e fuori commercio. Il volume racchiude le stampe di 143 carte geografiche, le cui misure reali variano da quella del 1580 di 8,6 x 13,2 cm a quella di inizio XIX secolo di 168 x 105 cm, esposte al Musée Paul-Dupuy di Tolosa nell’ottobre/novembre 2003. La mostra già era stata a New York nel 1999, a Parigi nel 2000 e a Bruxelles nel 2001. Nel luglio del 2016 l’abbiamo avuta anche a Catania alle Ciminiere. L’uso di una valida lente d’ingrandimento e di un’altrettanta dose di pazienza, mi ha consentito di individuare più o meno facilmente i nomi riportati al centro delle cartine, dove ho trovato nomi che si riferiscono ai nostri luoghi che già sapevo e altri del tutto nuovi. Le 143 cartine sono di 110 autori che hanno tracciato i nomi delle località dal 1478 al 1860, compresi quelli (SICILIAE Veteris Typus) che si ritenevano, basandosi sui toponimi che gli specialisti in topografia antica avevano trovato nelle varie fonti, fossero prima dell’arrivo e ai tempi dei Greci, dei Romani, dei Bizantini, degli Arabi, dei Normanni e degli Aragonesi. Come in quella di Guillaume Delisle appartenente alla Regia Scientiarum Academia de Parisiis, Siciliae Antiquae quae et Sicania et Trinacria dicta Tabula Geographica del 1714, dove troviamo nella Sicilia Sud Orientale le 3 Hibla della tesi del grammatico greco Stefano Bizantino vissuto nel VI secolo d.C. che è riassunta nelle righe di P. Wesseling a p. 38 del libro di L. Villari STORIA DELLA CITTA’ DI PIAZZA ARMERINA, ROMA 2013: Hybla Major, Hibla Parva, Hybla Heraea. Dopo l’attenta osservazione di tutte le carte, ho riscontrato i nomi riguardanti il nostro centro abitato in ben 91 ed eccovi i risultati.    
Sino al 1584 (C. Tolomeo) troviamo l’antico nome di Hybla (in questo caso persino con l’icona di centro abitato) nel sito dove poi ci sarà sempre localizzato il monte Naone; dal 1545 (G. Castaldi) troviamo Plazza. In quella del 1589 (G. Mercator) c’è la distinzione tra Plazza vet (vetera) e Plazza no (nova) ed è segnato, per la prima volta e ripetendosi in quasi tutte le successive, il monte Naunis o Nauno colo (1607), Nauniscolle (1620), Naunocolle (1657), Colle Nauno (1682). Nel 1635 ca. troviamo per la prima volta la distinzione tra Plazza vetus, Platio novo e Naunis, subito dopo Platia vetere, Platia nuovo e Naunis. Nel 1657, Platia Vecchia, Piazza Nuova, Nauno colo. Nel 1659, Augustin Lubin, segnando la Provincia Regni Siciliae Ord. S. Augustini, chiama il nostro centro abitato Platiensis. In alcune i nomi appaiono Plazza vet (vetera, vecchia), semplicemente no (nova, nuova) e sempre Naunis. Nel 1682, Giacomo Cantelli da Vignola segna per la prima volta PIAZZA (foto in basso) distinta da Piazza Vecchia e Colle Nauno. Nel 1722, Nicolas de Fer scrive un’altra versione: Palatio Vecchio, Palatio Nuovo e Nauno colle, mentre nel 1745 ca., Matthia Seutter et Matthias Jr. Seutter segnano nella loro carta PIAZZA, Piazza Vecchio, Nauni Monte e S. Andrea di Piazza Priorato, distinzione che rimarrà sino al 1791 con Franz Johann Joseph von Reilly: Piazza, Piazza Vecchio, Nauni Berg e S. Andrea di Piazza. Dal 1799 in Robert Mylne e poi in Francesco Ferrara, nell’Officio Topografico di Napoli, in Orgiazzi e nel 1823 in W.H. Smyth, troviamo soltanto PIAZZA e M. Nauni. Le conclusioni alla fine di questo “reportage” sono che prima il toponimo Piazza Armerina, località al centro della Sicilia, era indicato sulle carte geografiche con Hybla, poi si passò da Plazza a Plazza no (nova), successivamente da Platio novo a Platia nuovo a Piazza Nuova a Palatio Nuovo, sino ad arrivare a quelle che riportano solamente Piazza. Nelle 19 carte geografiche su cui erano stati riportati i toponimi ricavati da fonti antiche (Veteris Typus) troviamo Plutia in quella del 1584 di A. Ortelius e in quella del 1630 di J. Jansson, Piacus (?) in quella del 1714 di G. Delisle e Platia Blatea Platea e Placia in quella del 1842 di G. Capozzo. Pertanto, alle 22 varianti del nome della nostra Città dal 1122 al 1862 del mio personale elenco, devo aggiungerne altre 6: Hybla, Plazza no (nova), Platio novo, Platia nuovo, Piazza Nuova e Palatio Nuovo.    
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I sellai a Piazza

Un sellaio (badeddàru) al lavoro

Sellai a Piazza
Come ho spiegato nei due post 1700 - Mezzi di trasporto turisti e non e 1800 - Mezzi di trasporto turisti e non prima dell'avvento e diffusione dell'automobile si usavano le cavalcature (asini, muli, raramente cavalli) e le lettighe per gli spostamenti e, ovviamente, anche per i lavori nell'agricoltura che rappresentava, sino alla metà degli anni '50, l'attività economica più importante delle nostre zone. Pertanto, erano diffuse le attività artigianali concernenti la manutenzione del mezzo di locomozione e trasporto come i 'nferrascècchi (i maniscalchi che, assieme ai fabbri, avevano a Piazza anche un Sodalizio) o i staffèri-sèrvi (gli staffieri-servitori che anche loro erano riuniti in un Soladlizio). Anche a Piazza sino agli anni '70, esistevano numerosi sellai che venivano chiamati bardeddàri o bard'ddàri (da bardèdda, diminutivo di bàrda, bàsto, sella) che vendevano, oltre che corde e spagi di tutte le qualità e misure, anche i finimenti in cuoio che servivano a "vestire" il quadrupede e a condurlo o attaccarlo alle lettighe o ai carretti (briglie, capezze, staffe, testiere, redini, morso, imbragature, martingale e pettorali). Un giorno dello scorso agosto il sig. Filippo Taormina, che da giovane aveva lavorato con lo zio bad'ddàru, mi ha aiutato a ricordarne un buon numero, aggiungendo anche l’ubicazione del loro locale-magazzino. Eccoveli: Brischetta Calogero in via Roma, Capizzi in via Monte, Garao nella salita Trigona, Guccio Ninìddu al largo Capodarso 4 (chiànu Barùn, ciàngh Baröngh)*, Lo Bello in via Mendoza (o Stràtunèddu), Lo Re Angelo (1925-26)¹, Marino Benedetto (1925-26)¹, Marino Carmelo (1925-26)¹, Militello Mario in via Umberto 9, Prestifilippo, Taormina Vincenzo alle Botteghelle/via Carmine.

¹ Vedi post I Commercianti a Piazza/6.

* Aggiunto successivamente.

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Piazza, dopo il rogo

Panorama desolante dalla Cresta del Gallo

La catastrofe a cui abbiamo assistito ci ha lasciati orfani del meraviglioso verde che chissà quando ritornerà, ma dimenticheremo, dimenticheremo, non impariamo.

PIAZZA, DOPO IL ROGO

Dopo l’incendio di agosto
torno in quel magico posto,
sotto la Cresta del Gallo
vedo un paesaggio brullo.
Niente è più come prima
sembra un’altra Hiroshima.
La distesa dal verde manto
è mutata in giallo spento.
Tanta pineta è scomparsa
rimane solo terra arsa.
Quell’aroma inebriante
ora è solo ripugnante.
Non c’è vegetazione
solo cenere e carbone.
Gli alberi più impettiti
sono scheletri anneriti
e attraversando un percorso
possono finirci addosso.

Piazza col suo panorama
era una graziosa dama
con la chioma fascinosa
e ora appare luttuosa.
Ogni oltraggio alla natura
lo si paga a dismisura
senza deroghe e condoni
con tremende inondazioni
smottamenti e cicloni
che devastano regioni.
Togliendo la vita agli alberi
la si toglie agli altri esseri
chi commette queste azioni
distrugge anche i suoi polmoni.

Francesco MANTEO, Ottobre 2017

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Le fregature assicurative "mondiali"

Come doveva essere la polizza assicurativa stipulata da mio nonno paterno nella 1^ Guerra Mondiale

Ripeto che su internet si trova di tutto, io questa volta, leggendo il post Polizze di guerra ho capito quello che accadde (accennandolo nel mio intervento del 30 settembre u.s.), dopo la fine della 1^ Guerra Mondiale, all'assicurazione di £ 1000 che mio nonno paterno, il bersagliere Angelo Masuzzo, diceva di aver stipulato mostrando la ricevuta, come quella nella foto, a mio padre Gino, primogenito nato 3 anni dopo la fine del conflitto. Mio nonno, ex conbattente, aspettò deluso per tantissimi anni, ma inutilmente. Questa, insieme a tante altre delusioni, furono gli elementi che portarono il fascismo al governo, con le conseguenze che tutti conosciamo.

<<Polizze di guerra - Rovistando nei cassetti di vecchi mobili dimenticati o lasciati in eredità da anziani parenti, qualche volta, si ha la ventura di trovare vecchie foto ingiallite di familiari, lettere conservate e dimenticate o strani documenti che attirano la nostra curiosità facendoci scoprire singolarità impensabili. Così è capitato all’amico Carlo Petacco quando ha scoperto, tra le cianfrusaglie conservate da uno stretto parente passato a miglior vita, una polizza di assicurazione (nella foto) sottoscritta da chi stava combattendo la prima guerra mondiale. Quest’anno corre il centenario della entrata in guerra dell’Italia nella prima guerra mondiale, evento ricordato con la pubblicazione di qualche libro e con qualche manifestazione che commemora i nostri militari caduti nella così detta “Grande Guerra”. “Grande” solo per il numero degli stati, di tutti i continenti del mondo, coinvolti e per l’alto numero di vittime tra i militari e i civili. Uno dei più sanguinosi conflitti della storia del genere umano. La stima del numero totale delle vittime non è, ancora oggi, definito con certezza e varia dai 16 milioni a più di 17 milioni di morti, tra militari e civili (oltre 7 milioni). L’Italia ebbe sui campi di battaglia e nei territori di guerra oltre un milione e duecento mila vittime di cui circa 660.000 militari. Questo premesso, “la guerra è guerra e gli affari sono affari”, così l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni (INA) in seguito a un decreto del governo in carica si inventò una “Polizza speciale di assicurazione mista a favore dei combattenti”. La polizza, che presenta alcuni aspetti alquanto curiosi per non dire “cavillosi”, certamente fu propagandata tra le truppe al fronte e stipulata nei vari reparti di appartenenza. Infatti il documento, oltre alle firme prestampate del Presidente del consiglio di amministrazione, del Consigliere delegato (INA), del Ministro del Tesoro, del Ministro per l’industria il commercio e del lavoro, porta in calce la firma del militare assicurato, del Comandante e il timbro del reparto di appartenenza. Considerando la “paga del soldato” è facile intuire che per stipulare questa assicurazione il militare doveva farsi spedire i soldi da casa così come è stato per il caporale del Genio teleferisti Armando Petacco da Castelnuovo Magra, nonno dell’amico Carlo. La polizza, di cui non si conosce il costo, fu stipulata a favore del fratello più piccolo di Armando e precisa: L’INA pagherà a Petacco Italo di Giovanni la somma di 1000 lire (una bella cifra per quei tempi) immediatamente dopo la morte* del sig. Petacco Armando di Giovanni... Attenzione all’asterisco che richiama alla nota di fondo pagina: Escluso il caso di morte in combattimento, a seguito di ferite riportate combattendo o a causa di servizio di guerra. In ogni caso se il titolare dell’assicurazione Petacco Armando dovesse sopravvivere alla guerra, alla malattia e ad altri successivi eventi potrà ritirare, lui stesso, la somma di mille lire trenta anni dopo dalla stipula della polizza e cioè nel 1947. A quella data era finita anche la seconda guerra mondiale e con mille lire si comprava poco più di un chilo di carne bovina. Però a termine di legge l’assicurato avrebbe potuto ritirare, finita la guerra (1918) e tre mesi dopo la smobilitazione, l’importo previsto dalla polizza a condizione che il valore di essa sia rinvestito con le opportune garanzie in strumenti di produzione e di lavoro. Non è mai facile recuperare i premi assicurativi in denaro sonante per i codici o i codicilli che contengono le polizze anche quando sono garantiti dalla legge e sottoscritti da una serie di ministri e autorità garanti, ma nel caso specifico di queste polizze più che a favore dei combattenti sembrano degli imbrogli nei confronti di chi stava servendo in armi la patria>>. Per concludere, devo dire che probabilmente nessuno volle spiegare bene ai reduci, quasi tutti analfabeti, che avrebbero potuto ritirare la somma dopo tre mesi dalla smobilitazione anche se per investirla in strumenti di lavoro. Questo detto calza veramente a pennello: "Curnùti e bastunàti".  

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Firme e date al Purgatorio

Sportello che copre i tiranti sulla tastiera dell'organo nella chiesa del Purgatorio prima del restauro

La caricatura del "profesore" disegnata sul legno della cassa dell'organo prima del restauro

La firma di uno studente/allievo sulla cassa in legno dell'organo prima del restauro

La caricatura con il soprannome di un compagno-allievo sul parapetto in gesso della cantoria

Come vi avevo anticipato sul post L'organo del Purgatorio a Santo Stefano, eccovi le foto con alcune firme, date e caricature lasciate sull'organo del Purgatorio nel secolo scorso e che il restauro, avvenuto tra il 2015 e il 2017, ha cancellato per sempre. Nella foto in alto si distinguono sullo sportello dei tiranti sopra la tastiera: a sx la data "8.8.1935" che sovrasta la firma a matita "E. Laurella"; a dx il nome a matita e a stampatello "LAURELLA VINCENZO", probabilmente parente del primo, che sovrasta quella che dovrebbe essere una data, anche se il giorno è postposto al mese "3.14.36". Nella seconda foto c'è la caricatura del "profesore" (con una "s") disegnata a matita sul lato destro della cassa in legno dell'organo. È un disegno che è ripetuto altre tue volte sempre sullo stesso lato, a dimostrazione del grande "affetto" dell'allievo per il "profesore". Sempre sul lato destro della cassa dell'organo si trova la firma a matita riportata nella terza foto "S Serpendino Giuseppe". Per finire, una dei tanti graffiti incisi sul gesso del parapetto della cantoria sopra l'ingresso della chiesa del Purgatorio: un disegno raffigurante una gallina, il nome "GIUSEPPE" e il soprannome "Gallinaccio". Questi sono segni lasciati nei vari decenni (ve ne sono alcuni dell'Ottocento: Calogero Ciurg... 1873, Amoroso Guglielmo Ettore) da insegnanti organisti, allievi, chierici, seminaristi, etc., che frequentavano la cantoria e la chiesa a pochi passi dalla piazza principale della città. Della chiesa delle Anime Sante del Purgatorio, ormai chiusa al culto e sconsacrata, si sa soltanto che fu aperta al culto sotto il nome di "Anime Purganti e Maria SS. della Carità" nel 1679 e consacrata il 9 settembre del 1762. Neanche negli scritti dello storico Litterio Villari si trovano tante notizie su questa chiesa, ecco cosa viene soltanto ricordato nella sua Storia Ecclesiastica, 1988, pp. 59 e 77: «Sodalizio delle Anime del Purgatorio sotto il titolo della Madonna della Carità composto da sacerdoti e la chiesa delle Anime del Purgatorio nell'ambito della parrocchia di S. Stefano».

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Fontanella Parco Ronza/n.20

Questa nella foto è la Fontanella del Parco Ronza n. 20. Come ho già segnalato nel post Fontana Parco Ronza/n.44 del mese di maggio 2016, il parco ancora risulta chiuso e la bella fontanella in ghisa, con su scritto <<ACQUA NON POTABILE>>, rimane a riposo in attesa di riprendere l'erogazione. La fontanella è quella a due passi dal parco giochi per bambini con scivole, altalene e grandi tavoli per picnic dai quali, sino a qualche anno fa, si potevano ammirare cinghiali e, con un po' di fortuna, anche qualche timido capriolo. Rimaniamo pazientemente in attesa dell'apertura dell'area attrezzata tanto desiderata dai Piazzesi e non.

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Ricordo della morte del Gen.le Cascino

Riporto l'articolo sulla cerimonia apparso su radiomosaici.blogspot.it sabato 30 settembre 2017

<<Si è svolta ieri la cerimonia di commemorazione del centenario della morte del Generale Antonino Cascino avvenuta il 29 settembre 1917. Il Generale Piazzese medaglia d’oro al valor militare ed eroe della prima guerra mondiale è stato ricordato in due momenti. Nel primo, il Sindaco Filippo Miroddi ed il Generale di Brigata Claudio Minghetti hanno deposto una corona d’alloro ai piedi del monumento del Generale di Piazza Cascino. Nel secondo, nella vicina Commenda dei Cavalieri di Malta si è tenuta una conferenza che aveva ad oggetto “Grande Guerra in Sicilia 1915/1918 ricordo del Generale Antonino Cascino nel centenario della sua morte”.
Dopo i saluti iniziali del Sindaco Miroddi e del Generale Minghetti Comandante di Stato Maggiore dell’Esercito Regione Sicilia vi è stato un breve intervento di Padre Scarcione che essendo reduce da un viaggio in Giappone ha voluto ricordare assieme al numeroso pubblico presente, con un minuto di silenzio, le vittime delle due bombe atomiche di Hiroshima e Nahasaki. Interessantissimi poi tutti gli interventi: Quello del Prof Salvatore Lo Re, che ha presentato il Generale Cascino non solo come valoroso militare comandante la brigata Avellino che combatteva in prima fila con i suoi soldati nella conquista del Monte Santo, e che morì di setticemia rifiutando l’immediato ricovero per non abbondonare i propri uomini, ma anche come uomo e padre di famiglia che comprendeva al contrario del Generale Cadorna i problemi di tante migliaia di soldati semianalfabeti mandati a morire in una guerra che non volevano gran parte degli Italiani e dei Siciliani. Quello del Dr. Giuseppe Mazzaglia Presidente del Comitato “Grande Guerra di Sicilia” che ha parlato del ruolo e del contributo della Sicilia in  uomini, approvvigionamenti e supporti logistici alla guerra e dei soldati, ufficiali e sotto ufficiali piazzesi caduti in essa su tutti i fronti. Quello del Prof. Masuzzo che ha illustrato la storia dei due monumenti ai caduti eretti in Città. Quello infine dello storico aidonese Umberto Di Grazia che ha ricordato nel contesto storico i caduti aidonesi. Al convegno era prevista anche la presenza dell’Assessore Regionale allo Sport, Turismo e Spettacolo Anthony Barbagallo che avrebbe dovuto contribuire al dibattito parlando degli itinerari storico, turistici e culturali della prima Guerra Mondiale e degli itinerari dello sbarco alleato in Sicilia operazione “Husky,” che si è scusato telefonicamente di non esser potuto venire a causa di altri impegni. Totò Conti>>.
Il mio intervento:
<<Buona sera a tutti. Solo pochi minuti per elencarvi tutte le intitolazioni e dediche al nostro Generale Antonino Cascino e accennare ai due monumenti dedicati ai Caduti Piazzesi nei due conflitti mondiali. Oltre ai discorsi tenuti per ricordare la figura del Generale negli anni 1918, 1939, 1941 e 1947, vi furono 2 commemorazioni del generale e storico Litterio Villari, nel 1968 presso il nostro Liceo Classico e nel 1978 presso l’Associazione “Famiglia Piazzese” a Roma. Inoltre negli anni sono state intitolate: Tantissime vie e piazze d’Italia, anche a Roma e a Gorizia; la 7^ galleria della “Strada delle 52 gallerie” del Monte Pasubio scavate per i combattimenti durante la Prima Guerra Mondiale; un viadotto di superstrada; nel 1922 una nave cacciatorpediniere; nel 1940 un Borgo Rurale a 12 Km da Enna; nel 1948 una Caserma Reggimento Carabinieri a Gorizia; una Caserma di Artiglieria da Montagna a Susa (To); un Battaglione di Fanteria a Salerno; la Caserma del Reggimento Lancieri d’Aosta a Palermo. Ultimamente, il concittadino Paolo Orlando ha pubblicato nell’aprile dell’anno scorso il libro abbastanza completo e documentato dal titolo “CASCINO”. Come tutti ormai sapranno, la salma del Generale riposa nella 3^ cappella a sinistra, nonché passaggio al chiostro, nella chiesa di San Domenico Pantheon della città di Palermo. Quale occasione migliore di quella di oggi, per parlare dei due monumenti eretti in ricordo dei Caduti piazzesi durante gli eventi bellici del secolo scorso. A Piazza esistono due monumenti, il più antico, del 1925, è quello in piazza Duilio, oggi piazzale Generale Litterio Villari, qui vicino, l’altro, più recente, del 1940, a poche decine di metri, in piazza Gen.le Cascino appunto. I due monumenti, ambedue voluti durante il Ventennio Fascista, sono in realtà "non semplici manifestazioni di “pietas” umana, religiosa o meno, ma veri e propri “oggetti” di memoria e di monito civile per le generazioni successive".
Il più recente (del maggio del 1940, e mio padre Gino classe 1921 era tra i presenti all’inaugurazione), condiviso e approvato dall’avvocato Nino Arena Podestà della nostra Città dal 1938 al 1942 e costruito su progetto dell’architetto piazzese Domenico Roccella, è dedicato esclusivamente al Generale Antonino Cascino (1862-1917) e ai soldati, tutti meridionali, della sua Brigata “Avellino” caduti sul Monte Santo in provincia di Gorizia. Frontalmente, come vediamo nella foto 1, leggiamo parte della famosa frase <<ed io voglio che tutti voi, miei fanti di “Avellino” siate una grande valanga. Una valanga grigio verde. Ma non una valanga che procede cadendo dal monte alla valle. Una valanga, invece, che miracolosamente risale dalla valle alla vetta per schiacciarvi il nemico che si annida>>. Inoltre, sul lato destro nella foto 2, c’è la frase di Mussolini, tratta dal discorso che l’allora socialista-interventista e futuro dittatore tenne a Parma nel 1914 e la cui firma, nel riquadro rosso, fu cancellata dal monumento nel dopoguerra: “COMBATTERE E SE OCCORRE MORIRE. E’ IL SANGUE CHE DÀ IL MOVIMENTO ALLA RUOTA SONANTE DELLA STORIA”. Sul lato destro, foto n. 3, c’è la frase in latino tratta dal De bello gallico di Cesare <<CHE LA FORZA CHE VIENE DALLA RAPIDITÀ E DALLA SPADA SERVA DA INSEGNAMENTO PER LA DISCIPLINA DEL POPOLO ROMANO>>.
Passiamo a quello più antico.
Era da tanto tempo che avrei voluto approfondire l’argomento, ma i numerosi nominativi dei caduti nella 1^ Guerra Mondiale scolpiti sul monumento di piazza Duilio, alcuni dei quali poco leggibili, se non addirittura illeggibili, mi avevano convinto a rimandare. Fino a quando, in queste settimane, la curiosità di sapere tutti i nomi dei giovani Piazzesi che non poterono raccontare ai loro cari le pene vissute durante l’esperienza bellica, ha prevalso e, pazientemente, li ho ricopiati per proporli tutti sul mio sito CRONARMERINA.IT. Questa ricerca con elencazione, mi ha portato a riflettere soprattutto su una cosa: che se tra questi nomi ci fosse stato pure quello di mio nonno ‘Ngiulìnu Masùzzo u bersaglìer classe 1893, non starei qui a parlarvi dei quasi 300 giovani che all’inizio del secolo scorso non ebbero la possibilità di sposarsi, avere dei figli e quindi dei nipoti, come sarebbe stato giusto e normale e, per giunta, nella maggioranza dei casi, senza sapere neanche il perché. Apro una piccola parentesi per ricordare che mio nonno tornato a casa sorprendentemente incolume, come “bottino di guerra” portò con sé soltanto il suo fucile “il novantuno”, che poi dovette vendere per recuperare qualche lira. Inoltre, gli anni successivi aspettò inutilmente di incassare la somma di Lire 1000 promessagli quando stipulò un’assicurazione a favore dei combattenti prima di partire per il fronte e ogni tanto mostrava il biglietto al figlio maggiore, mio padre.   
Il monumento più antico nella foto 4 nell’ex Piano Duilio, prima fu dedicato ai Caduti Piazzesi durante la Grande Guerra del 15-18, poi anche ai Caduti Piazzesi di Tutte le Guerre. L’elemento più visibile del monumento sono le due figure (n. 1 nella foto) fuse nel bronzo poste dinnanzi alla colonna che sorregge il braciere perpetuo (n. 4 nella foto) del fuoco sacro della Patria. Una delle due figure rappresenta un soldato (fante o ardito) della Prima Guerra Mondiale a petto scoperto che tiene nella mano destra un gladio romano, simbolo degli "arditi", reparto speciale di assalto del Regio Esercito Italiano durante la 1^ G.M., a cui apparteneva mio nonno.
A proposito, il maresciallo degli alpini in congedo piazzese Salvatore Trebastoni, in un commento sul mio sito, oltre a ricordarci che fu suo padre Carmelo, reduce della 2^ Guerra Mondiale, assieme ad altri reduci, a promuovere l’aggiunta dei nomi dei caduti nel 2° conflitto mondiale alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, ci indica che a sistemare le 2 aquile con corone di alloro in bronzo, situate sui montanti laterali, e la spada del condottiero danneggiata da tanti anni, fu il cognato fabbro Salvatore Ficarra, alla fine degli anni Novanta. L’altra figura, che sovrasta quella del soldato (nella foto al n. 1), è la personificazione femminile che incarna la Madre Italia o la Vittoria, che incita e consola il proprio figlio ponendogli la mano sinistra sulla spalla. Le due figure, con ai lati due aquile (n. 2) dentro due corone di alloro, una lanterna per lumini sulla destra in bronzo (n. 3) e la colonna col braciere (n. 4), sono sostenute da una alta base circolare in marmo divisa in quattro sezioni (n. 5) separate da altrettanti montanti (n. 6). Ogni sezione è composta da 2 pannelli (n. 7), ognuno dei quali comprende due colonne di 16 nominativi di soldati piazzesi morti nella Prima Guerra Mondiale in ordine alfabetico (l’elenco inizia con ABATE CONCETTO e termina con ZUCCARELLO GIUSEPPE), per un totale di 256. A cui bisogna aggiungere altri 31 scolpiti sui montanti e quello del Generale Cascino per un totale di 288 Caduti nella 1^ Guerra Mondiale, e i 140 nominativi scolpiti sulle 5 lapidi dei caduti nella 2^ Guerra Mondiale aggiunte successivamente, più quelli segnalati da parenti. Durante il primo conflitto la famiglia più colpita a Piazza fu la MARINO con 6 caduti, seguì la NICOTRA con 5 e le famiglie ARENA, BAGLI’, PRESTIFILIPPO e RAUSA con 4. Inoltre, non bisogna dimenticare, a mio modesto parere, anche gli 11 caduti piazzesi appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana. Per concludere, nella parte posteriore, a sinistra della base della colonna che sostiene il braciere (freccia n. 12), c’è scolpito il nome dello scultore che eseguì l’opera monumentale “SCULTORE ANDREA MANZELLA”. Lo scultore si trasferì a Piazza Armerina da Palermo nel 1924 per realizzare l’opera, che venne inaugurata il 21 giugno 1925. Coordinatore dei lavori fu un altro palermitano che poi decise di stabilirsi definitivamente a Piazza, il marmista allievo a Palermo del Manzella, Giovanni Giudice, nonno materno dell’ex sindaco di Piazza, Carmelo Nigrelli. Grazie per la vostra gentile attenzione. Gaetano Masuzzo>>.
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Fontana vico Firenze/n. 59

La fontana con accanto la scala per l'ispezione dei Vigili del Fuoco

Sino ad oggi questo censimento ha raccolto fontane che c'erano, fontane che ci sono e fontane che c'erano e che ci sono, tutte alla luce del sole; nessuna che c'era, che c'è... ma non si vede. Quella nella foto è la Fontana di vico Firenze n. 59 a Piazza Armerina ed è al buio, sotterranea. Il 28 aprile del 2013 sul sito piazzese piazzaarmerina.com appare questa notizia <<Piazza Armerina: trovata fontana sotterranea, dalla terra del quartiere Canali riemerge una fontana del 1800. La scoperta dei vigili del fuoco di Piazza Armerina. Nello storico quartiere Canali di Piazza Armerina, anche un banale intervento di ristrutturazione di un marciapiede può rivelarsi fonte di sorpresa. Il vigile del fuoco Salvatore Prestifilippo e la sua squadra, erano intervenuti in via Firenze allertati dai residenti del quartiere che lamentavano il cedimento del marciapiede. Nel luogo interessato si era infatti formato un buco che avrebbe potuto rappresentare un’insidia per i passanti. Durante le operazioni, tuttavia la squadra si è accorta di una cavità sotterranea molto estesa, all’interno della quale era presente qualcosa. Calatisi giù con la scala, il caposquadra Prestiflippo e i suoi uomini hanno scoperto una fontana in pietra arenaria con acqua corrente risalente al 1800. Stando alle testimonianze di alcuni abitanti di Piazza Armerina, sembra che la fontana abbia fatto parte dell’arredo urbano del comune fino al 1967, anno in cui, per cause ancora non chiare, fu sepolta sotto terra e dimenticata da tutti i cittadini. La notizia è senz’altro affascinante: tesori sommersi e testimonianze del passato possono trovarsi esattamente sotto i nostri piedi, laddove mai avremmo sospettato>>. Da notare al centro, sopra il canale dal quale scorre acqua in discreta quantità, che potrebbe far comodo ai rubinetti a secco dei Piazzesi invece di perdersi inutilmente nella fognatura, il grande stemma della Città scolpito sulla pietra arenaria ormai perennemente al buio. Ricordo che in uno studio degli anni Quaranta, nel territorio di Piazza Armerina erano presenti ben 800 sorgenti.

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Qualche dubbio sugli ultimi organi

Organo presente nella chiesa di Santo Stefano sino alla fine anni 50

In questi giorni il prof. Marco Incalcaterra mi ha inviato due foto relative agli organi di due nostre chiese. Una è quella dell’organo della chiesa di Santo Stefano (nella foto), smantellato perché in pessime condizioni alla fine degli anni Cinquanta quando era parroco padre Messina; l’altra è la pagina del Catalogo Regionale degli organi, redatto in accordo con le varie Soprintendenze negli anni 1992-1994, riguardante la scheda dell’organo della chiesa del Purgatorio. Le due foto, ovviamente, fanno sorgere dei dubbi più che legittimi sugli organi di cui ho parlato in questi giorni (A Piazza organi di Donato Del Piano e non solo, L'organo del Purgatorio a S. Stefano), uno su tutti è: “L’accordo intercorso il 16 ottobre 1754 a Piazza tra l’organaro Donato Del Piano e i rappresentanti della Confraternita delle Anime del Purgatorio, ospitata presso la locale chiesa di S. Stefano, ebbe come risultato la realizzazione dell’organo del Purgatorio o di quello di Santo Stefano?”. Di quest’ultimo non si ha, purtroppo, alcuna notizia né tecnica né dell’autore, mentre di quello del Purgatorio abbiamo quelle forniteci dal Catalogo su citato che riassumo <<Chiesa del Purgatorio, Epoca metà secolo XVIII, Autore anonimo siciliano,… Registri n. reg.: 7, elenco: Principale, Voce Umana, Secondo Principale, Ottava, Ripieno, Flautino + Bassi…>>. Come si vede, l’unica differenza che possiamo riscontrare con la descrizione fornitaci dal Pezzella per l’organo da realizzare nel 1754¹ sta nel numero dei Registri: 7 quelli nel Catalogo, 10 quelli nell’accordo tra il Del Piano e la Confraternita, nient’altro. Ma questo può bastare per affermare che l’organo della chiesa del Purgatorio, oggi restaurato e trasferito nella chiesa di Santo Stefano, di autore anonimo siciliano e di epoca metà sec. XVIII, non sia quello di Donato Del Piano che, invece, avrebbe potuto ricevere la commessa dalla Confraternita ospitata sì nella chiesa di S. Stefano, ma attiva anche nella chiesa del Purgatorio da cui prendeva il nome? O che l’organo del Del Piano fosse solo quello smantellato alla fine degli anni 50? O che fossero tutti e due opere del più grande organaro del XVIII secolo? Senza una scheda particolareggiata dell’organo smantellato non si potrà mai sapere, e i dubbi rimangono.

¹ <<Secondo questo documento l’organo doveva avere dieci registri (due principali, sei di ripieno, uno imitante la voce umana e un altro il suono del flauto)>>, Franco PEZZELLA, Donato Del Piano homo virtuosissimo di far organi e cimbali, Istituto di Studi Atellani, in F. MONTANARO Collana PAESI E UOMINI NEL TEMPO-35, 2016, alla nota 56 di p. 31: <<L. BUONO - G. P. DI STEFANO, Gli organi di Donato Del Piano attraverso le fonti archivistiche, in Donato Del Piano e l’organo dei Benedettini di Catania, a cura di L. Buono e G. P. Di Stefano, Guastalla 2012, p. 186, docc. 22>>. 

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L'organo del Purgatorio a Santo Stefano

Organo della chiesa del Purgatorio in S. Stefano dopo il restauro del 2015-2017

Le pessime condizioni della consolle con tastiera e tiranti prima del restauro

Consolle dell'organo Del Piano del 1754 in S. Stefano dopo il restauro

Nel post "A Piazza organi di Donato Del Piano e non solo" si è parlato dell’accordo intercorso il 16 ottobre del 1754 tra l’organaro Donato Del Piano e la Confraternita delle Anime del Purgatorio per la costruzione dell’organo per la chiesa delle Anime Sante del Purgatorio di Piazza (na stràta a fèra, oggi via Umberto). Secondo questo documento, l’organo doveva avere dieci registri (due principali, sei di ripieno, uno imitante la voce umana e un altro il suono del flauto). Il prezzo fu pattuito in centododici onze, una considerevole parte delle quali fu successivamente data in omaggio per devozione alla Compagnia delli Maestri aggregata alla Confraternita. Io nel giugno del 2013, ebbi l’opportunità di fare qualche foto di quello che era rimasto della chiesa del Purgatorio, tra le più frequentate dai fedeli piazzesi sino a qualche decennio fa (mia madre negli anni Sessanta mi ci portava quando non andava nella vicina chiesa di Fundrò). La visione desolante non mi impedì di fotografare quello che mi sembrava più interessante, tra questo il grande organo soprastante l’ingresso, nella cantoria (vedi foto post precedente) e la consolle (foto in mezzo). Tutto era in pessime condizioni e coperto da uno spesso strato di polvere, soltanto la scritta in alto <<LAUDATE EUM IN CORDIS ET ORGANO>> e alcune firme e date lasciate sul legno della cassa, di cui metterò prossimamente qualche foto, ricordavano tempi migliori, quando il suono allietava i fedeli sin dalla seconda metà del Settecento. Tutto sembrava avvolto nell’oblio e nell’indifferenza, ma nel settembre del 2014 appare questo articolo <<E’ stato erogato dall’assessorato regionale dei Beni culturali l’anticipo del 50% del contributo per il restauro dell’organo del ‘700 della Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio di Piazza Armerina, in provincia di Enna. Del caso se ne è occupato direttamente il vice presidente vicario dell’Ars Antonio Venturino: “L’antico organo non sarà restaurato soltanto per la conservazione del bene in sé, ma soprattutto affinché possa essere finalmente riutilizzato dalla chiesa, per concerti, celebrazioni ed eventi culturali. In un contesto di crisi spendere migliaia di euro per un restauro fine a se stesso probabilmente sarebbe poco giustificabile, ma il suo riutilizzo e la sua rinascita sono un segnale importante a livello culturale per l’intera comunità piazzese”. Il segnale è importante perché ogni pezzo del patrimonio storico e culturale sottratto all’oblio e al degrado è un passo importante verso la valorizzazione di queste risorse anche a fini turistici. Una parte dei contributi per il finanziamento del restauro è stata messa a disposizione dalla Cei con i fondi dell’8 per mille>>. Sembrava la solita “sola” artistico-culturalpoliticante, invece nell'aprile del 2017 sul Settimanale cattolico della Diocesi di Piazza Armerina “Settegiorni dagli Erei al Golfo” apprendiamo <<Piazza, si inaugura l’organo restaurato (n.d.r. foto in alto) - Si svolgerà il prossimo 8 aprile, alle ore 19, presso la chiesa di Santo Stefano di Piazza Armerina, il concerto inaugurale per il restauro dell'organo a canne che fino al novembre 2015 era collocato nella cantoria della chiesa delle Anime Sante del Purgatorio, sita nella stessa città. Grazie all'accordo raggiunto con la Sovrintendenza ai Beni Culturali, don Antonino Rivoli, che fino a qualche mese fa è stato parroco di Santo Stefano, ha chiesto ed ottenuto che lo strumento avesse una nuova collocazione, con lo scopo di renderlo maggiormente fruibile nel corso di celebrazioni liturgiche, concerti ed attività culturali. L'opera di restauro, finanziata dall'Assessorato Regionale ai Beni Culturali e dalla CEI con i proventi derivanti dall'Otto per mille, ha permesso di riportare l'organo all'originario splendore, anche se di esso attualmente non si conoscono anno di costruzione ed autore; da un primo esame anche superficiale, è possibile notare però la presenza di tutte le caratteristiche riconducibili alla scuola organaria di metà Settecento diffusa nella Sicilia orientale che, pertanto, sono le stesse riscontrabili anche in altri organi di tale periodo presenti a Piazza Armerina e nel circondario, fra cui l'organo Del Piano (1742) della Cattedrale della città... Le complesse operazioni di restauro sono state condotte con maestria dalla rinomata ditta "Arte Organaria" di Ragusa ed hanno riguardato l'organo nella sua totalità (parte strumentale e cassa), che presentava consistenti danni legati prevalentemente all'abbandono nel corso degli anni. Presenzieranno all'evento anche i restauratori e titolari della suddetta ditta, Antonio e Alessandro Bovelacci... Così come auspicato dal nuovo parroco di Santo Stefano, don Dario Pavone, l'occasione del concerto potrà divenire anche occasione di meditazione e di fede... - Angelo GALLOTTA Maestro d'Organo>>. Personalmente sono arcicontento per questo recupero importante, lo sarei ancora di più se la stessa cosa si facesse per la chiesa delle Anime Sante del Purgatorio ormai chiusa al culto e sconsacrata, della quale si sa soltanto che fu aperta al culto sotto il nome di "Anime Purganti e Maria SS. della Carità" nel 1679 e consacrata il 9 settembre del 1762. Neanche negli scritti dello storico Litterio Villari si trovano tante notizie su questa chiesa, ecco cosa viene soltanto ricordato nella sua Storia Ecclesiastica, 1988, pp. 59 e 77: <<- Sodalizio delle Anime del Purgatorio sotto il titolo della Madonna della Carità composto da sacerdoti e la chiesa delle Anime del Purgatorio nell'ambito della parrocchia di S. Stefano>>. 

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